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Autore: DulceVoz    21/09/2013    4 recensioni
Ad un mese dalla scomparsa di Maria, l’incubo non sembra ancora terminato: messaggi minacciosi cominciano a tormentare la vita delle persone a cui la famosa cantante aveva voluto bene… e se a questo vi si aggiungono misteriose scomparse la vicenda si complica ulteriormente… e se quello della maggiore delle Saramego non fosse stato un incidente? Se Violetta e Angie rischiassero tanto in una situazione davvero troppo complicata? La loro protezione, affidata a due bodyguards davvero speciali, cambierà le loro esistenze e nulla sarà più come prima… chi sarà il folle misterioso degli inquietanti avvertimenti? Riusciranno le nostre protagoniste a salvarsi dalle ire di qualcuno che vuole solo vendicarsi per motivi sconosciuti? Una storia di intrighi, azione e amore per gli amanti del giallo e del mistero.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“- Quindi hanno tentato di… no. La cosa sta degenerando. Lisandro, per quanto sia insopportabile, deve sapere.” Sentenziò Galindo, seduto sul sofà di casa Saramego. Angie teneva strette le spalle della nipote in un abbraccio, mentre Leon, visibilmente nervoso, andava avanti e in dietro per la stanza come un leone in gabbia. “- No! Mio padre non mi consentirà di uscire mai più! Nemmeno con Leon! Se prima era titubante, adesso me lo vieterà categoricamente!” strillò Violetta, scattando in piedi, tutta tremante.
“- Diego Dominguez sta indagando… ma lo conosco, sicuramente riferirà al commissario.” Sentenziò Vargas, conoscendo bene l’amico che non avrebbe rischiato il posto per una missione in segreto. “- Calmiamoci, per favore. Tutti!” urlò Pablo, azzittendo i presenti che avevano preso a parlottare tra loro creando una grande confusione causata dall'accavallarsi delle loro voci alquanto nervose, specchio dei loro stati d’animo in quel momento. “- Oggi abbiamo visto Angelica.” Disse Angie, guardando la ragazza con decisione. “- Come sta? Anche lei ha ricevuto…?” iniziò la ragazza, rabbrividendo al solo pensiero di quei messaggi. “- No. Per fortuna… ma le abbiamo detto di farci sapere subito se dovesse averne.”  Esclamò l’uomo, alzandosi e cominciando a vagare anche lui per la camera, tesissimo. Ad un tratto suonò la porta e Diego, Lisandro e German Castillo, fecero il loro ingresso in casa. “- Lo sapevo. Non ti tieni un cecio in bocca! Dannazione!” disse Leon all’amico, dandogli una mezza gomitata. “- Era l’unica cosa giusta da fare e lo sai anche tu.” Sibilò Diego, facendolo poi annuire con stizza. “- Papà, sto bene. Non cominciare a preoccuparti inutilmente!” Disse la giovane, mentre il padre la stringeva fino quasi a toglierle il fiato. “- Da oggi in poi non uscirai più. Ma perché non te l’ho vietato prima?” si chiese l’uomo, beccandosi un’occhiataccia da Vargas. “- Ci sono io con lei. Come l’ho salvata ora, la salverò sempre, anche se non è detto che ce ne sarà bisogno. Si potrebbero insospettire se troncasse i rapporti con il mondo esterno, così bruscamente. Potrebbe essere peggio.” Esclamò Leon, facendo annuire anche il commissario. “- Il ragazzo ha ragione. Questa faccenda deve rimanere tra noi o l’assassino potrebbe capire troppo. Dobbiamo prenderlo prima che si renda conto che Violetta, Angie e lei, German, siete sotto protezione.” Disse Lisandro, sedendosi su una poltrona. “- Parlate bene voi! E’ mia figlia! Leon e Violetta, in auto! Si va dritti a casa.” Ordinò German, lanciando un’occhiataccia ad Angie che ricambiò e uscendo da quella villa. “- Noi andiamo. Ti aggiorno…” sussurrò Diego al messicano che annuì, seguendo Castillo e la giovane. Anche il commissario, dopo uno sguardo gelido a Galindo, si fiondò fuori dalla casa.
“- Io non so più cosa pensare! E’ tutto così assurdo! Mi sembra di vivere in uno di quei film orribili d’azione, senza il lieto fine! Devo uscire. Non resisto più qui.” Esclamò la Saramego, alzandosi di colpo per salire in camera da letto. “- Dove pensi di andare? In questo momento uscire è la cosa più stupida che tu possa fare!” la rimproverò il bodyguard, severo, restando ai piedi delle scale. “- Senti, non cominciare a dirmi cosa devo o non devo fare!” urlò lei, affacciandosi dalla ringhiera che dava sul piano inferiore. “- Ah, allora ti seguirò!” urlò il moro, incrociando le braccia al petto. “- Non credo, viene a prendermi Matias tra qualche minuto. Gli ho già mandato un sms!” strillò lei, mentre si cambiava in camera sua. “- Tra qualche minuto? E lo hai appena contattato? Cos’ha un jet privato questo qui?” rise lui, risedendosi sul divano con aria nervosa. “- No. Una Ferrari.” Lo corresse lei, sempre strillando dal piano superiore. “- E tu vuoi uscire proprio adesso, di notte, da sola, con quel pazzo in giro e con quello svitato del tuo… ex, fidanzato o non so cosa? Non ti è bastato quello che ha rischiato tua nipote? Pensavo per un attimo che fossi tornata una persona con un minimo di buon senso e invece…” borbottò Pablo, alzandosi di nuovo, in preda all’ansia. L’avrebbe seguita, di sicuro. Magari non dicendoglielo ma l’avrebbe fatto. Un rumore di tacchi lo fece voltare di scatto: Angie scese, in uno splendido abito blu elettrico e delle scarpe altissime dello stesso colore. Galindo per un secondo si rese conto che era rimasto a fissarla come imbambolato da quella visione così perfetta e abbassò gli occhi, per non darlo a vedere. “- Che hai? Ti imbarazzo?” sorrise lei, con aria maliziosa. “- Ma co…? che vai a pens…? Certo che no!” disse lui, sentendo il campanello e volando ad aprire per togliersi da quel momento così scomodo. “- Fermo dove sei!” urlò lei, facendolo bloccare sul posto come una statua. “- Vado io! Tanto è per me…” gli sussurrò lei all’orecchio, con un tono dolce che lo fece diventare violaceo. “- Mati! Come va?” disse lei, allegramente, come se nulla fosse. Ormai era chiaro: si comportava così per tentare di nascondere la sua sofferenza e, come una brava attrice, ci riusciva molto bene. Ma Pablo, per sua sfortuna, era un attento osservatore e dai suoi occhi capiva tutto: capiva che stava male, che aveva vissuto e stava vivendo uno dei periodi più brutti della sua vita. Capiva alla perfezione il perché fingesse di essere un’altra… ma non la comprendeva del tutto, ignorando come potesse fare tutto ciò solo per scappare dal suo dolore. Osservò La Fontaine che tentò di baciarla, prendendole il viso tra le mani con fin troppa passione e notò come lei lo scansò, schioccandogliene uno sulla guancia, lasciandolo visibilmente deluso. Ad un tratto li vide avvicinarsi al sofà e si finse interessato ad una rivista trovata per puro caso tra i cuscini del divano. “- Stasera sarà un vero sballo, assicura La Fontaine!” rise il biondo, stringendole la vita e quasi infastidendola, facendole disegnare un sorriso tiratissimo sul viso. “- E questo chi è?” chiese d’un tratto l’uomo, accortosi di Galindo che leggeva… o meglio, fingeva di farlo. “- Lui è Pablo, un mio collega e amico. Pablo, lui è Matias.” disse la donna, fissando le occhiatacce che si lanciavano i due. “- Incantato! E’ proprio come me lo aspettavo!” ironizzò Galindo allungandogli la mano, stizzito già solo dalla presenza del biondo. “- Io sono il suo fidanzato.” Disse il La Fontaine, mentre Angie sgranò gli occhi, sconvolta. “- Ex… ora siamo amici.” Ci tenne a precisare la bionda, imbarazzata. “- Dove andate di bello?” si informò la guardia del corpo, incuriosita. “- Alla Amnesia, la discoteca più cool della zona. Non penso che tu la possa conoscere.” sorrise la Saramego, senza nemmeno preoccuparsi di invitarlo anzi, punzecchiandolo ulteriormente. Quel locale aveva un nome ben preciso… lei voleva dimenticare tutto quella notte e Galindo lo capì subito. “- Ah, mi sottovaluti allora... perchè invece la conosco bene. Divertitevi.” disse il moro, sfogliando il giornale con noncuranza e guardandoli allontanarsi verso la porta. Lui continuava a stingerla e lei, fingendosi divertita, uscì ridacchiando. “- Ed ora andiamo un po’ a vedere com’è questa discoteca.” Sentenziò tra sé e sé lui, afferrando una giacca, pronto per seguirli come aveva già previsto da prima che Matias entrasse in quella casa.
 
 
“- Diego è un idiota! Ora la mia vita sarà tra queste quattro mura!” Violetta andava nervosamente avanti e indietro stizzita. “- Doveva farlo! Se non lo diceva lui a Lisandro, prima o poi, l’avrei fatto io.” Sentenziò Leon, seduto sul bordo del letto della giovane e fissandola con aria seria. “- Se mi consentirà di continuare ad andare allo Studio sarà già un miracolo!” urlò lei, sedendosi alla scrivania, agitatissima. “- No, a scuola ti ci farà andare. Non puoi dare troppo nell’occhio scomparendo del tutto dalla circolazione. Sarebbe sospetto. Al massimo ti perderai le uscite con Heredia…” la punzecchiò il giovane, aspettando la sua reazione. “- Appunto! Ti sembra bello?” esclamò lei, rialzandosi e andando ad afferrare il cellulare dal comodino per controllare se avesse nuovi messaggi. “- Sai che perdita!” rise Leon, stendendosi sul letto e mettendosi sul fianco. Erano notti ormai che non dormiva e riusciva solo, di tanto in tanto, a sonnecchiare. Era sempre vigile ma aveva bisogno di chiudere occhio, almeno per un po’ altrimenti avrebbe perso tutta la sua lucidità a causa della stanchezza. “- Sai che ti detesta, vero? Insomma, tutti pensano che tu abbia fatto una scenata di gelosia, portandomi via dal palco, per volere del caso, giusto in tempo!” spiegò lei, andandosi a stendere accanto a lui e fissando il soffitto con aria pensierosa. “- Per "volere del caso"? Ah, io avevo capito subito che qualcosa non andasse per il verso giusto! E comunque, se mi detesta è bene che sappia che la cosa è reciproca.” Sbuffò Leon, osservandola allungare un braccio per afferrare di nuovo il telefonino. “- Secondo le mie previsioni, Thomas è fin troppo arrabbiato del fatto che sia scappata con me, lui pensa chissà per quale strano motivo amoroso… e, per come sarà furioso adesso, c’è più probabilità che ti arrivi un sms minaccioso dal folle che uno da Heredia… anzi, pensandoci, in questo momento, le due cose potrebbero essere collegate visto come lo hai scaricato stasera!” ironizzò Vargas, beccandosi una cuscinata in pieno viso dalla ragazza. “- Ehi, dacci un taglio! Ti risparmio solo perché non resisteresti ad una battaglia di cuscini con me. Ti straccerei, signorina!” sbottò lui, sottovoce, ma facendosi capire alla perfezione. Violetta finse di non ascoltare e lui chiuse gli occhi, mezzo addormentato… all’improvviso, una seconda cuscinata lo fece sobbalzare, stavolta si fece male sul serio. La zip del cuscino gli era finita sul naso e un pochino di sangue gli zampillò dalla narice. “- Ok… l’hai voluto tu!” disse serio, senza lamentarsi ma toccandosi la parte lesa e notando la sostanza rossa fuoriuscire e scorrergli appena sul labbro superiore. “- Perdonami, non volevo farti male!” rise lei, fissandolo però, un po’ preoccupata. “- Vuoi la guerra, mocciosa? E guerra sia!” urlò Leon, mentre nel frattempo, aveva afferrato un cuscino finito sul pavimento e aveva dato il via alla sfida. Fu così che cominciò la battaglia più spietata. Si rincorsero per la camera fino a inciampare più volte, ridendo come due matti. Leon non si divertiva così da una vita e lei… beh, anche lei, dopo tutto quello che aveva passato e che stava passando ancora. Continuarono, combattendo sul letto fino a quando lui riuscì a disarmarla e la fermò, pronto al colpo di grazia, quello della vittoria, quello che avrebbe sentenziato la fine della battaglia. “- Ti avevo detto che ti avrei sconfitto!” ghignò, rendendosi conto solo dopo qualche secondo che si trovava sopra di lei, stesa sul letto e che continuava a ridere come una pazza. “- Basta! Mi arrendo! Bandiera bianca! Pietà!” urlò, con le lacrime agli occhi per il troppo sghignazzare. “- Va beh, ti risparmio perché sono un signore… ma ho vinto comunque.” Disse Leon, abbassando il cuscino e sedendosi serio sul bordo del letto, imbarazzatissimo. Anche lei si era resa conto della faccenda e, senza dire nulla sulla questione, prese posto accanto a lui, ancora con il fiatone per la lotta. “- Scommetto che con Heredia non ti diverti così tanto…” esclamò Leon, avvicinandosi alla finestra e prendendo a fissare il paesaggio, ormai notturno. “- E’ inutile che controlli ancora il telefonino. Il poppante starà già dormendo da ore!” disse senza neppure voltarsi verso di lei, ma continuando a guardare fuori. “- Non è Thomas, purtroppo… guarda qui!” esclamò lei, mostrandogli il cellulare con aria scioccata. “E’ SOLO L’INIZIO…” Lesse, ad alta voce, Vargas, avvicinatosi a lei che fissava ancora il display con gli occhi spaventati. “- Si riferiva al riflettore… allora è stato lui.” balbettò, impaurita, la Castillo. “- O lei, o loro. Non dobbiamo escludere nessuno dai sospetti.” La corresse Leon, analizzando la sua espressione tesa. Ora non guardava più il telefono ma il suo sguardo era perso nel vuoto, timoroso. Leon non sapendo cosa fare o dire rimase in silenzio e, di colpo, senza che neanche lui stesso si aspettasse di fare quel gesto, l’abbracciò forte, stringendola a sé mentre lei, come previsto dal ragazzo, si lasciò andare ad un pianto liberatorio. “- Calmati. Non ti lascerò da sola, sarò sempre con te, fidati.” Le sussurrò all’orecchio il ragazzo, accarezzandole dolcemente i capelli, sorprendendo persino sé stesso di cotanta dolcezza insita in sé. “- Grazie.” balbettò lei, tra i singhiozzi, aggrappandosi con forza alle spalle forti e possenti del giovane. Leon e Violetta avevano scampato alla prima battaglia… ma, a quanto pareva, la guerra era appena cominciata.
 
 
Nella bolgia infernale dell’Amnesia, Pablo, finalmente, riuscì ad individuare Matias e Angie che erano seduti su una poltroncina lontana dall’affollatissima pista. Galindo si andò a sedere al bancone e si fece servire uno analcolico. Era pur sempre in servizio e, quel posto, non lo convinceva per niente: doveva capire qualcosa in più su La Fontaine. Quel posto gli dava la nausea, quella musica assordante gli dava la nausea, Matias gli dava la nausea. Fissava fin troppo Angie e le serviva da bere in continuazione. Pablo si insospettì subito, dal primo calice che lui le aveva versato… probabilmente voleva farla ubriacare approfittando del fatto che lei fosse tanto fragile in quel momento. Lui lo sapeva e poteva essere benissimo qualcuno che avesse a che fare con quei messaggi… quando lui le poggiò una mano sul viso e la fissava intensamente, all’agente salì una rabbia che nemmeno riusciva a spiegarsi. Lei, se inizialmente pareva meno interessata a lui, adesso, sembrava dargli addirittura corda e, finalmente, il biondo riuscì ad ottenere il bacio appassionato che voleva.
“- Le posso servire altro?” chiese una mora, dietro al bancone, fissandolo con fin troppa insistenza. “- No, grazie.” Disse lui, seccamente, posizionandosi su un divanetto che gli avrebbe migliorato la visuale e gli avrebbe consentito di intervenire al più presto. Facendo vari slalom tra la folla riuscì a sedersi dove voleva e continuò a studiare la situazione, con aria fintamente disinteressata.
“- Tesoro, la bottiglia è finita. Ne vado ad ordinare un’altra e sono subito da te…” disse Matias, dandole un altro bacio che fece storcere il naso al bodyguard ma al quale lei ricambiò con trasporto. Doveva portarla via di lì, e subito. Se pure il biondo non c’entrasse nulla con quei messaggi lei era fin troppo brilla per ragionare e sarebbe stata una preda facile anche per il folle misterioso. “- Pablo! Che bella sorpresa!” urlò quasi la bionda vedendolo avvicinarsi a lei, abbracciandolo con foga e facendolo pure arrossire di colpo. “- Ce ne dobbiamo andare subito da qui, vieni…” disse, dandole la mano per condurla fuori dal locale. “- Io sto aspettando Mati! Dai almeno lo saluto!” rise lei, ormai ubriaca fradicia. “- No! Tu non saluti proprio nessuno! Vedi che è pure impegnato?” disse con tono disgustato Pablo, indicando l’altro mentre era tra una decina di ragazze a ridere come se nulla fosse. “- AH! Mi hai rimpiazzato allora!!! me la pagherai, Matias La Fontaine!!! Te lo giuro!!!” lo minacciò la Saramego, facendo voltare un gruppetto di persone verso di loro e versandogli lo champagne del suo bicchiere in pieno volto, lasciandolo a bocca aperta. “- Dove mi porti?” chiese, calmatasi, a Pablo, continuando a ridere e a barcollare. “- A casa! Dove pensi di andare in questo stato?” disse lui, fissandola e osservando la sua aria delusa. “- Ma no! Balla con me, su! Divertiamoci!” strillò lei, afferrandolo per il collo della camicia e facendolo di nuovo avvampare. “- No. Tu vieni con me, andiamo!” esclamò lui, serio, afferrandole di nuovo la mano. “- Che noioso che sei! Però sei affascinante…” disse, sottovoce, la bionda, all’orecchio del moro con tono sensuale. “- Sì, certo... Ma adesso entra in auto! Già hai fatto abbastanza danni! Quella scenata  a quello lì te la potevi evitare…” ordinò lui, rendendosi però conto che la Saramego continuasse ad ignorarlo. “- E va bene, l’hai voluto tu!” disse poi, prendendola in braccio improvvisamente e mettendola stesa sui sedili posteriori della sua auto.
Arrivarono in fretta alla villa di Angie che, invece di addormentarsi durante il tragitto, continuava a ridere come una pazza. “- Andiamo, ti porto in camera.” disse lui, portandola in braccio fino alla porta e aprendola con difficoltà. “- Ottima idea!” esclamò lei, maliziosamente, facendo scuotere il capo al moro, in segno di sconfitta. Salì le scale che portavano al piano di sopra mentre lei continuava a dire cose senza senso e a sghignazzare come una matta. “- Bene… eccoci qui. Stenditi e cerca di dormire.” Disse l’uomo, sedendosi e afferrando un libro dalla solita mensola. “- Dormire? Nooo! Non ho sonno…” sorrise lei, fissandolo intensamente. Era bella, una splendida donna… ma non poteva minimamente pensarci! Doveva contenersi, stava lavorando per quanto lei glielo stesse rendendo impossibile. “- Ma non ti piaccio proprio? Mi trovi brutta?” esclamò, con sguardo dolce e voce soave lasciando la guardia del corpo ancora più scioccata. “- Brutta? No, anzi!!! Sei molto affascinante, sexy, attraente, bella… un po’ folle ma bella. E anche fin troppo brilla. Quindi, per l’ultima volta, dormi!” disse lui, fissandola e notando come fosse rimasta soddisfatta di quei complimenti. “- Mi piacerebbe avere un fidanzato come te! Ma io non posso essere felice… evidentemente non me lo merito!” rise lei, girandosi sul fianco, dando le spalle all’uomo che, a quella affermazione, rimase di sasso. Quelle parole la bionda le aveva pronunciate con un filo di amarezza, nonostante fosse più che ubriaca sembrava che le avesse dette con sincerità… o forse… no, era brilla. Non poteva pensarlo sul serio.
“- Tutti meritano di essere felici. Arriverà anche per te quel momento. Buonanotte.” Sussurrò lui dolcemente, mentre lei, ormai, era caduta in un sonno profondo.
 
 
Il mattino dopo, Leon, ricevette una telefonata e rispose subito per non svegliare Violetta, correndo fuori dalla camera di tutta fretta. Era ancora addormentata e, per una volta che non aveva fatto incubi, voleva lasciarla riposare in pace. “- Diego, cosa vuoi a quest’ora?” disse Vargas sottovoce, allontanandosi dal letto di lei e uscendo in corridoio. “- Che cosa?! Ma è assurdo!” urlò quasi il ragazzo messicano. “- Va bene, chiamo io Pablo… grazie dell’informazione.” Concluse Leon, fissando lo schermo come immobilizzato. Non poteva credere a quello che aveva appena ascoltato. Mentre osservava ancora impietrito il display del telefonino, Violetta, ancora assonnata, scese dal letto e lo sorprese fuori dalla porta. “- Che è successo? Perché urlavi così tanto?” chiese, stropicciandosi gli occhi con delicatezza mentre anche German era arrivato vicino ai ragazzi. “- Dobbiamo andare in commissariato. Matias La Fontaine è scomparso. Sua sorella dice che questa mattina non è tornato a casa.” Disse, con aria serissima, il ragazzo. “- Chi?” dissero padre e figlia in coro. “- L’ex di Angie o amico, o fidanzato o non so cosa! Ed è ancor più strano il fatto che sia arrivata una chiamata anonima a Lisandro che avvertiva di aver visto litigare proprio ieri notte lei e Matias, poco prima che lui sparisse nel nulla.” Spiegò Leon, mentre la Castillo si portò le mani al viso sconvolta. “- Ma lei cosa c’entra, scusami? Hanno litigato! E quindi?” iniziò la giovane subito prendendo le difese della donna, correndo in camera per vestirsi e recarsi con il padre e il bodyguard alla polizia. “- Lisandro sospettava da sempre di tua zia. Purtroppo è fatto così. Anche se un buon poliziotto non si ferma alle apparenze.” Disse, con rammarico, Vargas, sedendosi sul bordo del letto della giovane che lo fissò sorpresa da tale affermazione.
Intanto, a villa Saramego, Pablo aveva ricevuto la chiamata da Leon e non sapeva come dire tutto alla donna. “- Ah! Che mal di testa…” in cucina, appoggiata alla porta, apparve la bionda, mantenendosi il capo con una mano e, dopo qualche secondo, andandosi a sedere al tavolo per la colazione massaggiandosi le tempie con aria distrutta. “- Postumi della sbornia. Così impari!” la rimproverò lui, temporeggiando sul discorso che doveva farle e servendole un caffè forte. “- Grazie…” sussurrò lei, abbassando gli occhi sulla tazza, ancora con le mani alla fronte per il gran cerchio alla testa che si sentiva. “- Angie, senti…” iniziò Galindo, sedendosi di fronte a lei. “- Oh no… non dirmi che ieri sera… senti, qualsiasi cosa abbia detto o fatto sono pentita. Mi dispiace ma ero messa peggio di Spugna della nave di Capitan Uncino.” tentò di dire lei, temendo qualcos’altro. “- No, nonostante tu mi abbia provocato in tutti i modi io sono anche capace di… resistere. Che poi, non provando assolutamente nulla per te non è stato così difficile…” ridacchiò lui, mentendo spudoratamente, per poi tornare subito serio. “- Io cosa…?!” strillò lei, alzandosi di colpo, sconvolta. “- Non devo parlarti di questo. Ieri hai litigato animatamente con Matias… ecco, vedi… ora lui è scomparso e Lisandro… vuole vedere tutti noi.” Disse serio l’uomo, evitando di dirle che lei fosse tra i sospettati principali. “- Immagino che voglia parlare con me, no? Già mi detestava prima, quindi adesso mi arresterà direttamente.” Comprese la donna, sconvolta dalla rivelazione. “- E va bene! Non so se tu te ne sia accorta ma è ora che tu sappia: c’ero io con te. Eravamo insieme stanotte. Ti ho tenuta d’occhio io nel locale e non hai fatto nulla a parte la scenata, poi ti ho riaccompagnata a casa.” Spiegò Pablo, tentando di tranquillizzarla.
“- Ah, quindi mi hai seguita. Ottimo!” disse, acidamente, la donna. “- Ringraziami, piuttosto. Sono il tuo alibi!” esclamò lui, con decisione. “- Vedremo cosa si inventerà Lisandro pur di incastrarmi!” disse lei, alzandosi con una calma quasi spaventosa e andando a prepararsi.
Era pronta in poco tempo mentre Galindo l’aspettava sulla porta. “- Cosa credi che… sia successo a Matias?” chiese lei, abbassando gli occhi mentre chiudeva con foga il cancelletto della villa. “- Non lo so. Ma una cosa è certa: stanno cercando di incastrarti. Fai attenzione a quello che fai. Basta uscite, cavolate e follie. Stai con me e sarai al sicuro.” Disse Pablo, aprendole la portiera dell’auto e guardandosi intorno con fare circospetto. Quella domenica mattina era iniziata davvero con il piede sbagliato.
 
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Allora, ricapitoliamo: Diego non si tiene un cecio in bocca e rivela a Lisandro del crollo del riflettore… causando le ire di German che ora è ancor più teso che mai per la figlia! Matias è sparito! Sarà morto? C’entrerà con la faccenda di Maria con questa sparizione? E con i messaggi? Sarà sempre la stessa persona che minaccia o sono casi a parte? Qualcuno vorrà sul serio far arrestare Angie? Ma soprattutto… perché? Troppe domande che, per ora, non avranno risposta! Dovrete attendere, amici miei! Il piano malvagio è appena cominciato, come diceva il messaggio ricevuto da Violetta… potrebbe essere un altro indizio? E la telefonata anonima al commissario? Bene, questo ed altro nel prossimo capitolo! Ciao! :)
  
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