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Autore: GirlOnFire    17/09/2013    4 recensioni
Questa storia è nata da un sogno, anche se è più indicato dire un incubo avuto durante un temporale; è nata assieme alle parole di Mengoni da cui è tratto il titolo pur non essendo una songfic.
CONTIENE SPOILER SU -A.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aria Montgomery, Ezra Fitz
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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WARNING: Contiene spoiler sull’ultima puntata della midseason. Se non volete sapere chi è –A, leggete a vostro rischio e pericolo!

 

Un lampo. Durante la notte dove tutto è silenzioso e buio, ne basta solo uno a illuminare un’intera stanza; a presagire la pioggia battente e rumorosa, ai tuoni che sembrano riportare indietro suoni di bombardamenti bellici; a portare con sé il temporale peggiori che avessi mai visto a Rosewood.
Un secondo.  Un battito di ciglia e la mia vita sarebbe potuta cambiare senza che me ne accorgessi, senza riuscire ad addentrarmi – e districarmi, quasi come fosse un labirinto la mia stessa vita – tra gli eventi che stavano facendo il loro corso senza che io ne avessi ancora consapevolezza; che avrebbero fatto crollare il mio mondo in mille piccoli pezzi, come quando hai un vaso tra le mani e ti scivola via e non puoi fare nulla perché non c’è prontezza di riflessi che tenga quando arrivi un secondo, un solo attimo più tardi del dovuto e trovi solo centinaia di piccoli pezzi sul pavimento. E puoi provare a raccogliere ogni minuscolo coccio, puoi provare a risistemare il vaso, con la colla – con tutta la buona volontà - ma alla fine ti mancherà sempre qualche pezzettino che non potrà risistemare tutto come prima. Il vuoto si nota, sempre; esternamente si può vedere ogni minima crepa, ogni più piccolo sfregio. E’ così anche nelle persone, lo sapevo bene; sapevo che quelle parti mancanti che credevamo fossero portare dai cuori spezzati, alla fine erano davvero evidenti sul viso; gli occhi sono lo specchio dell’anima.
E i miei occhi, così azzurri ma opachi, asciutti, si erano aperti di scatto a notare come il bagliore bianco-giallastro – confusosi e mischiatosi con il grigio-nero del cielo plumbeo e carico, come fosse quasi un dipinto di colori a tempera fatti seccare – dava adesso vita a quel rosastro tipico delle mattinate passate in bianco, magari dopo aver fatto le ore piccole con loro durante i pigiama party. Magari, meglio, con lui.
Non potevo aspettarmi che il mio sussultare – che il cuore che sembrava stesse uscendo dal petto per quanto batteva forte, quasi a rompermi le costole – era solo l’inizio di quello che si sarebbe spezzato davvero dentro di me. Tutte le mie convinzioni, tutto ciò in cui avevo sempre creduto, per cui avevo lottato, che avevo amato sarebbero state tutte spazzato nel giro di quel lampo che aveva trasformato la mezzanotte in un’alba.  
Se solo mi fossi accorta che quel fenomeno meteorologico era solo una mera rappresentazione della mia vita, avrei agito diversamente;  invece presi il telefono. Sul display tre messaggi  e troppe chiamate perse –non avevo bisogno di controllare per sapere che fossero tutte di Hannah, Emily e Spencer – che vennero ignorate ancora per qualche minuto, magari un’ora; magari una notte. Il suo nome era invece la mia priorità, sapevo bene che avrei dovuto cancellare il suo numero, che avrei dovuto dimenticarlo come avevo detto alle ragazze; come dimostravo a Jake ma mi era bastato rivederlo in caffetteria, parlarci; baciarlo. Ci cascavo ogni volta su quelle labbra, prendevo la rincorsa dei pensieri e.. perdevo il fiato sulle sue labbra, sentivo l’ossigeno mancarmi eppure stavo bene; respiravo amore.
Presi un respiro profondo prima di sentire il consueto suono che, inesorabile, scandiva il tempo che passava in quell’attesa che mi faceva stringere ancora di più il petto; che mi faceva rannicchiare contro la parete dove il mio letto era locato. I tuoni fuori si facevano sentire adesso più che mai e aspettavo solo il momento di poter sentire la voce di Ezra per riuscire a calmarmi, dormire magari. Le immagini di una Allison che veniva aiutata a uscire dalla fossa ancora vivide nella mente e che, abbinate al maltempo, non mi avrebbero di sicuro fatto dormire.
Tornai a toccarmi il collo, come se fossi io quella a soffocare sottoterra – gesto compiuto quella sera stessa quando ero a Ravenswood, quando avevamo scoperto i nascondiglio di A. Avrei voluto raccontargli tutto, voluto dirgli che forse per noi c’era ancora una speranza, che non doveva passarmi; noi non dovevamo passare. Ma più il telefono rimaneva muto, più perdevo le speranze e stavo per chiudere prima di sentire un respiro mozzato pronunciare il mio nome e pensai al peggio; bastò quella voce strozzata a farmi sussultare più di qualsiasi agente atmosferico fuori dalla mia finestra. Mi bastava lui per trovarmi lontana anni luce dal mondo, come quando ero a casa sua e c’eravamo solo noi; non eravamo il Proferror Fitz e la sua alunna Montgomery, eravamo noi: Aria ed Ezra con i nostri sacchetti con le facce disegnate sopra per avere una nostra foto da rendere pubblica per non avere ulteriori problemi con quella storia clandestina che ci stava regalando più emozioni di qualsiasi altro amore avessimo potuto provare.

“Ezra? Va tutto bene? Dove sei?”

Le domande partirono a raffica prima che riuscissi a capire cosa fosse quel rumore strano che proveniva dal suo telefono. Sembrava quasi che piovesse dentro casa e capii solo dopo aver sentito una portiera sbattere che era fuori. Cosa ci faceva per strada, di notte? Perché non era a casa come mi aveva detto, doveva ancora correggere qualche saggio, no? Eppure aspettai paziente una spiegazione, come sempre, prima di partire con altre domande a raffica perché sapevo che lui non mi avrebbe mentito. Ero ancora molto ingenua quando si trattava di Ezra Fitz.

“Sono rimasto chiuso fuori stasera e sono dovuto passare da casa di Molly per avere una copia delle mie chiavi, ma lei non c’era e allora sono corso in ufficio sperando che lì trovassi qualcosa; mi sono messo a correggere qualche appunto e ho perso la cognizione del tempo. Ho visto il lampo che ha illuminato l’orologio e mi sono reso conto che era ora di tornare a casa. Cosa ci fai ancora sveglia tu, invece? Hai bisogno che venga da te? Posso passare anche adesso, sai che non direi mai di no ad un bacio sotto l’acqua.”

E proprio come l’acqua lava via ogni cosa, lui con le sue parole aveva tolto ogni mio minimo dubbio. Non chiesi neanche perché era preoccupato quando aveva risposto, m’importava che stesse bene, che avessi buone notizie da dargli; che ricordasse che ogni volta che stavamo per tornare assieme c’era sempre la pioggia a scrosciare su di noi, a suggellare un nuovo bacio e un nuovo capitolo. Sorrisi pensando a quella coincidenza e aspettai che arrivasse, avvisandomi con un messaggio quando fosse stato davanti al vialetto.
Non potevo sapere che il tempo speso in più era perché stava tornando da Ravenswood e non perché era andato piano per la pioggia. Non potevo sapere che aveva corso come un disperato per non farsi scoprire che tra un semaforo e l’altro toglieva la tuta e il capellino nero per tornare al consueto cardigan e cravatta con cui l’avevo conosciuto; che era persino uscito dall’auto poco prima di arrivare a casa mia e poi rientrato nell’abitacolo per far vedere che aveva preso l’acqua da poco, prima di rispondere alla mia chiamata.
Non potevo conoscere quei dettagli perché non li avevo vissuti, perché li avevo solo sentiti sottoforma di racconto da quelle sue labbra che mi avevano sempre mentito; che adesso non riconoscevo eppure erano le uniche che avrei voluto sulle mie. Capivo solo adesso Spencer, capivo solo adesso che pur due che si amavano non c’era delitto che tenesse; la vita continuava come singolo ma separata in due corpi perché un amore come quello non passava.

E non c’è niente che resiste al mio cuore quando insiste..

“Ti amo perché tu non passerai, non mi passerai. A o non A.”

E l’avevo spinto fuori dall’uscio dove eravamo rimasti a parlare, bagnati dalla pioggia scrosciante che batteva sul piccolo tettuccio sulla porta. L’avevo portato sotto quella stessa pioggia e gli avevo preso il volto tra le mani, come sempre prima di baciarlo. Come sempre quando stavamo per iniziare un nuovo capitolo, insieme.

 

 

GirlOnFire’s Notes.

 

Non mi voglio perdere nelle mie congetture dopo l’ultima puntata di PLL, ognuno penso si sia fatto un’idea. Mi aspetto grandi cose dalla seconda parte, lo ammetto, ma nel frattempo volevo scrivere su di loro; è la prima volta in realtà pur shippandoli come mai [fangirlin’ hard!].
Vorrei sapere cosa ne pensate, se magari non è una totale schifezza ecco perché ho sempre queste aspettative molto alte e non vorrei deluderle, soprattutto per le persone che mi hanno sempre sostenuta.
Questa poi è dedicata a 
Locomotta.  
Alla prossima, V.
 

 

   
 
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