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Autore: immaculately_flawed    19/09/2013    2 recensioni
Sherlock dà lezioni a John di ballo da sala. [Johnlock / Fluff con un pizzico di pre-slash] Un piccolo concentrato di umorismo, battibecchi e un John particolarmente adorabile.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.t.
L'autrice della storia è la splendida immaculately_fawed che è stata così gentile da darmi il permesso di tradurla (nonostante la sottoscritta abbia sbagliato a scriverne il titolo nel messaggio in cui glielo chiedeva... ahem).


Disclaimer: I personaggi non appartengono né a me né all'autrice. La storia non è scritta a fini di lucro.

Buona lettura e fateci sapere cosa ne pensate!





Dancing With Sherlock For Beginners





“Con le punte dei piedi, John”.

C'è un ritmo, sai, seguirlo sarebbe un buon inizio”.

“No, fai scivolare i piedi, non pestarli così”.

“Davvero John, sono impressionato. Hai tutta la grazia di un'ippopotamessa incinta”.

John alzò le mani al cielo per la frustrazione.

“E tu hai la pazienza di un colibrì fatto di caffeina!” Si trascinò pestando i piedi (sì, li avrebbe pestati quanto lo aggradava) fino allo stereo, che spense.

“Questa è stata una cattiva idea”.

Sherlock aggrottò la fronte.

“Avevi bisogno di lezioni di ballo e non te le potevi permettere. Si da il caso che io conosca il ballo da sala. Mi sfugge come possa essere stata una cattiva idea”.

“Qualsiasi attività che coniughi te e l'insegnamento è una cattiva idea”.

John si diresse in cucina, riempì il bollitore d'acqua e lo mise sul fuoco a bollire. Tè. Aveva bisogno di tè. Il tè rendeva tutto migliore. Persino dei coinquilini insopportabili.

Il loro ultimo caso era stato uno di quelli top-secret della categoria se-lo-scrivi-nel-blog-farò-distruggere-internet che occasionalmente Mycroft imponeva loro. Come risultato erano stati invitati a partecipare ad un ballo in Buckingham Palace. Beh, 'invitati' era un termine relativo quando si trattava di Mycroft, intercambiabile con parole come 'minacciati', 'ricattati', od 'obbligati'.

John, che possedeva una ben celata (o così credeva) vena romantica, era stato in realtà piuttosto eccitato alla prospettiva del ballo. Finché non aveva realizzato che comportava l'azione del ballare. E non un ballo qualsiasi, dove se la sarebbe potuta cavare ondeggiando goffamente sul posto, ma un ballo da sala. Quello che implicava passi-da-confondere, piedi-da-calpestare, partners-da-alienarsi. Ne era seguita un'imbarazzante conversazione con Sherlock che si era svolta all'incirca così:

“Quindi, ballare eh...”

“Un spreco di tempo completamente irrazionale”.

“Sì ma, se uno volesse imparare─”

“Non riferirti a te stesso in terza persona, John. Non sei sufficientemente pretenzioso per farlo in maniera convincente”.

“Ok, allora io─”

“Il tuo tempo sarebbe meglio impiegato nel correggere gli errori di ortografia del tuo blog. Ne ho trovati 3 solo questa mattina”.

“POSSO FINIRE UNA FRASE?”

“Dato che finora non ho trovato errori nella tua punteggiatura, presumo di sì”.

“Ignorerò momentaneamente il desiderio di tirarti un pugno per domandare: Conosci qualcuno pratico di ballo da sala? Perché a me piacerebbe impararlo”.

“Molto bene, te lo insegnerò io”.

John aveva avuto una premonizione, allora, il pensiero persistente che forse farsi insegnare a ballare da Sherlock non era poi una grande idea. Ma come tutte le cose che riguardavano Sherlock, John aveva ignorato allegramente il pericolo lampante e i segnali di 'vietato l'accesso” che il suo cervello continuava ad inviargli, ed era stato travolto da quel disastro naturale che era Sherlock Holmes.

Sherlock aveva deciso di partire dal valzer. Era semplice, aveva insistito. I piedi da orso di John avevano dissentito piuttosto energicamente. Trovavano che il tempo fosse troppo lento e incedere pesantemente, dicevano loro, era assai più divertente che scivolare con grazia.

Non aiutava neppure il fatto che Sherlock fosse un insegnante quanto meno negligente. Aveva mostrato a John i passi base, dopodiché si era messo da parte ad osservarlo imbarazzare se stesso. E naturalmente, trattandosi di Sherlock, non era qualcosa che faceva in silenzio. Una costante raffica di critiche era erotta insieme al primissimo passo di John.

Il momento peggiore era stato quando, proprio mentre John iniziava ad abituarsi a quei movimenti innaturali, Sherlock aveva esclamato all'improvviso:

“Togli le mani dal suo sedere”.

“Dal sedere di chi?” aveva chiesto John, completamente sbalestrato.

“Della povera donna immaginaria con cui stai ballando. A questo punto potrebbe denunciarti per violenza sessuale” aveva risposto Sherlock con un sorrisetto.

In momenti come quelli John si chiedeva se non era forse matto, a cercare di sua iniziativa la compagnia di Sherlock. Doveva essere colpa dei danni riportati in guerra. Il bollitore fischiò simpateticamente e John tirò fuori due tazze, più per abitudine che per un atto di gentilezza. Sherlock lo raggiunse al tavolo della cucina con aria leggermente frustrata mentre John preparava il tè per entrambi. Quest'ultimo fece un'infruttuosa perlustrazione delle credenze alla ricerca di qualcosa che non stesse marcendo per amore della scienza (Sherlock stava studiando la muffa quella settimana), prima di lasciarsi crollare su una sedia.

“Non so ballare” sospirò, prendendo un lungo sorso del suo tè. Bruciava un po' mentre scendeva giù per la gola prima di riversarsi tiepidamente nello stomaco.

“Ho notato”. John lanciò un'occhiataccia a Sherlock, il quale aggrottò la fronte come se trovasse John un enigma particolarmente oscuro. “La cosa ti da fastidio, non è così?”

“Certo che mi dà fastidio!”

“Perché? Ballare è... irrilevante”.

“E' rilevante per me” ribatté bruscamente John, così da chiudere lì il discorso. Sherlock lo conosceva ormai fin troppo bene; non c'era bisogno che venisse a conoscenza anche delle sue più patetiche fantasie romantiche.

Con una rara dimostrazione di tatto, Sherlock non indagò oltre.

“Non sei terribile” disse lentamente, facendo suonare la frase come una domanda alla quale si aspettava che John desse risposta.

John sentì le proprie labbra incurvarsi in un sorriso riluttante. Per Sherlock quello era praticamente un complimento.

“Sei un pessimo bugiardo, Sherlock” disse rivolto al suo tè. Stava facendo meraviglie per calmare il suo imbarazzo e si sentiva molto più rilassato.

“Non è esatto; so mentire con grande abilità. E' dovuto alla completa mancanza di rispetto per le emozioni altrui”. Sherlock sorrise come se quella fosse una cosa buona. “Com'è il tuo tè?”

“Buono”. Ed era molto buono, caldo e con una puntina di amaro che─ “Sherlock! Hai corretto il mio tè?”

“Sì. Ora finiscilo alla svelta” replicò lui, estraendo una bottiglia di rum da sotto il tavolo e usandola per riempire fino all'orlo entrambe le loro tazze.

“Io─...PERCHE' stai correggendo i nostri tè?”

“Perché hai bisogno di rilassarti, ti muovi troppo rigidamente. L'alcol aiuterà”.

John spalancò la bocca perché era oltraggioso e ridicolo e così da Sherlock e... Okay, in effetti l'alcol sembrava un'idea piuttosto buona, al momento. John finì il suo tè al rum e sentì l'alcol iniziare a filtrargli nel cervello, rendendo tutto più leggero.

“Questa volta ballerò con te” disse Sherlock quando tornarono nel salotto.

“Cosa?” squittì John.

Il suo amico inarcò un sopracciglio nella sua direzione.

“Credo sia meglio che tu la smetta di molestare l'aria e faccia pratica con una persona vera. Inoltre ti sarà più utile imparare a muoverti con un partner”.

“Giusto. Okay. Ha senso”. Perché si sentiva nervoso tutto d'un tratto?

Sherlock fece un passo verso di lui e tese la mano ad altezza spalla. John sentì una scarica di adrenalina attraversarlo mentre collocava la propria mano in quella di Sherlock, che era grande e calda. Che assurdità! Era soltanto Sherlock, l'uomo che invadeva i sui spazi personali e lo bistrattava quotidianamente. Non c'era ragione di essere nervosi. Certo, nessuna oltre all'ovvio fatto che Sherlock era altamente instabile, respirava pericolo e si faceva entusiasmare da assassini seriali.

“Posiziona l'altra mano sulla mia spalla”.

“Cosa? Perché devo fare io la parte della donna? Non è che ballerò con molti uomini”.

“Le tue preferenze sessuali non mi concernono” disse Sherlock con un sorrisetto. “E ballerai la parte della donna perché non sapresti condurre nemmeno se io indossassi un collare e tu tenessi il guinzaglio. Ora sta zitto e metti la mano sopra la mia spalla”.

“A te non serve un collare” borbottò John appoggiando la mano sulla sua spalla con circospezione. “E' di una museruola che hai bisogno”.

Sherlock rise piacevolmente mentre la musica iniziava di nuovo e John non poté far altro che unirsi alle danze. John amava la risata di Sherlock. Aveva un suono innocente, come quella di un bambino che scopriva le lucciole per la prima volta, ma al tempo stesso era profonda e rimbombava come un tuono prima della tempesta. Tra l'alcol e la risata inebriante di Sherlock, John non si accorse che avevano iniziato a ballare finché questi non gli rivolse uno dei suoi singolari, piccoli sorrisi e commentò:

“Stai andando notevolmente meglio ora”.

“Beh, sono nelle mani del maestro”.

“Senza dubbio”.

La scintilla maliziosa negli occhi di Sherlock fu tutto l'avvertimento che John ricevette prima di venire improvvisamente catapultato all'indietro. Sorpreso, John imprecò e si aggrappò di riflesso alla spalla dell'altro. Ma Sherlock aveva la situazione sotto controllo, e due braccia robuste trattennero John saldamente in posizione mentre veniva nuovamente raddrizzato.

“Gesù, Sherlock!” Un piccolo avvertimento?”

“Noioso! Ne toglierebbe tutto il divertimento” disse Sherlock con fermezza. Sorrideva ora.

“L'ultima volta che ho controllato il ballo non rientrava tra le tipologie di agguati strategici” brontolò John. “Anche se dopo questa dimostrazione potrei vendere l'idea alle Forze Britanniche come tattica terroristica”.

Sherlock si fece pensieroso.

“Pensi che funzionerebbe su Anderson?”

Ci fu un momento di silenzio, mentre l'immagine di Sherlock che danzava con un inorridito Anderson, verosimilmente sulla scena di un crimine, circondati da cadaveri, si faceva strada nella mente di John. Che a quel punto si stava rotolando dalle risate.
Inciampò sui propri passi mentre Sherlock continuava a condurli in circoli oziosi. Quando John si fu calmato abbastanza da tornare in sé, trovò Sherlock che lo fissava con curiosità.

“Perché ballare è così importante per te?” domandò, col suo solito modo di continuare una conversazione che John considerava conclusa da secoli.

“E' romantico, intimo” rispose John senza pensare. Oh splendido, adesso Sherlock penserà di nuovo che ci sto provando con lui.

“Uhm”.

Sherlock lo attirò più vicino a sé finché non furono petto contro petto.

“Sherlock?”

“Stavi per rovesciare i pollici in fermentazione” spiegò questi distrattamente.

“Oh”.

“John?”

“Sì?”

“Sei─”

Il piede destro di John scelse quel preciso istante per ribellarsi alla regola del 'non-pestare' ed atterrò con precisione su quello di Sherlock. I loro piedi si aggrovigliarono e i due crollarono a terra, dove John atterrò sul consulente detective.

“─inverosimilmente goffo” grugnì Sherlock, portandosi una mano a coprire gli occhi.

John rise piano e tornò ad appoggiare la testa sul petto di Sherlock. Era stranamente riluttante a rialzarsi.

“Vedo che sarete entrambi ben preparati domani sera”. La voce di Mycroft si fece strada attraverso l'appartamento.

John si voltò di scatto verso l'ingresso, dove trovò la signora Hudson, Mycroft e Lestrade fermi sulla soglia. La signora Hudson aveva un'espressione affettuosa, Mycroft sembrava compiaciuto, mentre Lestrade─ Lestrade era fuori di sé dalle risate. Fu a quel punto che John notò il cellulare nella mano dell'ispettore capo.

“Oh, che bastardo" imprecò, sollevandosi in tutta fretta da Sherlock.

“Lestrade” disse Sherlock, esibendo molta più compostezza nel rialzarsi con calma dal pavimento. “Immagino dovrei informarti che se mai quel video venisse fatto circolare, l'intera Scotland Yard verrebbe a sapere che da bambino praticavi il balletto... E che segretamente ti eserciti ancora nel tuo ufficio”. La risata di Lestrade si spense bruscamente. “Ora, se volete scusarci, io e John abbiamo da fare”. E con quelle parole si avviò a chiudere la porta.

Sentendosi la faccia molto calda, John incrociò lo sguardo della signora Hudson.

“Non siamo una coppia” protestò debolmente.

“Certo che no, caro” disse lei, rivolgendogli il sorriso destinato agli inquilini-in-fase-di-negazione prima che la porta si richiudesse su di loro.


  
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