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Autore: GeroSV    21/09/2013    3 recensioni
Hanamichi è costretto, per ragioni economiche, a trasferirsi da una sua zia.
È triste e abbattuto, non vorrebbe lasciare la squadra. L'unico a capire il suo problema è stranamente Rukawa e questo segna l'inizio di una convivenza bizzarra, segnata da note dolci e qualche piccola stonatura.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Uscì dalla doccia arrotolandosi l’asciugamano in vita, mise i piedi sul morbido tappetino e aggrappandosi con le dita alle fibre del tessuto, si stiracchiò sbadigliando rumorosamente.
Chi aveva detto che la doccia mattutina aiutava a svegliarsi era uno sporco bugiardo. Gli occhi ancora semi chiusi non accennavano ad aprirsi e Rukawa li sfregò più e più volte tenendo stretti i pugni. Il risultato fu una caleidoscopica visione che durò molto più del previsto.
Le gocce d’acqua scivolavano dai suoi morbidi capelli corvini fino alle spalle e, da lì, si disperdevano percorrendo ogni tratto del suo fisico atletico.
Aveva le spalle non troppo larghe ma comunque ben piazzate e le braccia fortissime anche se non eccessivamente muscolose. Allo stesso modo, il petto era aitante e forte ma non gonfio di muscoli, lui non era un culturista ma una bellissima statua di bronzo. Uno di quei bronzi barocchi, realistici ma allo stesso tempo troppo belli perché qualcuno possa mai aver avuto quelle caratteristiche.
Eppure lui era lì, sorretto da quel metro e ottantacinque abbondante, che fissava lo specchio appannato pensando a cosa poterci disegnare, optò per scrivervi “FIGHT”, un invito a dare del suo meglio e a levarsi il sonno dalle spalle.
Prese un altro asciugamano, se lo passò sui capelli e indossò l’uniforme del suo liceo. Raggiunse la cucina e quasi gli parve di vedere la madre che preparava qualcosa di buono, ma poi si ritrovò davanti ai mobili, ravanando alla ricerca di qualche merendina che potesse bastargli fino all’intervallo… “Il brutto di essere indipendenti”, pensò. Da quando i suoi genitori avevano lasciato il Giappone per lavoro, Kaede aveva imparato a badare a se stesso, evitando quindi che la madre inviasse parenti a caso, ogni due giorni, a controllare lo stato di figlio e casa. Al mattino, cucinare era una vera noia, però mettersi a cucinare dopo gli allenamenti era quasi rilassante, ma i muri saturi di calore familiare si stavano raffreddando troppo in fretta e la solitudine gli faceva rimpiangere di ritornare a casa così presto la sera.

Imbracciò la bici e, pedalando tranquillamente, arrivò verso la scuola. Il cigolio di quel vecchio bidone con i freni lo aveva cullato dolcemente e, come ogni mattina, il sonno si era impadronito di lui. “Prima o poi” usavano dire i compagni, “finirà sopra a qualcuno e si sveglierà, meglio non disturbarlo”. Quasi fosse una routine, quel qualcuno era misteriosamente diventato Sakuragi Hanamichi. Lo investì, finirono uno sopra l’altro e come al solito arrivò il fanclub di Rukawa che sollevò Kaede e ricoprì di insulti Hanamichi. La routine prevedeva, di tutta risposta, una sfuriata furibonda, ma Hanamichi non fece un suono. Si alzò e riprese il cammino, ignorando tutti quanti. “Che stupida scimmia, oggi non ha voglia di fare il troglodita agitando la clava?”, pensò Kaede rientrando in classe e sfuggendo all’attacco delle ragazzine.

La giornata scolastica finì presto per Kaede, forse perché aveva dormito durante tutte le ore, ma grazie a questo era prontissimo per affrontare l’allenamento pomeridiano con la sua squadra. Nello spogliatoio guardò molte volte verso Hanamichi cercando una risposta al suo comportamento di qualche ora prima, ma nulla. Quella stupida scimmia era imperscrutabile. “Sakuragi ha un vizio orribile, oltre a tutti gli altri s’intende…” si ritrovò a pensare, “nessuno capisce che diamine gli passi per la testa! Se mai mi interessasse sapere qualcosa su di lui, potrei chiedere solamente a Mito. Questa cosa mi dà sui nervi. Stupido cafone.”

Indossò la bellissima uniforme rossa con il numero undici stampato sopra, allacciò le scarpe non troppo strette e uscì dallo spogliatoio.

L’allenamento cominciò senza troppi convenevoli, un paio di minuti di corsa, stretching, qualche esercizio di forza e resistenza e poi una bella partita senpai contro matricole.
Rukawa era pieno di energia, scattava con agilità felina tra un giocatore e l’altro. Impercettibile come un soffio di vento e spiazzava tutti.
Un salto e portò le mani in avanti, pronto a buttare con quanta più forza avesse nel corpo, il pallone nel cesto.
Il silenzio totale sottolineò il rumore del pallone che rimbalzava contro il pavimento ligneo.
Slam Dunk.
Hanamichi lo guardò esterrefatto, con la bocca socchiusa e lo sguardo assente, il primo cenno di attività da questa mattina.
« Chiudi la bocca, scimmia, o ci entreranno le mosche!»
Sakuragi tornò così bruscamente nella vita reale, da somigliare al pallone schiaffato nel canestro.
Tutto quello strano alone che lo circondava scomparve per qualche secondo, i suoi occhi tornarono a brillare come sempre e tirò fuori una risposta degna di Hanamichi Sakuragi:
« Chi ti credi di essere Rukawa! Vedrai il culo che ti farò durante la partita! »
Da ieri pomeriggio, Hanamichi non sembrava molto presente ma ora era furibondo, non sopportava di essere infastidito, soprattutto dall’unico che non sarebbe mai riuscito a battere, soprattutto ora che non era proprio dell’umore per contestare troppo tutte quelle prese in giro.
Il numero undici tornò ad allenarsi, ora che Sakuragi aveva risposto alla solita maniera, si sentiva più tranquillo, anche se non era da lui…preoccuparsi per un’altra persona.

Finalmente Akagi ordinò una pausa e tutti quanti poterono approfittare delle panchine per riposare.
Il clima era pesante e l’ansia per le partite incombenti continuava a tempestare la mente di tutta la squadra, causando stress, attacchi di panico e anche inutili nervosismi.
Kogure portò l’acqua al capitano che, facendolo sedere al suo fianco, lo ringraziò con un sorriso rassicurante in grado di calmare l’enorme macello di congetture che avevano fatto capolino nella testa del povero Kiminobu.
D’un tratto si aprì il portone della palestra e un ragazzino entrò cercando di non lasciarsi intimorire da tutti quei giganti.
« Capitano! Il preside desidera parlare con Hanamichi Sakuragi. »
« Sakuragi vai in presidenza subito! Che hai combinato questa volta? »
Il rosso non rispose, si passò l’asciugamano sul viso e si diresse verso l’ufficio scolastico, il suo passo era veloce, come se stesse scappando da qualcosa, e quella strana aura era tornata.
Il messaggero fu costretto da Takenori a parlare: « Come, non lo sapete? Sakuragi vive qui da solo, da quando suo padre è venuto a mancare, e la zia lo ha sempre mantenuto…ma ultimamente le cose sono cambiate, per cui lui si trasferirà e deve andare dal preside a firmare gli ultimi documenti! »
Lo stupore si allargò nei volti della squadra, nessuno sapeva questa spiacevole notizia, a pensarci bene, nessuno poteva dire di conoscere uno stralcio di vita privata di Sakuragi. Abbassarono tutti lo sguardo, sentendosi colpevoli ma anche un po’ feriti perché Hanamichi non aveva aperto il suo cuore verso la squadra.
Quando ritornò, milioni di domande erano sul punto di sommergerlo, ma non uno parlò.
« A..Akagi-san… Chiedo il permesso di uscire prima, devo andare da alcuni miei parenti. »
« Vai, non preoccuparti. »
« Arrivederci ragazzi, a… domani…»
Un dialogo così freddo da sembrare strano, nemmeno un appellativo, un insulto…. Solo deboli parole proferite con un tono flebile e basso da sembrare un pianto.
Hanamichi corse nello spogliatoio, si asciugò il sudore con un asciugamano bagnato per fare più in fretta.
Non faceva rumore e lasciava che lo stridio delle scarpe da ginnastica della squadra, penetrasse nel suo cervello. Faceva tutto come un automa, non sembrava che un robot capace di respirare, non guardava che il vuoto e non si accorse di Kaede che entrava.
« Hanamichi. »
« Ru..Rukawa?! Mi hai spaventato…»
« Qualsiasi cosa. Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, io sono qui. »
« Cosa?? Ti è arrivato il pallone in testa? Cosa ti prende?? »
« Non sei il ragazzo che conosco io… Sono in pensiero»
« Tu non mi conosci… Stupido! Adesso…è tutto finito. Quindi lasciami perdere!»
Hanamichi si buttò sulla panchina, sbattendo i pugni sulle ginocchia e tenendo la testa bassa.
Pianse.
Finalmente cominciò a liberarsi da tutti quei sensi di colpa che lo opprimevano.
Kaede si sedette al suo fianco e gli accarezzò la testa.
« Sakuragi-kun…lascia che io e che tutta la squadra ti conosca. Voglio che tu possa parlare con me. »
« Perché dovrei mostrarmi così tanto debole? Guardami, sembro una donnicciola»
« Tu sei il ragazzo più forte, tenace e coraggioso che io conosca. Questa è solo paura, piangi e ti passerà…come tutto questo dolore. Hanamichi, io voglio che tu possa contare su di me, perché so che, se mai dovessi averne bisogno, tu ci sarei sempre. Perché sei un vero uomo.»
« Non è vero..io..io non so fare niente. Adesso poi… non sono nemmeno utile a me stesso. Non posso nemmeno mantenermi quella topaia dove vivo, mia zia non mi può più aiutare e quindi andrò a stare da lei. Se solo fossi riuscito ad evitare quei bulli, se non mi fossi fermato… mio padre sarebbe ancora vivo…e io non sarei così solo.»
« Hana…mi dispiace così tanto… ma tu non sei solo, hai i tuoi amici, la squadra…me. Noi siamo la tua famiglia, ci prenderemo cura di te come tu te ne prenderai di noi. Non serve colpevolizzarti, non ci puoi fare niente! Vedrai che una soluzione verrà fuori, non ti permetteremo di lasciare la squadra così… senza dire niente a nessuno!»
Il rosso si appoggiò al petto di Kaede che lo avvolse in un forte e caldo abbraccio. Il respiro di Hanamichi divenne irregolare e quel pianto strozzato dalle parole, divenne presto un mare in tempesta.
La pelle dorata aveva perso lucentezza lasciando spazio ad un forte rossore, il corpo era scosso da singhiozzi continui e, nonostante le dimensioni, era così piccolo e indifeso da fare tenerezza. Rukawa aspettò che l’altro si calmasse, continuando a stringerlo con quanta forza avesse nel corpo. Quella brutta sensazione che aveva percepito la mattina era veramente orribile e non avrebbe mai più lasciato Hanamichi. Tutto quell’attrito era sparito, in un secondo si erano avvicinati come non mai.
«Vieni a vivere da me, sì… è perfetto! Dividendo a metà l’affitto, sarà più facile pagarlo per te e io potrò diventare più indipendente dai miei genitori, visto che mi coprono tutte le spese.
«Io e te, nella stessa casa… Mi sa che non ti è arrivato un pallone solo in testa, ma un intero cesto! Dico, nemmeno riusciamo a convivere sul campo da basket, figurati vivere insieme sotto lo stesso tetto!»
«Alla fine staremo in casa solo per dormire e mangiare, ognuno di noi avrebbe la sua stanza e se proprio vuoi organizzeremo le stanze a turni alterni! Che esagerazione… sei solo un bamboccione! Sotto quella tinta orrida si cela solo una brutta scimmia senza speranze. Guarda il lato positivo, no? Preferisci aspettare che Mito o qualcun altro ti proponga una cosa del genere? Non lo hanno mai fatto, perché dovrebbero proportelo ora? Soprattutto visto che non hai detto a nessuno della tua splendida idea di mollarci tutti!»
«…sì, forse potresti avere ragione… Se la tua offerta è ancora valida, potremmo provare. Al massimo ritarderò di qualche tempo la mia partenza, giusto quello che ci servirà per vincere la partita decisiva.»
«Allora adesso proponilo a tua zia. Io ti verrò a prendere alla stazione stasera e ti accompagnerò a casa.»
«Perché non vieni con me?»
«Perché devo fare spazio in casa…  Mi raccomando, però, vedi di convincere tua zia! Dille che saprò tenerti d’occhio, che non sono un cazzone buzzurro come te, Hanamichi.»
«Se...certo… la santarellina che si atteggia a prima donna.»
«Sparisci, stronzetta. Muovi quel culo o perderai il treno!»
«Grazie..»
Un timido sorriso e quella parola che mai avrebbe creduto di pronunciare proprio a lui, il suo salvatore, colui che aveva raccolto tutti i cocci della speranza e li aveva rimessi insieme offrendogli un’altra occasione.
Hanamichi uscì salutando i compagni, era tornato solare e questo donò loro del sollievo.
Rukawa lo seguì a ruota, allora i ragazzi fiutarono il suo zampino e l’espressione rilassata divenne immenso stupore.




▬ L'angolo di Gero
Vi ringrazio per aver letto tutto questo primo capitolo! Spero di ricevere molte recensioni sia positive che negative per potermi soprattutto migliorare. È la prima fanfiction che scrivo ed ero curiosa di sottoporla a un pubblico di scrittrici e scrittori molto più bravi di me.
Spero vi sia piaciuto e che attenderete con ansia la continuazione! ♥ Grazie mille!
 

  
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