OS
partecipante al concorso
del gruppo facebook “Liceo Sassy
Sanvuaic”
E allora servono i colori
Dedicata
a Nivei, che li shippa tanto tanto.
E dedicata a La Viola Moody,
che c'è sempre stata.
“Io
penso che l'amore sia un sacrificio sociale.
E tu puoi dirmi che
non è vero, ma questo è quello che ho visto.
Mi
guardo intorno ed è pieno di gente divorziata,
di storie
d'amore franate e io come faccio a
stare con una persona e a
credere che
non finirò anch'io tra quelle macerie?”
“Io
penso che un tuo bacio può valere
le macerie in cui forse
un giorno mi lascerai.”
[Giulia Carcasi, Io
sono di legno]
La pelle di Elijah profuma di tutte le cose che ama.
È una fragranza leggera, delicata, che stuzzica piano. Lei potrebbe immergervisi per ore – ininterrottamente – senza neppure accorgersene. È come la fine di un lungo viaggio, come tornare a casa. Ne ha sentito la mancanza mentre perdeva la testa e si allontanava da sé stessa.
Katherine gioca con una ciocca dei suoi capelli e lo sente respirare lievemente sul suo petto; è immerso in chissà quali sogni. Sorride, continua ad accarezzargli i capelli.
Ripensa alla conversazione che hanno avuto la sera prima, prima che facessero l'amore.
«Io non posso continuare così, Katerina».
Lei non aveva commentato. Aveva continuato a camminare per le vie di Chicago, la mano destra intrecciata a quella sinistra di lui, mentre lo ascoltava distruggere tutto ciò che avevano.
«Tu non mi hai mai detto che mi ami. Inizio a credere che sia così».
Lei si era presa un momento. Uno di troppo. Elijah si era scostato bruscamente ed era stato inghiottito dalla crudeltà della notte. Pianse per ore.
Passata la mezzanotte prese una decisione. Sorrise alla luna, complice del suo amore inconfessabile, e andò da lui. Non gli concesse il tempo di fare qualcosa.
Semplicemente lo rese partecipe di tutte le emozioni che si agitavano dentro di lei.
«Io non so cosa tu ti aspetti da me, Elijah. Non sono più la donna che hai conosciuto nel 1400, quella di cui ti sei innamorato. Puoi prendermi così, accettare che io all'amore non ci credo più e restare al mio fianco, insegnarmi come amarti ancora una volta. Questa situazione è assurda, lo sai bene anche tu. Eri tu quello disilluso, cinico e fatalista».
Si sentì libera, leggera come l'aria. Ma c'era ancora qualcosa che sentiva di dover dire.
«Cos'è amore? Cosa significa ti amo? Sono solo parole. A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni [1]. Quelle vere, Elijah».
Il
sole si insinua pigro nella stanza, attraversa con difficoltà
le tende tirate della camera da letto. Coglie sul fatto Katherine
che, con indosso solo la biancheria, cerca le parole – quelle
che non basteranno mai – adatte a contemplare il loro ennesimo
arrivederci.
Un “Caro Elijah” è forzato,
innaturale. Un semplice “Elijah” non è
abbastanza.
Rinuncia. È un uomo intelligente, forse troppo,
capirà ogni cosa.
**
Settantasette
anni dopo.
Il
cielo è terso, privo di imperfezioni. Ha sempre pensato che le
nuvole siano proprio questo: imperfezioni, ostacoli alla felicità
di quel manto infinitamente azzurro.
Willowghby è una
piccola città di provincia dove tutti sanno tutto di tutti; le
giornate trascorrono monotone, non c'è mai niente da fare, ma
Katherine è convinta del fatto che, se fosse umana, le
piacerebbe vivere lì per sempre. Nessun pericolo, nessuna
preoccupazione che esuli dal barbecue dalla domenica o la visita dal
dentista.
Per la prima volta dopo tanto tempo, sente una strana
agitazione pervaderla.
Elijah è lì. Solo per
lei.
Non ha importanza il fatto che non lo vedrà.
Non
ha importanza la matita con cui Rebekah ha infilzato la sua mano
sinistra.
Non riesce neppure essere gelosa del fatto che Elena,
con ogni probabilità, lo bacerà.
Niente può
turbare la sensazione di completa serenità che prova.
Elijah
è lì. Solo per lei.
L'ha
seguito, ha dovuto farlo.
Non può permettere che se ne
vada senza sentire ciò che ha da dirgli, deluso ancora una
volta da lei. Potrebbe perderlo davvero – per sempre – e
il solo pensiero è come morire.
«Io
ti amo, Elijah.
Ti amo così tanto che mi consuma[2]».
Il
bacio che segue è delicato, i loro colori
sembrano diventare uno solo.
Quando ti innamori le parole non
bastano. E
allora servono i colori.
È
lei a interromperlo. C'è ancora qualcosa che deve fare.
«Ho
bisogno che tu impari a fidarti di me,» cerca qualcosa nella
sua tasca e la posa nelle mani di lui, «come io mi fido di te».
Elijah la fissa con espressione indecifrabile e le peggiori ipotesi
invadono la sua mente. Scuote la testa, non ha la forza di
affrontarle. Gira sui tacchi e si incammina. Una prima, timidissima
lacrima scende lungo la guancia. Si sente stringere forte, da dietro,
in un abbraccio disperato.
Elijah immerge la testa nei suoi
capelli.
«Ti amo anche io, Katerina».
Lei si gira,
lo guarda fisso negli occhi.
Il suo sorriso è
coloratissimo.
Fine
[1]
citazione da “Castelli di rabbia”, Alessandro
Baricco.
[2] citazione da Gossip Girl.