Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: ELLEcrz    24/09/2013    7 recensioni
Klaroline is THE way!
Gli occhi di Caroline non guardano più Klaus allo stesso modo, questo la spaventa, la confonde, la cambia. La cambia ma non la rende diversa da Klaus.
“Noi siamo uguali, Caroline” [Cit. Klaus]
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non uccidetemi! 

Prisons

 



Sono aggrappata al braccio di Klaus mentre attraversiamo i corridoi, preceduti dal facchino che porta la mia valigia e ci conduce verso la nostra stanza. Siamo a pochi passi dal Colosseo e l'hotel è di un eleganza estrema, moderno ma al tempo stesso antico, di certo non avevano badato a spese per quanto riguardava gli arredi, non oso immaginare come possa essere la stanza, se solo i corridoi e la hall si erano presentati così, né tanto meno quanto dovesse aver pagato, nel caso lo avesse fatto. Sorrido, lui se ne accorge voltandosi a guardarmi sorridendo di rimando.
«Ecco la vostra suite, signori» ci avvisa aprendo le porte ma lasciando entrare noi per primi. Appena varcata la soglia rimango sbalordita, letteralmente a bocca aperta.
È una stanza enorme, camera mia ci poteva stare benissimo due volte, mi stupisco nel non vedere l'ombra di un letto, magari due. Avanzo lentamente meravigliata per ogni cosa su cui il mio sguardo si posa, sento Klaus parlare alle mie spalle, non si sta rivolgendo a me me quindi non gli bado. Raggiungo una delle grandi finestre, dopo aver superato un divano, un basso tavolino in vetro ed addirittura un pianoforte, e rimango nuovamente stupita, la vista da direttamente sul Colosseo.
La porta si chiude perciò mi volto, Klaus poco distante dall'entrata mi osservava a braccia conserte, studiandomi.
«Che ne dici?» mi domanda.
Lo fisso chinando il capo di lato, la risposta a quella domanda era più che ovvia.
Sorride e si avvicina sciogliendo le braccia lungo i fianchi mentre avanza.
«Com'è la vista?» chiede prima di raggiungere il mio fianco, automaticamente mi volto di nuovo verso la finestra per ammirare insieme a lui il Colosseo. Mi irrigidisco involontariamente quando sento la sua mano delicata sulla mia schiena, lui se ne accorge e la allontana immediatamente. Lo guardo, non era stato il contatto a farmi irrigidire ma la sorpresa. «perfetta come la ricordavo.» aggiunge sorridendo di nuovo, malinconicamente questa volta, spero non a causa mia.
«Già, perfetta» sorrido probabilmente con gli occhi lucidi per la gioia e l'euforia. Sento il suo sguardo su di me, cerco di far finta di nulla ma alla fine cedo chinando il capo.
«E c'è molto altro da vedere.» esordisce lui dopo interminabili secondi.
Si allontana da me dirigendosi verso la porta «non vedo perchè aspettare» aggiunge prima di aprirla, una mano appoggiata alla maniglia mentre l'altra sporta in mia direzione mi invita a raggiungerlo.
Sorrido radiosa afferrandola e stringendola dopo pochi passi.

 

Non so se è perchè da un giorno all'altro mi sono ritrovata dall'altra parte del mondo, o perchè la compagnia è del tutto originale ed insolita ma mi sento diversa, mi sento su un altro pianeta, un posto in cui non è alla ragione che dovevo dare più ascolto ma all'istinto, al cuore.
Roma è splendida e le luci della notte le conferiscono una aura magica, tutto è più bello di notte soprattutto per me, soprattutto per chi la poteva osservare con occhi come i miei il buio, occhi sovrannaturali.
È come un sogno, io che osservo me stessa vivere una vita che appunto, poteva esistere solo nei sogni. Perchè non sono io, non sono così rilassata da troppo tempo, non devo pensare a nulla, preoccuparmi per nulla, solo di lui, solo di me. Sono stretta al suo braccio mentre percorriamo questa lunga via, lo ascolto mentre mi racconta aneddoti che, sono certa, nemmeno le guide più esperte e preparate conoscono, anche se a volte il mio sguardo invece che posarsi su una statua o su una rovina si posa su di lui, che così rilassato, come me, sembra un altro. Sorrido.
Camminiamo da ormai più di un'ora. Mi interroga facendomi domande a cui il più delle volte, soddisfatta, rispondo mentre lui annuisce compiaciuto. Continuiamo così finchè non raggiungiamo quello che riconosco essere il Vaticano.
«Città del Vaticano» lo precedo.
Stiamo per attraversare quello che presumo essere il confine per lo più simbolico che divide il Vaticano da Roma, quando lui si ferma.
«Che c'è? Territorio non consentito ai peccatori come te?» mi volto in sua direzione ridendo ma la sua espressione è dura ed il suo sguardo rivolto in lontananza. Smetto di sorridere e cerco di seguire i suoi occhi sino a riconoscere i due uomini che ci avevano portato in albergo, ma non comprendo la ragione della loro presenza qui. Anche loro ci stanno fissando, vogliono parlare con lui.
«Ti raggiungo subito, tesoro.» Torna finalmente a guardarmi «una santarellina senza peccato potrà attraversare il confine senza problemi, il Re dei peccatori la raggiungerà subito.» Mi rivolge un sorriso malizioso stando al gioco.
Lo seguo con lo sguardo per alcuni passi, potevo aspettarlo ferma o addirittura cercare di origliare la loro conversazione, ma decido di non farlo, a passo sicuro attraverso il confine tornando a bearmi del posto in cui miracolosamente mi trovavo. È meravigliosa, così illuminata, immersa in un silenzio surreale, delicato è persino lo scrosciare dell'acqua nelle due fontane. Non è molto affollata data l'ora tarda, ci sono per la maggior parte turisti, lo capisco perchè sono affascinati come lo sono io.
«È impossibile non pensare che questo posto sia magico.» Volto leggermente il capo alla mia destra, non del tutto sicura che chiunque avesse espresso questa considerazione si stesse rivolgendo a me. Il mio sguardo finisce con il posarsi su un uomo, sulla trentina a mio avviso, alto, capelli castano scuro, un fisico robusto avvolto in un cappotto nero un po' malandato, due occhi scuri, fissi su di me.
«Magica? Siamo pur sempre in un luogo di culto». Ribatto sicura.
Sorride. «Touchè.»
Distolgo lo sguardo dal suo viso riprendendo il mio cammino, rimango stupita quando noto che mi sta seguendo, procedendo al mio fianco.
«Personalmente, amo questa piazza» mi informa. O mascherava perfettamente l'accento italiano o non era di queste parti «C'è tutta una logica geometrica dietro la sua costruzione.» si ferma ed istintivamente lo faccio anch'io. «Qui» indica un punto a terra, guardo il contrassegno poi di nuovo lui. «Da qui le quattro file di colonne sembrano una» curiosa come sempre mi avvicino sino a raggiungere il contrassegno, alzo lo sguardo ed è vero, sembrano un unica fila. Sorrido meravigliata.
«Sono ancora dell'idea che sia magica.» fa spallucce e non riesco a trattenere una breve risata seguita dalla sua.
«Forse avevi ragione.» gliela do vinta.
«Succede spesso.» cambia tono e torno immediatamente seria.
Alzo gli occhi al cielo, possibile io debba sempre avere a che fare con presuntuosi che vogliono sempre avere ragione? Non basto io?
«È con questa mossa che cerchi di far colpo?» chiedo sottile.
È sorpreso della mia risposta, lo capisco perchè resta a bocca socchiusa e tarda a rispondere. «A dire il vero no, ho altri trucchi.» Il suo tono accentua l'ultima parola.
«Certo. Cerca qualcun altro su cui testare i tuoi trucchi. Ora se non ti dispiace..» Stringo la borsa al fianco e mi volto per andarmene ma la sua mano afferra il mio braccio.
Perdo il controllo e senza rendermene conto quando mi volto di nuovo verso di lui i miei occhi sono iniettati di sangue, pronunciati sono i miei canini. Afferro con la mano libera la sua, stringendola con forza e cercando di allontanarla, fallendo miseramente. Lo guardo e sconvolta scorgo i suoi occhi, cremisi come i miei. Un vampiro, più forte di me, più vecchio di me. Ci guardiamo fissi negli occhi, i suoi sono vuoti, i miei allarmati. Sono vuoti, spenti, morti. Mi perdo in quegli occhi cercando di trovarvi un po' di luce, di vita.
Il rumore di ossa infrante ed il cambiamento della sua espressione mi fanno distogliere lo sguardo. Klaus è al mio fianco, stringe il suo braccio ormai spezzato ed inerme per le prossime ore, la smorfia del vampiro è sofferente ma cerca di contenere alla meglio il dolore.
«Ben tornato a Roma, Klaus» sputa tra i denti dopo che l'ibrido al mio fianco ha mollato la presa.
«Non mi sembra l'adeguato modo di darmi il bentornato, Darius.» risponde freddo lui.
Lo conosce. Perchè la cosa non mi stupisce? Rimango in silenzio osservando la scena.
«Non era mia intenzione...»
«Lo era invece» lo ammonisce duro, poi sospira. «Forse dovrei davvero ucciderti.» constata pensieroso. Io poco distante mi irrigidisco, preoccupata di un imminente esecuzione in quella piazza che fino a pochi istanti prima era stata stupenda. Fisso il giovane vampiro di cui ho appena fatto conoscenza, soffermandomi di nuovo sui suoi occhi trovandovi per un istante quel bagliore che cercavo, un bagliore però che viene subito oscurato. «Ma non ho davvero tempo da perdere con te e difficilmente vengo meno ad una promessa fatta.» muove un passo verso di lui dandomi le spalle. Lo sta guardando troppo intensamente, lo sta soggiogando, Darius annuisce ed un istante dopo torniamo ad essere soli, era sparito.
Klaus si volta poco dopo in mia direzione, con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.
«Mi dispiace per l'inconveniente» torna serio posano lo sguardo sul mio braccio che solo allora mi rendo conto di stringere.
«Non è nulla» la voce è leggermente roca, perciò la schiarisco e mollo la presa cercando di sorridere. «Chi era?» gli domando estremamente curiosa.
A bocca socchiusa mi osserva, incerto se rispondere o meno alla mia domanda, come spesso capitava, il mio sguardo gli fa capire che volevo una risposta e l'avrei ottenuta.
«Quando raggiunsi Roma la prima volta fu uno dei primi che trasformai.» La storia non finiva così, lo sapevo, ma volevo davvero sapere come continuava?
«Si ribellò a me ed io in cambio gli donai un eternità di prigionia, la considerai una punizione decisamente peggiore della morte.»
«Era pur libero stanotte.»
Distoglie per un istante lo sguardo ancora incerto se proseguire.
«Ci sono diversi tipi di prigioni, Caroline» il suo tono è affranto, traspariva una nota di sofferenza. No, forse non volevo sapere come finiva quella storia ma volevo sapere il perchè di quella malinconia. Che prigionie doveva aver mai provato lui, l'essere invincibile?
«Ci ha già fatto perdere troppo tempo» scosse la testa, liberandosi probabilmente da pensieri indesiderati. «Proseguiamo?» mi chiede porgendomidi nuovo il braccio e guardandomi speranzoso, speranzoso che potessi tralasciare quell'inconveniente, così come lo aveva chiamato lui, e tornare a noi. Lasciar perdere le tenebre. Sì, potevo farlo.
«Non dirmi che la Cappella Sistina l'hai dipinta tu.» scherzai ricreando un'atmosfera leggera. Entrambi ridemmo ed io riafferrai il suo braccio.

 


Stavamo tornando verso l'albergo e nonostante l'ora tarda le strade erano discretamente affollate. Eravamo più silenziosi rispetto all'andata, persi entrambi nei nostri pensieri.
Non potevo di certo non pensare al recente incontro con Darius ed al discorso sull'esistenza di diversi tipi di prigioni. Klaus non aveva mai avuto problemi ad uccidere qualcuno, sconosciuti, parenti, eppure lui lo aveva risparmiato, o meglio, gli aveva riservato qualcos'altro, qualcosa che mi spaventava conoscere.
Mi sta fissando, lo sento, faccio finta di nulla per alcuni passi ma lui non accenna a distogliere lo sguardo perciò costringo il mio ad incontrare il suo.
«Ebbene?» lo guardo sicura.
«Hai perso il controllo.» risponde semplicemente.
Il mio sguardo si fa interrogativo, stupida di non averci pensato io, per non aver dato peso a quel mio sfogo, avevo rivelato la mia natura da vampiro così liberamente quella notte. E se Darius non fosse stato un vampiro? Mi ammutolisco, incapace di rispondere, imbarazzata di me stessa. Io so mantenere il controllo, sono sempre stata in grado di farlo, sempre, fin dall'inizio, fin da quando... fin da quando ho ucciso quel ragazzo. Guardo in basso, confusa.
«Da quanto non ti nutri?» sussurra.
«Da...» ci rifletto «da prima del diploma.» segue un istante di silenzio. Non è per la fame, ne sono certa.
«È colpa tua.» lo accuso.
«Colpa mia?» sorride «io nemmeno c'ero.»
«Mi hai fatto abbassare la guardia»
«Non abbassi mai la guardia quando sei con me, e credo che non lo farai mai.» sorride divertito.
«Mi sono rilassata troppo, dimenticandomi cosa sono» insisto con lo sguardo duro.
Mi osserva a bocca socchiusa mentre riflette «Può darsi ma non è successo nulla di grave Caroline, non farne una tragedia» perchè sta ancora sorridendo? Io sono seria ed allarmata, non voglio fare del male a nessuno.
«L'ultima volta che mi sono rilassata, che ho preferito l'istinto alla ragione ho ucciso 12 persone.» gli ricordo dato che era presente anche lui quella notte.
«Hai salvato la tua migliore amica» sussurra.
Mi ammutolisco. Non era così che mi aveva risposto allora, mi aveva accusata, dato la colpa per aver dato a Silas c'ho che voleva, per aver dato a quel mostro le buone carte per scatenare l'inferno in terra, mi aveva fatto sentire un mostro, non aveva di certo giustificato la mia azione. Perchè lo faceva ora? Perchè non quel giorno, quando ne avevo un estremo bisogno?
«Perchè non trovi qualcuno di meno terribile con cui identificarti?»
Certo. Lo avevo ferito, lui mi aveva restituito il favore anche se probabilmente avrebbe voluto agire in modo differente.
Avevo lo sguardo fisso a terra.
«E l'ultima volta che ti sei ''rilassata''» enfatizzando quell'ultima parola afferrandomi il mento con delicatezza costringendomi a guardarlo. «L'ultima volta mi hai sfidato e sei partita insieme a me» Sorride e riesce a far sorridere anche me. Inaspettatamente cancella la distanza posando le sue labbra sulle mie. Chiudo gli occhi beandomi di quel momento, purtroppo troppo breve, liberandomi di un po' di preoccupazione. Quando si allontana torniamo a guardarci o meglio, io lo guardo mentre lui studia il mio sguardo, non so cosa vi stia cercando e solo dopo qualche istante decide di mollare la presa e riprendere il cammino con me al suo fianco, sorpresa ma di nuovo sorridente.
«Resto dell'idea che tu abbia fame» insiste.
Sbuffo, so che sta scherzando lo leggo nel suo sguardo.
«Non ti incuriosisce sapere che sapore hanno?» sta ancora scherzando ma si capisce sia leggermente più teso, preoccupato forse di avventurarsi in una discussione fastidiosa. «Un italiano non credo tu lo abbia assaggiato» sorride ironico.
«Siamo al mercato adesso?» ribatto, vorrei essere seria ma il paragone mi diverte troppo. «Il sapore è sempre lo stesso.»
«Perchè ti obblighi a sfruttare sacche di sangue, lì dentro sì che il sangue dev'essere sempre lo stesso, freddo, insipido» la sua espressione è disgustata.
«Preferisco quelle sacche insipide ad uccidere un innocente» non stiamo più scherzando, non io.
«Non arriveresti a tanto»
«Preferisco non rischiare»
«E come pensi di fare, adesso che siamo... in viaggio?»
Il mio sguardo si perde alla ricerca di una risposta che non trova. Non ci avevo pensato. A quante cose non avevo pensato prima di partire con lui? Avevo detto di si, fatto la valigia in fretta ed ero partita, mi ero affidata completamente a lui, dopo averlo temuto, averlo evitato, averlo odiato, averlo desiderato, dopo tutto quello che lui aveva fatto, quello che io avevo fatto, che avevamo fatto, avevo detto sì e non avevo dato importanza a nulla se non a lui. Niente ragione in questo sogno, niente ragione su quest'altro pianeta.
«Siamo arrivati» mi avvisa. Alzo gli occhi sull'insegna del nostro hotel.

 

 

Non apro bocca fino a quando non entriamo nella suite, ancora sorpresa di non aver pensato alla mia.. dieta prima di partire. Non appena la porta si chiude un altra preoccupazione prende piede, dove avrei dormito? O meglio, dove avremmo dormito? Un po' imbarazzata lo chiedo direttamente a lui, certo, non direttamente.
«Questo lussuoso hotel offre anche dei letti o... che so, bare?»
Lo sento ridere mentre posa la giacca sullo schienale della sedia della scrivania, dandomi le spalle.
«Caroline,» si volta «gli italiani non sono tipi così all'antica» ride ancora mentre attraversa la stanza. Superati i due scalini apre una porta che non avevo nemmeno notato. «Una camera ce l'abbiamo»
'Una'. Quindi dormiremo insieme.
Per non fargli notare la mia agitazione entro velocemente nella stanza da letto e mi stupisco nel trovare il letto al centro della stanza. La cosa mi disorienta e per un attimo mi dimentico che quel letto lo dividerò con Klaus.
Mentre studio la stanza sento il suo sguardo su di me, mentre è appoggiato allo stipite della porta.
«Torno subito.» mi avverte.
Annuisco col capo guardandolo. Sento la porta richiudersi, cosa diavolo avrà mai da fare a quest'ora? Non so darmi una risposta.
Recupero la mia valigia rimasta all'entrata notando che aveva portato con se la giacca, starà fuori per molto? Decido di non pensarci e mi dirigo verso il bagno in camera. Quando alla rinfusa ho preso i vestiti per il viaggio non ho dato troppo peso a c'ho che avrei indossato di notte.
'Stupida.'
Finisco per svuotare l'intero contenuto della valigia sul davanzale del bagno controllando ogni capo che mi sono portata dietro.
'Troppo pesante.'
'Troppo corto.'
'Sul serio pensavo di dormirci con questa roba?'
Alla fine opto per qualcosa di semplice anche perchè la possibilità di scelta non era tra le più vaste. Apro il Beauty, almeno quello non lo avevo affatto trascurato, ci avrei potuto aprire un negozio con tutti quei prodotti di cui non avevo realmente bisogno. Guardo il mio viso riflesso sullo specchio sopra il lavandino, poso le mani sulle guance; la mia pelle non sarebbe mai cambiata, mai invecchiata, mai rovinata, sarebbe rimasta la stessa, per sempre. Non importa, volevo prendermene cura come se quella pelle fosse ancora umana, fragile, come spesso mi sentivo ancora io.
Finito in bagno, dopo una doccia veloce, cerco di mettere un po' d'ordine al macello che avevo combinato e ritorno in camera. Non è ancora tornato. Mi avvicino alla finestra ammirando di nuovo quella vista di cui non mi sarei mai stancata. Mi accorgo di cercarlo con lo sguardo in quei pochi passanti che riesco a scorgere senza alcun risultato.
Sbuffo. Che fine ha fatto? È quasi l'alba ormai.
Mi infilo sotto le coperte, se mi addormento prima che torni potrei evitare ogni tipo di situazione imbarazzante riserbandole al mattino seguente. Le lenzuola sono così lisce, di seta scivolano delicatamente sulla mia pelle, anche il cuscino e morbido e meraviglioso. Mi rilasso cercando di non pensare ai miei capelli ancora umidi o soprattutto a chi, sempre se sarebbe tornato, avrebbe occupato l'altra metà del letto. Ripenso alle cose successe oggi. Ieri ero dall'altra parte del mondo, a Mystic Falls, in quella casa che non avevo mai lasciato per un vero e proprio viaggio, stavo festeggiando la fine della mia adolescenza, con mia madre, i miei amici, quella famiglia che mi ero costruita negli ultimi anni. Oggi sono a Roma, anche se mi dovrei trovare a New Orleans, una città che avevo solo sognato di visitare, sono partita con Klaus odiato, temuto, desiderato. Stringo il cuscino sotto la mia mano. Devo essere impazzita per essere partita insieme a lui. Sorrido rilasciando la presa sul cuscino.
Sento la porta della suite aprirsi e smetto subito di sorridere, riaggrappandomi nuovamente al cuscino. È tornato.
Sbarro gli occhi concentrandomi sul rumore dei sui suoi passi, seguendo i suoi movimenti.
Sta indugiando all'entrata, probabilmente si starà togliendo la giacca. Avanza ma non si avvicina alla camera, sta proseguendo verso... le sue dita si sono poggiate sui tasti del pianoforte, il tempo di un paio di note e c'è di nuovo silenzio, a parte il frastuono del mio cuore, chiaro. I suoi passi sono sempre più vicini, sta arrivando, stringo talmente forte il cuscino che temo di strapparne la fodera in seta. È sulla soglia della camera, lo so ma non lo vedo, sono ferma in mobile, rivolgendogli le spalle. Mi sta guardando, smetto di respirare. Penso di morire. Morirei in questo preciso istante se non fossi già morta.
Entra in bagno ed espiro lentamente sgranando gli occhi.
'Che dovrei fare? Far finta di dormire? Alzarmi? Per poi?'
'Sei patetica.'
'Magari andare alla finestra? La finestra mi sembra una buona idea.
'Poi?'
'Poi si vedrà'
Esce dal bagno senza darmi il tempo materiale per mettere in atto il piano. Mi immobilizzo di nuovo. Sento il materasso piegarsi sotto il suo peso ma rimane sopra le coperte. Sa che sono sveglia, lui sa tutto, sa sempre tutto.
Cerco di ristabilire almeno in minima parte la mia pace interiore. Mi calmo, il che mi stupisce. Lui non si muove, nemmeno i suoi respiri generano il minimo rumore, ammesso che stia respirando.
'Oh andiamo, cosa ti aspettavi? Sei partita con lui e si da il caso che non sia solo la tua guida turistica ma il tuo...'
'Il mio?'
'Il tuo?'
'È Klaus.'
'Accurata.'
'Non può essere il mio.. qualcosa.'
'E allora perchè sei partita con lui se non può essere il tuo 'qualcosa'.'
'…'
'...'
'L'ho sfidato.'
'A cosa?'
'A farsi conoscere.'
'E non la voglio perdere questa sfida, perciò conoscilo.'
'Sì.'
'Conoscilo e magari potrà diventare il tuo 'qualcosa'.'
Faccio un bel respiro, espirando a lungo cercando di rilassare i nervi il più possibile.
'Non stai facendo nulla che tu non voglia realmente fare, o non saresti qui Caroline, lo sai.'
«Klaus?» sussurrò delicatamente.
«Mmh?» risponde lui leggero, dandomi segno che è ancora sveglio.
'Devi conoscerlo. Devi sapere chi è. Non lasciarti spaventare.'
«Darius...» lascio quel nome all'aria, come una frase iniziata e non finita.
«Darius.» risponde scandendo il nome lentamente. Lo sento muoversi e istintivamente mi volto verso di lui, il capo sempre poggiato al cuscino, gli occhi puntati sul suo volto per studiarne l'evoluzione.
«Come può esserci qualcosa peggiore della morte?» sussurro insicura, immagino non ne voglia parlare visto i pochi dettagli che già mi aveva fornito poche ore prima.
Ha un braccio portato sotto la testa, ne seguo il profilo e solo allora mi accorgo che è a petto nudo. Arrossisco, ne sono sicura, lui volta il capo in quel preciso istante incontrando i miei occhi, ringrazio che ci troviamo al buio e solo le luci urbane illuminano fioche la stanza. Grazie al cielo mi sono accorta della sua tenuta notturna dopo aver formulato la domanda o sarebbe morta a fior di labbra sul nascere.
Mi guarda per dei secondi prima di rispondere e prima di farlo allontana nuovamente lo sguardo dal mio, puntandolo sul soffitto.
«Non capiresti, Caroline.» risponde serio e demoralizzato.
«Provaci, in fondo sono qui per questo?» aggrotta la fronte perciò rispondo alla sua risposta non formulata «sono qui per conoscerti.» l'espressione crucciata di distende «e non ho alcuna intenzione di perdere la sfida, soprattutto con te» mi accorgo che le labbra si allargano leggermente in un breve, conquistato, sorriso.
Torna a guardarmi e focalizzo l'attenzione sul suo viso, sforzandomi ad evitare di far cadere lo sguardo sul suo petto.
«Sarei felice di farti vincere questa sfida, anche se detesto perdere» sorride per una frazione di secondo. «Ma sono sicuro che se tu vincessi non è solo una sfida che andrei a perdere.»
Vorrei allungare la mano e toccarlo ma non lo faccio. Il suo sguardo è indifeso, almeno lo penso, non ho mai visto un Klaus indifeso. Vorrei dirgli che può dirmi tutto, che non andrò da nessuna parte, vorrei giurarglielo ma non sono sicura che terrei fede al giuramento. Questo non lo so io, non lo sa nemmeno lui, ma nel profondo ho un estremo bisogno di saperlo, devo sapere se posso superare quel passato che lo oscura.
«Non sarei qui se pensassi solamente alle cose terribili che hai fatto.» Il suo sguardo si spegne. «Sono, siamo qui per questo.» Si rabbuia. Deve dirmelo.
«Devi dirmi chi sei o sarà tutto inutile, questo viaggio, la mia presenza qui, con te.» Se non parla me ne andrò comunque.
'Ne sei sicura?'
'…'
'…'
'Non posso stargli accanto se non vuole dirmi chi è'
'Lo lasceresti, te ne andresti?'
'Sì'
'…'
'Cercherei di farlo.'
Fa un lungo respiro e si volta a guardarmi.
«Non capiresti, sei così giovane, così piena di speranza, di amore.» Lo fisso senza dire nulla, aspetto che continui. Sospira arreso.
«1114, l'anno in cui abbiamo scoperto l'esistenza dei 5, di una fantomatica cura... l'anno in cui ho scoperto cosa significa essere soli. Mi ero già sentito solo prima ma per quanto possa aver odiato i miei fratelli loro erano sempre al mio fianco, ma non quella notte, quella notte in cui la mia adorata sorella mi aveva tradito mettendoci tutti in pericolo.» Non avrei mai pensato sarebbe sceso così sul personale.
«Ci uccisero nel sonno, 5 cacciatori per 5 fratelli originari, uno ad uno con il pugnale e la polvere di quercia bianca. Di certo non si aspettavano che su di me l'arma non avesse effetto, non gli diedi nemmeno il tempo di accorgersene, gli strappai la gola prima che potesse dire una sola parola. Estratto il pugnale riconobbi la cenere ed una fitta al cuore mi ferì più di quanto non avesse fatto l'arma poco prima. La quercia bianca era in grado di ucciderci e per quanto ne sapessi allora la sua cenere poteva avere la stessa capacità, il che significava che i miei fratelli erano ormai morti, che ero rimasto solo e odiai quella sensazione.»
«Quando raggiunsi Elijah decapitai il cacciatore che ancora si trovava nelle sue stanze. Lo trovai nel suo letto, rigido come la pietra, morto come tale. Pensai di impazzire. Estrassi il pugnale e penso di aver persino pregato quegli Dei che vezzeggiavo e di cui professavo l'inesistenza.»
Il cuore mi si stringe, non riesco nemmeno ad immaginarmelo un Klaus così disperato.
«Fortunatamente mi sbagliavo e dopo pochi istanti riprese coscienza. Quando riaprì gli occhi mi sentii come rinascere, quell'angoscia e quella paura si attenuarono e fu l'ira a prendere il loro posto. Sterminai l'intero villaggio impalando alla parete quel cacciatore per cui mia sorella si era presa un'infatuazione che ci era quasi costata la vita.»
Controlla il mio viso che per la sorpresa deve apparire inespressivo, capisco quindi che il peggio è passato.
«Lasciammo il villaggio all'alba dirigendoci ancora più a sud raggiungendo così Roma; quella sensazione di impotenza, angoscia, solitudine e quella paura che avevo provato non fui mai in grado di lasciarle.»
«Quella è la tua prigione» sussurro giungendo alla conclusione del racconto «rimanere solo?» sono un po' sorpresa.
Aveva costretto Darius a restare solo per sempre.
Si irrigidisce e fissa il soffitto e devo attendere qualche secondo prima di sentirlo rispondere.
«Mi stupisce tu non l'abbia capito subito, hai sempre avuto un certo occhio, da subito.» sospira sorridendo.
«Non credere di essere l'essere più complicato su questo pianeta, non sei così difficile da leggere.»
«Sei tu che ci riesci maledettamente bene.»
Ruota il suo corpo, ora siamo uno di fronte all'altra. Ci guardiamo rimanendo in silenzio.
Mi ha appena detto che ha sterminato un intero villaggio, per la maggior parte innocenti e non ho fatto una piega, anzi nella mia mente lo sto giustificando, non mi sembra un gesto così orribile dopo quello che i cacciatori gli avevano fatto. È un assassino e questa non è di certo un informazione nuova, Stefan non aveva fatto lo stesso e senza una motivazione precisa se non la sete di sangue?
'Oddio lo sto giustificando.'
Che si senta solo, questa è una novità. L'ho sempre sospettato, la sua ossessione del controllo, nel creare ibridi, nel soggiogare le persone, ha solo paura.
Non avrei mai pensato che questo viaggio mi avrebbe portato a scoprire questo Klaus, a scoprire che il motivo per cui si comporta così non è per innata malvagità ma per paura.
Senza accorgermene sollevo una mano poggiandogliela sulla guancia, fissando quegli occhi che si socchiudono per quel contatto.
Chissà cosa si aspettava, disgusto, dissenso, paura, non di certo compassione.
Aveva promesso di farsi conoscere e questo probabilmente è uno dei suoi più grandi segreti, qualcosa che non aveva confessato a nessuno, se non a me. 
Libero anche l'altra mano da sotto il cuscino e la poggio sull'altra sua guancia, lui apre gli occhi nei miei che per poco rimangono aperti. Mi sporgo in avanti facendo combaciare le mie labbra con le sue e quel bacio dapprima dolce si trasforma subito in uno più appassionato. La sua mano si poggia sul mio fianco provocante e la stoffa delle lenzuola che ci separa sembra inesistente. Faccio scivolare la mano destra sul suo petto che avevo desiderato sfiorare da quando il mio sguardo vi si era posato sopra. Scende a baciarmi il collo ed ho per un attimo la lucidità necessaria per decidere cosa fare, se fermarmi, se continuare.
'Cosa voglio?'
Respiro a fatica.
Le sue mani si fanno più audaci e possessive mentre mi solleva lentamente la sottoveste.
Ora è sopra di me. La sua pelle a contatto con la mia.
'Klaus.' Pronuncio il suo nome nella mia testa cercando di fermarlo, non riesco a dirlo ad alta voce perchè non voglio che si fermi ma lui inaspettatamente lo fa.
Si ferma e mi guarda, le braccia dritte sul materasso lo sollevano leggermente.
Entrambi abbiamo il respiro affannato ed io sto cercando di capire cosa stia aspettando.
Sta aspettando che gli permetta di continuare, che gli dica di si.
Lo fisso in quegli occhi chiari e per la prima volta da quando è entrato a far parte della mia vita, lo vedo indifeso, fragile, qual Klaus che solo presumevo potesse esistere.
'Cosa voglio? Voglio lui.'
Allungo le mani e lo tiro a me.

 

 

 

Sento i raggi del sole colpire la mia pelle anche se ormai non sono più in grado di riscaldarla, azzardo ad aprire un occhio e sì, sono davvero in quella lussuosa stanza d'albergo romana, sì sono senza vestiti in questo enorme letto e sì è stato Klaus a togliermeli.
Sorrido. Che incosciente, pazza, devo davvero aver perso il senno per averlo fatto davvero.
Sorrido di nuovo voltandomi ma rimanendo delusa trovando l'altra piazza del letto vuota. Mi sollevo seduta trattenendo le lenzuola, la stanza è deserta.
Prima di iniziare ad allarmarmi sento la voce di Klaus provenire dall'altra stanza, sospiro sollevata. Sta parlando con qualcuno ma non so di cosa dato che questa lingua non la conosco.
Scendo dal letto cercando la mia sottoveste, una volta trovata mi rifugio in bagno. Mi avvolgo in un accappatoio e mi lavo il viso, quando mi guardo allo specchio mi sorprendo di vederci un sorriso ebete stampato sopra. Torno in camera indecisa se raggiungerlo nell'altra stanza, sentendolo ancora impegnato nella conversazione con lo sconosciuto decido di non farlo. Guardo il letto e anche se nella stanza sono sola arrossisco.

 

Sento le sua braccia avvolgermi da dietro poco prima di prendere sonno. Il suo respiro lento e di nuovo regolare sfiorarmi ad intervalli precisi la pelle.
«Ecco un'altro tipo di prigione.» sussurra e non sono del tutto sicura si stia rivolgendo a me.
«Mmh?» chiedo spiegazioni mugolando semplicemente.
Lui mi stringe avvicinandomi ancora più a lui. Sorrido.
«Questa non sembra così terribile.» Lo avviso.


La porta dell'entrata si richiude, lo sconosciuto se n'è andato perciò decido di uscire dalla camera. Do un'occhiata veloce alla stanza ma non lo trovo, avanzo di qualche passo e voltandomi scopro che la suite offre anche una terrazza che la sera prima non avevo notato, non mi stupisco poi molto. Lentamente lo raggiungo e il possibile imbarazzo che mi avrebbe potuto invadere viene messo in secondo piano dalla tavola imbandita per la colazione. Sul tavolo c'è qualsiasi cosa si possa sognare di mangiare a colazione. Lui è seduto e mi sta dando le spalle quindi non può vedere quanto sognante sia il mio sguardo sia.
«Buongiorno, Caroline»
«Buongiorno.» sussurro di rimando avvicinandomi alla sedia di fronte a lui. Non vedo l'ora di assaggiare ogni cosa, sono davvero affamata anche se in realtà è di altro che avrei bisogno per sentirmi sazia.
«C'è anche quella» mi avverte prima che io possa sedermi, indicandomi con la mano una valigetta poco distante dal tavolo.
Mi avvicino curiosa, è una semplice ventiquattrore nera, senza indugiare la apro ed al suo interno vi trovo una decina di sacche di sangue. Ecco dov'era andato ieri sera. Richiudo la valigetta e voltandomi lo guardo, lui e quel sorriso soddisfatto che non riesce e non vuole nascondere.
«Grazie.»
Lui fa spallucce.
Mi accomodo e studio la tavolata.
«Dormito bene?» mi chiede poco dopo.
Alzo gli occhi nei suoi ed inevitabilmente sorrido. «Molto, grazie. La cella non era affatto male.» non resisto ad aggiungere.
Lo sento ridere mentre afferro una brioche «Dove mi porti oggi?» gli domando prima di afferrarla.
«Ovunque tu voglia.»




Spazio autore:  

La maggior parte di voi mi odierà, ci ho messo 2 mesi per scrivere questo capitolo e vi chiedo scusa. L'ho riscritto 4 volte e questa che ho pubblicato è la 5a versione. Ogni volta che lo finivo di scrivere avevo problemi con EFP e quindi finivo con il ripensarci, buttare via tutto e tornare a scriverlo.
Spero di non avervi perso tutti per questa mia INCOMPETENZA ma se leggerete questo capitolo capirete che è un capitolo abbastanza importante.
Spero anche che l'attesa sia stata ripagata e che questo capitolo non vi abbia deluso. 
Per coloro che mi odieranno perchè ho omesso i particolari della loro prima notte dico che il rating è arancione e lo devo rispettare ma non si sa mai, un giorno potrei pubblicare un'OS su questa nottata ovviamente a rating rosso. (non prometto nulla)

Ringrazio chi meravigliosamente mi ha recensito lo scorso capitolo: 
Francy_KC
elyforgotten
winner_
danhausers
MariaMirella
Damnel24
pillyA
Greta_Mrg
FairLady
Karma123
ImAdreamer99
giudo
Mery1992
Elyxa85

Grazie a tutti quelli che leggeranno ancora la mia storia, spero di non entrare di nuovo in crisi.
Un bacio,
ELLEcrz.

 

  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: ELLEcrz