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Autore: Phoenixstein    21/09/2013    7 recensioni
I ricordi erano molotov; la mano che le lanciava, un sentimento che ancora Mickey non osava chiamare per nome. Eppure esso se ne stava lì, costantemente artigliato al suo cuore, e faceva una strage di sangue fra le pareti del miocardio che si sbrindellavano tagliate dai cocci di vetro. Ogni deflagrazione conficcava le schegge più a fondo, e Mickey si era abituato all’idea di tenerle lì per sempre come monito o come penitenza, non si sarebbe mai deciso. [...]
Mickey Milkovich aveva un problema con le camicie in generale,
ma in modo particolare con quelle a quadri.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un problema con le camicie

 

 

 

Mickey Milkovich aveva un problema con le camicie in generale.

 

Quelle di seta firmate Ralph Lauren, da figli di papà, gli sapevano di gente che non si era mai sporcata le mani. Gente che coi soldi in tasca c’era nata e aveva sempre avuto la strada spianata, la terra già vangata; dal primo vagito fra le braccia di una stronza mantenuta, all’ultimo gemito stanco su un letto d’ospedale.

A Mickey piaceva sputare sentenze.

 

Le camicie azzurre col colletto inamidato della divisa dei poliziotti? Neanche a parlarne, cazzo! Ad uno come lui, entra ed esci di prigione, che simpatia poteva mai suscitare l’abbigliamento di chi lo sbatteva al fresco e gli rideva alle spalle perché non era altro che un tragico frammento di pattume nel mondo?

 

La camicia bianca che aveva indossato il giorno del matrimonio? Odiava anche e soprattutto quella. L’avrebbe data alle fiamme, avrebbe voluto vedere il tessuto immacolato ripiegarsi rapidamente su se stesso senza un lamento, a perire in nera cenere fra le lingue di fuoco. Non era nemmeno sicuro di dove fosse finita dopo la cerimonia. Ricordava solo che l’aveva gettata rabbiosamente da qualche parte prima di salire sul tetto a fumare quelle tre sigarette; voleva che la nicotina gli facesse venire la nausea e voleva sentire l’aria della notte sferzargli il petto nudo. Voleva sentirsi figlio di nessuno, con gli occhi ad ardere per il buio accecante. Figlio di nessuno era sempre meglio che di Terry Milkovich.

Comunque, forse Mandy aveva portato il capo al negozio dell’usato per tirarci su qualche dollaro. Non che la grana mancasse lì in casa, del resto i Milkovich erano indomiti lavoratori.

 

Ma, in base ad un’ampia preponderanza, i problemi di Mickey si facevano seri con le camicie a quadri, quelle colorate, quelle che aderivano alle spalle e stavano bene ai ragazzi con i capelli rossi. A volte percepiva ancora la stoffa sotto le dita, di quando spogliava Ian in fretta – in fretta, sempre in fretta, sempre in fuga o al riparo da qualcosa, solo per pochi minuti – e il profumo di bucato mentre la camicia planava verso il pavimento.

I ricordi erano molotov; la mano che le lanciava, un sentimento che ancora Mickey non osava chiamare per nome. Eppure esso se ne stava lì, costantemente artigliato al suo cuore, e faceva una strage di sangue fra le pareti del miocardio che si sbrindellavano tagliate dai cocci di vetro. Ogni deflagrazione conficcava le schegge più a fondo, e Mickey si era abituato all’idea di tenerle lì per sempre come monito o come penitenza, non si sarebbe mai deciso.

Pensava a tutte quelle camicie a quadri rimaste nell’armadio, lì fra le mura di casa Gallagher, ad attendere in silenzio il ritorno di chi le aveva indossate così tante volte. Nell’esercito hai la mimetica o le magliette di cotone a tinte neutre, i colori sono del mondo che ti lasci alle spalle. Ma poi Mickey si rendeva conto che alla fine non ne sapeva niente del codice d’abbigliamento dei soldati; magari Ian se le era portate comunque con sé quelle camicie e ora gli cadevano morbide sui fianchi sotto gli occhi di altri uomini – froci del cazzo – la sera in camerata, dopo le fatiche del giorno.

Non voleva. Mickey non voleva. Eppure, ogni volta che si girava per strada e i quadri colorati erano lì sulle spalle di un passante qualunque, la pelle fremeva, avvampava, veniva scossa da un dolore fisico non quantificabile. Ed Ian gli era di nuovo addosso e dentro, e Mickey impazziva; per pochi istanti, Mickey si aggrappava a quella visione come se fosse reale e si faceva fottere. Nella sua testa, si faceva fottere.

Era la sua evasione silente, il moto ribelle che nessuno scorgeva, il rigurgito di quella vita che ora gli apparteneva meno che mai.

Sei tornato, finalmente. Ce ne hai messo di tempo.

Ti va una Pabst? A me sì.

Cristo, mi sei mancato.

Gallagher, Gallagher. Oh cazzo, sì. Cazzo. Gallagher. Ian.

Ian… Io…

“…sono un codardo”.

 

Mickey Milkovich aveva un problema con le camicie in generale,

ma in modo particolare con quelle a quadri.

 

 

 

 

 

 

Uhm, aloha. Sì, sono tornata (:

Insomma, si fa quel che si può. Continuo a prediligere il POV di Mickey. Mi dispiace che questa fic sia un po’ stringata, ma spero che sia pur sempre degna di apprezzamento.

Ho cominciato a scriverla all’una di notte in preda ad un’esigenza fisica di Gallavich. Yay.

 

La dedico a Ceci che voleva urgentemente leggere qualcosa di nuovo, a Ilarina con cui “fangirlo pesante” pure su Ask e all’anon di questo Spotted.

Non sarà una gran cosa, ma ho buttato giù queste righe qui sopra con tutto il mio cuore :3

 

-             Phoenixstein

 

   
 
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