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Autore: Thiare    24/09/2013    2 recensioni
#DAL TESTO
Il sole stava tramontando anche nel limbo in cui si trovavano ormai da tempo, anche in quel pezzo di oscurità che li accompagnava tutti i giorni. La luce stava calando, lasciando il posto alla mezzaluna pallida; Ai e Conan erano consapevoli di non poter dormire in pace quella notte, erano consapevoli del fatto che non lo avrebbero potuto fare per un bel po' di notti.
"Io ti consiglierei di sorridere, Ai, per quanto le circostanze te lo permettano, un sorriso è sempre una pagina bianca su cui poter scrivere un nuovo inizio. Un sorriso vale molto di più di una lacrima."
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il sole stava tramontando anche nel limbo in cui si trovavano ormai da tempo, anche il quel pezzo di oscurità che li accompagnava tutti i giorni. La luce stava calando, lasciando il posto alla mezzaluna pallida; Ai e Conan erano consapevoli di non poter dormire in pace quella notte, erano consapevoli del fatto che non lo avrebbero potuto fare per un bel po' di notti. Il momento decisivo stava arrivando, loro si stavano avvicinando, ma intanto se ne stavano lì, sulla sponda del lago in cui erano andati in campeggio con l'allegra squadra.
I caldi raggi venivano inghiottiti dalle acque limpide, creando sulla loro superficie una patina giallastra, i due se ne stavano raggomitolati ai piedi di una collinetta, dietro alla quale avevano montato la tenda. Il dottor Agasa era stato gentile a fargli prendere fiato per un po', occupandosi dei piccoli: Ayumi aveva insistito nel portare con sé la brace del padre, Genta e Mitsuhiko avevano voluto attirare l'attenzione della ragazzina aiutandola con il fuoco.
Quel paesaggio era davvero spettacolare: quell'acqua che assomigliava in tutto e per tutto ad uno specchio, era circondata su tutti i lati da possenti colline, che all'orizzonte si scorgevano solo come massicci verdognoli. I due bambini sedevano uno accanto all'altra, con le mani a circondare le ginocchia lei, con le braccia a sostenere la nuca lui, ammirando quell'impagabile tramonto e lasciando portare via, assieme i raggi del sole, anche le preoccupazioni.
Ai guardò alla fine di quella distesa d'acqua: seppur magnifica c'era qualcosa che riusciva a turbarla, un'imperfezione, un difetto intollerabile che non riusciva a spiegarsi. La felpa che le era stata posata sulle spalle non era sua, se ne era accorta da poco a causa della sua grandezza, il dottore gliel'aveva posata sulla schiena quando aveva notato i suoi brividi. Settembre stava finendo, le folate di vento non erano più una novità, ma quella che raggiunse gli occhi lucidi della ragazzina le fece gelare il sangue, e la fece indurre a stringersi ancora di più alla giacca. Riusciva a percepire perfettamente la lana sotto i suoi polpastrelli, ma non osava spostare lo sguardo sull'amico che guardava spensierato e indisturbato quello spettacolo incredibile.
La vista le si era appannata, le dita stavano sbiancando per la quantità di forza che era stata impiegata per tirare a sé l'indumento sportivo. I capelli ramati erano stati scompigliati dalla ventata che quella radura aveva voluto infliggerle, i suoi occhi luccicavano alla luce intensa di quel tramonto ma tutta la sua bellezza veniva sminuita dalla paura che quella volta non si era preoccupata di nascondere. Già li vedeva all'orizzonte, guardava i suoi stessi capelli biondi davanti ai suoi occhi e tremava, tremava perché le ricordavano maledettamente quelli di qualcun altro. Si stavano avvicinando, non poteva negarlo, almeno non a sé stessa, non poteva più accettare che lui continuasse a negarlo!
Velocemente aveva spostato la posizione dei suoi occhi sul bosco che si estendeva da poco più in là fino a molti ettari di terreno, aveva ascoltato il fruscio delle foglie e annusato l'odore del terrore, l'odore di terra da cui proveniamo e dove, prima o poi, ritorneremo. Altrettanto leste, le sue pupille avevano raggiunto l'orizzonte, dove il sole espandeva la sua lucentezza, dove i suoi contorni diventavano un tutt'uno con le colline che, in quel punto, si facevano meno omogenee.
Aveva osservato il cielo dalla sfumatura rosea, si era ricordata del detto popolare "Rosso di sera bel tempo si spera" ma era sicura che l'indomani sarebbe stato infelice. Il rosso è un colore spiacevole, il colore dell'amore e per lei quella era un'emozione inutile, prima o poi sarebbe dovuta finire, come tutte in fondo, era stata creata solo per far soffrire. Era ciò che aveva dedotto dalla sua vita. Era più che certa che il rosso fosse un colore spiacevole, sfortunato e aggressivo, è il colore del sangue, era il colore che per anni aveva invaso la sua vita. Quasi le sembrò di vedere Akemi tra quelle nuvole rosa, quel colore le si addiceva moltissimo, si era completamente abbandonata a quell'immagine quando una voce, la sua voce, la riscosse.

"Ai, la luce cala e calerà sempre e comunque. Il buio non è uno svantaggio, è nostro amico, non rappresenta solo l'organizzazione, significa anche che cosa ci sarà nel loro futuro: il nulla. Ritorneremo anche il prossimo anno qui, e quello dopo ancora, e ti accorgerai quanto davvero è bello questo posto. Prima che te ne accorga, però, passerà del tempo e io ti consiglierei di sorridere per quanto le circostanze te lo permettano, un sorriso è sempre una pagina bianca su cui poter scrivere un nuovo inizio. Un sorriso vale molto di più di una lacrima."

Ai lo guardava dal basso, ora Conan si era alzato in piedi, la fissava con tutta la comprensione e la complicità che lui potesse usare per mascherare la paura che, in fondo, provava. Lo aveva fissato per un momento, ora le sembrava molto più grande, non un diciassettenne sbruffone come appariva agli altri, per lei era un bambino che riusciva a tirarla su di morale come nessuno riusciva a fare, per lei era suo amico.
Aveva sorriso, Shiho Miyano, la vista appannata era sfumata, lasciando il posto ad un tappetto occhialuto di sette anni che la fissava allegro, glielo doveva in fondo. Gli aveva regalato uno dei più splendidi sorrisi che Shinichi Kudo avesse mai visto, neppure la sua Ran riusciva ad esprimere in un solo gesto le emozioni che erano rimaste sigillate per diciotto anni.

Continuava a fissarlo - Un giorno anche tu crescerai, Shinichi, fattene una ragione, ma nel frattempo non ci sarà nessuno a dirti quello che stai dicendo tu a me. - aveva pensato la bambina, ma subito dopo si era ricreduta, Shinichi Kudo non ne aveva bisogno.

Le colline finalmente avevano nascosto quella palla che somigliava tanto al tuorlo di un uovo, intensa qual era, la notte era scesa, il falò era avviato, e, per quanto gli uomini in nero potessero incutere timore, Ai Haibara non aveva mai più avuto paura del buio.  
   
 
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