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Autore: LuciaDeetz    25/09/2013    3 recensioni
Frigga ripercorre mentalmente alcuni attimi di vita del figlio secondogenito mentre questi, sconfitto nella guerra sulla terra, ritorna su Asgard come prigioniero.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: consiglio di leggere la fanfic tenendo Nuvole Bianche di Ludovico Einaudi come sottofondo. La trovate qui: youtu.be/kcihcYEOeic


Loki Laufeyson.

Lo aveva amato all'istante quando era un fragile infante dagli occhi cremisi e la pelle blu, appena depostole fra le braccia come una speranza di pace al disumano e perpetuo conflitto.

Lo aveva battezzato quando era un frugolo di un quarto di luna, donandogli a vita quelle quattro lettere il cui significato univa assieme l'intenso legame materno e l'augurio di un'alleanza destinata a non sbocciare mai.

Lo aveva guidato quando era un bambino di poche decine di lune, dalle gambe secche ma agili, dalla solitaria chioma di corvo che spiccava fra le tante dorate, dalla giovane mente ingorda di conoscenza e lo sguardo ignaro e aperto su un mondo superstizioso che ignaro non era.

Lo aveva incoraggiato quando era un ometto alle prese con il primo colpo di stocco e la prima fraterna sconfitta.

Lo aveva rimproverato quando era un discolo selvaggio che trottava all'ombra del fratello e riteneva, a torto, che scorciare i capelli dell'antipatica compagna di giochi fosse una meravigliosa idea per vendicare le derisioni sul campo di battaglia.

Lo aveva lodato quando era un piccolo cacciatore orgoglioso di mostrare a tutti il suo primo bottino, un maschio di cervo dal florido palco di corna che sarebbe diventato il simbolo di un trofeo da portare a testa alta.

Lo aveva scorto quando era un giovane prossimo al giudizio, tanto appartato e immerso nei giochi di prestigio quanto il fratello era immerso in quelli di cappa e spada.

Lo aveva confortato quando era un uomo nel fiore degli anni, con l'improvviso peso sulle spalle di una feroce verità franatagli addosso nel modo sbagliato e delle redini di un regno di cui mai aveva voluto essere re.

Lo aveva visto allontanarsi piano piano e chiudersi in un cieco bozzolo fatto di invidia e rancore e incomprensione, di orrore e disprezzo crescente verso la propria nuda identità, parte di quella stirpe che fin dalla tenera età gli era stato insegnato di odiare.

Lo aveva osservato in silenzio mentre si tormentava per dimostrare il suo valore e conquistare quel frammento di stima e calore paterni che, a detta sua, sbagliando, erano avvelenati da un pregiudizio vecchio di secoli.

Lo aveva visto così cadere preda dello stesso errore del primogenito, ricercando approvazione là dove avrebbe ottenuto solo dissenso.

Lo aveva osservato con orrore mentre l'ultimo giudizio negativo non gli aveva lasciato che la volontà di abbandonarsi nel vuoto.

Lo aveva compianto per settimane credendo di averlo perduto per sempre.

Lo aveva ritrovato, miracolosamente vivo, dopo che stava per abbandonare ogni speranza.

Lo aveva riconosciuto a malapena da sotto la fronte imperlata di sudore, il baluginio sinistro negli occhi, il volto scavato e la spietata insensibilità di un novello assassino.

Lo aveva atteso con trepidazione durante il suo infelice ritorno a casa, in veste di prigioniero sconfitto nella guerra a cui lui stesso aveva dato inizio.

***

Lo guarda a lungo negli occhi finché lui non abbassa lo sguardo sulle catene che gli cingono i polsi, forse per rimorso, forse per risentimento, forse per mille altre sensazioni che lei non riesce a decifrare. Ma qualunque sia l'emozione primaria e la ragione della sua folle vendetta ella non necessita di saperlo, poiché non è questo ciò che le preme di più.

E in forte contrasto con il biasimo collettivo gli getta le braccia al collo in uno slancio di pura gioia.

Perché tutto ciò che le importa è che sia tornato a casa sano e salvo.

Perché è felice di poterlo vedere e amare solamente per ciò che è.

Perché lo ha amato come un secondo frutto del proprio grembo.

Perché lo ha amato come solo una madre può fare.

Perché lo ha amato e vuole che lo capisca.

Perché lo ha amato e lo ama tuttora.

E continuerà ad amarlo ancora.

Incondizionatamente.

Per l'eternità.

Sonur minn.

Loki.
~fin~
E dopo questa fanfic, e dopo la maratona di Nuvole Bianche, posso dichiararmi ufficialmente stravolta sia fisicamente (i miei poveri timpaniii) che psicologicamente.
E' sempre un rischio cliccare a random nella libreria di iTunes, specialmente se, oltre a scegliere una canzone che ti piace parecchio, questa stessa canzone ti accende la lampadina mentale dell'ispirazione improvvisa e ti fa sentire l'impellente bisogno di dare sfogo alla fantasia.
Be'... ho dato sfogo. Il tutto sotto le note della stessa canzone che ora potrei suonare al piano per quanto la conosco bene.
Spero vi piaccia!

Altra nota: alcuni studiosi pensano che Loki significhi "chiudere, annodare". Da qui mi è venuta l'idea per il significato nascosto del nome. Sonur minn invece è il corrispettivo islandese - o almeno, dovrebbe esserlo - di "figlio mio". 
   
 
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