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Autore: slytherin ele    15/09/2013    2 recensioni
Questa storia è una “fanfiction on demand” richiesta da Valerie90
Jonathan esce di galera, la sua vita è distrutta o almeno quella che faceva prima. Decide di riparare a Rimini, dove trova un lavoro come porta lettini. Lì gli avvenimenti si susseguono e tra un fratello scomparso, un amico irrintracciabile, un gruppo scombinato e storie da una notte, Jonathan conoscerà una ragazza, che gli farà cambiare idea sulla vita...
Spero che vi piaccia e ricordate le recensioni sono il pane quotidiano dei lettori. Quindi, non fatemi morire di fame.XD
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia è una “fanfiction on demand” richiesta da Valerie90. I personaggi sono frutto della sua mente, così come la trama principale. Io mi sono offerta di scriverla, facendo prendere forma alle sue idee.

Spero vi piaccia e che commenterete.

 

 

Parola d’ordine? Nuovo

 

Jonathan Garbo, per gli amici Gabby-J, per chi non lo conosce una persona con cui non mettere su rissa mai. Era conosciuto da tutti nel suo quartiere come lo “spacciatore” pur non essendo mai stato tale, soltanto perché teneva in casa parecchia droga, che saltuariamente offriva ad amici e conoscenti.

Dopo cinque anni di galera, aveva deciso saggiamente di uscire da quel circolo vizioso che era la droga, certo non del tutto: l’astinenza è dura da combattere. Ma era seriamente convinto di poter ricominciare.

Mettere una pietra, forse è meglio dire uno scoglio, sul suo passato ed andare avanti.

Le cattive abitudini son dure a morire, anche se decidi di cambiare città, lavoro, vita.

Il suo nuovo gruppo era meglio dei cannati persi che frequentava prima, ma poche persone erano veramente sincere e per bene; si poteva dire che la maggior parte fossero avanzi di galera come lui, alcuni di loro erano finiti in gattabuia per pochi mesi a causa di furtarelli di poco conto.

Non si sentiva legato a nessuno di loro, neanche ai suoi vecchi amici era mai stato realmente legato, infatti era più che convinto di essere stato incastrato da qualcuno di loro. Tutta quella droga in casa sua non c’era mai stata. Qualcuno doveva aver portato la roba e poi aver fatto la soffiata agli sbirri.

 

In tutta la sua vita solo di due persone gli era mai importato, tanto da chiedere la loro opinione su tutto, tanto da fidarsi cecamente di loro: il suo amico più vecchio e caro Simone Sterzi; lo aveva conosciuto in quarta superiore ad una festa cui si era imbucato, si era dimostrato un’ottima spalla, oltre ad essere una persona affabile, nonostante i milioni della sua famiglia. Sterzi non era uno snob, anzi non sembrava aver niente a che fare con quelli della sua stessa pasta. Non lo aveva più visto, né sentito dopo l’arresto, ma non ce l’aveva con lui, il padre doveva avergli fatto pressione, quell’uomo non aveva mai visto Jonathan di buon occhio. La seconda persona era ,quella che rimpiangeva di più di aver perso, il suo fratellino Danny. Aveva sei anni in meno di lui ed era stato lui all’età di undici anni a inventare quel soprannome, perché Jonathan era il più chiacchierone in famiglia, raggiungeva il logorroico a volte. Da quando, per puro caso, Simone ne era venuto a conoscenza aveva deciso che sarebbe stato il suo soprannome, Jonathan non si era opposto, gli piaceva, gli sembrava di avere sempre suo fratello con sé in quel modo. Danny era venuto a trovarlo in prigione tutte le settimane, era stato l’unico che non lo avesse ripudiato, ma quando era uscito lui non era lì, come si sarebbe aspettato. Aveva provato ad avere notizie, ma la madre si era rifiutata di parlargli in lutto: il padre era morto d’infarto qualche mese prima, e la sorella Serena gli aveva detto che era solo colpa sua e aveva riattaccato.

 

Non c’era più niente per lui a “casa”, quindi se ne era cercato una nuova. Lontano.

Così da Roma si era trasferito a Rimini, aveva trovato un lavoro come porta lettini allo stabilimento balneare “Playa Tamarindo”, dopo numerosi tentativi andati in fumo di trovarsi un lavoro che potesse durare l’anno intero.

Il lato migliore di quell’impiego, secondo lui, erano tutte le ragazze su cui faceva colpo, tutte storielle dalla durata di uno, due giorni, ma comunque un passatempo gradito. Non era il genere di persona che tendeva ad affezionarsi, soprattutto alle donne, anzi pensava che fosse meglio non averci a che fare, se non sotto le lenzuola. Non che fosse misogino, amiche ne aveva avute, anche se poi in un modo o nell’altro c’era finito a letto e quindi il loro rapporto era andato a scatafascio. Le relazioni serie non erano fatte per lui, non le voleva, né tantomeno se le andava a cercare.

 

 

Anche quel giorno: 3 luglio, non era iniziato in modo diverso. Si era svegliato, scacciando a male parole la ragazza di turno, una ragazza bionda, con gambe lunghe e molto seno. Si era alzato e diretto in bagno, un ghigno cattivo gli era comparso sulle labbra, mentre sentiva la poveretta urlare in direzione di MD, il suo pastore tedesco. Almeno lui era rimasto, sua sorella amava troppo gli animali per abbandonarlo. Jonathan era andato a prenderlo due giorni dopo l’uscita di galera, sperava di avere qualche informazione su Daniele ma non era stato così. 

Si era guardato allo specchio per un po’, congratulandosi con se stesso, si consideravo un bel ragazzo da sempre: capelli castani corti, carnagione scura naturale, nonostante le sue origini fossero completamente italiane, nutriva dei dubbi sulla veridicità delle parole della madre, suo padre sembrava un albino in confronto a lui, occhi neri come la pece, ma molto espressivi, negli ultimi tempi si leggeva solo la rabbia e l’odio in quelle iridi, ma c’erano stati momenti in cui si era intravista anche la felicità. Era abbastanza muscoloso, in carcere non c’era molto da fare, ne aveva tempo di tempo libero, si era allenato. Gli avevano anche fatto un tatuaggio: una D nera con delle spirali intorno sul braccio destro, in onore del fratellino. Lo guardò un attimo, mentre un velo di tristezza copriva i suoi occhi. Che fine hai fatto, Danny?

La sveglia cominciò a suonare ripetutamente strappandolo ai suoi pensieri, era in ritardo, aveva solo dieci minuti per arrivare al lavoro. Si buttò sotto la doccia, pensando che anche quel giorno avrebbe saltato la colazione.

Uscito, si vestì di tutta fretta, riempiendo una ciotola per MD e urlando che sarebbe tornato all’ora di pranzo , il cane abbaiò per risposta, rannicchiandosi triste nella sua cuccia.

Quando arrivò allo stabilimento balneare, gli altri porta lettini avevano già cominciato a lavorare.

“Ehi, Tom… Gio ha chiesto di me?” chiese a un ragazzo con i capelli castano chiari ed occhi marroni con screziature verdi.

“No, sei salvo anche oggi… Mi chiedo come faccia a essere sempre in ritardo!”

Jonathan sorrise, prendendo uno sdraio per una ragazza che stava ammiccando verso di lui. Sembrava davvero poco interessata al lettino. Chiese, dove poteva metterla e la seguì, sotto lo sguardo sarcastico e un po’ invidioso di Thomas.

“È successo quello che succederà ‘sta sera!” rispose alla domanda implicita del collega. Tom scosse la testa.

“Non capisco che ci trovino in te, amico?”

Jonathan gli lanciò un’occhiata eloquente, indicandosi. “Non ti lamentare, tu! Le attiri anche tu, solo che poi non accetti!” Aggiunse, squadrando la ragazza dai capelli corti neri e il fisico snello, ma proporzionato che sorrideva in direzione di Tom.

“Beh, vedi… Sto cercando di riconquistare la mia ex…”

Jonathan alzò le sopracciglia, squadrandolo: “ Ma che perdita di tempo!” esclamò

“Domani verrà qui… Spero che sia più incline ad ascoltarmi dell’ultima volta!”

Il bruno lo guardò in pena per lui. Ma chi si riduce così per una ragazza! Pensò. A me non potrebbe mai succedere!

Continuarono a lavorare e a flirtare con le clienti, fino a che non arrivò l’ora di pranzo.

Jonathan tornò a casa e fu accolto dalle feste di MD. Adorava quell’animale. Ci giocò per un po’, finché la chiamata di Rem, uno del suo nuovo gruppo, non lo fermò. Quella sera la band si riuniva, non aveva molta voglia di andare, ma erano cinque giorni che rifiutava. Disse che sarebbe venuto con la sua nuova fiamma. Non sapeva ancora se portare la mora tutta curve che aveva visto a inizio mattinata o la rossa con la quinta che aveva conosciuto a fine turno. Poteva anche essere che a fine di giornata, ne arrivassero altre. Tanto valeva aspettare e far decidere all’istinto.

 

 

 

 

 

 

   
 
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