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Autore: Chutch    19/09/2013    2 recensioni
Un ragazzo arriva in un ospedale di periferia, dove verrà curato da una giovane capitolina che lo farà guarire e infine, lo riporterà a casa. Ma questo paziente, non è come gli altri. Lui è speciale.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Come tutti i giorni mi alzo e mi preparo. In un paio di ore sono al lavoro. Sono infermiera in uno dei centinaia di ospedali arrangiati nella periferia di Capitol City.
Siamo molte ragazze a lavorare ma nonostante ciò ognuna di noi ha una ventina di pazienti da seguire, sono talmente tanti che ormai non gli chiedo neanche più il nome. La ribellione è stata tremenda e ha causato centinaia, migliaia di feriti e morti ma piano piano, dalla cenere, stiamo rinascendo.
Per ora molti vivono ancora in capannoni attrezzati appositamente per ospitare grandi quantità di persone ma stanno già iniziando la costruzione di case e palazzi. Ci vorrà tempo. Siamo tornati a d una forma primitiva di baratto: una gallina vale oro.
Quando entro nella sala del mio tredicesimo paziente una puzza nauseabonda mi assale. È un ragazzo nuovo, non l’avevo mai visto qui. Mi avvicino e noto le bruciature su tutto il corpo e le tante ferite infettate, inoltre sopracciglia e capelli sono totalmente bruciati. Chiamo d’urgenza la mia compagna e insieme lo portiamo nel bagno e lì lo laviamo come meglio possiamo, cercando di non fargli male. Il poveretto però è talmente conciato male che ad un certo punto sviene.
 
Si risveglia un paio di ore dopo sembra molto disorientato, cerco di tranquillizzarlo ma va nel manico. Agita le mani in aria e soffoca più di un grido. Gli afferro la mani e lo fermo.
-Cosa c’è? Cos’hai?-
-Io.. io.. io non vedo. È tutto buio!- grida.
 
Dopo diverso tempo riusciamo a tranquillizzarlo. Chiamo un ragazzo che lo visita e pare proprio che non possa recuperare la vista, probabilmente gli è esplosa una bomba vicino ed è riuscito a ripararsi in un vano ma ha coperto il viso troppo tardi ed è stato investito dalla fiammata.
 
Sono passati ormai due mesi e il ragazzo è pronto per essere dimesso, le bruciature sono tutte guarite ma ha cicatrici su tutto il corpo e sul viso, nonostante ciò, noto per la prima volta, doveva essere un ragazzo bello. I capelli vedo, ora che sono cresciuti, tendono al rame e gli occhi.. chissà di colore erano, ora una patina bianchiccia rende i sui occhi di vetro, un azzurro glaciale e informe. Se non fosse per questo, mi parrebbe tanto di averlo già visto prima, prima ancora della ribellione. Dopo un po’ di tempo è riuscito ad accettare la sua cecità, ma è stata lunga.. aveva crisi e spesso si metteva a ripetere un nome che proprio non riuscivo a cogliere.
-Dove vuoi che ti porti?- gli chiedo.
-Non so se ho ancora una casa!-
-Nessuno di noi la ha! Però, forse, hai una famiglia!- il ragazzo si fa pensieroso.
-Puoi portarmi nel Distretto 12?-
-Certo, prenderemo il primo treno, passa nel tardo pomeriggio.-
 
Il ragazzo resta irrequieto per tutto il tempo, si calma solo quando finalmente saliamo i gradini del treno. Il viaggio è lungo e ad un certo punto lui mi prende il braccio.
-Chi sei? Come ti chiami?- può sembrare strano ma non voglio dirglielo, io ho l’ho riconosciuto e non voglio che lui riconosca me.
-Allora? Non posso sapere chi si è preso tanto cura di me?- dice e sul suo viso compare quel che dovrebbe essere un sorriso malizioso, era abituato a farne molti.
-Io.. sono Vistilia-
Il su viso si fa pallido e le cicatrici rosate risaltano ancora di più sulla pelle candida, ritrae il braccio e fissa il nulla.
-Tu…! E così Il presidente metteva il veleno nei cibi per abbattere i suoi avversari! Dimmi, come l’hai saputo?
-Io…- non vorrei dirgli come ho saputo il segreto con cui l’ho pagato ma poi cedo, credo che alla
fine si meriti una risposta. -L’avevo sentito parlare con un cameriere.-
Il suo sguardo è vacuo e immobile. E resta tale fino a quando raggiungiamo il distretto 12.
Scendiamo dal treno e so che preferirebbe non farlo ma si aggrappa alla mia spalla per non rischiare di cadere. L’ho porto davanti a una porta e mi allontano.
Sento lui che bussa, dai passi veloci che corrono alla porta e quest’ultima che cigola nell’aprirsi, poi sento un pianto.
-Annie! Vieni! Corri! Annie!- sento gridare. Annie, ecco qual’era il nome che sussurrava e gridava! Annie…! Lei non ha mai avuto bisogno di avere segreti da rivelargli.
Sento, in lontananza, entrambi pronunciare le parole “Ti amo”.
Finnick è finalmente tornato a casa.


Angolo autrice:
Scusate gli errori ma l'ho scritta tutta d'un fiato e non l'ho proprio riletta!
  
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