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Autore: Aki_Saiko    25/09/2013    3 recensioni
SPOILER! Per la saga di O/A/C del manga Pokémon Adventures
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Gold è riuscito a sconfiggere Maschera di Ghiaccio, ma ha pagato con la vita il proprio eroico gesto, perdendosi nei meandri del tempo.
Silver, in qualche modo, cerca di continuare a vivere senza di lui.
"Non si capacitava del perché di tutto ciò: aveva sempre considerato Gold fastidioso, irritante e oltremodo egocentrico... eppure, da quando non c’era più, la sua mancanza era diventata qualcosa di opprimente, che impediva a Silver di vivere la sua vita come ogni altro essere umano."
[PreciousMetalShipping] [Waht If?] [Mangaverse]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gold, Silver
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Update 28/08/2019: non so se ci sia ancora qualcuno che utilizza questo sito, nel caso: ho completamente riscritto e restaurato questa fic per pubblicarla su Ao3. Sinceramente non ho voglia, dopo averla riscritta direttamente in inglese, di tradurla in italiano e sostituirla a questa qui. Quindi, se volete leggere la versione 2.0 che è un sacco meglio, andate qui.



[Prima di tutto vorrei avvertire chiunque apra questa shot che in essa sono contenuti spoiler abbastanza pesanti sulla saga di O/A/C del manga Pokémon Adventures, quindi se non l'avete ancora letta TUTTA, keep out. Se invece non ve ne importa nulla degli spoiler, leggete pure, anche se probabilmente non capirete molti dei riferimenti alla trama che si fanno più avanti, e qualche punto potrebbe essere poco chiaro. Lettore avvisato... ]

SONO RIUSCITA A SCRIVERLA FINALMENTE, E' UN MIRACOLO(?).
Avevo questa fic in mente da tantissimo tempo, almeno dicembre scorso, ma non trovavo mai le parole ne lo spunto per iniziarla. Poi ho letto "Tredici", un libro che mi è stato consigliato dalla solita Niakuro, e una frase in particolare ha fatto scoccare la scintilla.
L'idea era "e se Gold non avesse mai fatto ritorno dal suo scontro contro Alfredo?": da questa domanda ho provato ad immaginarmi tutta una situazione assurda e disperata(?) che ora -spero- leggerete, e ne è venuta fuori questa shot. Spero che non sia noiosa, all'inizio doveva essere una flash -si esatto proprio una flash, avete letto bene- ma...ehm... come dire, le mie schifose capacità di sintesi e i #feelings per la mia otp hanno prodotto ben tre pagine di word *fischietta*.
Che dire, spero che vi piaccia e che nel leggerla non vi deprimiate troppo, buona lettura :3

Aki_Saiko



 
Solo il presente
 
 
 “Non si può rivivere il passato. O quello che noi crediamo essere il passato.
Quello che hai è solo il presente”
-Tredici, Jay Asher
 
 
 
Una brutta, bruttissima abitudine che Gold aveva sempre avuto –una delle tante, secondo Silver- era di ficcare, costantemente e caparbiamente, il proprio naso in fatti che non lo riguardavano minimamente. Come quando, ad esempio, aveva deciso di rincorrerlo per mezza Johto invece di lasciare che la non proprio efficiente polizia della Regione facesse il suo dovere. Come quando aveva preso la decisione che loro due sarebbero stati compagni e che, quindi, lui avrebbe combattuto la sua battaglia contro Maschera di Ghiaccio. E come quando, per lottare contro un nemico che non gli apparteneva, aveva finito per comportarsi  –ancora una volta- da eroe e perdersi per sempre nel tempo.
  E Silver non glielo avrebbe mai perdonato.
  Come se ci fosse qualcosa da perdonare, poi. Gold non sarebbe più tornato: forse non poteva considerarsi morto nel senso letterale del termine, certo,  ma ormai era chiaro che nessuno di loro l’avrebbe più rivisto. Silver non l’avrebbe più rivisto.
  Disperso nel continuum spazio-temporale, o di che accidenti si trattava.
  Erano trascorsi circa sei mesi dalla sua “morte”, e il rosso trovava che la vita avesse ripreso a scorrere come se niente fosse in maniera disgustosa: a parte, ovviamente, la madre, sembrava che gli unici a sentire veramente la sua mancanza fossero lui, Crystal e forse il Professor Elm. Green, Red, Blue e Yellow avevano avuto poco a che fare con lui, era comprensibile che dopo un po’ fossero tornati ad occuparsi dei loro affari, come tutto il resto di Kanto e Johto. Anche lui, apparentemente, aveva ripreso la solita attività –ovvero vagabondare in lungo e in largo per il territorio a lui conosciuto- come se il fatto lo riguardasse solo in parte... in realtà, non sopportava che le persone lo compatissero, odiava sentirsi rivolgere le solite frasi fatte da conoscenti o semisconosciuti, anche perché queste non sarebbero certo servite a riportare Gold nel presente.
  Crystal, evidentemente, non si era fatta troppi problemi ad esternare i propri sentimenti, e forse proprio per questo nell’ultimo periodo gli era sembrato che stesse meglio. Qualche volta la passava a trovare, e insieme si incamminavano verso il Bosco di Lecci, a lasciare qualcosa, qualsiasi cosa, su un sasso che era stato improvvisato lapide.
Nessuno dei due parlava molto in quelle occasioni, e quando la ragazza, puntualmente, scoppiava in lacrime, l’unica cosa che Silver potesse fare per lei era poggiarle delicatamente una mano sulla spalla, stringere forte il tessuto della maglietta e denti e pugni ancor più. Per qualche motivo, la sola persona con cui il ragazzo si permetteva di allentare un minimo la corda, era Crystal: forse perché legati da un dolore comune, forse perché compagni di tante avventure; fatto sta che il rosso non aveva particolare timore, di fronte a lei, ad esternare parte di ciò che provava. Però non aveva pianto in nessuna occasione, quello mai. Se doveva versare lacrime, preferiva, come al solito, farlo in solitudine, preferibilmente di notte, ancora meglio se durante uno dei sui numerosissimi vagabondaggi.
  Come quella sera, sulle sponde del Lago d’Ira.
  La Luna era nella sua fase calante, e probabilmente pochi giorni dopo sarebbe scomparsa del tutto, quindi niente romantici riflessi argentei sull’acqua increspata dalle onde. Il Lago era anzi innaturalmente calmo, probabilmente a causa delle mancanza di vento degli ultimi giorni.
Silver era accampato in zona ormai da una settimana, diligentemente ogni mattina all’alba si rifugiava tra gli alberi per occultare la propria presenza, ancorato a quel luogo  solo dall’indecisione sulla tappa successiva del suo peregrinare.
Gli piaceva particolarmente passare la notte all’aperto, sotto le stelle, con la sola compagnia dei suoi Pokémon; in qualche modo lo rilassava e lo aiutava ad andare avanti.
  Come era già capitato tante e tante volte, i ricordi iniziarono a riaffiorare nel momento esatto in cui si decise a spegnere il fuoco e infilarsi nel sacco a pelo. Era incredibile come non ci fosse un posto a Johto che non gli ricordasse una delle tante avventure che lui e il moro avevano vissuto: lì al Lago d’Ira, ad esempio, erano quasi annegati entrambi; come dimenticare una storia simile?
Non poté fare a meno di pensare che Gold, tra un pericolo scampato e l’altro, si sarebbe divertito da matti a narrare i propri viaggi ai giovani di Borgo Foglianova, alcuni terrorizzati a morte, altri, come lui, eccitati all’idea di ricevere il proprio Pokémon dal Professor Elm e partire.
  Riflessioni come queste gli costavano caro –più in generale, ogni cosa riguardante l’idiota lo faceva- perché erano capaci in breve tempo di ridurre in polvere tutta la sua corazza.
Non si capacitava del perché di tutto ciò: aveva sempre considerato Gold fastidioso, irritante e oltremodo egocentrico... eppure, da quando non c’era più, la sua mancanza era diventata qualcosa di opprimente, che impediva a Silver di vivere la sua vita come ogni altro essere umano.
  La verità? Gli mancava da morire- ah ah ah. E non poteva fare a meno, ogni volta, di darsi dello stupido, del deficiente, per aver accettato quella stupida piuma senza dire una parola, per non aver almeno tentato di fermarlo, per non essere riuscito a impedire che scomparisse nel tentativo di vincere la sua personale battaglia.
E quali erano state le ultime parole che gli aveva rivolto?
“Scusami”.
Si era davvero scusato con lui per averlo accusato di aver rubato uno stupido zaino. Era stata l’unica volta da quando lo conosceva che Silver aveva sentito l’amico scusarsi seriamente con qualcuno, e a questo punto sarebbe stata anche l’ultima.
  Poi, puntuale, arrivava anche il ricordo di come tutti loro avevano aiutato Gold nella sua lotta contro Alfredo e di come, distrutto il tempietto di Celebi, questi non fosse più tornato.
La cosa buffa è che all’inizio Silver pensava fosse uno scherzo, era sicuro che il corvino si stesse burlando di tutti loro, solo per il gusto di saltare fuori all’improvviso e osservare le loro facce sconvolte.
  Ma questo non era successo.
I minuti erano passati e nessun Gold era sbucato dalle fronde degli alberi secolari, nessun Gold aveva fatto capolino da dietro una pietra o aveva messo la sua testa piena di ribelli capelli neri fuori dall’acqua del laghetto.
Era calato il silenzio nella radura, e nessuno aveva osato confermare quello che era il pensiero comune.
Cosa fosse successo dopo, Silver non lo sapeva. Perché, semplicemente, quando si era reso conto che grosse e calde lacrime avevano iniziato a scorrergli sulle guance , aveva chinato il capo lasciando che i capelli lunghi celassero le sue emozioni, stretto i pugni più forte che poteva e voltato le spalle al resto del gruppo. E dopo aver preso un grosso respiro, si era velocemente allontanato dal bosco, senza dire niente a nessuno.
  Il flusso dei ricordi, già strazianti di loro, cedeva a questo punto il passo ad altrettanti dolorosi pensieri, o in alternativa ad altri spezzoni di passato.
  Nelle notti particolarmente fredde –o particolarmente malinconiche- faceva uscire dalla sua sfera Explotaro, il Typhlosion di Gold.
Tutti i Pokémon del ragazzo erano stati liberati nel bosco o, in alternativa, affidati alle cure dei vecchietti della pensione. Non Explotaro, però. Quando Silver, Crystal e in seguito perfino il Professor Elm gli avevano detto che era libero e poteva andarsene dove voleva, lui aveva ostinatamente preso la propria Ball tra i denti e l’aveva messa in mano al rosso.
Questi, a furia di insistere, l’aveva con riluttanza accettato nel proprio team, anche se mai lo usava per combattere. Tuttavia gli piaceva il suo calore, e anche se non serviva ad alleviare il suo dolore, qualche volta lo lasciava uscire dalla sfera, perché era l’unico legame che gli era rimasto con il suo Allenatore.
   Quella sera, decise che voleva un po’ più di compagnia.
Explotaro uscì dalla pokéball emettendo il solito verso, carico eppure molto triste, e senza aggiungere o fare altro, si mise al fianco del suo nuovo compagno.
Silver, meccanicamente, prese ad accarezzargli la morbida pelliccia del fianco, che per il colore si confondeva con il prato della notte, distinguibile solo a causa della fiamma che ancora ardeva sulla schiena del Pokémon.
Appoggiò la testa contro la sua pancia, continuando a disegnare dei cerchi ampi in un punto poco più in là. Explotaro  aumentò un poco l’intensità della fiamma, fissando con lo sguardo un non ben definito punto del lago.
Chissà, pensò il ragazzo, cosa ha visto questo Typhlosion dalla sua sfera poké. Chissà se come me si ricorda di ogni attimo passato in compagnia di Gold. Scommetto di sì.
«Manca molto anche a te, non è vero? » era la prima frase che proferiva da giorni.
Explotaro si limitò ad abbassare lo sguardo.
«Sai, non avrei mai pensato di poter sentire così tanto la mancanza di qualcuno. Nemmeno quando mi sono separato da Blue ho sofferto così tanto... questa volta, non so perché, è diverso. »
Non avrebbe mai immaginato che tali parole potessero venir pronunciate da lui, Silver, noto per essere molto poco emotivo e  affettuoso ancor meno.
  Il Pokémon emise un altro verso, simile al primo ma ancor più malinconico.
«Lo so, Explotaro, è difficile. Tremendamente difficile. Eppure, in qualche modo dobbiamo cercare di andare avanti. »
Fece uscire dalla sfera anche il suo fedele Feraligatr, sperando che potesse portare un’ulteriore compagnia.
  Nuove lacrime iniziarono a rigargli le guance, e nel tentativo di cacciarle indietro, si rannicchiò ancora di più contro il caldo Pokémon di fuoco, fallendo miseramente. Ricordare non aveva assolutamente senso, serviva solo a procurargli ulteriori sofferenze... eppure, non poteva farne a meno. In mancanza di una bacchetta magica –di un miracolo- i ricordi erano l’unica cosa che gli era rimasta.
Chiuse gli occhi, nella speranza che il sonno potesse dargli qualche sollievo, anche se ormai non ci contava più.
Senza Gold, non aveva nessuna prospettiva per il domani.
  
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