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Autore: Raven333    23/09/2013    2 recensioni
Fanfiction sul meraviglioso gioco di Sen (di Miscreant's Room), "Mad Father".
Questa Fanfiction è semplicemente il gioco scritto in forma narrativa. Gran parte dei discorsi, la trama, i personaggi, i finali ecc.. SONO TUTTI OPERA DELL'AUTORI DEL GIOCO, NON MIA.
Il motivo per cui ho messo per iscritto questa storia è perchè ho pensato come sarebbe stata bella in forma narrativa e quindi, visto che nessuno l'ha mai fatta, ho pensato di scriverla io.
Buona lettura! E occhio allo SPOILER, non vi conviene leggere questa fanfic se prima non avete finito il gioco!
Link per scaricare il gioco -> http://www.vgperson.com/games/madfather.htm
Genere: Drammatico, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alfred Drevis, Aya Drevis, Un po' tutti
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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Nord della Germania
Residenza dei Drevis
 
La strada per arrivare al sotterraneo era lunga e noiosa. Bisognava passare per molte porte e scendere molti gradini e l’aspetto un po’lugubre della casa dove abitavo allora  poteva rendere il tragitto poco gradevole ed inquietante ad un estraneo. Ma io c’ero nata in quella casa e non mi spaventavo piu’ di tanto. Finite le scale di pietra imboccai un breve corridoio illuminato lievemente da un paio di fiaccole  alle pareti. Dall’ultima porta a sinistra provenivano strani rumori, ma anche a quelli ero fin troppo abituata. Mi fermai davanti alla porta e fissai per un attimo il vecchio legno macchiato in alcune parti da un liquido scuro e appiccicoso. Bussai timidamente.
< Papa’...? Sei qui dentro? >
I rumori si interruppero subito e dei passi affrettati si precipitarono verso la porta. Feci un passo indietro, l’uscio si apri’, rivelando un giovane uomo alto e smilzo, piuttosto pallido con un cespuglietto rado di capelli castani in testa sopra la fronte alta.
< Papa’! >
 Mio padre si sistemo’ il camice bianco macchiato, si tiro’su gli occhiali sul naso e parlo’ da dietro la mascherina.
< Aya! Quante volte ti ho detto di non venire qui sotto? > Il suo tono severo mi fece abbassare lo sguardo a terra.
< Scusa, papa’... > Alzai gli occhi, timida.
< Ma.. ehm... Ma ero troppo spaventata per dormire da sola... > L’espressione di mio padre si addolci’ un poco, ma i suoi occhi rimasero sempre gli stessi, seri e concentrati, come se si focalizzasse talmente tanto sul suo lavoro che il pensiero gli volasse automaticamente a quello, anche fuori dal laboratorio.
< Non ti preoccupare. Tu non sei mai sola.> Fece.
< Tua madre e’ sempre al tuo fianco e ti e’ vicina, Aya. Ok? >
 Annuii.
< E ora, perfavore, torna a letto. >
< Si, papa’... >
< Brava bambina. >
Come sempre non osai contestare gli ordini di mio padre, quindi anche se ero ancora troppo spaventata per tornare a dormire, girai i tacchi e feci per tornare indietro verso le scale. Poi mi fermai un attimo. Mi voltai verso di lui.
< Papa’, domani e’... >
< Si. L’anniversario della sua scomparsa... > Completo’ la frase mio padre, in tono piatto.
< Visiteremo la sua tomba insieme, d’accordo? >
Sorrisi. Speravo che mi portasse a trovare mamma.
< Okay! > Feci, rivolgendogli un nuovo sorriso raggiante.
< Ora torna a letto, perfavore. A breve andro’ anch’io a riposare. >
< Okay... > Ripetei e senza farmelo ripetere due volte mi voltai nuovamente e mi incamminai verso le scale. Dietro di me sentii mio padre rientrare nel suo laboratorio.
< F-fermati!!! > Una voce che non era quella di mio padre esplose da dietro la porta.
< No... WAAAAAAAAAAAAH! >
Accelerai il passo.
< Aiuto! QUALCUNO MI AIUTI!!! > L’urlo disperato risuono’ ancora, ma fu immediatamente coperto dal suono di quella che sicuramente era una motosega. Il rumore rude si mischio’ ad un nuovo urlo dell’uomo ed al suono dell’attrezzo che mutilava.
Risalii le scale senza voltarmi indietro.
 
Conoscevo il segreto di papa’. Lui era uno scienziato. Amava la ricerca e si chiudeva sempre nel laboratorio giu’, nel sotterraneo. Sentivo molte cose provenire da quel laboratorio. Urla di uomini e di animali...
Anche se ero molto giovane, sapevo cosa mio padre faceva, laggiu’. Ma io fingevo di non vedere. Di non sapere nulla, di non sentire nulla. Ho finto l’ignoranza tutto il tempo.
Perche’ amavo mio papa’.
Ma questo non era l’unico segreto che conoscevo.
Quando mia mamma ed io non eravamo nei paraggi, lui e la sua aiutante...
Li ho visti una volta, spiando dal buco della serratura. Vedevo molto poco, ma scorgevo bene il busto di mio padre, col camice sporco di sangue.
< Un ottimo esemplare... > Aveva detto quella volta.  
< Mi mettero’da sola il materiale che resta in ordine. > Gli aveva risposto una voce femminile.
< Quello puo’ aspettare. Vieni, Maria... >
< Dottore... >
La donna si era avvicinata a lui ed era entrata nel mio campo visivo. L’avevo vista abbracciare mio padre teneramente, affondando i capelli castani raccolti in due grosse trecce sulla sua spalla.
< Dottore... > Aveva ripetuto, continuando poi.
< Lei sa della nostra... relazione. > Avevo spalancato gli occhi, ritraendomi un po’ dalla serratura. Parlavano di me.
< Hm? E che importa? > Rispondeva papa’. Mi ero accostata di nuovo alla porta.
< Io... Non credo che di piacerle. Questo e’ il problema. >
< La bambina avra’ presto 11 anni. E’ un’eta’ senz’altro problematica. Sii gentile con lei perfavore.> Una mano di mio padre era corsa lungo la schiena sinuosa di Maria, s’insinuava sotto il corpetto.
< Assicurati che non le accada mai niente di male... > Guardavo mio padre far scorrere un dito lungo la guancia di Maria, accarezzarle le labbra. Sentivo la faccia molto calda, non riuscivo piu’ a guardare. Mi voltai e corsi via, silenziosa, appena in tempo per sentire mio padre continuare.
< Lei e’ la mia piu’ preziosa... > Le sue parole si erano perse nel corridoio, perche’ io avevo gia salito le scale.
 
Accompagnata da questo particolare ricordo, rifeci a ritroso la strada dal laboratorio alla mia camera, amareggiata. Aprii la porta e la richiusi piano. Palla Di Neve, il mio coniglietto bianco sussulto’ e si sveglio’, disturbato dal rumore.
< Scusa, Palla Di Neve. > Dissi, facendogli una carezzina sulla testa.
< Torniamo a dormire, tutti e due. >
Sorrisi al mio coniglietto e mi avvicinai un attimo alla finestra. Fuori era tutto completamente buio e riuscii a vedere il mio riflesso sul vetro. Due occhi blu, che sembravano aver rubato il colore all’oceano mi restituirono lo sguardo. Lunghi capelli neri che incorniciavano un viso pallido e liscio ondeggiarono lievi, dopo uno spiffero. Sospirai e il mio riflesso mi imito’. Mi volsi e mi accostai al letto, affondando la faccia nel cuscino morbido.

 
  
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