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Autore: Livvy    18/09/2013    7 recensioni
Primrose Mellark, nata e cresciuta nel Distretto 12, primogenita degli sfortunati amanti; aveva visto cose che nessun altro avrebbe dovuto vedere.
Genere: Drammatico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Primrose Everdeen, Ranuncolo
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Primrose Mellark aveva i capelli biondi come quelli del padre e i suoi stessi occhi azzurri. Nata e vissuta nel Distretto 12, diverso anni luce da come lo aveva vissuto sua madre. Adesso non c'erano più confini che li rendessero estranei, diversi. Nessuno era più vittima di stereotipi. Non c'era più il distretto dei favoriti, dei pescatori, o dei minatori; erano tutte persone normali.
  Difficile dirlo per gli abitanti di Capitol City. Non tutti avevano digerito la fine dei loro divertimenti: gli Hunger Games. Sì, Rose sapeva. Lo aveva studiato e vedere il nome dei suoi genitori stampato in grassetto sul suo libro fu come una coltellata nel cuore, e poi, quando aveva letto del bambino che era stato portato nell'Arena, nel grembo della madre, fu anche peggio. Katniss Everdeen e suo marito ci misero mesi prima di farle capire, a lei e al fratello minore, che non c'era nessuno bambino. Era tutta una bugia. Passò notti in bianco, pensando che avrebbe potuto avere un fratello di sedici anni più grande
  Alla fine si convinse che quello che dicevano i genitori era vero.
  Un brivido le penetrava le membra, ancora oggi, quando ricordava, che da bambina ignara di quello che la circondava giocava accanto alla statua che rappresentava un enorme fiamma di bronzo, vicina a quella che raffigurava un coltello. All'epoca non poteva sapere che quelli erano i monumenti che erano stati costruiti l'anno dopo aver distrutto tutte le Arene. La fiamma era in memoria dei settantaquattresima edizione dei giochi. Il coltello rappresentava i cinquantesimi Hunger Games, rappresentava Haymitch.
  L'uomo panciuto che aveva osato sfidare per primo il Presidente Snow era morto, non da molto. Aveva settantasette anni. Nessuno ci poteva credere, tutto l'alcol che gli circolava in corpo lo aveva fatto vivere quanto bastava. Sua madre gli era stata vicina nei suoi ultimi giorni.
  – Dolcezza. – aveva sussurrato.
  – Haymitch. Devi rimanere con me. Devi sopravvivere ancora un po'. – le parole di Katniss erano a malapena comprensibili. Immerse nelle lacrime, china sul letto dell'uomo.
  Haymitch era già morto, notò Rose, i suoi occhi erano vuoti. Spenti. Il suo cuore rallentò la corsa all'interno del suo petto e prese un respiro profondo. Si preparò a vedere un uomo che le aveva fatto da nonno, insegnandole a difendersi con astuzia, morire.
  – Katniss Everdeen: la ragazza di fuoco. – bisbigliò – La figlia che non ho mai avuto. – sorrise.
  – Che la fortuna sia sempre a tuo favore. – Rose lo disse così, di getto. Avrebbe voluto solamente pensarlo. Tutti, sua madre, suo padre, il fratello, e Haymitch stesso l guardarono.
  – Bellezza. – quel soprannome le distrusse il cuore. Si ricordò di tutte le altre volte che l'aveva chiamata in quel modo. – La fortuna è sempre stata dalla mia parte. Ho avuto la fortuna di trovare una famiglia. – disse rauco. Accennò un ultimo sorriso, poi. Haymitch morì.
  Rose chiuse gli occhi. Non piangere. Non piangere. Haymitch non vorrebbe. Le sue lacrime rimasero lì, intrappolate nei suoi occhi.
  Katniss invece, diede sfogo al suo dolore, singhiozzando e urlando. Peeta s'inginocchiò e l'abbracciò. Anche lui stava piangendo in silenzio. Primrose portò fuori suo fratello, Cinna, che non staccò gli occhi grigi dal corpo pallido di Haymitch fino all'ultimo momento.
  Si abbracciarono, seduti sul prato bagnato. Loro non piansero. Resistettero, reprimendo il dolore nei loro cuori.
  Il funerale di Haymitch fu la parte più dolorosa. Partecipò perfino Effie. Nonostante la sua età, non aveva perso il suo look da abitante di Capitol City. Ma il buonumore e il sorriso erano svaniti. Nessuno pianse. Nessuno parlò. Tutti guardarono chiudere la bara completamente fatta di pietra grezza. I Pacificatori fecero il loro dovere e se ne andarono.
  Rose si promise di chiamare suo figlio Haymitch e di raccontargli la storia di suo nonno. Che combatté con orgoglio e furbizia. Come sua madre aveva fatto con lei, raccontandole la storia della bambina uccisa dal potere.
  Primrose Mellark, nata e cresciuta nel Distretto 12, primogenita degli sfortunati amanti; aveva visto cose che nessun altro avrebbe dovuto vedere.
  Se ne stava seduta, con il volto appoggiato sulla pietra della bara di Haymitch. Guardava il nebbioso paesaggio davanti a lei. Le montagne che proteggevano i distretti. Che la proteggevano dalla crudeltà. Aveva da poco lasciato la casa dei genitori ormai cinquantenni. Gli occhi grigi di sua madre erano sempre gli stessi, ma non aveva mai notato la coltre di dolore che stabiliva in essi. La stessa che abitava sugli occhi azzurri del padre.
  Dopo i giochi, dopo di loro, avevano dovuto affrontare il dolore nudo, freddo, atroce. La guerra scatenata dalla seconda generazione dei Ribelli, si era portata via l'anima della nonna. La madre di Katniss.
  Avevano perso tutto. Il dolore era nei loro incubi, e nelle loro ombre. Katniss, ogni volta che qualcuno moriva, si sentiva in colpa. Il suo tentativo di tenere tutti sani e salvi pareva crollare ogni volta. Era difficile spiegarle che non era colpa sua, se qualcuno moriva era perché la sua missione era compiuta.
  Il sole sta calando, pensò. Ma non si mosse. Rimase lì a pensare alle ninna nanne che sua madre le cantava. Prima della guerra, le cantava della piccola Katniss stesa sotto ad un albero, accanto al lago dove il padre aveva insegnato a nuotare. Dopo, la ninna nanna parlava di quel momento condiviso durante i bombardamenti. Katniss, nonostante la leggera freddezza che aveva avuto nei confronti dei figli. Li amava e aveva paura di perderli.
  Un rumore che la fece sobbalzare si levò alle sue spalle. Dietro un cespuglio di foglie mangiucchiate uscì una palla di pelo di un rossiccio sbiadito. Quasi giallo. Si avvicinò a lei miagolante. Rose gli accarezzò la testa sorridente.
  – Mamma aveva un gatto. – disse all'animale. – Ti chiamerò come lui: Ranuncolo. –

 

   
 
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