Quella sera, come tutte le altre, uscì con i suoi amici, avrebbe ballato, si sarebbe ubriacato o avrebbe fumato: la tipica serata estiva monotona, di quelle che rimpiangerai nelle sere d'autunno, mentre studi letteratura greca.
Decise di andare nella solita spiaggia, con la solita musica latina, che amava, le solite persone, i soliti cocktail e il solito spacciatore con manie di protagonismo.
Non aveva grandi progetti.
Quella notte però, la luna sembrava volesse ballare con loro, la musica sembrava più intensa, sapeva che sarebbe successo qualcosa.
Poi capì.
Vide in lontananza quegli occhi azzurri, quella chioma bionda, quelle movenze inconfondibili: così deciso, così sicuro di sé, così bello.
Lo vedeva avvicinarsi, il lido ballava a ritmo della sua canzone preferita, si ritrovarono l'uno al fianco dell'altro.
Notò nel biondo un sorriso spontaneo, uno di quei sorrisi che si formano sul tuo viso che tu voglia o meno.
Uno di quei sorrisi inarrestabili, di quelli che nessuno noterebbe mai, se non il tuo stalker.
E in effetti lui si sentiva un po' stalker, aveva fatto di tutto per convincere i loro amici comuni a portare quegli occhi azzurri nello stesso lido dove intendeva andare lui quella sera, come se ancora sperasse in qualcosa.
Nonostante le centinaia di delusioni, sapeva che non avrebbe mai smesso di sperare, di illudersi.
Poi si sentì stringere il polso e trascinare via da quel posto.
Ci volle tempo perché si accorgesse che la mano che stringeva il suo polso apparteneva al suo più grande desiderio.
Era lui, se lo sentiva, riconosceva il suo odore, intravedeva il suo ciuffo biondo, ricordava le sue spalle forti.
Si fermarono.
Erano in una spiaggia priva di controllori o visitatori.
In quel posto aveva smaltito tutte le sbronze estive.
Decise di fare il primo passo, si liberò il polso e guardò, per quanto si potesse al buio, il volto del suo compagno notturno, riusciva a vedere i suoi occhi, sembrava che quell'azzurro potesse illuminare l'intero lungomare.
Aveva sempre desiderato avere gli occhi azzurri, ma si doveva accontentare di quel nero, che non faceva altro che spaventare chiunque lo osservasse.
Quell'azzurro caratterizzava gli occhi di una sola persona, non poteva che trattarsi di lui: lo spinse, quindi, su un lettino, si stese su di lui ed iniziò a baciarlo, mentre con una mano gli accarezzava il petto e con l'altra gli torturava i capelli.
Il biondo decise di agire, gli sbottonò la camicia bianca e si tolse la maglia.
Lui gli tolse pantaloni e mutande e fece lo stesso con i suoi indumenti.
Iniziò a muovere la lingua sul corpo atletico del biondo, raggiunse zone che fino ad allora aveva solo sognato.
Sembrava usasse la lingua da una vita, il rapitore dagli occhi azzurri non faceva che gemere.
Poi andarono avanti, sempre di più, cercando invano di non farsi sentire da nessuno;
sebbene avesse sempre avuto delle movenze decise, quella notte le spinte del biondo erano timide, tremava, cercava il sostegno dell'altro.
Fu un amplesso meraviglioso, strano, timido, ma spettacolare.
Terminò rapidamente.
Lui si accese una sigaretta, il biondo si rivestì e se ne andò.
Nemmeno una parola.
E lui rimase con la sua sigaretta, da sempre unica compagna di vita, l'unica capace i calmarlo in situazioni come questa.
Finita la sigaretta, si vestì velocemente e chiamò l'amica con cui era andato a ballare quella sera, le disse che non si era sentito bene ed aveva deciso di tornare  casa.
Non avrebbe mai potuto dirle che quella sera, sobrio, forse era stato penetrato dal suo primo amore.