Questa
storia
è una “fanfiction on demand” richiesta
da Valerie90. I personaggi sono frutto
della sua mente, così come la trama principale. Io mi sono
offerta di scriverla,
facendo prendere forma alle sue idee.
Spero
vi
piaccia e che commenterete.
Parola
d’ordine? Nuovo
Jonathan
Garbo, per gli amici Gabby-J, per chi non lo conosce una
persona con cui non mettere su rissa mai. Era conosciuto da tutti nel
suo
quartiere come lo “spacciatore” pur non essendo mai
stato tale, soltanto perché
teneva in casa parecchia droga, che saltuariamente offriva ad amici e
conoscenti.
Dopo
cinque anni di galera, aveva deciso saggiamente di uscire da quel
circolo vizioso che era la droga, certo non del tutto:
l’astinenza è dura da
combattere. Ma era seriamente convinto di poter ricominciare.
Mettere
una pietra, forse è meglio dire uno scoglio, sul suo passato
ed
andare avanti.
Le
cattive abitudini son dure a morire, anche se decidi di cambiare
città, lavoro, vita.
Il
suo nuovo gruppo era meglio dei cannati persi che frequentava prima,
ma poche persone erano veramente sincere e per bene; si poteva dire che
la
maggior parte fossero avanzi di galera come lui, alcuni di loro erano
finiti in
gattabuia per pochi mesi a causa di furtarelli di poco conto.
Non
si sentiva legato a nessuno di loro, neanche ai suoi vecchi amici
era mai stato realmente legato, infatti era più che convinto
di essere stato
incastrato da qualcuno di loro. Tutta quella droga in casa sua non
c’era mai
stata. Qualcuno doveva aver portato la roba
e poi aver fatto la soffiata agli sbirri.
In
tutta la sua vita solo di due persone gli era mai importato, tanto
da chiedere la loro opinione su tutto, tanto da fidarsi cecamente di
loro: il
suo amico più vecchio e caro Simone Sterzi; lo aveva
conosciuto in quarta
superiore ad una festa cui si era imbucato, si era dimostrato
un’ottima spalla,
oltre ad essere una persona affabile, nonostante i milioni della sua
famiglia. Sterzi
non era uno snob, anzi non sembrava aver niente a che fare con quelli
della sua
stessa pasta. Non lo aveva più visto, né sentito
dopo l’arresto, ma non ce
l’aveva con lui, il padre doveva avergli fatto pressione,
quell’uomo non aveva
mai visto Jonathan di buon occhio. La seconda persona era ,quella che
rimpiangeva di più di aver perso, il suo fratellino Danny.
Aveva sei anni in
meno di lui ed era stato lui all’età di undici
anni a inventare quel
soprannome, perché Jonathan era il più
chiacchierone in famiglia, raggiungeva
il logorroico a volte. Da quando, per puro caso, Simone ne era venuto a
conoscenza aveva deciso che sarebbe stato il suo soprannome, Jonathan
non si
era opposto, gli piaceva, gli sembrava di avere sempre suo fratello con
sé in
quel modo. Danny era venuto a trovarlo in prigione tutte le settimane,
era
stato l’unico che non lo avesse ripudiato, ma quando era
uscito lui non era lì,
come si sarebbe aspettato. Aveva provato ad avere notizie, ma la madre
si era
rifiutata di parlargli in lutto: il padre era morto d’infarto
qualche mese
prima, e la sorella Serena gli aveva detto che era solo colpa sua e
aveva
riattaccato.
Non
c’era più niente per lui a
“casa”, quindi se ne era cercato una
nuova. Lontano.
Così
da Roma si era trasferito a Rimini, aveva trovato un lavoro come
porta lettini allo stabilimento balneare “Playa
Tamarindo”, dopo numerosi
tentativi andati in fumo di trovarsi un lavoro che potesse durare
l’anno
intero.
Il
lato migliore di quell’impiego, secondo lui, erano tutte le
ragazze
su cui faceva colpo, tutte storielle dalla durata di uno, due giorni,
ma
comunque un passatempo gradito. Non era il genere di persona che
tendeva ad
affezionarsi, soprattutto alle donne, anzi pensava che fosse meglio non
averci
a che fare, se non sotto le lenzuola. Non che fosse misogino, amiche ne
aveva
avute, anche se poi in un modo o nell’altro c’era
finito a letto e quindi il
loro rapporto era andato a scatafascio. Le relazioni serie non erano
fatte per
lui, non le voleva, né tantomeno se le andava a cercare.
Anche
quel giorno: 3 luglio, non era iniziato in modo diverso. Si era
svegliato, scacciando a male parole la ragazza di turno, una ragazza
bionda,
con gambe lunghe e molto seno. Si era alzato e diretto in bagno, un
ghigno
cattivo gli era comparso sulle labbra, mentre sentiva la poveretta
urlare in
direzione di MD, il suo pastore tedesco. Almeno lui era rimasto, sua
sorella
amava troppo gli animali per abbandonarlo. Jonathan era andato a
prenderlo due
giorni dopo l’uscita di galera, sperava di avere qualche
informazione su
Daniele ma non era stato così.
Si
era guardato allo specchio per un po’, congratulandosi con se
stesso, si consideravo un bel ragazzo da sempre: capelli castani corti,
carnagione scura naturale, nonostante le sue origini fossero
completamente
italiane, nutriva dei dubbi sulla veridicità delle parole
della madre, suo
padre sembrava un albino in confronto a lui, occhi neri come la pece,
ma molto
espressivi, negli ultimi tempi si leggeva solo la rabbia e
l’odio in quelle
iridi, ma c’erano stati momenti in cui si era intravista
anche la felicità. Era
abbastanza muscoloso, in carcere non c’era molto da fare, ne
aveva tempo di
tempo libero, si era allenato. Gli avevano anche fatto un tatuaggio:
una D nera
con delle spirali intorno sul braccio destro, in onore del fratellino.
Lo
guardò un attimo, mentre un velo di tristezza copriva i suoi
occhi. Che fine hai fatto, Danny?
La
sveglia cominciò a suonare ripetutamente strappandolo ai
suoi
pensieri, era in ritardo, aveva solo dieci minuti per arrivare al
lavoro. Si
buttò sotto la doccia, pensando che anche quel giorno
avrebbe saltato la
colazione.
Uscito,
si vestì di tutta fretta, riempiendo una ciotola per MD e
urlando che sarebbe tornato all’ora di pranzo , il cane
abbaiò per risposta,
rannicchiandosi triste nella sua cuccia.
Quando
arrivò allo stabilimento balneare, gli altri porta lettini
avevano già cominciato a lavorare.
“Ehi,
Tom… Gio ha chiesto di me?” chiese a un ragazzo
con i capelli
castano chiari ed occhi marroni con screziature verdi.
“No,
sei salvo anche oggi… Mi chiedo come faccia a essere sempre
in
ritardo!”
Jonathan
sorrise, prendendo uno sdraio per una ragazza che stava
ammiccando verso di lui. Sembrava davvero poco interessata al lettino.
Chiese,
dove poteva metterla e la seguì, sotto lo sguardo sarcastico
e un po’ invidioso
di Thomas.
“È
successo quello che succederà ‘sta
sera!” rispose alla domanda
implicita del collega. Tom scosse la testa.
“Non
capisco che ci trovino in te, amico?”
Jonathan
gli lanciò un’occhiata eloquente, indicandosi.
“Non ti
lamentare, tu! Le attiri anche tu, solo che poi non accetti!”
Aggiunse,
squadrando la ragazza dai capelli corti neri e il fisico snello, ma
proporzionato che sorrideva in direzione di Tom.
“Beh,
vedi… Sto cercando di riconquistare la mia
ex…”
Jonathan
alzò le sopracciglia, squadrandolo: “ Ma che
perdita di
tempo!” esclamò
“Domani
verrà qui… Spero che sia più incline
ad ascoltarmi dell’ultima
volta!”
Il
bruno lo guardò in pena per lui. Ma
chi si riduce così per una ragazza!
Pensò. A me non potrebbe mai
succedere!
Continuarono
a lavorare e a flirtare con le clienti, fino a che non
arrivò l’ora di pranzo.
Jonathan
tornò a casa e fu accolto dalle feste di MD. Adorava
quell’animale. Ci giocò per un po’,
finché la chiamata di Rem, uno del suo
nuovo gruppo, non lo fermò. Quella sera la band si riuniva,
non aveva molta
voglia di andare, ma erano cinque giorni che rifiutava. Disse che
sarebbe
venuto con la sua nuova fiamma. Non sapeva ancora se portare la mora
tutta
curve che aveva visto a inizio mattinata o la rossa con la quinta che
aveva
conosciuto a fine turno. Poteva anche essere che a fine di giornata, ne
arrivassero altre. Tanto valeva aspettare e far decidere
all’istinto.