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Autore: bibrilove98    16/09/2013    9 recensioni
[-NO! Non sono un mago, sono un mezzosangue te l’ho già detto! Chi sei? –chiesi particolarmente nervoso. Per un attimo invocai tutte le mie forze per cercare di far riemergere più zombie possibili dalla terra.
-Non funzionano i tuoi poteri qui. –disse il ragazzo incrociando le braccia.
-Io posso essere considerato la morte.
-No, io lo sono.]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anubi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SALVE A TUTTI!
Bene, l’altro giorno stavo pensando al Figlio di Sobek e all’incontro tra Percy e Carter…be, perché non possono incontrarsi anche Anubi e Nico? In fondo entrambi rappresentano la morte e a mio parere potrebbero andare d’accordo… :D così mi sono messa al computer e ho scritto una One Shot dove ci saranno degli strani incontri… :D
Spero vivamente che la mia storia vi piaccia, quindi non posso che augurarvi:
Buona Lettura!!
Ps: Altre mie storie su The Kane Chronicles: Si può veramente essere innamorati di un dio?




-Ehi Nico! –disse una voce familiare. Mi girai e notai un ragazzo con dei capelli scuri, una faccia simpatica e degli occhi verdi venirmi in contro. Aveva un armatura d’allenamento allacciata in vita e sulle spalle e da sotto si intravedeva la maglietta arancione del campo. In mano teneva una lunga spada di circa un metro con delle incisioni in greco antico.
-Come già te ne vai? –chiese non appena mi fu arrivato vicino.
-Si. –risposi non curante.
-E dove te ne vai? Dai dimmelo. –continuò il ragazzo sempre più curioso. Mi girai a guardarlo con aria sempre più stupita. –Percy, dove pensi che vada?
-Bho, speravo da qualche altra parte, dovresti andare in posti un poco più sereni. Perché non vai in un bel paesaggio di montagna? O meglio ancora al mare! Non puoi sempre chiuderti nel palazzo di tuo padre.
-Va bene, magari in un'altra vita quando nascerò figlio di Ermes o di Poseidone. –ribattei.
-Ok, devo pensare a tutto io –disse Percy facendo girare gli occhi e un poco mi preoccupai. –appena torni organizzo una splendida giornata al mare, solo io, tu e Annabeth. Che te ne pare?
In quel momento mi ricordai quanto fosse amichevole Percy. Era disposto a tutto per rendere felice i suoi amici. –Se ci tieni tanto.
-Allora a presto! –disse girandosi e salutandomi con la mano. –Scusa ma Annabeth mi sta aspettando, e sinceramente non voglio farla aspettare ancora.
-Ci vediamo. –risposi prima che il ragazzo si allontanasse troppo. Mi girai verso l’enorme cancello. Per un attimo chiusi gli occhi e respirai profondamente mentre un venticello piacevole mi accarezzava il viso. Forse Percy aveva ragione, avevo veramente bisogno di una vacanza.
-Ma che dico! –dissi tra me e me poggiando una mano sulla faccia per levare la sensazione del vento che era diventata fastidiosa. –Io sono figlio di Ade, non posso andare in vacanza.
Mi girai verso un albero che proiettava un ombra sul terreno. “Andiamo” pensai e in un secondo tutto intorno a me diventò nero.
 
Aprii gli occhi convinto di ritrovarmi nel palazzo di mio padre o nei campi della Pena, ma lo spettacolo che vidi non fu tanto simile. Mi trovavo in una città. C’erano un sacco di macchine che sfrecciavano in una strada vicina, mentre un mare di persone si affollavano vicino ad un semaforo nella speranza di attraversare il prima possibile. Mi guardai un attimo intorno per capire dove fossi finché lo sguardo non si posò su un enorme grattacielo. “Come ho fatto a finire qui?” pensai dubbioso e per la curiosità, o per la paura di avere le allucinazioni, chiesi ad un signore in che posto ci trovassimo.
-Come non lo sai? Ragazzo questa è Manhattan. –disse un uomo sulla cinquantina che indossava un completo da lavoro prima di scappare via per raggiungere la metropolitana. Quindi non avevo sbagliato, quello era veramente L’Empir State Building. Ma come mai il mio viaggio nell’ombra mi aveva portato qui? Dovevo andare negli Inferi e non avevo mai sbagliato prima d’ora. Forse solo una volta, quando la mia mente si era immersa in un fantastico ricordo di Bianca e di quando giocavamo insieme. Cercai di scacciare subito quel ricordo doloroso e mi concentrai di nuovo sugli Inferi mentre mi incamminavo verso la sottile ombra di un lampione. Pensai al palazzo di mio padre. Pensai ad Ade. Pensai ai Campi della pena. E, di nuovo, tutto si fece buio.
 
Non appena riaprii gli occhi, lo spettacolo cambiò, e di molto.
-Maledizione! Ma cosa ho fatto! –imprecai impazientito. Mi guardai intorno, ma ciò che vidi fu solo sabbia. Sabbia e solamente sabbia. Istintivamente misi una mano in tasca e ne estrassi una dracma. Non avevo acqua e non potevo inviare un messaggio Iride e non potevo viaggiare nell’ombra perché non ce n’era, ma potevo chiamare il taxi delle sorelle Grigie. Sbuffai. Odiavo chiedere i passaggi a quelle tre, soprattutto perché continuavano a chiedermi come stavano le anime in pena e se urlassero tanto in quei maledetti campi. “Speriamo che funzioni” pensai e lanciai la dracma in aria. Mi concentrai sul taxi e pregai quelle tre befane di arrivare il prima possibile. Quando la moneta cadde per terra, affondò nella sabbia. Aspettai un poco nella speranza di vedere il taxi sbucare da sottoterra. Aspettai per dieci minuti. Di solito le tre streghe arrivavano immediatamente. Mi accovacciai preso dal dubbio e immersi la mano nella sabbia bollente e con mia sorpresa ne estrassi la dracma.
-Qui non funzionano i tuoi trucchi, sei troppo lontano. –disse la voce di un uomo. Mi girai di scatto e afferrai la mia spada che era legata al fianco. La impugnai saldamente e per poco non colpii un cammello. L’animale non sembrò affatto turbato dalla lama dello Stige che gli stava a pochi centimetri dal collo, probabilmente non riusciva a percepirla. Sulla groppa dell’animale c’era un uomo con un turbante che gli copriva la testa. Aveva una lunga tunica banca che doveva proteggerlo dal caldo. Aveva anche una lunga barba scura e la carnagione era di un marroncino chiaro.
-Come ha detto scusi? –chiesi allibito.
-Hai capito bene, invece. –disse l’uomo sorridendo. Probabilmente era un mostro, ma volli rischiare. –Dove siamo? –chiesi mantenendo la spada a portata di mano.
-Sahara, Egitto. –mi rispose non curante. In quel momento entrai nel panico. Egitto? Non mi ero mai spinto così lontano con i miei viaggi nell’ombra e non credevo nemmeno la cosa possibile! Guardai quell’uomo nella speranza di capire che stava scherzando, ma dal suo viso non traspirava nessuna emozione.
-Usa i tuoi poteri per andartene. –continuò girando il cammello e mostrando un enorme ombra formata dalla massa del cammello. Non riuscii a crederci. Feci il possibile per provare a parlare ma non accadde niente. Mi avvicinai all’ombra e in un secondo, tutto si scurì di nuovo.
 
Questa volta mi ritrovai in un'altra città. Mi guardai intorno nella speranza di capire in che città, paese, nazione o continente fossi capitato. “Papà, penso di aver bisogno di un aggiornamento sui viaggi nell’ombra” pensai. A differenza degli altri posti dove ero capitato, qui il sole era coperto da un enorme nuvolone carico di pioggia. Probabilmente Zeus si era arrabbiato. Camminai per un poco nella speranza di vedere qualcuno, ma stranamente le strade erano deserte. In quel momento qualcosa dentro di me mi diceva che dovevo camminare verso Est e seguii il mio istinto. Dopo aver svoltato un paio di volte e aver superato una rotonda, mi ritrovai vicino ad un cimitero. Era il luogo perfetto per ritornare a casa. Corsi verso la chiesetta piena di lapidi, ma non appena varcai la soglia sentii qualcosa di strano. Di solito mi sentivo a mio agio in un cimitero, ma lì era diverso. Mi sentivo fuori posto. Mi avvicinai ad una lapide dove c’era inciso un nome: Susan Glace.
-Chi sei? –disse una voce. Mi girai di scatto e questa volta non vidi un cammello, ma un ragazzo che doveva avere più o meno sedici anni. Aveva dei capelli spettinati e degli occhi color cioccolato. Indossava una maglietta nera con un giubbotto di pelle sempre nera e dei jeans scuri. Pensai subito che aveva uno splendido look, ma mi agitai nel vederlo. Aveva qualcosa di morto, ma non capivo bene cosa fosse. Non era morto veramente, ma la pelle bianca e l’aura scura che percepivo intorno a lui erano un dettaglio che avevano gli zombie che ero abituato ad evocare. Portai una mano alla cintura ed estrassi la mia spada.
-Che cos’è? –chiese il ragazzo alzando un sopracciglio.
-Non lo sai? –chiesi colpito. -Scusa potresti spiegarmi cosa vedi?
-Be, vedo un ragazzino con una lunga cosa…ecco, si, con una lunga spada in mano.
Lo guardai allibito. Ne stavano succedendo di cose strane in un giorno.
-Chi sei? –chiesi.
-Te l’ho fatta prima io la domanda.
-Giusto, mi chiamo Nico di Angelo.
-Non ti conosco. Hai una strana aura…ti manda Osiride?
-Osiride? No! Non so neanche chi sia! Sei un semidio? –chiesi speranzoso.
-Semidio? Oh mio caro, ti sbagli di grosso, sono molto di più di un mezzosangue. –disse abbozzando ad un sorriso.
-Un dio… -sussurrai. Nella mia testa incominciarono ad emergere miti e storie greche legate alla morte, ma non emerse nessun dio legato alla morte come lui e quell’Osiride…forse, però, lo avevo già sentito quel nome. –Dimmi un poco, dove siamo?
-New Orlans. –rispose il ragazzo. New Orlans? Come facevo ad essere capitato così a sud?
-Non è possibile! Sono troppo fuori dalla portata degli dei!
-Pure tu in questa storia? Allora sei sicuramente un mago.
-NO! Non sono un mago, sono un mezzosangue te l’ho già detto! Chi sei? –chiesi particolarmente nervoso. Per un attimo invocai tutte le mie forze per cercare di far riemergere più zombie possibili dalla terra.
-Non funzionano i tuoi poteri qui. –disse il ragazzo incrociando le braccia.
-Io posso essere considerato la morte.
-No, io lo sono. –dissi cercando di usare un tono duro. Nell’aria sentii una forte tensione che durò per un minuto circa. Scrutai attentamente la persona che mi trovavo davanti e lui fece la stessa cosa con me. Non mentiva quando diceva che era la morte, ne ero certo. Eravamo così vicini, ma anche così lontani, come se appartenessimo alla stessa materia ma di un mondo diverso. Poi il ragazzo abbozzò un sorrisetto. –Hai del coraggio a sfidare un dio, te lo concedo. Io sono Anubi.
-Anubi? Ti ho già sentito da qualche parte.
-Meno male! E non mi riconosci…sei molto strano mago.
-Ti ho detto che non sono un mago! Sono figlio di Ade. Sei un mio fratello di cui papà non mi ha parlato? Qualche parentela con una Ninfa o cose del genere?
Gli occhi del ragazzo si spalancarono in un’espressione di stupore. Poi chiuse gli occhi color cioccolato e sospirò.
-Forse dovremmo parlare un poco…dovrei aver capito.
 
-Ricordavo di aver sentito sia il tuo nome che quello di Osiride da qualche parte. –dissi muovendomi un poco a disagio su una panchina nel cimitero.
-Si…quindi vivono ancora i greci eh? –disse Anubi con aria divertita. Non risposi. Mi sentivo ancora troppo confuso. Il primo viaggio nell’ombra mi aveva portato a Manhattan, dove si trovava la sede degli dei, il secondo in Egitto e il terzo mi aveva fatto incontrare con il dio della morte.
-Sia gli dei Egizi che quelli Greci sanno dell’esistenza reciproca, ma non se ne parla mai, si preferisce rimanere in silenzio. –mi spiegò il dio.
-Ma perché ci siamo incontrati? –domandai.
-Non lo so. –rispose Anubi.
-Come non lo sai, sei un dio almeno queste cose dovresti saperle. –sbottai incrociando le braccia e spostando di lato la testa per vedere un enorme vaso di fiori messo vicino ad una lapide.
-Ehi stai calmo. Sono un dio, ma questo non te lo so dire. Può essere stata colpa di Thot o di Horus o di Iside, non te lo so spiegare. Forse è stato il caso…
-Non esiste il caso nel mondo in cui vivo io. –risposi.
-Sei perspicace. –disse il dio sorridendomi.
-Quindi esistono dei maghi… -osservai.
-Si, di solito gli dei, o meglio, i nostri dei non fanno figli con gli umani, anche se spesso si innamorano…ma questo non è importante, volevo dire, noi abbiamo dei maghi che scelgono di compiere il cammino di un dio, si muovono attraverso la Duath…
-La cosa?
-…lascia stare, troppo complicato, insomma cercano di sconfiggere le forze del Maat, ossia il male.
-Noi abbiamo un Campo dove i nostri dei mandano i loro figli per non essere uccisi…più o meno la stessa cosa.
In quel momento Anubi si alzò. -Scusa, ma penso che alcune anime mi stiano chiamando, io sono tipo il vostro…come si chiama…Caronte, ecco, tipo Caronte. Porto le anime ad un tribunale dove decido se devono sopravvivere o meno.
-Speriamo che questa volta i viaggi nell’ombra funzionino correttamente. –mi lamentai.
-Non ti preoccupare, dovrebbe andare tutto liscio come l’olio. –disse il dio sorridendo. –Comunque è stato un piacere conoscerti Nico. Forse un giorno dovremo combattere gli uni insieme agli altri, o contro.
-Opto per la prima opzione. –risposi poi lui mi porse la mano e gliela strinsi. Non appena le mie dita toccarono le sue avvertii un forte potere. Era veramente il dio della morte e sentii che, se lo avesse voluto, mi avrebbe ucciso anche all’istante.
-Ci rincontreremo. –disse lui.
-Sicuro. –risposi e in quel momento una fitta nebbia si alzò e avvolse il dio che in un istante sparì. Nel cimitero riuscivo ancora a percepire qualcosa di strano, qualcosa di non greco, ma adesso sapevo cosa fosse. Uscii dal cimitero e mi incamminai per le strade di New Orlans. Forse avevo veramente bisogno di una vacanza dopo quella giornata. Sospirai mentre mi incamminavo verso un ombra e in un secondo, tutto divenne scuro, ma questa volta ero sicuro che sarei capitato al campo, pronto ad accettare l’offerta di Percy di trascorrere una giornata al mare.
  
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