Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |      
Autore: Karon    21/09/2013    8 recensioni
Cit "Perché per ammettere che ti amo sono dovuto arrivare al punto di perderti, al punto di separarmi da te?" Roberto sta per andare ad allenare la Nazionale under 19 e dovrà dire nuovamente addio a Tsubasa. Riuscirà ad ammettere i propri sentimenti? Ed è davvero troppo tardi o c'è ancora una speranza?
Song fiction ispirata alla canzone "Cielo e Terra" di Nek
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roberto Hongo, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cielo E Terra

Disclaimer: La canzone "Cielo e Terra" è di Nek che ne è il detentore dei diritti. I personaggi sono di proprietà intellettuale di Yoichi Takahashi.

 

Scrivo il tuo nome senza il mio

oggi nel giorno dell'addio

anche se è inevitabile

mi chiedo ancora adesso

sono pronto a perderti

a rinunciare a te...

 

Accendo per caso la radio, tornando dall'ospedale dopo averti accompagnato per quella che, ti auguri,sia la tua ultima visita e nella speranza che finalmente ti tolgano il gesso. Santana ti ha provocato un bell'infortunio ed è stata dura tenerti fermo durante questi allenamenti, impaziente di tornare in campo. Se ci penso ancora sorrido, mentre un senso di inquietudine si fa strada in me. La canzone che passa sembra quasi profetica ma non ci faccio troppo caso. Tu sei convinto che adesso andrò al campo ad allenare, invece faccio una deviazione fino alla sede della Federazione calcio. Ho il cuore che batte fortissimo e sono agitato ma non in senso positivo.

Mentre avanzo verso l'ufficio del Presidente continuo a pensare alla lettera arrivatami qualche giorno fa. Forse non lo avevi notato ma, dopo averla letta, mi ero rabbuiato, facendomi più silenzioso del solito e l'avevi scambiata per stanchezza. Poco dopo eri venuto nella mia camera da letto per vedere come stavo ma facevo finta di dormire, chiuso nel mio solito egoismo.

Apro la porta e, dopo poco, i miei pensieri trovano conferma: sarò l'allenatore della Nazionale brasiliana under 19. Abbasso la testa, confuso, e mio malgrado mi ritrovo costretto ad accettare la nomina. Un qualunque altro allenatore sarebbe stato contento ma non io, e il motivo loro non lo potrebbero mai capire, non comprendono il perché di tanta esitazione mentre tu lo sai, lo sai benissimo; accettare significa dirci addio, addio per sempre questa volta e non voglio, sei troppo prezioso per me.

Mi congedo e ritorno indietro, avviandomi verso il campo di allenamento, mentre penso a noi e a come comunicarti la notizia.

Mi ritrovo a pensare a quando, sei anni fa, sei entrato nella mia vita sconvolgendola. Come un angelo mi hai mostrato un percorso nuovo, mentre io ho riposto in te quello che avrei voluto fosse il mio cammino. Ripenso a quando sei arrivato qui, entrambi talmente pieni di gioia da abbracciarci forte, dopo nemmeno sei mesi da quando ci eravamo rivisti.

Ripenso al tuo esame di ammissione per il San Paolo, a come hai convinto gli esaminatori, agli allenamenti a cui ti ho sottoposto e che tu hai accettato senza fiatare ma con entusiasmo, nonostante fossero pesanti e in alcuni casi arrivassi a piangere da quanto erano duri. Rivedo le tue prime partite, dapprima con la squadra giovanile e poi, a diciassette anni, con la squadra maggiore; ti rivedo nelle vittorie, ti rivedo nel Maracanà a esultare dopo l'ultima vittoria contro il Flamengo, ti rivedo in me e non riesco a trattenere le lacrime.

Quando arrivo mi calmo e subito dico ai ragazzi che non potrò più allenarli. Lo butto fuori tutto d'un fiato, pronto per la loro reazione, mentre mi rendo conto che anche tu dovrai accettare , e non so come, quel che accadrà d'ora in avanti, del motivo per cui non potrai più abitare con me.

Poco dopo ci raggiungi, contento perché finalmente puoi tornare ad allenarti. Sento la tua voce dietro di me ma non ho ancora il coraggio di guardarti, mentre attorno a te l'aria è strana e pesante, te ne accorgi presto ma ancora non sai.

“Tsubasa, è terribile! Roberto vuole smettere di allenarci!” Annuncia Pepe, sconvolto e incredulo. Ti fermi, mentre speri di aver capito male.

Faccio un respiro profondo senza voltarmi.

“Tsubasa, ormai non posso più insegnarti nulla.” Esordisco. Non ti vedo ma posso solo immaginare quanto la cosa ti sconvolga, sicuramente più di me. A fatica, trattenendo le lacrime e cercando di rimanere il più fermo possibile con la voce, continuo a parlare, lentamente. “Sono stato nominato allenatore della nazionale giovanile brasiliana. Come allenatore ufficiale, mi dedicherò a fortificare Carlos Santana e farò del Brasile la squadra migliore del mondo!” Ti annuncio duro, decidendomi finalmente di guardarti.

 

Ma se ti guardo sento che

sei spaventato come me

poteva essere non è

poteva essere...

e il mio ricordo naviga

attraversa l'anima

e improvvisamente sono là, ancora!

 

Come mi aspettavo sei incredulo e sorpreso, mentre pensi a quello che ti ho appena detto. Continuo, secco, mentre di nuovo nascondo il viso.

“Dovrò setacciare tutto il Brasile per trovare i giocatori... Tsubasa mi dispiace ma devo chiederti di lasciare il mio appartamento.” Nemmeno immagini quanto mi costi dirti queste parole, dentro di me sento un fiume di amarezza straripare e non riesco a guardarti, non ce la faccio, mi sento terribilmente in colpa.

Non vorrei dirtelo, non a te che, nel momento peggiore della mia vita, mi ha ridato la speranza e la forza di credere nel domani. Tu, un piccolo ragazzino di appena dodici anni, con la tua tecnica e la tua gioia di vivere sei riuscito a dimostrarmi come nella vita non esista la parola 'fine'.

“Congratulazioni, Roberto!” Mi rispondi ed io mi giro. Sul tuo viso vedo un sorriso aperto e sincero, che mi spiazza.

“Eh?” Mi lascio sfuggire, mentre faccio fatica a capire la tua reazione e tu continui a parlare. “Certo, mi hai preso un po' alla sprovvista e mi dispiace molto che non sarai più tu ad allenarmi, ma è stato un grande onore averti come istruttore. Le mie sincere congratulazioni, Roberto!” Concludi sereno, dimostrandomi un'enorme maturità. Mi avvicino, mentre ripenso a quando, sei anni fa, ti abbandonai per la prima volta, scappando come un codardo.

 

Quando eravamo cielo e terra

e tu di me la mia metà

in ogni dubbio e in ogni verità

in ogni sguardo

quando avevamo la stessa pelle

la stessa luce nel corpo e nell'anima

 

Abbassi il viso, sussurrando piano quel: “questa è una separazione definitiva, vero?”, perché entrambi ne siamo consapevoli che questa volta sarà difficile sperare di ritrovarci a giocare ancora assieme, saremo avversari e lo saremo per tutta la vita d'ora in avanti, anche se dovessimo ritrovarci in squadra. D'un tratto prendi la rincorsa, mostrandomi la prima tecnica che ti ho insegnato, colpire la traversa col pallone e poi segnare di rimbalzo in rovesciata, lasciando di sorpresa tutti, me per primo. Sei diventato bravissimo, ormai è perfetta e mi rendi orgoglioso.

“Grazie di cuore, Roberto, per tutto quello che mi ha insegnato... se sono arrivato sin qui è soltanto per merito tuo. Ti sarò per sempre debitore... caro e dolce Roberto Hongo” Sussurri inchinandoti, mentre gli occhi si riempiono di lacrime. Mi ringrazi, piangendo e io rimango sorpreso dal tuo gesto e dalle tue parole, oneste e sincere*. Sincere come quel sentimento che ci lega e che tu, a differenza mia, non hai mai avuto problemi di dimostrare, mentre mi risulta difficile anche solo ad ammetterlo a me stesso. Quante volte mi avevi abbracciato, quante volte mi avevi detto di volermi bene? Tante, tantissime e io non sono mai riuscito a ricambiarle appieno, non come avresti voluto tu.

Non riesco a lasciarti così, e decido quindi di insegnarti un'ultima tecnica, come regalo di addio. So benissimo che d'ora in avanti cercherai di impararlo, costi quel che costi. Striscio la punta del piede sull'erba e faccio partire il tiro.

“Osserva attentamente... e la prossima volta che ci incontreremo... sarà sul campo della finale del campionato World Youth!” Grido mentre rimani sorpreso dalla potenza e dal percorso che fa la palla.

Mi fermo e ti guardo, ancora incredulo. Credi davvero che ci saremmo salutati così, senza che ti lasciassi qualcosa?

Riprendo a parlare, guardandoti negli occhi, quegli occhi scuri meravigliosi che hai e che tante volte mi hanno guardato con ammirazione.

“A causa della mia malattia non ho mai potuto usarla in campo in partite ufficiali, ma il nome che ho dato a questo tiro fantasma, capace di forare la rete è...” Ti fisso, perché voglio che tu capisca quanto sei importante per me, quanto hai segnato la mia vita. “Sky Wing Shot! Quando ho sentito per la prima volta il tuo nome, ho subito pensato a un segno del cielo.” Concludo mentre la tua espressione si illumina, colpito dalle mie parole.** Per me sei stato davvero un segno del cielo, anzi, sei stato un angelo che con le sue ali candide mi ha ridato la speranza e la forza di andare avanti e trovare un nuovo senso alla vita, illuminandomi il cammino. Se io sono stato il tuo maestro hai rappresentato per me un'ancora di salvezza e di ciò, ricordalo, te ne sarò per sempre grato.

E proprio per questo mi costa una fatica immensa dovermi separare da te

 

Senza respiro cerco te

senza respiro e sento che

non c'è un colpevole lo sai

né un innocente solo

e ancora per un attimo

tra noi lo stesso battito

e l'impressione che di nuovo sia

ancora una volta.

 

**

Le settimane successive alla mia nomina sono caotiche e piene per entrambi. Tra scatoloni che si riempiono, allenamenti e riunioni varie il tempo in cui riusciamo a vederci è poco e, spesso, entrambi siamo talmente stanchi da andare direttamente a letto. In particolar modo tu: in campo ti dai anche fin troppo da fare e arrivi davvero a sfinirti. Ogni volta che ti guardo andare nella tua stanza mi sento impotente, perché mi rendo conto di non poter fare nulla per te. E sto male a non poterti aiutare, a non poterti consigliare perché, anche se lo volessi, non potrei. Anche quando mangiamo insieme sei silenzioso e la cosa mi preoccupa, è la prima volta che ti vedo comportarti così

Mentre tu ti alleni io mi ritrovo a pensare a come strutturare la mia squadra e decido che nessuno, nella mia nazionale può sostituirti, non voglio nessuno che si prenda il tuo, nostro numero dieci. In apparenza sembrerà una mossa tattica e insolita e così la presenterò agli altri tecnici della squadra.

Man mano che i giorni avanzano si fa strada in me anche un'altra, importantissima decisione.

 

Quando eravamo cielo e terra

e tu di me la mia metà

in ogni dubbio e in ogni verità

in ogni sguardo

quando avevamo la stessa pelle

la stessa luce nel corpo e nell'anima.

 

Questa è l'ultima sera che passeremo insieme. Tra di noi c'è uno strano silenzio, rotto solo dal suono delle posate di plastica, mentre la luce della luna filtra debolmente dalla finestra illuminando un pochino il soggiorno. Attorno a noi è rimasto molto poco: i letti, un tavolo e un divano dove in passato ci siamo trovati a parlare spesso e volentieri di calcio, arrivando ad addormentarci insieme.

Pensandoci ora mi sento uno stupido a non averti detto prima quello che devo dirti ora. Finiamo di mangiare e ti alzi volgendomi le spalle, con la scusa di essere stanco.

“Aspetta, Tsubasa.” Ti fermo prima che tu possa andare in stanza. Ti giri e mi guardi, incuriosito.

“Sì, cosa c'è?” Mi chiedi con la voce di chi sembra sul punto di piangere. Faccio un respiro lungo e mi avvicino.

“Vai a prendere la tua maglia del San Paolo, poi raggiungimi in cortile, devo farti vedere una cosa.” Ti ordino. Sto per fare una cosa molto strana, pericolosa a ben pensarci ma se sei tu va bene.

So che se non lo farò me ne pentirò in futuro, anche se ormai è tardi. Lo voglio fare perché ho aspettato forse troppo tempo ma nonostante questo voglio provarci lo stesso.

Mi guardi stranito prima di andare nella tua stanza, mentre anch'io vado a recuperare la divisa della nazionale. Una maglia a cui sono profondamente legato ma che non voglio mai più vedere, dato che né io né te potremo indossarla.

Appena arrivi prendo la tua uniforme e le do' fuoco, per poi far bruciare la mia. Rimani sconvolto.

“Perché, Roberto...” Rimani un attimo in silenzio, ancora preso dallo stupore, per poi riprendere a parlare “Perché bruci la mia maglia... e la tua brasiliana?” Mi chiedi quasi in un gemito.

Perché solo in questo istante siamo una cosa sola. Penso, vedendo le fiamme salire debolmente, mentre le divise si fondono. Faccio un respiro profondo, prima di risponderti.

“Tsubasa, la nazionale brasiliana che ho contribuito a creare... non ha bisogno di giocatori col numero dieci.”*** Ti guardo e vedo il tuo viso rabbuiarsi. Stringi i pugni, mentre le lacrime appaiono sul tuo viso. Capisco che hai frainteso il mio gesto e mi allarmo.

“E così... io ormai non esisto più per te? Sono talmente tanto un peso che vuoi cancellarmi anche dalla tua squadra?” Sussurri, ed io mi avvicino, preoccupato.

“Tsubasa, no, non è come credi...” Cerco di spiegarti avvicinandomi a te ma mi allontani, mente ormai hai il viso rigato, negli occhi le fiamme della rabbia. Mi fai quasi paura, non ti ho mai visto così, mentre per la prima volta in tutto questo tempo mi apri il cuore.

“E allora perché, perché stai facendo questo? Vuoi forse dirmi che il mio ruolo, quella stessa posizione in campo che è anche la tua, ora la rinneghi? Che sono superato?” Mi urli addosso, sorprendendomi. Vorrei replicare ma non me lo lasci fare, carico come sei di delusione. “E io che speravo di valere ancora qualcosa per te, di essere almeno un buon giocatore in campo! Non pretendo che tu mi ricambi ma almeno il numero dieci del San Paolo... almeno quello lasciamelo!” Sei in preda alla disperazione più nera, me ne rendo conto solo ora. In queste settimane hai semplicemente cercato di non pensarci, lo capisco in questo momento. Però non riesco ad accettare queste tue parole, mi stai accusando di una cosa non vera. La mia razionalità va in frantumi e ti rispondo con lo stesso tono aggressivo e arrabbiato.

“Come posso aver bisogno di un numero dieci se l'unico giocatore che voglio con quel numero sei tu? Dimmi, avresti preferito vedere Santana giocare con la maglia che ti appartiene? O Leo? Non capisci che per me esisti solo tu in quel ruolo? Il mio ruolo, quello dove siamo una cosa sola? Io non ne sono capace!” Ti urlo di rimando lasciandoti sorpreso.

Tra di noi scende il silenzio, pieno solo dei nostri respiri pesanti, mentre sento le lacrime pungermi gli occhi. Perché quando si tratta di te divento così instabile? Non dovrei dirti queste cose, non dovresti saperle, allora perché ho parlato? Riprendo il respiro, ancora agitato. “Sul fatto che non ti abbia mai dato una risposta quando ti sei dichiarato... beh, hai ragione e me ne sto pentendo.” Concludo affannato, avvicinandomi a te. Questa volta rimani fermo, non mi allontani, nemmeno quando ti prendo la mano, intrecciando le dita tra le mie. Mi fissi sorpreso ma non dici nulla, non parli. Sento il cuore batterti forte, mentre lentamente ti spingo verso un albero. I tuoi occhi sono fermi nei miei, non ci stacchiamo nemmeno per un istante, mentre abbasso il viso per baciarti via le lacrime, dolci e salate allo stesso tempo. Ti lascio uno, due, mille baci prima di appropriarmi di quelle labbra che ho sempre desiderato ma che fino a oggi non avevo mai avuto il coraggio di baciare. Con la mano libera mi cingi il collo, mentre la mia affonda nei tuoi capelli neri. Vorrei divorarti, e non lasciarti più andare.

Ma ormai è troppo tardi e la mia possibilità l'ho sprecata.

Ci stacchiamo, ansimanti e sorpresi.

“Sono un codardo, Tsubasa, un codardo e un vigliacco che non ha il coraggio di ammettere i propri sentimenti.” Confesso. Tu però non sei del mio stesso avviso, me ne accorgo dalla tua mano che mi sta accarezzando la guancia, in modo consolatorio. La blocco e la bacio, respirandola a fondo.

“Quando questi mondiali finiranno... potrò tornare qui, vero, Roberto?” Mi chiedi speranzoso. Annuisco, per poi abbracciarti forte.

“Io ti aspetterò Tsubasa, solo che non voglio separarmi da te, dopo questi anni passati insieme. Non... non ce la faccio.” Rispondo respirando il tuo profumo e stringendoti. Non dici nulla, sembri quasi stupito. Sciogliamo l'abbraccio ma nuovamente le mani si ritrovano intrecciate, mentre saliamo in appartamento senza dire una parola. Mi guidi nella tua stanza ormai spoglia e ti siedi sul bordo del letto, invitandomi a fare altrettanto.

Nuovamente ci baciamo, stavolta più lentamente e prendendoci tutto il tempo per assaporarci, mentre le rispettive mani vagano sul corpo dell'altro.

Di nuovo ti allontani per sussurrarmi sulle labbra quel: “fammi tuo”, pieno di desiderio. Ti guardo negli occhi, annuendo alla richiesta.

Perché per ammettere che ti amo sono dovuto arrivare al punto di perderti, al punto di separarmi da te? Penso mentre mi ritrovo ad ammirare il tuo corpo nudo e ansimante sotto di me, talmente tanto bello da fermarmi il respiro. Per la prima volta mi accorgo di quanto, in realtà, ti ho sempre desiderato così.

Non voglio lasciarti a nessuno, non permetterò a nessuno di averti come ti ho io ora, diventerei pazzo di gelosia.

Nessuno dovrà mai guardare la tua pelle arrossarsi per i troppi baci, non dovranno mai vedere il tuo viso carico di desiderio.

“Ricordati, Tsubasa, tu mi apparterrai per sempre.” Ti sussurro prima di entrare in te. Di nuovo il tuo viso si contrae in una smorfia di dolore, poi sostituita dal piacere. Con una mano ti stringo forte i polsi sopra la testa, mentre tutti i sensi sono rivolti verso di te. Voglio imprimerti nella mia memoria per sempre, accanto al desiderio di rimanere così, uniti, fusi insieme.

Non vorrei lasciarti andare e, anche quando ci separiamo, ci abbracciamo, senza dormire ma rimanendo alzati a parlare e baciarci, attenendo l'alba nel giorno che ci separerà.

**

 

Così mentre io ti guardo andare via

senza mai voltarti

non riesco a non sentirti mio

e stare senza te

e dimenticare

 

Quando poi arriva il giorno della partenza decido di accompagnarti io ai dormitori, cercando di prolungare per quanto più tempo possibile il momento della separazione. Sali in macchina silenzioso, mentre io al contrario vorrei parlarti ancora. Vado lentissimo, tant'è che spesso gli automobilisti mi suonano il clacson ma faccio finta di nulla. Sento la tua mano stringere la mia, quasi a farmi male mentre guardi fuori dal finestrino come se fossi davvero interessato al paesaggio. Attacco la radio e di nuovo parte quella canzone, rivedendomi in ogni singola parola.

Infine arriviamo ai dormitori e scendiamo entrambi dalla macchina. Ci guardiamo in silenzio, indecisi sul da farsi. Sospiri pesantemente e guardi per terra.

“Allora... beh... arrivederci, Roberto.” Mi saluti senza guardarmi.

“Uh... arrivederci, Tsubasa” Ti rispondo piatto, incapace di avvicinarmi. La verità è che vorrei abbracciarti e stringerti un' ultima volta ma non so se è quello che vuoi.

Decido quindi di girarmi e andare verso la macchina, mentre tu rimani sull'entrata. Sto per ripartire quando, dallo specchietto retrovisore, ti vedo piangere. Stavolta mi lascio guidare dall'istinto ed esco sbattendo la porta e, senza darti il tempo di parlare, ti abbraccio un'ultima volta, mentre entrambi ci abbandoniamo alle lacrime e tu ti stringi a me.

Non voglio lasciarti, non ci riesco, eppure devo.

Però mi prendo questi ultimi istanti, che porterò con me in questi mesi che ci separeranno.

 

Ogni parola che mi dicevi

ogni tuo gesto di libertà

perché tutto questo è già di ieri ormai.

Quando eravamo noi

quando eravamo noi

FINE.

 

Note finali e bla bla bla.

*: volume 41 “una separazione definitiva”, i dialoghi sono ripresi pari pari.

**: volume 53, Tsubasa segna il golden goal contro la Svezia con questo tiro, lamentandosi del fatto che ancora dipende da Roberto. Inoltre Tsubasa significa "ali" e Ozora "cielo", per cui l'allenatore con questo tiro vuole "omaggiarlo" (e poi non ditemi che non sono innamorati XD.)

***: volume 51, durante la partita contro l'Urugay, Tsubasa pensa al fatto che, in Nazionale, non si separerà mai più dal suo numero 10.

Nota: in questa fan fiction ometto il fatto che, in realtà, Roberto ha già in mente con chi sostituire Tsubasa però non lo dice mai se non alla fine della partita Giappone-Brasile. Natureza, non me ne volere ma qui sono costretta (se se come no, dillo che ce l'hai con me ç_çND Natu) a farti sparire ^^;. E la sede della CBF (Confederação Brasileira de Futebol) non si trova a San Paolo ma a Rio de Janeiro, non scassate mi serviva li XP.

Nota 2: la canzone di Nek è http://www.youtube.com/watch?v=xnA_yqQSadk&list=FLU2cKU5uLsOdtA7Tbcd3Bfg&index=7

Considerazioni: per la prima volta ho portato a termine una Tsubasa- Roberto, che considero a tutti gli effetti una OTP. La canzone di Nek si prestava bene a questo momento tanto delicato quanto interessante all'interno della storia, oltre ad essere una delle mie preferite da sempre. Ho sempre pensato che questa loro separazione sia stata una cosa forzata ,non voluta da nessuno dei due e sofferta da entrambe le parti. Tra l'altro è vero, alla fine dei mondiali Tsu torna in Brasile *-* (Road vol 1 cap 1), giusto perché l'autore è coerente XD.

Ringraziamenti infiniti & saluti a: Melantò che con infinita pazienza mi fa da beta reader evitandomi incongruenze ed errori ^^ non so cosa farei senza di lei XD; Releuse che mi ha dato una bella idea con questa fan fiction e che spero apprezzi il contesto della fan fiction. E grazie a tutti coloro che la leggeranno * inchino*

Bene alla prossima FF ciaaau ^_^

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Karon