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Autore: Laylath    16/09/2013    2 recensioni
Nel 1916, ad un anno dalla caduta del regime militare del comandante supremo King Bradley, un nuovo sistema di governo si afferma ad Amestris. Una democrazia che non può accettare figure scomode.
Una decisione presa durante una notte autunnale, in una cella, è l'inizio di dieci giorni in cui la storia viene decisa da sei singole persone.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 16. Giungere in cima.

 

Giorno 10.

Ore 20.00.

Ci sono momenti della vita che vengono attesi per tantissimo tempo: spesso nei sogni ci si immagina come saranno, come ci si comporterà quando accadranno davvero, tanto che a volte sembra quasi di recitare un copione studiato a memoria per anni.
Per Roy Mustang non era affatto così e l’aveva capito da quando aveva messo piede in quel palazzo.
Ma non era stata la ricchezza degli arredi o la maestosità degli interni a metterlo in soggezione, tutt’altro.
Non erano nemmeno i numerosi soldati, schierati lungo le pareti, che gli rivolgevano deferenti saluti militari al suo passaggio.
La verità era che nella sua mente si era immaginato tantissime volte il momento in cui sarebbe stato a capo di Amestris, ma nei suoi sogni era sempre solo ad avanzare verso la soglia del potere. La sua immaginazione l’aveva visto percorrere i corridoi senza nessuno accanto, con i suoi stivali che riecheggiavano sicuri in un silenzio totale.
Adesso dietro di lui sentiva i passi e la presenza di altre cinque persone, l’andatura forzatamente lenta per permettere ad uno di loro di tenere il passo. Non c’era la perfezione della sua divisa linda e stirata, dei capelli corvini lucidi e pettinati: l’immagine di quell’eroe perfetto che avanzava verso la cima era sparita.
La realtà era decisamente migliore.
Questi momenti sono solo nostri, amici miei. Sono solo nostri perché ci abbiamo creduto fino in fondo per un’intera vita... Questa volta nessuno ci impedirà di arrivare in cima.
Arrivati alla fine di un’imponente scalinata, si trovarono davanti a un’enorme porta di legno pregiato sorvegliata da due soldati: lì dentro c’era l’ultimo ostacolo, l’ultima questione da risolvere.
Con un cenno ordinò agli uomini di aprire la porta e si fece avanti, seguito dal resto della sua squadra.
 
Una stanza degna della famiglia Armstrong, ecco l’unica definizione che si poteva dare.
Le pareti erano decorate con preziosi stucchi e semicolonne ornamentali stavano lungo le pareti; il pavimento era quasi tutto ricoperto da pregiati tappeti rossi e un lungo tavolo a forma di ferro di cavallo si trovava al centro della stanza, con una ventina di sedie foderate con velluto.
La democrazia di Amestris era in quella stanza, il potere di un intero popolo era in quel tavolo, in quelle sedie, in quegli stucchi… in quelle venti persone ben vestite che sedevano sui loro scranni, tenute d’occhio da alcune guardie discretamente poste agli angoli della stanza.
E dietro di loro il grande balcone che dava sulla piazza, ora nascosta da pesanti tende di velluto rosso.
Vi ho davvero permesso di arrivare a tutto questo?
Fu il primo pensiero che Mustang ebbe non appena tutta quell’ambientazione gli fu saltata all’occhio.
E’ vero che era un militare e che il tipo di sfarzo che concepiva era quello dell’ufficio degli alti gradi dell’esercito, che obbligatoriamente manteneva una contenuta dignità. Ma quella stanza gli trasmetteva soltanto ostentata opulenza e nessun senso del potere: solo vana auto glorificazione.
Finalmente si concesse di guardare le facce di quelle persone: espressioni tese e preoccupate, ma che non riuscivano a nascondere un enorme fastidio. Come se non riuscissero a concepire che lui si fosse ribellato alla condanna a morte. Scorrendo lungo il tavolo il suo sguardo si soffermò su una persona in particolare: il giudice dei suoi processi.
E’ questo che hai ottenuto processando la mia squadra e condannando me e il tenente? Uno scranno in questo tavolo… è per questo che non ti stavi nemmeno preoccupando di condannare un ragazzino che la guerra civile quasi non l’ha vissuta?
Si costrinse a calmare la propria rabbia.
“Maresciallo, dovresti sederti: non mi pare il caso che tu stia in piedi considerata la ferita” disse sommessamente.
“Ma signore…”
“Sul serio. – lo interruppe Mustang, facendosi avanti e andando accanto al membro del governo che gli stava più vicino – Non affaticarti più del dovuto”
Rimase semplicemente in piedi, davanti a quell’uomo di mezza età, leggermente pingue, che lo guardava con sconcerto e terrore, chiedendosi cosa potesse volere da lui. Dopo qualche secondo di gelida attesa, finalmente si alzò tremante; Mustang senza dire altro prese la sedia e la portò verso Falman, aiutando quindi Havoc a farlo sedere.
Prima di rigirarsi verso quelle persone, il colonnello lanciò un’occhiata a ciascuno dei suoi uomini.
Per quanto Falman avesse l’espressione dolorante in lui era presente una grossa determinazione a non farsi vedere in difficoltà da quelle persone: il fatto di essere seduto, con la sola giacca insanguinata a coprirgli il torace fasciato, non gli levava alcuna dignità e la schiena era perfettamente dritta. Accanto a lui stava Havoc, la giacca aperta a far vedere la maglietta nera, aderente al petto muscoloso: il sottotenente si stava accendendo una sigaretta, cosa che Mustang accolse con un mezzo sorriso; chissà che effetto avrebbe fatto a quelle persone vedere la cenere cadere sui loro preziosi tappeti; poi, dall’altra parte della sedia, c’era Fury, quello che al proprio processo aveva fissato il giudice come un topo fissa il serpente che lo sta per mangiare… ora gli occhi scuri esprimevano solo tanto disprezzo per quelle persone. E per far arrivare una persona buona come il sergente ad un punto simile ci si doveva davvero mettere d’impegno.
E l’hanno fatto attaccando le persone che lui ama come una seconda famiglia…
Breda stava impassibile a braccia conserte, ma Mustang notò che si era messo strategicamente accanto tra il sergente e Riza, quasi a fare da sostegno ad entrambi: di certo il rosso se la stava godendo un mondo a dimostrare che, in realtà, lui non aveva mai tradito il proprio superiore.
E poi Riza…
Anche tu ti stai chiedendo come abbiamo fatto a farci giudicare da persone come queste, tenente?
Sì probabilmente era questo il pensiero che attraversava la mente della donna, perché nonostante l’espressione marziale, si vedeva chiaramente una grande sorpresa nel profondo dei suoi occhi.
Davvero, come si poteva pensare che persone simili potessero dare giustizia ad Ishval?
Tutti questi pensieri durarono pochi secondi, ma rimasero bene impressi nella mente di Mustang.
La sua attenzione tornò quindi alle altre persone presenti nella stanza.
“Chi di voi fa da portavoce, signori?” chiese educatamente
Gli uomini si guardarono perplessi tra di loro, probabilmente sorpresi da quel tono gentile. Si erano sicuramente immaginati un atteggiamento diverso da parte di quell’uomo così pericoloso. Tuttavia dopo qualche secondo un uomo abbastanza anziano, che stava seduto al centro del tavolo, disse
“In un sistema democratico tutti hanno il diritto di esprimere la propria opinione, colonnello. Ma date le circostanze farò io da portavoce. Sono Andrew Lodder, presidente di questo augusto consiglio che rappresenta il popolo di Amestris”
“Benissimo, – disse sarcasticamente il colonnello – allora, dato che tutti hanno il diritto di esprimere la propria opinione, io Roy Mustang, farò da portavoce a tutti i soldati che sono qua fuori, dopo aver combattuto aspramente per la propria vita”
“Allora, se lei è il portavoce, i suoi uomini possono anche lasciare la st…”
“Loro non si muoveranno di qui. – la frase fu detta in tono sommesso, quasi un sibilo, ma bastò a far calare un gelido terrore su tutti gli esponenti del governo – Forse è meglio che mi spieghi: in questo momento voi non siete nelle condizioni di imporre nulla né a me né a loro. Qui comando io”
“Questo è un chiaro attacco alla democrazia! – si alzò in piedi il giudice con aria irata – Colonnello Mustang, lei si è reso colpevole di un gravissimo crimine nei confronti del paese!”
Mustang alzò gli occhi al cielo: si era dimenticato di quanto quell’uomo potesse essere irritante.
“Sottotenente Havoc, - disse – il giudice forse non ha capito che non deve parlare senza permesso: non è educato. Se succede ancora pensaci tu, chiaro?”
“Molto volentieri, signore” sorrise con aria cattiva il sottotenente
Ma a quanto sembrava il giudice non riusciva a tollerare che gli uomini da lui processati fossero così spavaldi nei suoi confronti.
“I suoi uomini erano stati graziati, colonnello! Ma dopo questo affronto la condanna per loro è inevitabile! Siete tutti destinati al patibolo!”
Senza nemmeno dire altro, Mustang fece un rapido cenno con la mano e Havoc si mosse.
Tu non sai quanto ho aspettato il momento in cui ti avrei avuto tra le mie mani, stronzo! – pensò il sottotenente mentre si avvicinava all’uomo – Adesso ti insegno io a condannare le persone a cuor leggero!
Arrivò davanti al giudice che, ostinatamente seduto nella sedia, quasi fosse simbolo di un potere che lo rendeva inviolabile, lo squadrava con disprezzo.
“Non provare a fare qualcosa, soldato” gli intimò l’uomo
“E chiudi il becco, idiota! - ritorse Havoc, facendolo alzare a forza e dandogli un pugno ben assestato in mezzo allo stomaco – Hai parlato anche troppo in questi ultimi giorni!”
Senza nemmeno un gemito, l’uomo si accasciò sulle ginocchia, piegandosi in due per il dolore. Il pugno di Havoc gli aveva letteralmente mozzato il fiato.
“Ecco fatto, signore” dichiarò il sottotenente, tornando al suo posto
“Grazie, Havoc – sorrise il colonnello – Allora, altri che hanno qualcosa da ridire, oppure possiamo andare avanti e parlare di questioni più serie?”
La dimostrazione di forza aveva avuto l’effetto desiderato e nessun’altro osò obbiettare.
Dopo dieci secondi di calcolato silenzio, Mustang riprese a parlare.
“Molto bene… dunque, recenti avvenimenti mi hanno portato a riflettere sulla validità di questa democrazia – mise particolare enfasi su quella parola – e sugli effetti che essa potrà avere nei confronti del paese”
“A cosa si riferisce, in particolare?” chiese l’anziano portavoce, congiungendo le mani sopra il tavolo
“Questioni militari, più che altro… non sono sicuro che i confini verranno ben protetti se si procederà alla condanna di tutti i soldati che hanno preso parte alla guerra di Ishval. Stiamo parlando di più di metà esercito”
“Ma certo, è chiaro che noi, uomini carenti di esperienza militare, possiamo aver mal calcolato l’esigenza di dare giustizia ad Ishval, rispetto alla sopravvivenza del paese”
Un’affermazione che andava a sfiorare l’ironia.
“Ditemi, che provvedimenti sono stati presi per Ishval?” chiese
“L’ha visto anche lei, colonnello: dare giustizia a quelle morti con la condanna di tutti coloro che vi hanno preso parte. Questo era inteso a far capire che a questo governo interessa che i crimini…”
“No, non intendevo questo. Volevo sapere che provvedimenti sono stati presi per aiutare quel paese a rinascere…”
“Ishval? – esitò l’uomo – Se devo essere sincero…”
“Avete confermato la bozza, fatta nel mese successivo la caduta di Bradley, in cui si permetteva al popolo di Ishval di tornare nelle loro terre?” chiese
“Uhm… non credo che sia stata presa in considerazione”
“Allora avete provveduto voi stessi a far riunire i superstiti e a migliorare le loro condizioni di vita”
“Non c’è stato tempo per…”
“Sicuramente avrete pensato a ricostruire almeno in parte quel paese, parte dello Stato di Amestris, e favorire la sua riqualificazione”
“Il primo gesto che si poteva fare per quel popolo era di condannare tutti voi!” disse un altro membro del consiglio
“Davvero? A me sembra invece che sia stato un gesto a favore esclusivamente vostro…  ora ditemi… perché nessun Ishvaliano era presente nella giuria dei processi? Almeno i rappresentanti avevano il diritto di stare a quel tavolo”
“Sono questioni pertinenti il governo…”
“Ma democrazia è il governo del popolo… gli Ishvaliani sono parte del popolo. No, decisamente qualcosa non mi torna… e a te, Breda?”
“Proprio no, signore. A me sembra solo che qui qualcuno stia cercando di salvarsi le chiappe” rispose il sottotenente con un sogghigno.
 “Colonnello Mustang, – disse un altro membro del consiglio, alzandosi e parlando per la prima volta – la situazione ci pare abbastanza chiara. Ci dica cosa vuole”
“Cosa voglio?” Mustang fece un’espressione di finta sorpresa
“Esatto: si può arrivare ad un accordo. – sorrise l’uomo in tono accondiscendente – Lei e tutti i suoi uomini riceverete la grazia e verrete reintegrati. Dato che, come ha sottolineato, siamo carenti in questioni militari, le offriamo il comando delle forze armate del paese… in questo modo i confini saranno sicuri. E poi ci assicureremo che per Ishval vengano presi i migliori provvedimenti, magari  con la sua stessa supervisione. Del resto, lei deve anche pensare a quanto sarebbe destabilizzante per il popolo vedere un repentino cambio di governo, dopo poco più di un anno dalla caduta di King Bradley”
Mustang guardò con attenzione quell’uomo relativamente giovane.
Ecco il tentativo di corruzione… mi sembrava strano che mancasse.
Il suo silenzio venne interpretato come l’inizio di un cedimento.
“Suvvia, colonnello, tutti hanno un prezzo… e sono sicuro che è la soluzione più conveniente per tutti”
“Quelli dietro di me sono i miei uomini…” iniziò
“Beh ci saranno ovviamente posti di riguardo anche per…” ma la mano alzata del colonnello lo bloccò
“… mi hanno seguito con totale fiducia e abnegazione per anni, credendo nelle mie capacità e nella mia volontà di cambiare il destino di un paese distrutto. Una di loro ha visto l’inferno di Ishval con i suoi stessi occhi, seppellendo un bambino senza nome il giorno in cui si festeggiava la fine della guerra. Un altro ha rischiato di perdere l’uso delle gambe per combattere contro qualcosa di così pericoloso che voi non potete nemmeno immaginare… per seguire me. Lui – indicò Breda – non mi ha mai tradito perché, nonostante sia un genio che poteva camminare da solo, credeva nelle mie ambizioni, nella volontà di non far capitare mai più un errore grave come la guerra civile. Quell’uomo seduto è tornato da me nonostante il destino ci avesse separato… ha detto di no a Briggs e nemmeno un’ora fa ha perso tantissimo sangue. Ma nonostante tutto si è alzato in piedi e ha stretto i denti per essermi accanto anche in questo momento. E lui… – il suo dito indicò Fury – lui ha creduto in me perché anche se non aveva mai visto la guerra, aveva la speranza di un futuro in continuo miglioramento. E per me ha affrontato la trincea, il colpo di stato… perché ci credeva, non perché l’avevo corrotto.
E ora avete la faccia tosta, di chiedermi di voltare le spalle a tutti loro… per che cosa? Per un maledettissimo scranno a quel tavolo?”
Il tono di Mustang era così furioso che tutti i membri del consiglio si ritrassero: avevano giocato in maniera totalmente sbagliata. Tuttavia, dopo qualche secondo il colonnello riprese la calma.
“Ho visto e sentito abbastanza – dichiarò – E’ chiaro che questo governo non può e non deve rappresentare Amestris. Considerata la mia posizione di rappresentate delle forze armate, dichiaro sciolta quest’assemblea inutile e dannosa… si vede che questa tipologia di democrazia non va bene al paese. Assumo in questo istante la carica di Comandante Supremo, in attesa che essa venga ratificata dai generali degli altri settori di Amestris”
“Questo è un colpo di stato bello e buono!” protestò un consigliere, mentre tutti si alzavano in piedi increduli
“Sì, lo è. E voi non avete alcun potere in merito. Soldati – fece cenno alle guardie poste ai lati della stanza – scortate queste persone in un’altra stanza e sorvegliatele. La loro sorte verrà decisa in un altro momento e in un’altra sede. Appena possibile verranno trasferiti in prigione… sono certo che avranno modo di riflettere come abbiamo fatto noi in questi giorni”
 
“Che incredibili teste di cazzo! – commentò Havoc, non appena la porta si fu chiusa – Come si è trattenuto dal dargli fuoco, signore, ancora non lo capisco”
“E lei si stava facendo condannare da quei tipi là, colonnello” disse Breda con un sorriso sarcastico
“Si vede che ero proprio stanco, sottotenente – sorrise di rimando Mustang – del resto, con quei pasti schifosi che ci davano in prigione, non ero certo al massimo delle forze”
“Non mi sembra ancora vero. – sussurrò Fury – Signore, ma si rende conto che ce l’ha fatta? E’ davvero Comandante Supremo! E noi siamo tutti qui, con lei… non è questo che abbiamo sempre sognato? Ed è proprio come me l’ero immaginato!”
“Davvero ti eri immaginato una scena simile?” chiese Falman, con un sorriso
“Sì, signore… magari non pensavo ad una stanza simile – sorrise il sergente – ma che fossimo tutti insieme, beh quello sì!”
Mustang arruffò con tenerezza i capelli neri del ragazzo: ecco la versione corretta del sogno, quella che considerava l’aspetto più importante. Non c’erano divise pulite o uomini ordinati… ma erano insieme, dopo aver lottato a lungo.
“Adesso si dovrà affacciare al balcone, signore – suggerì Breda – l’esercito e là fuori che l’attende. E’ giusto che anche loro la possano festeggiare”
“Oh, allora aspettate un secondo. Maresciallo Falman, – chiese Fury – se non sbaglio questo palazzo prima era sede di un’ambasciata vero?”
“Cosa? Beh, sì… mi pare proprio di sì”
“Allora torno il più in fretta che posso!” scattò il sergente, correndo fuori dalla porta
“Ma che gli è preso?” chiese Havoc grattandosi perplesso la testa
Mustang scosse il capo con rassegnazione: non aveva la minima idea di cosa volesse combinare Fury. Poi volse la sua attenzione a Riza, l’unica che non aveva ancora parlato.
“Allora, tenente, - chiese in tono scanzonato – sei pronta ad essere di nuovo la personale assistente del Comandante Supremo?”
Lei sorrise, un sorriso così bello e sincero come mai le aveva visto fare. Sembrava anche di vedere una lacrima nell’angolo dell’occhio destro, ma con un cenno del capo se mai c’era stata, sparì.
“Adesso non potrà permettersi di oziare, signore. – lo ammonì, mentre cercava di sistemagli la divisa ormai completamente sbrindellata – Avrà molte più responsabilità”
“Oh, ma sono sicuro che mi aiuterai come sempre” sorrise lui
“Non posso certo permetterle di mantenere ancora determinati atteggiamenti, signore. Domani inizieremo a sistemare tutto quanto e…”
“Tenente, – rise il colonnello, mettendole l’indice sopra le labbra – tutto a domani… adesso hai solo l’ordine di essere felice e goderti questo momento insieme a tutti noi”
Con un sospiro la donna annuì, ma non riuscì a negarsi un altro sorriso.
“Eccomi, colonnello!” esclamò Fury, rientrando con un grosso fagotto verde tra le mani
“Dove eri finito?” chiese Havoc
“Se era un’ambasciata, allora sventolava anche la bandiera di Amestris – spiegò il giovane, spiegando in parte la stoffa verde tra le mani – e così mi sono fatto aiutare dalle guardie… per fortuna l’abbiamo trovata quasi subito!”
“E che ci vuoi fare con quella bandiera?” chiese Breda
“Signore – sorrise il sergente porgendola a Mustang – la vuole portare fuori con sé, nel balcone? E’ la nostra bandiera…”
Mustang la prese in mano, accarezzando quella stoffa.
Ambizione, orgoglio… tutto sparì davanti a quel verde. Rimase solo il desiderio di un giovanissimo soldato, davanti alla tomba del suo vecchio maestro d’alchimia: e quel soldato raccontava ad una giovane ragazza la sua speranza di poter un giorno migliorare il paese.
“E’ stata… una bellissima idea, sergente” ammise
Con i suoi uomini si incamminò verso quelle tende di velluto che lo separavano dal balcone e dalla folla. Quando allungò la mano per aprirle, si girò e vide che gli altri si erano fermati a rispettosa distanza, con Falman sostenuto da Havoc.
“Che succede, signore?” chiese Riza
“In quel balcone ci andremo tutti insieme” disse Mustang
“Cosa? – disse Falman – Oh no, signore… è lei il Comandante Supremo. E’ lei che le truppe aspettano”
“Questo Comandante Supremo non sarebbe nessuno senza i suoi uomini. Abbiamo vinto assieme, no?” scosse il capo il colonnello, facendo loro cenno di avvicinarsi. Tese una mano verso il centro.
Gli altri lo guardarono perplessi, e poi fu Fury il primo a interrompere l’esitazione, posando la propria mano sopra quella del suo superiore. E subito quella di Riza, Breda, Havoc e Falman seguirono l’esempio.
“Sul serio, ragazzi – mormorò il colonnello – grazie… grazie a ciascuno di voi”
“Grazie a lei per aver reso i nostri sogni realtà, signore” sorrise Riza
Rimasero così fermi, per interminabili secondi in cui ciascuno ripercorreva la propria storia, il proprio incontro con quelle persone così straordinarie che erano diventate fondamentali nella propria esistenza. Assaporarono il gusto di essere una famiglia unita e compatta, nel momento più bello della loro vita.
“Adesso direi che possiamo andare” sorrise infine Roy.
La pila di mani si disfece e per quell’incredibile sintonia che avevano, nessuno chiese disposizioni. Furono Fury e Breda i primi ad uscire in quel balcone, con la piazza colma di soldati che attendevano. La folla era festante, ma come li vide uscire si fece più calma, capendo che era arrivato il momento. Seguirono quindi Havoc e Falman che andarono a disporsi a destra, rispetto ai loro compagni…
“Ci siamo, colonnello” sorrise Riza, prendendo in mano la tenda
“Ci siamo, tenente” restituì il sorriso Roy, tenendo la bandiera stretta a sé
Ed insieme uscirono, con Riza che si manteneva un passo dietro al suo superiore.
Come vide il colonnello, la folla esultò, un boato incredibile se si considerava che quegli uomini erano stanchissimi dopo la battaglia. Ma non si poteva restare zitti davanti alla vittoria, alla rinascita.
Mustang guardò quelle centinaia di persone che lo acclamavano e il suo pensiero tornò a quel giorno lontano, ad Ishval, in cui aveva fissato il suo sguardo su Bradley, ripromettendosi di scalare la vetta
Il potere di una singola persona è molto limitato. Per questo farò tutto ciò che è in mio potere, per quanto limitato, per le persone a cui tengo. Chi sta sotto di me proteggerà chi sta sotto di loro. Noi, miseri umani, dovremmo riuscire a fare almeno questo.
Una progressione geometrica, eh? Ciò significa… che per proteggere l’intero paese, tu dovrai stare in cima alla piramide.
Immagino sia bellissimo trovarsi in quella posizione. Hughes, non penso di poter salire così in alto tutto da solo. Questo è poco ma sicuro.
Potrebbe essere interessante. Voglio far parte di quest’azione. Voglio vedere come il tuo ingenuo idealismo cambierà il paese.
“Adesso lo potrai vedere, Maes, - sussurrò – e spero che ne sarai felice”
Poi fissò di nuovo i suoi uomini, sorridenti e fieri, un passo dietro di lui.
Avrebbe dovuto fare un grande discorso, era questo che si faceva sempre in queste occasioni, no?
Avrebbe dovuto parlare dei cambiamenti, delle sue grandi speranze, dei sogni per il futuro che avrebbero realizzato tutti assieme.
Ma poi guardò la bandiera tra le sue mani e capì una cosa molto importante: era tutto in quel simbolo.
Non aveva bisogno d’altro.
Facendo un ultimo passo verso la balaustra, alzò la bandiera col pugno destro, liberandola e permettendole di sventolare fiera nella luce del tramonto. Il drago argento sembrava volare nel campo verde, verde come la speranza che aveva appena riacceso nel cuore del paese
“AMESTRIS!” gridò con tutta la forza che aveva in corpo
“AMESTRIS!” ruggì la folla, in risposta.
Ma soprattutto sentì le cinque voci squillanti dietro di lui: non ebbe bisogno di girarsi per capire che tutta la sua squadra aveva alzato il pugno in aria in segno di vittoria.
“AMESTRIS!” ripeté ancora
E la folla lo seguì in quel meraviglioso inno di vittoria.
Era il tramonto del decimo giorno.
Ed era arrivato in cima, assieme alla sua squadra.
 
La radio trasmetteva musica classica, come sempre a quell’ora subito dopo cena.
Elicia dormiva già e Glacier si era seduta nel divano a rilassarsi. Su un vassoio nel basso tavolino davanti a lei stava la torta che avevano fatto quella mattina. La piccola aveva insistito affinché la conservassero per il signor Jean, che di certo sarebbe venuto a mangiarla.
Guardando la finestra, la donna si chiese che cosa fosse successo. Tutta la giornata era rimasta chiusa in casa, non osando uscire: la radio non aveva detto nulla, né la gente aveva riferito qualcosa… ma era anche vero che la sua casa era molto distante da quella piazza.
La musica classica si interrupe.
“Interrompiamo le trasmissioni per dare un annuncio a reti unificate. Oggi, 14 ottobre 1916, il governo democratico di Amestris è stato ufficialmente deposto dal neo Comandante Supremo Roy Mustang.”
Gli occhi della donna si dilatarono e le lacrime iniziarono a scendere.
Si alzò in piedi e andò accanto alla radio
“Il Comandate Supremo ha annunciato che i primi provvedimenti del governo saranno per Ishiv…”
Click
La mano della donna girò la manopola e la radio si spense.
Accanto all’apparecchio vi era una foto di due giovani soldati, l’aria furba e sorridente… entrambi bruni, uno con gli occhiali, l’altro con gli occhi scuri.
“Ce l’ha fatta, Maes… - sussurrò Glacier con un sorriso – ha realizzato il vostro sogno. Sono sicura che ne sei estremamente felice.”
  
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