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Autore: oSally    23/09/2013    10 recensioni
Maestra, maestra, maestra, maestra....
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Ok allora... Non so per quale motivo abbia pubblicato questa cavolata assurda, ma sentivo di dover farla leggere a qualcuno :')

Prima di tutto, guardate questo spot --->  https://www.youtube.com/watch?v=Y-0qh7ecwJM

Ora, dovete sapere che io sono impazzita, per colpa di un'amica che ripeteva sempre, "maestra,maestra,maestra" e ha influenzato anche me. Vedendo le facce sconvolte dei miei amici, ho scritto questa cosa. L'ho scritta di notte, in un attimo di sclero.

Per favore, perdonatemi.


 

 

 

 

 

“Maestra, Maestra, Maestra, Maestra…” 

“Sì, ho capito. Eccolo, non lo vedi?” 

“Maestra, me lo metti un cerotto?” La donna sbuffò sonoramente, avvicinandosi al bambino, “Sì, ora te lo metto il cerotto. Ma per favore, smettila.”

 “Maestra, maestra, maestra…” 

La maestra staccò la plastica dal cerotto e lo adagiò sul ginocchio del bambino, “Ecco fatto, tutto apposto.” 

“Maestra! Maestra!”, gridò il bambino, felice. La donna uscì dall’infermeria, quasi di corsa. Nel corridoio della scuola incontrò l’infermiera, “Perché l’hanno affidato a me, dico io? Sono solo un’insegnante.”

 “Cos.. cosa scusi?”, chiese l’infermiera allarmata.

 “Quel bambino in infermeria… sono due ore che ripete sempre la stessa cosa. Ha voluto, per forza, un cerotto sul ginocchio” 

“Si sarà fatto male…”, ipotizzò l’infermiera, non riuscendo a capire l’eccessiva reazione della maestra”

 “Non si è fatto niente! Quel bambino è matto, le dico. Matto!” Se ne andò, sbattendo i piedi per terra. L’infermiera, incuriosita dal soggetto, si catapultò in infermeria e notò un bellissimo bambino dai capelli biondi e gli occhi azzurri, steso sul lettino. Stava in silenzio e contemplava il suo nuovo cerotto con le immagini Disney.” “Tutto bene?”, gli chiese. 

“Tutto benissimo, grazie, posso tornare in classe?”

 “Certamente!”, rispose l'infermiera sorridendo. Guardò il bambino uscire dall’infermeria, quindi, dopo averlo salutato di nuovo, chiuse la porta. Quella donna aveva bisogno di uno psicologo. 

Il bambino tornò in classe e si sedette al suo posto, in silenzio. La maestra interruppe la sua lezione per qualche secondo, in cui dedicò un’occhiata al biondo, “Stai bene?”, chiese.

 “Benissimo, maestra.” La donna si sentì rimbombar in testa quella litania. Passò un’ora, quindi suonò la campanella che indicava l’inizio dell’intervallo. Tutti i bambini uscirono dall’aula e si recarono in cortile. Tutti tranne uno. “Jimmy, perché non vai fuori?”, chiese la maestra, sbuffando. Il bambino dai capelli biondi la guardò negli occhi, “Non ne ho voglia.”

 La donna abbassò lo sguardo sulla sua agenda e rimase in silenzio. 

“Maestra, maestra, maestra, maestra…” 

Puntò immediatamente gli occhi sul bambino. La stava guardando e sorrideva. Fu percorsa da un brivido di terrore. Sì, terrore. Aveva paura di quel pargoletto, “Cosa c’è…?” 

“Maestra, maestra, maestra, maestra, me lo metti un cerotto?” 

“Cristo!”, la donna balzò in piedi, premendo i palmi delle mani sulla cattedra, “Smettila. Te l’ho già messo il cerotto, guardalo! Maledizione è sul tuo ginocchio! Non posso metterti un cerotto al giorno, tu non ti sei fatto male!” “Maestra, maestra, maestra…” 

“Cosa c’è?”, sbraitò la maestra. 

“Quindi per avere un cerotto bisogna farsi male!” 

“Diamine, sì!” 

“Okay, maestra. Vado fuori a giocare.”

 “Va bene.” La donna si risedette e si mise le mani fra i capelli. Non ce la faceva più. Erano due anni che quel bambino ripeteva la stessa cosa ogni giorno. Capitava spesso che la seguisse a casa, per dei cerotti. 

Aveva seriamente iniziato ad aver paura.

Alla fine dell’intervallo tutti i bambini tornarono in classe, eccetto lui.

 “Dov’è Jimmy?”, chiese la maestra ai bambini.

 “Di solito resta sempre in classe ,maestra!”, rispose una bambina. 

La donna sbuffò, quindi si diresse in infermeria. 

Era là, sicuro. 

Ed infatti lo trovò. Era in piedi, sul lettino. Accanto a lui l’infermiera. Ma c’era qualcosa che non andava. L’infermiera era a terra, in una pozza di sangue, con la testa spaccata. Accanto a lei, l’armadietto, crollato.

 La maestra lanciò un urlo e chiuse la porta dell’infermeria. Quando la riaprì, vide il bambino sorriderle, con un paio di forbici in mano, “Maestra, guardi!”, le mostrò il suo braccio, con un lungo e profondo taglio che partiva dal polso e arrivava quasi fino alla spalla, “Mi sono fatto male. Ora posso averlo un cerotto?”

 La donna svenne.

 “Maestra, maestra, maestra,maestra”, furono le ultime cose che sentì.

“Maestra, Maestra, Maestra, Maestra…” 
“Sì, ho capito. Eccolo, non lo vedi?” 
“Maestra, me lo metti un cerotto?” La donna sbuffò sonoramente, avvicinandosi al bambino, “Sì, ora te lo metto il cerotto. Ma per favore, smettila.”
 “Maestra, maestra, maestra…” 
La maestra staccò la plastica dal cerotto e lo adagiò sul ginocchio del bambino, “Ecco fatto, tutto apposto.” 
“Maestra! Maestra!”, gridò il bambino, felice. La donna uscì dall’infermeria, quasi di corsa. Nel corridoio della scuola incontrò l’infermiera, “Perché l’hanno affidato a me, dico io? Sono solo un’insegnante.”
 “Cos.. cosa scusi?”, chiese l’infermiera allarmata.
 “Quel bambino in infermeria… sono due ore che ripete sempre la stessa cosa. Ha voluto, per forza, un cerotto sul ginocchio” 
“Si sarà fatto male…”, ipotizzò l’infermiera, non riuscendo a capire l’eccessiva reazione della maestra”
 “Non si è fatto niente! Quel bambino è matto, le dico. Matto!” Se ne andò, sbattendo i piedi per terra. L’infermiera, incuriosita dal soggetto, si catapultò in infermeria e notò un bellissimo bambino dai capelli biondi e gli occhi azzurri, steso sul lettino. Stava in silenzio e contemplava il suo nuovo cerotto con le immagini Disney.” “Tutto bene?”, gli chiese. 
“Tutto benissimo, grazie, posso tornare in classe?”
 “Certamente!”, rispose l'infermiera sorridendo. Guardò il bambino uscire dall’infermeria, quindi, dopo averlo salutato di nuovo, chiuse la porta. Quella donna aveva bisogno di uno psicologo. 
Il bambino tornò in classe e si sedette al suo posto, in silenzio. La maestra interruppe la sua lezione per qualche secondo, in cui dedicò un’occhiata al biondo, “Stai bene?”, chiese.
 “Benissimo, maestra.” La donna si sentì rimbombar in testa quella litania. Passò un’ora, quindi suonò la campanella che indicava l’inizio dell’intervallo. Tutti i bambini uscirono dall’aula e si recarono in cortile. Tutti tranne uno. “Jimmy, perché non vai fuori?”, chiese la maestra, sbuffando. Il bambino dai capelli biondi la guardò negli occhi, “Non ne ho voglia.”
 La donna abbassò lo sguardo sulla sua agenda e rimase in silenzio. 
“Maestra, maestra, maestra, maestra…” 
Puntò immediatamente gli occhi sul bambino. La stava guardando e sorrideva. Fu percorsa da un brivido di terrore. Sì, terrore. Aveva paura di quel pargoletto, “Cosa c’è…?” 
“Maestra, maestra, maestra, maestra, me lo metti un cerotto?” 
“Cristo!”, la donna balzò in piedi, premendo i palmi delle mani sulla cattedra, “Smettila. Te l’ho già messo il cerotto, guardalo! Maledizione è sul tuo ginocchio! Non posso metterti un cerotto al giorno, tu non ti sei fatto male!” “Maestra, maestra, maestra…” 
“Cosa c’è?”, sbraitò la maestra. 
“Quindi per avere un cerotto bisogna farsi male!” 
“Diamine, sì!” 
“Okay, maestra. Vado fuori a giocare.”
 “Va bene.” La donna si risedette e si mise le mani fra i capelli. Non ce la faceva più. Erano due anni che quel bambino ripeteva la stessa cosa ogni giorno. Capitava spesso che la seguisse a casa, per dei cerotti. 
Aveva seriamente iniziato ad aver paura.
Alla fine dell’intervallo tutti i bambini tornarono in classe, eccetto lui.
 “Dov’è Jimmy?”, chiese la maestra ai bambini.
 “Di solito resta sempre in classe ,maestra!”, rispose una bambina. 
La donna sbuffò, quindi si diresse in infermeria. 
Era là, sicuro. 
Ed infatti lo trovò. Era in piedi, sul lettino. Accanto a lui l’infermiera. Ma c’era qualcosa che non andava. L’infermiera era a terra, in una pozza di sangue, con la testa spaccata. Accanto a lei, l’armadietto, crollato.
 La maestra lanciò un urlo e chiuse la porta dell’infermeria. Quando la riaprì, vide il bambino sorriderle, con un paio di forbici in mano, “Maestra, guardi!”, le mostrò il suo braccio, con un lungo e profondo taglio che partiva dal polso e arrivava quasi fino alla spalla, “Mi sono fatto male. Ora posso averlo un cerotto?”
 La donna svenne.
 “Maestra, maestra, maestra,maestra”, furono le ultime “Maestra, Maestra, Maestra, Maestra…” “Sì, ho capito. Eccolo, non lo vedi?” “Maestra, me lo metti un cerotto?” La donna sbuffò sonoramente, avvicinandosi al bambino, “Sì, ora te lo metto il cerotto. Ma per favore, smettila.” “Maestra, maestra, maestra…” La maestra staccò la plastica dal cerotto e lo adagiò sul ginocchio del bambino, “Ecco fatto, tutto apposto.” “Maestra! Maestra!”, gridò il bambino, felice. La donna uscì dall’infermeria, quasi di corsa. Nel corridoio della scuola incontrò l’infermiera, “Perché l’hanno affidato a me, dico io? Sono solo un’insegnante.” “Cos.. cosa scusi?”, chiese l’infermiera allarmata. “Quel bambino in infermeria… sono due ore che ripete sempre la stessa cosa. Ha voluto, per forza, un cerotto sul ginocchio” “Si sarà fatto male…”, ipotizzò l’infermiera, non riuscendo a capire l’eccessiva reazione della maestra” “Non si è fatto niente! Quel bambino è matto, le dico. Matto!” Se ne andò, sbattendo i piedi per terra. L’infermiera, incuriosita dal soggetto, si catapultò in infermeria e notò un bellissimo bambino dai capelli biondi e gli occhi azzurri, steso sul lettino. Stava in silenzio e contemplava il suo nuovo cerotto con le immagini Disney.” “Tutto bene?”, gli chiese. “Tutto benissimo, grazie, posso tornare in classe?” “Certamente!”, rispose l'infermiera sorridendo. Guardò il bambino uscire dall’infermeria, quindi, dopo averlo salutato di nuovo, chiuse la porta. Quella donna aveva bisogno di uno psicologo. Il bambino tornò in classe e si sedette al suo posto, in silenzio. La maestra interruppe la sua lezione per qualche secondo, in cui dedicò un’occhiata al biondo, “Stai bene?”, chiese. “Benissimo, maestra.” La donna si sentì rimbombar in testa quella litania. Passò un’ora, quindi suonò la campanella che indicava l’inizio dell’intervallo. Tutti i bambini uscirono dall’aula e si recarono in cortile. Tutti tranne uno. “Jimmy, perché non vai fuori?”, chiese la maestra, sbuffando. Il bambino dai capelli biondi la guardò negli occhi, “Non ne ho voglia.” La donna abbassò lo sguardo sulla sua agenda e rimase in silenzio. “Maestra, maestra, maestra, maestra…” Puntò immediatamente gli occhi sul bambino. La stava guardando e sorrideva. Fu percorsa da un brivido di terrore. Sì, terrore. Aveva paura di quel pargoletto, “Cosa c’è…?” “Maestra, maestra, maestra, maestra, me lo metti un cerotto?” “Cristo!”, la donna balzò in piedi, premendo i palmi delle mani sulla cattedra, “Smettila. Te l’ho già messo il cerotto, guardalo! Maledizione è sul tuo ginocchio! Non posso metterti un cerotto al giorno, tu non ti sei fatto male!” “Maestra, maestra, maestra…” “Cosa c’è?”, sbraitò la maestra. “Quindi per avere un cerotto bisogna farsi male!” “Diamine, sì!” “Okay, maestra. Vado fuori a giocare.” “Va bene.” La donna si risedette e si mise le mani fra i capelli. Non ce la faceva più. Erano due anni che quel bambino ripeteva la stessa cosa ogni giorno. Capitava spesso che la seguisse a casa, per dei cerotti. Aveva seriamente iniziato ad aver paura.Alla fine dell’intervallo tutti i bambini tornarono in classe, eccetto lui. “Dov’è Jimmy?”, chiese la maestra ai bambini. “Di solito resta sempre in classe ,maestra!”, rispose una bambina. La donna sbuffò, quindi si diresse in infermeria. Era là, sicuro. Ed infatti lo trovò. Era in piedi, sul lettino. Accanto a lui l’infermiera. Ma c’era qualcosa che non andava. L’infermiera era a terra, in una pozza di sangue, con la testa spaccata. Accanto a lei, l’armadietto, crollato. La maestra lanciò un urlo e chiuse la porta dell’infermeria. Quando la riaprì, vide il bambino sorriderle, con un paio di forbici in mano, “Maestra, guardi!”, le mostrò il suo braccio, con un lungo e profondo taglio che partiva dal polso e arrivava quasi fino alla spalla, “Mi sono fatto male. Ora posso averlo un cerotto?” La donna svenne. “Maestra, maestra, maestra,maestra”, furono le ultime cose che sentì.l testo.

 

  
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