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Autore: Finnick_    25/09/2013    4 recensioni
“Sai… Tu sei intelligente, capisci sempre tante cose, ma non ne vedi molte altre.”
[...]
“A volte avresti bisogno di una lente d’ingrandimento.”
Sherlock aveva esitato.
“Non… letteralmente. Intendo… metaforicamente.”
“Dove vuoi arrivare, Molly Hooper?”
“Da nessuna parte.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Un paio di cose che ci tengo a dire prima della storia: questo è un tentativo di Sherlolly disperatamentente IC. Il terrore è quello di aver sfociato in OOC, se è così vi prego di farmelo presente. La storia è nata dalla semplice voglia di scrivere qualcosa di leggero e allo stesso tempo intrigante, quindi i capitoli non saranno nè lunghi nè tanti. Devo ringraziare la scrittrice teabox che mi ha dato molta molta molta (aiutatemi a dire molta) ispirazione per la scrittura di questa fanfiction. Detto questo, mi congedo sperando che la storia vi possa piacere e augurandovi di cuore buona lettura! :)




 
La lente
1
 
 
“Sei sicura?”
“Sì.”
“Questa è l’ultima volta che te lo chiedo, Molly.”
“Sai… Tu sei intelligente, capisci sempre tante cose, ma non ne vedi molte altre.”
 
Molly stava in piedi, immobile di fronte alla scala dell’aereo.
Ripensò al dialogo avuto con Sherlock poche ore prima e si morse un labbro.
 
A volte avresti bisogno di una lente d’ingrandimento.”
 
Sherlock aveva esitato.
 
“Non… letteralmente. Intendo… metaforicamente.”
“Dove vuoi arrivare, Molly Hooper?”
“Da nessuna parte.”
 
Lei aveva stretto la maniglia della valigia tra le dita e si era corretta. Lo sguardo triste.
 
“O da per tutto. Sì… Credo di voler arrivare un po’ ovunque.”
 
Quello era stato il discorso più coraggioso che avesse mai fatto a Sherlock. Aveva provato tante volte, in passato, a fargli capire che lui poteva fidarsi di lei, completamente e cecamente. E l’aveva fatto.
Lei lo aveva aiutato. Aveva mantenuto il segreto. Poi Sherlock era tornato, dopo anni.
Si era riappropriato della sua vita, anche se faticosamente, e adesso aveva ritrovato tutto ciò che era suo.
Tranne una cosa.
Molly era arrivata a pensare che agli occhi di Sherlock lei non fosse altro che una cosa e che solo John potesse rappresentare per lui la vera persona.
Tra le altre cose, questo era il motivo principale per cui aveva deciso di partire.
Aveva pensato di lasciare il Barts, così non avrebbe più dovuto vedere Sherlock.
Ma che giustificazione avrebbe dato a tutti?
Poi era ritornata sui suoi passi: perché andarsene? Restare. Patire, ma restare.
Essere disposta a sopportare il fatto che Sherlock si fosse ripreso tutto, tranne lei. Stringere i denti ed osservarlo entrare nel suo laboratorio ogni giorno, passarle accanto, fare qualche analisi e andarsene.
Senza mai rivolgerle la parola.
Molly fissò quelle scale e affondò una mano nella tasca, mentre con l’altra teneva il bagaglio.
No, non poteva sopportarlo. Da quando Sherlock era tornato, lei non era più stata considerata.
Letteralmente. Lui non l’aveva degnata di un saluto, non le chiedeva più aiuto per i casi, si era fatto assegnare una nuova patologa.
“Già, ecco…” sussurrò, mentre attorno a lei i passeggeri stavano salendo sull’aereo.
Era stata quella la molla.
E quella di partire aveva rappresentato la decisione più coraggiosa della sua vita. Non vile. Il vile lì era Sherlock.
Aveva fatto ogni preparativo, si era fatta aiutare da Lestrade e Mycroft per trovare un nuovo ospedale dove lavorare, lontano. Ovviamente prima li aveva messi sotto giuramento per non correre il rischio che Sherlock venisse a sapere qualcosa.
Poi aveva deciso di andare a salutarlo.
Dopo un anno dal ritorno dell’uomo che amava, lei se ne stava andando.
E non le importava se Sherlock in quel periodo di tempo non le aveva mai rivolto la parola.
Lei, quella mattina, si era presentata a casa sua e si era congedata.
Più o meno con onore.
Più o meno come si sentiva capace di fare.
 
“La…  La nuova patologa è brava.”
 
Aveva concluso, esitando e trattenendo il fiato, prima di lasciare il 221B per sempre.
 
“Molly Hooper…”
“Ciao Sherlock.”
 
Sherlock aveva, forse goffamente, tentato di convincerla a restare, creando un enorme paradosso tra il suo comportamento nell’ultimo anno e le parole che cercava di pronunciare.
Averlo messo in difficoltà avrebbe rappresentato per lei una vittoria, in una qualsiasi altra circostanza.
Ma non in quel momento.
Strinse forte il manico del bagaglio a mano, soppresse le lacrime e decise di salire a bordo.
Mostrò il biglietto alla hostess, che le indicò gentilmente il suo posto.
Lei ringraziò e si diresse in modo alquanto sgraziato verso il suo sedile, facendosi spazio tra giovani in gita, vecchi ubriachi e mamme esasperate.
Salutò sbadatamente una giovane seduta sul sedile accanto al suo, caricò la valigia sul porta bagagli e si lasciò cadere sul sedile.
Sussultò un istante, quando si accorse di essersi seduta su qualcosa.
Tastò la superficie di pelle e tirò fuori un oggetto che le mozzò il fiato per qualche secondo.
“È una bella lente. Antica” ammiccò la ragazza accanto a lei.
Molly non rispose e rimase ad osservare la lente di ingrandimento fra le sue mani.
A volte avresti bisogno di una lente d’ingrandimento.”
Aveva detto quella mattina a Sherlock. Fece per voltarsi verso la ragazza e chiedere informazioni, ma lei era sparita. Si alzò impulsivamente dal seggiolino e la cercò davanti e dietro di sé, ma scorse solo tanta gente intenta a leggere libri e giornali che impedivano di scorgere i volti dietro ad essi.
In quel momento passò la hostess ad obbligarla a rimettersi seduta e la voce del comandante parlò.
  
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