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Autore: Silny    20/09/2013    4 recensioni
5 minuti, 5 eredi di cui una muore e con essa un elemento fondamentale della famiglia, appena qualche anno dopo.
Una figlia maggiore troppo cresciuta, uno concentrato solo al lavoro e alle responsabilità e un gemello gay, in fine la piccola di casa sperduta chiusa nel mutismo dopo la perdita di due persone importanti e il suo aspetto quasi sempre moribondo.
Il tutto gestito da un marito e un padre che crede di aver perso tutto, ma non sa di aver appena incominciato il suo viaggio...
Dal seguito di '5 minuti con te sotto la neve' Silny production presenta a grande richiesta '5 minuti ancora'.
Perché il tempo non è mai abbastanza per amare come vorremmo e come dovremmo.
(Non è necessario aver letto la prima storia!)
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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5 minuti non bastarono
 
Aurelì
Vantarsi non è bene, ma non potevo non guardare quelle creature e non definirle perfette: erano i nostri figli.
I miei erano i più belli, con tutte le loro imperfezioni.
La famiglia che tanto avevo desiderato adesso era lì per me, ci eravamo riusciti, ma si sa, tutte le famiglie sono belle finchè son giovani e fresche.
Christelle, con i suoi grandi occhi grigio perla e i capelli di grano, aveva preso da me la cosa peggiore o forse migliore che potesse ereditare; era testarda come poche e non c'era speranza di smuoverla da quello che era un suo ideale. Si presentava con quell'aspetto acido e scontroso che la gente tende ad allontanare, ma in realtà era la creatura più docile che potessi mettere al mondo.
Poi Alan e Charlie, i due gemelli, rivelatisi maschi solo all'ultimo minuto. Che dire di loro? Anch'essi dai capelli biondo cenere, molto chiari di carnagione con gli occhi di un verde pastello intenso, ma delicato. Erano perfettamente identici fuori e scossi da un turbine di differenze all'interno. Si odiavano, litigavano costantemente, ma mai nessuno avrebbe dovuto o potuto permettersi di sfiorare con un solo dito uno dei due, l'altro gli sarebbe venuto in soccorso e lo avrebbe difeso a spada tratta. Amavo questo loro poter contare uno sull'altro, tranquilla che avrebbero sempre trovato riparo e sostegno reciproco.
E in fine, Virginia, alla quale avevamo dato un nome italiano, nel rispetto del volere del loro nonno paterno. La sua gemella, Ginevra, si spense all'età di sei anni in seguito a un brutto male, rendendo la piccola Virginia una bambina incompleta, sempre insoddisfatta...abbandonata. Sì lei era l'unica, era l'unica della famiglia che non mi rendeva sicura, l'unica per la quale non sarei mai stata tranquilla. Il suo silenzio, la sua intelligenza occulta... i suoi occhi azzurri come ghiaccio e i capelli corvini, sul quel volto pallido, smagrito e spento. Ma ero felice, ero felice perché il sorriso non le mancava mai, perché non sentivamo la sua voce, ma le sue labbra silenziose mi chiamavano mamma ancor prima di tutti gli altri. I suoi occhi seppur cupi mi rendevano orgogliosa.
E poi c'era Jason, che con solo qualche ruga in più era rimasto lo stesso di sempre. Lo stesso Jason che avevo incontrato all'età di sedici anni in una piccola cittadina dell'Inghilterra e che adesso condivideva con me la sua vita.
Ogni tanto ripensavo a quei giorni, agli interminabili dubbi che mi procurava, le paure nel farglieli notare, i continui tentativi nel cercare di comprenderlo quando in realtà la risposta era sempre stata lì a portata di mano.
Amava me e i suoi figli come il primo giorno, amava poterci rendere felici come io amavo vederlo dormire al mio fianco tutte le notti, stanco sì, ma con l'espressione chiara in volto di chi non poteva chiedere di meglio.
Che cosa volevamo di più di questo? 
Niente, non volevamo niente. Avevamo tutto il meglio e all'apparenza eravamo la famiglia esempio che tutti desiderano.
Ero così fiera...
Come posso? Come posso starmene quassù e vegliare tutti loro da così lontano? Con quale coraggio ho permesso al mio corpo di cedere e abbandonarmi?
Ero sempre stata così attenta, così determinata. Desideravo così tanto proteggere tutti quanti che alla fine avevo perso di vista me stessa, avevo perso di vista i miei bisogni.
Morii insieme a Ginevra la sua stessa notte. Il dolore era così forte e dilaniante che non mi permise di vedere chi ancora aveva bisogno di me. La mia anima morì con lei nel dolore e il mio corpo si mosse per i pochi anni successivi solo per la forza di inerzia che lo spingeva.
Quanto mi divorava il senso di colpa ora.
Come quando Virginia si sentiva abbandonata per la seconda volta e io non le ero vicina, la osservavo da qui insoddisfatta.
Come quando Alan veniva deluso ancora e io non potevo spiegargli che la vita è crudele e va affrontata, lo osservavo da qui insoddisfatta.
Come quando Charlie scoprì che non erano le donne a soddisfarlo ma gli uomini, ascoltavo da qui i suoi pianti sommessi, non potendo asciugare le sue lacrime amare, sempre insoddisfatta.
Come quando Christelle si faceva carico di tutto e diventava donna troppo presto, e io ero qui impossibilitata a smezzare con lei quei doveri, a renderle la vita più leggera a farla tornare bambina per un attimo e vederla sorridere per un semplice gioco.
Come quando Jason si rivolgeva ancora a me nelle notti in cui si sentiva solo e tra le lacrime mi chiedeva in un sussurro perché l'avevo abbandonato... e io ero qui... io sono qui... maledettamente incapace di tornare indietro, incapace di amarlo ancora, incapace, incapace, incapace... sono un'incapace.
I nostri cinque minuti assieme alla fine sono scaduti e mai li riavremo, anche solo cinque minuti sarebbero troppo poco per dire a tutti loro che ancora li amo, per chiedere a tutti loro se ancora lo ricordano.
Troppo poco...
Ma un minuto lo vorrei e mi masterebbe per davvero, uno soltanto per poterli sfiorare ancora, per poter baciare ancora quello che laggiù è tuttora mio marito.

Jason
Christelle
Alan e Charlie
Virginia
17
15
14

Questi erano i miei figli e le loro età quando Aurelì decise di salire sul quel treno. Sull'ultimo treno che la vita ti offre.
Ogni tanto la sento ancora. Vado a trovarla in spiaggia, nel crepuscolo della sera. Mi siedo su uno scoglio e le racconto come è andata la settimana o la giornata. Le racconto delle parole che Virginia non dice più da quando se nè andata, al senso di dovere di Alan che si informa sempre del mio lavoro e se ho bisogno del suo aiuto, le racconto delle stranezze di Charlie del fatto che ha paura, ma non saprei dire di cosa e a Christelle, la mia amata Christelle con la quale ormai ho perduto le speranze. Perché discutiamo, non ci capiamo... vorrei potesse stare più tempo a casa ad occuparsi delle cose che io non sono in grado di fare e allo stesso tempo vorrei che uscisse sotto la luce del mondo e si costruisse una vita vera. Quando ci prova vorrei sapere con chi se ne va, chi la porta sempre così lontana da me e per paura di rovinare tutto sto in silenzio; allo stesso tempo le chiedo troppo, le chiedo di sostituire sua madre in quelle piccole cose che mancano a questa casa da quando è morta.
Non uso mai la parola 'morta' in realtà, perché non lo è mai stata veramente. E' sempre qui io lo so, non la vedo e raramente la sento, ma so che c'è. E anche se non è così fingo il contrario, perché era così forte da trasmettermi quella forza ancora adesso, quel poco che basta per tornare a casa, rimboccare di nascosto le coperte a questi nostri figli così cresciuti e abbandonarmi al sonno prima che il ricordo della sua assenza si faccia vivo.
E' vero, il volto di Ginevra mi turba ancora la notte. Nei miei sogni il suo cuoricino cessa di battere e me ne fa una colpa, ma quando mi sveglio tutto passa, è tutto passato rammendo. Quello che Aurelì non è stata in grado di fare, quello che lei non ha voluto lasciare. Dimenticare, permettere che il passato si impossessasse delle cose che non le appartenevano più.
Qualche volta me lo domando, mi domando se era il suo intento quello di lasciarci andare, di liberarsi di questo peso, che fossimo solo un maledetto peso per lei... ma poi ricordo. Ricordo i pomeriggi nella villa in Inghilterra, i tragitti fatti insieme per andare e tornare da scuola, ricordo i suoi occhi sognanti giovani e ancora vivi di quando mi raccontava come sarebbero stati i suoi bambini, senza ancora sapere che i suoi figli sarebbero stati anche i miei.
No, noi non eravamo un peso. Era il troppo amore tramutato in dolore ad averla sconfitta, ad averla convinta che era meglio ci lasciasse.
Non vorrei... non vorrei dover alzare lo sguardo al cielo per chiederle dove ha trovato tutto quel coraggio.
Il coraggio di cambiarmi, di costruire qualcosa con me, il coraggio di amarmi e poi... volare via con il vento di levante senza motivo.
Non vorrei dovermi rivolgere al cielo per parlarle. Vorrei averla qui, dirle chiaramente che ho paura di affrontare da solo quello che mi ha lasciato.
E forse vorrei troppe cose.
Quando poi si fa buio le auguro la buonanotte, rimetto il berretto in testa, per coprire i radi capelli che sbiadiscono notevolmente e mi dirigo verso casa, là dove mi stanno aspettando spazientiti.
Dove Alan e Charlie staranno litigando per l'ennesima volta, e io sarò incapace di dividerli.
Dove Virginia rifiuterà il cibo ancora una volta, e io sarò incapace di dirle che non lo può fare.
Dove Christelle mi rimprovererà ancora, chiedendomi dove sono stato anche questa sera dopo il lavoro... e io sarò incapace di dirle che sono stato dalla madre, che le ho parlato e che lei non si è dimenticata della sua famiglia... sarò incapace di tutto ciò... sono un incapace.
A me quei cinque minuti non sono mai bastati, mi bastava lei per essere felice e adesso, nonostante tutto, lo sono ancora, ma è una felicità differente.
"Spero tu possa vederla ancora la neve amore mio... spero tu possa averla incontrata..."
 
Largo...alle generazioni!_________________________________________________________________________________

Christelle: Sarebbe questo il tanto agognato 'Largo ai protagonisti?'
Alan: Penso di sì, ora è passato a noi.
Charlie: Largo alle generazioni... figo...
Christelle: Guarda che polvere... è una pattumiera questo posto! Non possiamo andarcene?
Jason: Una volta sistemato vi piacerà! Sì Virginia, hai ragione. Tua sorella è cinica almeno quanto nella storia che racconteremo.
Christelle: ...
Alan: ...
Charlie: ...
Virginia: ...
...
Jason: ... vostra madre mi ha dato tante di quelle mazzate qui! ù.ù
 
Ed eccomi qui, di ritorno con il tanto richiesto seguito di '5 minuti con te sotto la neve'.
Scrivere 'tanto richiesto' mi fa una certa impressione, non avrei mai pensato che la storia precedente potesse reclamare addirittura un seguito!
A questo proposito ringrazio chi mi ha spronato a scriverlo e che di conseguenza leggerà (le vostre critiche a questo punto saranno molto importanti!)
Ringrazio anche chi deciderà di seguire questa nuova storia per la prima volta ( che ricordo non ha bisogno necessariamente di aver letto la prima parte) e in modo particolare ringrazio Federicadream, che mi affianca dal primo momento in cui ho gettato le basi di questa storia, aiutandomi, confortandomi, rimanendo sempre sincera e meticolosa: Grazie!
Per ora ho un capitolo striminzito, una sottospecie di prologo, giusto per aggiornarvi sui fatti accaduti a distanza di tempo.
Aurelì è morta, è vero. Qualcuno forse ricorderà il momento in cui confessai di immedesimarmi molto in questo personaggio dicendo addirittura di ritrarmi completamente in lei... ecco spiegata la sua morte, ora non esistiamo più. Non posso far altro che celarmi dietro i volti dei suoi figli, delle mie personalità, le loro facce sono le mie.
La maturità di Christelle, le responsabilità di Alan, i timori di Charlie ad affrontare la realtà e in fine Virginia, il desiderio di rimanere in silenzio per sempre e la consapevolezza che mai nessuno la farà evadere dal suo corpo.
Mi rappresento in modi differenti in tutti loro, loro sono io.
Per quanto riguarda Jason invece non so che dire, solo che è solamente all'inizio e si evolverà tantissimo ancora una volta.
Nella storia precedente era l'alternativo un poco emarginato che veniva menato nel largo ai protagonisti e non aveva mai diritto di parola... adesso è un uomo che non sa più dove sbattere la testa... Sarò magnanima e gli regalerò almeno un secondo lieto fine!
Be... è tutto un po' drammatico come inizio, ma ravviverò la storia man mano...
Spero abbiate voglia di seguirmi ancora e nuovamente e vi saluto con tanta riconoscenza.
A molto presto spero.
Un bacio.
 
Silny 
  
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