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Autore: bik90    21/09/2013    8 recensioni
-Sei il mio ponte tra questi due mondi!-
Martina si fermò e un brivido la scosse. Eleonora non si lasciava mai andare a parole troppo dolci, quello che era riuscita a dire era già troppo per lei. Si voltò verso la diciottenne.
-Allora perché ti comporti così?- domandò con le lacrime agli occhi.
La bionda chinò il capo con aria colpevole.
-Non posso...- mormorò semplicemente.
Già, non poteva. Sarebbe stato troppo difficile per lei ammettere di tenere tantissimo a quella ragazza che le stava di fronte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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<< Mi dispiace per tua nonna >> disse Eleonora sedendosi sul letto della sua stanza dopo che l’amica le ebbe raccontato il motivo del suo arrivo improvviso.
Chiara abbozzò un sorriso sincero prendendo posto accanto a lei e facendo un respiro profondo mentre si stendeva. Erano state a pranzo da lei dove suo padre era rimasto contento di rivedere la ragazza e non aveva smesso nemmeno per un secondo di complimentarsi per quanto fosse cresciuta in quei due anni. Poi erano uscite, Eleonora doveva riprendere il motorino lasciato fuori il liceo e si erano dirette a casa di quest’ultima che era vuota.
<< Non preoccuparti, sta meglio adesso anche se non è ancora fuori pericolo >> rispose voltando la testa nella direzione dell’altra e riferendosi all’infarto che aveva colto l’anziana signora e che aveva costretto figlio e nipote a correre in Italia.
<< Tua nonna è tosta, si rimetterà perfettamente >> fece la ragazza dagli occhi verdi stendendosi anche lei e tenendo il viso sollevato nel palmo della mano.
Chiara le accarezzò una guancia ricordandosi che l’ultima che erano state così vicine corrispondeva a due anni prima.
<< E’ passato troppo tempo da quando ci siamo viste l’ultima volta >> affermò dando sfogo ai suoi pensieri.
<< Già >>.
Eleonora fissò l’altra ragazza in silenzio. Le aveva raccontato a sua volta della situazione famigliare che stava vivendo ed era stato così semplice parlare con Chiara da avere quasi le lacrime agli occhi. La persona che le stava di fronte era la sua migliore amica fin dai tempi della prima elementare. Erano capitate vicine di posto e, dalla prima volta che si parlarono, andarono sempre d’accordo. Nonostante il trasferimento della famiglia della ragazza a Los Angeles per questioni lavorative avvenuto quando avevano dieci anni, le due erano sempre rimaste in contatto ed Eleonora era andata dall’amica a trascorrere l’estate un paio di volte.
<< Allora tuo fratello verrà a vivere qui? >>.
A quella domanda, la ragazza dai capelli chiari si mise a fissare il soffitto.
<< Non lo so >> rispose infine << Mia madre e Federico sono andati a Taranto per risolvere alcune questioni >> aggiunse riferendosi alla telefonata fattale da Fulvia per avvisarla.
Le sue sorelle si sarebbero momentaneamente trasferite a casa degli zii mentre lei poteva fare come meglio credeva. Era abbastanza grande da poter valutare da sola. Le aveva detto che era stato un consiglio dell’avvocato al quale aveva chiesto una consulenza prima che i servizi sociale si attivassero e suo fratello finisse in qualche istituto.
<< Dai, tuo fratello è ganzissimo! Ho visto le sue foto mentre fa windsurf su Facebook! >>.
<< Tu e Federico siete amici su Face? >> chiese Eleonora alzando il sopracciglio destro con aira sorpresa.
<< Certo! E anche le tue sorelle >>.
<< Cioè, tu sei sua amica quando non lo sono neppure io? >>.
Chiara scoppiò in una sonora risata.
<< Perché tu sei la solita testona, Leo! >> esclamò dandole una pacca amichevole sulla spalla << Avete un casino di cose in comune, sai? >>.
<< Ma va, lo dici solo per farmi sentire in colpa! E non chiamarmi così, lo sai che non mi è mai piaciuto! È da maschio! >>.
<< Sai qual è il suo film preferito, Leo? >> continuò l’amica ridendo << Il signore degli anelli! >>.
Eleonora sbuffò.
<< Copione >> fece alzandosi e sedendosi sulla sedia.
L’amica le sorrise tirandosi su per poterla guardare meglio ora che aveva cambiato posto. Fisicamente erano cambiate parecchio entrambe. I loro corpi non erano più quelli di acerbe adolescenti ma parlavano di sensualità femminile. A lei finalmente era cresciuto il seno anche se era più piccolo di quello di Eleonora mentre l’amica si era alzata nonostante non avesse raggiunto Chiara. Erano diventate due ragazze molto belle e apprezzate dai gusti maschili. Chiara Di Biagio sfiorava il metro e settantasei, carnagione scura, magra con lunghi capelli neri che lasciava spesso sciolti e due occhi dal taglio a mandorla. Quando sorrideva, le si formava una simpatica fossetta sul mento. Somigliava molto a sua madre; chiunque le vedesse insieme, lo diceva. L’altra ragazza, invece, aveva una somiglianza incredibile con suo padre.
<< Che si dice oltreoceano? >>.
<< Perché non vieni a scoprirlo di persona dopo la maturità? >> incalzò immediatamente Chiara facendole l’occhiolino.
Anche se Eleonora non glielo aveva mai detto, immaginava perché, nonostante i suoi continui inviti, non fosse più tornata in America. Tutto poteva riassumersi in un’unica parola: Davide. I due ragazzi avevano stretto amicizia dopo la sua partenza e lei ne era stata estremamente contenta ben sapendo quanto fossero unite e quanto fosse stata triste l’amica dopo la sua partenza. Eppure, col trascorrere del tempo, non aveva potuto fare altro che appurare che il ragazzo non fosse la compagnia migliore per la ragazza. Lo aveva capito dal cambiamento che Eleonora aveva iniziato a manifestare, non nei suoi confronti, da quando aveva iniziato a frequentarlo. Non le aveva mai detto niente, l’avrebbe destabilizzata troppo soprattutto perché Davide era stata l’unica persona sulla quale aveva potuto contare quando suo padre andò via una settimana dopo la sua partenza per Los Angeles. Si era aggrappata a quel ragazzo per non scivolare nella solitudine e lui non aspettava altro che lei gli rivolgesse finalmente la parola. Erano stati due abbandoni molto ravvicinati che avrebbero scosso chiunque, soprattutto una bambina di soli dieci anni. Si alzò in piedi stiracchiandosi, e diede un bacio sulla tempia all’amica.
<< Ci penserò >> rispose la ragazza dai capelli chiari accarezzandosi alcune ciocche << Adesso perché non mi parli del fantastico ragazzo che hai acchiappato? >>.
<< Io non ho acchiappato proprio nessuno! >> disse Chiara fintamente offesa per quelle parole.
<< Avanti, su Skype non hai fatto altro che parlarmene! E Ryan di qua, e Ryan di la… >>.
L’amica le lanciò contrò un cuscino per farla tacere ridendo di gusto. Fin da bambine avevano scherzato su qualunque cosa.
 
<< Allora domani vai via >>.
Chiara l’aveva guardata e le aveva sorriso mentre metteva da parte il libro che stava leggendo ad alta voce e si era avvicinata ad una Eleonora bambina che sedeva sul suo letto a gambe incrociate.
<< Sì >> aveva risposto anche se quella appena fatta non era una domanda << Ma non è poi così lontano se ci pensi >>.
Le aveva mostrato la città nella quale si doveva trasferire con la sua famiglia e anche se provava a convincere la bambina e se stessa, sapeva bene che non era vero. Si era seduta vicino a lei iniziando ad accarezzarle i lunghi capelli. A quel gesto, Eleonora aveva iniziato a rilassarsi leggermente stendendosi e poggiando la testa sulle sue ginocchia. Si era guardate negli occhi in silenzio.
<< Adesso ti siederai vicino a Davide? >> aveva chiesto Chiara alludendo ai banchi di scuola.
L’amica era quasi scattata a sedere a quelle parole.
<< Cosa? Perché? >>.
<< Perché resterai sola >> aveva ribattuto l’altra << E Davide vuole sempre sedersi vicino a te >>.
<< Ma è antipatico >> aveva detto prontamente Eleonora incrociando le braccia sul petto << Non mi piace molto >>.
<< Dagli una possibilità, Leo >> aveva risposto in modo sereno Chiara. Non voleva che l’amica restasse sola, era importante che trovasse qualcuno con cui confidarsi << Mi verrai a trovare quando la scuola sarà chiusa? >> aveva domandato subito dopo cambiando argomento.
L’altra bambina aveva annuito energicamente mentre un sorriso le era apparso sul viso.
<< Certo! E tu mi dovrai insegnare bene l’inglese! >>.
Anche Chiara aveva asserito contenta.
<< Amiche per sempre? >> aveva poi chiesto allungando il mignolo verso quello di Eleonora.
<< Per sempre >> aveva ribattuto prontamente quella dai capelli chiari << Nessun oceano potrà separarci! >>.
Per quei pochi minuti in cui ancora erano state insieme, entrambe avevano creduto ciecamente all’illusione della felicità.
 
<< Aspetta, ti faccio vedere una sua foto >> disse Chiara estraendo dal jeans il suo iphone. Nel vederlo, il cuore di Eleonora fece un salto. Si tastò freneticamente le tasche, cercò in quelle del giubbotto e nello zaino non riuscendo però a trovare il suo cellulare.
<< Deve essermi caduto nella tua auto dopo la scuola! >> esclamò voltandosi in direzione dell’amica.
Chiara rise mentre le lanciava le sue chiavi. Correndo, Eleonora si diresse verso la macchina parcheggiata fuori il cancello della sua villetta e quasi non cadde nel cercare di prendere velocemente l’iphone che giaceva per terra.
Martina mi ammazzerà, pensò guardando a chi appartenevano le chiamate perse.
Con sorpresa notò che erano tutte di Valentina e si affrettò a richiamarla pensando che fosse successo qualcosa al suo cavallo.
<< Ma dove cazzo hai il cellulare, Domenghi? >> esclamò la sua amica saltando la fase dei saluti.
<< Agamennone sta bene? >> chiese Eleonora senza soffermarsi sul suo tono.
<< Certo che sta bene, non ti ho telefonato per questo! >>.
<< E allora per cosa? >>.
<< Oh, Domenghi! >> fece Valentina << Mi farai impazzire, me lo sento! >>.
<< Ma di cosa stiamo parlando? >>.
<< Magari della tua fidanzata e del fatto che l’hai lasciata fuori la scuola mentre tu salivi in macchina con una sconosciuta? >>.
Eleonora si ritrovò ad avere il cuore che le batteva in gola e il respiro corto nel sentire quelle parole.
Cazzo, Martina! Ero così presa dall’arrivo di Chiara da dimenticarmi tutto il resto.
<< Un momento, tu come diavolo fai a… >>.
<< Ho incontrato la tua bella. Per la cronaca, sono felice che finalmente tu abbia trovato il coraggio di fare la scelta giusta ma si può sapere in che casino ti stai cacciando? Chi è questa con la quale sei andata via? >>.
<< E’ una mia amica! Non la vedevo da due anni! >> urlò Eleonora avvampando.
<< Afferrato >> rispose l’altra << Se vuoi un consiglio, però, chiama subito Martina. Si starà facendo tutti i film di questo mondo >>.
La ragazza ringraziò e chiuse la conversazione per poter chiamare la più piccola.
Cazzo, rispondi, pensò mentre il cellulare squillava a vuoto e lei si mordeva nervosamente le unghie.
<< Ehi, trovato? >> chiese Chiara apparendo alle sue spalle << A chi chiami? Davide? >>.
Nel sentire quel nome per poco non le sfuggì il cellulare di mano. Sorrise per non far notare il suo improvviso imbarazzo e attaccò velocemente mentre abbassava lo sguardo. L’amico non era ancora stato nominato da quando lo avevano salutato fuori la scuola.
<< E’ tutto okay con lui? >>.
Eleonora scosse leggermente il capo turbata da tutto quello che le stava accadendo. Strinse con così tanta forza il suo iphone da far diventare bianche le nocche. Chiara la abbracciò senza aggiungere altro sull’argomento e quella stretta familiare e allo stesso tempo cronologicamente lontana, le scaldò il cuore. Come aveva potuto lasciare che trascorressero anni dal loro ultimo incontro? Davide, era stata colpa sua. Ricordava bene come era stato contrariato al suo ritorno dal fatto che fosse stata via tutto quel tempo. L’aveva accusata di egoismo e lei, per timore di perderlo, aveva rinunciato ad andare in America limitandosi a sentire l’amica tramite mail o sui social network. Aveva fatto una scelta, ma quanto era stata dolorosa! Solo ora ne rendeva conto.
<< Ti va un tè coi biscotti? >> continuò la ragazza più alta dopo aver controllato l’ora.
L’amica si sciolse dal suo abbraccio e si allontanò di un passo da lei per poterla guardare negli occhi.
<< Chiara >> iniziò comprendendo di non poter più continuare a nascondersi. Doveva parlarne con qualcuno, almeno con lei. Era sicura che non l’avrebbe giudicata << Devo dirti una cosa molto importante >>.
 
Federico guardò di sfuggita Fulvia prima di tornare a concentrarsi sulla lettura del suo fumetto preferito. Da quando erano partiti alla volta di Taranto, la donna non aveva detto una parola. Sospirò una sola volta dopo aver controllato per l’ennesima volta il suo cellulare. Fulvia non era mai scesa nella sua città, quella era la prima e si sentiva abbastanza ansioso. Avrebbe dovuto portarla a casa sua, mostrarle dove aveva vissuto fino a quel momento e… Il suo pensiero volò alla madre, Letizia e a quanto era ironica la sorte. Eppure la donna che gli stava seduta di fronte, lo stava facendo per lui.
Non sono solo, pensò sistemandosi meglio.
Fulvia continuava a ripetersi di rimanere calma per tutta quell’assurda situazione che si era creata. Si era presa dei giorni al lavoro, aveva lasciato le sue figlie da sole e in quel momento era su un treno in compagnia del figlio del suo ex marito. Nemmeno usando tutta la fantasia che possedeva sarebbe potuta arrivare a tanto. Tamburellò con le dita il tavolino che le stava di fronte e fece un respiro profondo. Ormai mancava poco prima dell’arrivo in stazione e lei aveva bisogno di lavare via l’angoscia di quelle ore. Prima aveva telefonato a Claudia per chiederle come stavano procedendo le cose fino a quel momento ed era stata ampiamente rassicurata. Improvvisamente il suo cellulare, lasciato sul tavolino, prese a squillare. Controllò il nome sul display una sola volta prima di affrettarsi a riporlo in borsa senza rispondere e involontariamente guardò Federico sperando che non fosse riuscito a leggere chi fosse. Ma quello non era il suo giorno fortunato. Il ragazzo increspò le labbra in un mezzo sorriso che le ricordò incredibilmente l’espressione di Augusto quando aveva scoperto qualcosa e chiuse il fumetto che stava leggendo.
<< Puoi rispondere >> le disse semplicemente.
<< Non…non è importante >> rispose incerta la donna sentendosi a disagio.
<< Se qualcuno ti chiama, è perché ha qualcosa da dirti >>.
Fulvia guardò fuori dal vetro senza dire nulla. Il suo intuito le diceva che il figlio di Augusto aveva capito perfettamente chi fosse la persona che l’aveva cercata e lei non voleva mettersi a discutere di faccende personali proprio con lui che per giunta aveva solo diciassette anni. Poteva essere tranquillamente suo figlio.
Ma non lo è, pensò quasi con stizza.
<< Se qualcuno ti chiama, allora richiamerà ancora >> affermò infine mettendo fine a quella breve conversazione.
Incredibile, si ritrovò a pensare subito dopo, Non ne ho parlato nemmeno con Eleonora e dovrei farlo con…lui? Federico? Il figlio di Letizia? No.
Fu lieta nel sentire l’annuncio registrato sull’arrivo a Taranto. Si alzò in piedi quasi di scatto e Federico fece lo stesso. Fuori pioveva, c’era parecchia gente sui binari con ombrelli variopinti che attendevano amici e parenti. Il ragazzo si ritrovò a serrare la mascella riflettendo sul non aver detto a nessuno che conosceva che era tornato. Forse avrebbe dovuto farlo, si sarebbe sentito meno solo. Fulvia aveva eretto un nuovo muro tra loro e lui avrebbe voluto essere riuscito a mormorare delle scuse se le era parso indiscreto ma a suo parere non c’era niente di strano nell’ammettere di provare dei forti sentimenti per qualcuno. Era convinto che si trattasse di questo, che questo Enrico, che aveva telefonato mezz’ora fa, fosse un amico piuttosto intimo della donna. La aiutò coi bagagli e chiamarono un taxi senza troppi indugi. Una volta dentro, diede all’uomo l’indirizzo di casa che annuì mentre metteva in moto. Il tragitto fu breve e privo di ogni imprevisto.
<< Ti chiamo più tardi >> fece Fulvia guardandolo scendere dalla macchina.
<< Perché, dove vai? >> chiese il ragazzo affacciandosi al finestrino.
<< In albergo >>.
Federico si voltò un solo attimo verso il palazzo e in particolare verso le tapparelle chiuse del suo appartamento prima di asciugarsi dal viso le gocce di pioggia e tornare a guardare la donna.
<< Vieni con me >>.
<< Federico, non credo che sia una buona idea >> rispose l’altra << Adesso vai, prima di ammalarti >>.
<< Per favore >> insistette il diciassettenne senza aggiungere altro.
<< Signora, cosa devo fare? >> chiese l’autista mentre il suo tassametro continuava a scorrere.
Fulvia sospirò prima di aprire lo sportello e scendere. Aprì velocemente l’ombrello per non bagnarsi e pagò il conto del tassista mentre questi le prendeva le valige dal vano. Non aveva previsto di fermarsi a casa di Letizia, adesso la sua ansia era alle stelle.
È assurdo!, pensò attraversando il piccolo viale condominiale che portava al portone, Non ho mai voluto incontrarla da viva e adesso addirittura vado a casa sua? No, non posso farlo davvero.
<< Fede >> lo richiamò notando come fosse indaffarato il ragazzo nel cercare la chiave giusta per aprire << Non posso davvero salire con te. Questa è casa tua e di tua madre, immagino che… >>.
<< Lei avrebbe sempre voluto incontrarti >> rispose l’altro facendo finalmente scattare la serratura << E ora sarebbe contenta di sapere che non sono solo qui >> aggiunse indicando vagamente l’intera costruzione.
A quelle frasi, la donna non seppe cosa poter dire per non seguirlo e si ritrovò a chinare il capo e avanzare con lui. L’appartamento era al primo piano e aveva un giardino di dimensioni modeste. Appena furono dentro, Federico si affrettò ad aprire le finestre nonostante la pioggia per far cambiare aria e accese la luce in salone. Agli occhi di Fulvia si aprì quel mondo che non aveva mai voluto vedere; ovunque guardasse c’erano fotografie di Letizia con Federico, Federico da solo, un grosso labrador e perfino una di Augusto leggermente in disparte dalle altre. Ma quelle in cui erano insieme erano tantissime; le mensole, i ripiani, perfino il tavolino basso di fronte alla televisione, ne erano pieni. Involontariamente si fermò in mezzo alla stanza fissando quei volti sorridenti che guardavano l’obiettivo.  C’era un affetto che traspariva da dei gesti semplici come il tenere in braccio un Federico bambino, baciargli una guancia, coccolarlo, che lei non aveva mai provato nei confronti delle figlie. Inaspettatamente pensò ad Eleonora che aveva circa la stessa età del ragazzo e a come lei fosse stata assente nella sua vita. Aveva delegato i nonni di farle da genitori così da poter avere ancora l’illusione di essere solo sposata, il contrario di quello che aveva fatto Letizia. Doveva aver amato moltissimo il bambino che aveva avuto da Augusto nonostante lui non l’avesse sposata dopo averla messa incinta e non l’avesse mai portata in qualche posto da sogno per dimenticare il resto del mondo. Posò un dito su una grande cornice d’argento e rabbrividì nell’incontrare gli occhi dell’altra donna, la persona che per un tempo indefinito aveva creduto sua rivale. Aveva conosciuto Augusto quando aveva vent’anni, in quella foto poteva averne ventidue o ventitré e non stava guardando di fronte a sé ma suo figlio che alzava verso il cielo un regalo appena ricevuto come fosse un trofeo. Era uno sguardo meraviglioso, così dolce, così pieno d’amore nei confronti del suo piccolo uomo.
<< Quella era la sua preferita >> disse Federico alle sue spalle << Quella che piace di più a me, però, è questa >>.
Sollevò una foto più piccola dell’altra da un angolo e la mostrò con orgoglio alla donna. Fulvia la prese in mano e dovette ammettere che il ragazzo aveva ragione. L’immagine di una Letizia ventenne era bellissima. Lunghi e ricci capelli castani le ricadevano in modo scomposto sul viso e sulle spalle andando a incorniciare un viso raggiante di felicità. La macchina fotografica aveva immortalato un sorriso luminoso come non ne aveva mai visti, gli occhi scuri erano ridenti, perfino il paesaggio alle sue spalle pareva essere contento per lei.
<< Gliela scattò un’amica quando scoprì di essere incinta >>.
A quelle parole, le mani della donna tremarono. Lei aveva pianto quando aveva scoperto di essere incinta di Eleonora. Letizia invece…era contenta? Come poteva esserlo stata? Aveva appena vent’anni e una vita davanti. Non aveva pensato a cosa sarebbe andata incontro decidendo di tenere il bambino? Quante rinunce avrebbe dovuto fare? Fulvia si era posta tutte quelle domande mentre chiusa nel bagno piangeva silenziosamente con ancora il test di gravidanza in mano. La paura aveva preso il sopravvento su di sé per giorni e aveva ventinove anni allora. Perché a lei non era successo? Aveva saputo che Augusto era un uomo sposato e con una famiglia, che non avrebbe mai potuto fare parte della sua vita in modo tradizionale eppure aveva scelto di dare alla luce la creatura che avevano concepito in una sola notte d’amore. Dovette sedersi per non essere travolta da tutte quelle sensazione che si stavano agitando in lei e fece un respiro profondo per calmarsi. Erano molto diverse loro due, in comune avevano avuto solo l’amore nei confronti dello stesso uomo. Un uomo che si era rivelato sbagliato per entrambe. Si passò una mano tra i capelli cercando il modo per non incrociare continuamente lo sguardo della defunta. Sapeva che era uno sbaglio stare lì, sentiva l’aria mancarle.
<< Fulvia, io vado a farmi una doccia… >> mormorò il ragazzo comprendendo il disagio della donna.
Se per lei che non c’era mai stata era difficile, non immaginava cosa significasse per lui stare lì in quel momento con la consapevolezza che non avrebbe visto sua madre apparire da una stanza qualunque, che non avrebbe sentito la sua voce urlare il suo nome affinché mettesse a posto la sua stanza. Era straziante, eppure non sarebbe potuto andare in albergo. Tutti i suoi ricordi erano lì e solo adesso si rendeva conto della grande importanza che avevano le foto. Letizia insisteva sempre per farle, immortalare ogni attimo della loro vita e poi incorniciarlo metterlo insieme agli altri. Le foto più belle che avevano erano nate senza un motivo, senza nessun monumento o paesaggio da imprimere sulla pellicola alle spalle. E adesso era contento di averle, di poterle portare con sé ovunque andasse, di poterle guardare e ricordare le mille battute che la donna faceva quando lo vedeva sbuffare. Vide Fulvia annuire e finalmente si decise a recarsi in bagno. Si spogliò e mise a correre l’acqua nel box aspettando che diventasse calda. Si guardò allo specchio facendo un respiro profondo e scoppiò a piangere.
 
  
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