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Autore: ImInAcOmA    25/09/2013    1 recensioni
"Matt lanciò un’occhiata nella direzione in cui quello era sparito. Un impulso istintivo.
Come pensava. La porta, con la scritta RADIOHEAD, era chiusa. Sprangata.
-Che cazzo di gente-pensò".
Ciò che forse mai nessuno ha osato fare...........
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Matthew Bellamy
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Precisazioni burocratiche: i Muse e i Radiohead non mi appartengono perciò mi esonero da qualsiasi responsabilità e bla bla blaaaa…dalle responsabilità di subire le conseguenze di ciò andrete a leggere qua sotto, ahimè, non posso esonerarmi.
 Doveva essere una one-shot, ma l’ho divisa in due parti per non rendervi pesante la lettura. 
Okay, me lo sento, è la volta buona che mi bannate. Vi amo lo stesso, anche solo per il tempo che sprecherete a darci un’occhiata, e…chissà, magari a qualcuno piacerà…
Cheers xxx
ImInAcOmA

 
 
Image and video hosting by TinyPic Fanno di tutto per assomigliarci, ma non sembrano divertirsi un granchè. Quei ragazzi hanno proprio bisogno di darsi una svegliata, e in fretta”.
Gliel’avevano riferito nel backstage, a sei ore dall’inizio del concerto.
Già, il palco del Reading quella notte sarebbe appartenuto a loro. Non era il caso di farsi toccare dalle insensate e spavalde dichiarazioni di Greenwood.
- Hai sentito?! –
Oh, ecco perché aveva deciso di non dirglielo. Invece lo erano venuti a sapere lo stesso.
Li guardò con quei vispi, abbaglianti occhi blu e fece spallucce.
- E allora? C’è qualche problema? –
Chris e Dom continuavano a blaterare cose del tipo “machisicredonodiessere cocainomanidepressidelcazzo glificcounabacchettasuperilculo”, Matthew Bellamy si concentrò su un puntino invisibile del pavimento e pensò che quella sarebbe stata la notte in cui i Muse avrebbero potuto dire: “ce l’abbiamo fatta”.
 

Il distributore delle bibite era in comune, nel backstage, all’inizio di un lungo corridoio in cui erano collocati i vari camerini. Si poteva dire che si sentivano solo loro. Matt e la sua risata da schizzopatico, innanzitutto. Immediatamente reduci dal più grande show che forse avevano dato sin’ora, Dom faceva lo streeptease con l’asciugamano, Chris ci si strofinava energicamente la criniera di ricci capricci, e Matt se la teneva attorno al collo, passandosela sulla nuca ogni tanto…così come faceva un ragazzo tra quella brulicante folla di rockstar, vicino al distributore, mettendosela sulla testa quasi a nascondersi. E guardò per un attimo Matt, con quegli occhi tormentati, e cambiò direzione e se ne andò.
Nello sportellino caddero tre coca cole con un tonfo sordo. Scelta perfetta, come se non fossero già abbastanza sovraeccitati.
Matt lanciò un’occhiata nella direzione in cui quello era sparito. Un impulso istintivo.
Come pensava. La porta, con la scritta RADIOHEAD, era chiusa. Sprangata.
Che cazzo di gente”, pensò. E fu ben contento di non essere come loro quando vide che Dom aveva già accalappiato due ragazze.
“Mah, sarà il profumo che si mette…altrimenti non si spiega! Che poi, gliel’ho pure regalato io quel profumo”
- Hey, Dom, hai intenzione di importunare le mie ragazze ancora per molto? –
A quel tono intriso di charme e sicuro di se i visi delle ragazze si sciolsero in un sorriso ebete e come in automatico si afflosciarono letteralmente addosso a Matt, il cui risolino da criceto in quel momento passò persino per sexy.
- Sono sudato, ho appena finito di suonare –
Una delle due per tutta risposta gli strofinò il naso contro il collo, vide Matt irrigidirsi, con un dito gli sfiorò i nervi e le vene che ancora pulsavano, calde, e gli voltò il viso costringendolo a due centimetri dalle sue labbra carnose e prive di alcun ritegno.
- Beh, andiamo in albergo - , fu la diplomatica conclusione di Dom alla vista della scena.
 

- Aspettate, aspettate un attimo! –
La bionda –che no, non sapevano neanche come si chiamasse, e non è che gli importasse più di tanto- iniziò a gesticolare con la manina morta, fermandosi all’entrata dell’albergo
- Sisi, Betty, vi aspettiamo qui! - , disse chiudendo la chiamata.
Betty?? Nel cervellino contorto di Matthew già si formò l’immagine di una donna tutta tette e culo con zeppe rosso ciliegia, il resto dei vestiti varipinti, due trecce bionde, i denti a zappa e il rossetto viola, che gli veniva incontro sorridendo e dicendo “scopiamo” con la S moscia. Inquietante.
- Ma non potete dirle di raggiungerci sopra? –
Dom non era il tipo esemplare che portava pazienza.
- Ma stanno proprio per arrivare! Sono dietro l’angolo –
- Oh oh, aspetta, ma quante sono? –
Le ragazze si guardarono, poi presero a contare concentrate sulla punta delle unghie smaltate.
- Sono in cinque! –
Dom guardò il suo migliore amico.
- Mmmh - , fu il commento di Matt, accompagnato dal sorriso più pervertito che un essere umano possa sfoggiare.
La silenziosissima suoneria del cellulare di Matt, Freedom dei Rage Against The Machine, fece l’eco nell’umida e buia strada di fronte all’hotel. Tra poco avrebbe iniziato a piovere.
- Oh, sei uno scassacoglioni… Si, si, arrivo…A chi devo chiedere le chiavi?...Ma sei sicuro che me la fanno guidare? Ah, machissenefrega, la guido lo stesso. Un BMW, cazzo! –
Toccò “fine chiamata” con quel suo ditino nervoso che pareva avesse paura di frantumare lo schermo.
- Chi era? - , gli chiese Dom.
- Tom. E’rimasto bloccato laggiù, a piedi. Coglione. Vado e torno –
 

Non lo sopportava più. Avrebbe voluto tappargli la bocca con un calzino puzzolente. Proprio in quel momento era arrivato il normale calo di adrenalina postconcerto, e proprio in quel momento la parlantina di Tom aveva attaccato a go go. La pioggia sbatteva sul parabrezza, insistente, le luci bianche, arancioni, si tuffavano nell’asfalto e nelle pozzanghere lanciando bagliori passeggeri sul suo viso, concentrato al volante. Oh, illuminazione. Una piccola liquoreria. In quel momento gli balenò in testa l’immagine di Dom l’attimo prima di salire sul palco, in preda ad un attacco di disperazione perché si era dimenticato che sul tourbus erano finite le scorte di Jack Daniel’s.
- Mi fermo un attimo, Tom –
- Oh, io comincio ad andare in albergo. Tanto sono due passi. Non comprare tutto il negozio –
Ma che bravo, giudizioso manager. Peccato che poi se birra, vodka e whisky finivano, era perché finivano nel suo stomaco.
Con il proprietario del negozio che lo seguì con gli occhi stralunati mentre usciva, perché probabilmente l’aveva riconosciuto, il ragazzo scese nei sotterranei dell’hotel per parcheggiare la macchina. Si trovavano in un vicolo a circa cento metri dall’entrata. Con la sua bottiglia di Jack Daniel’s sottobraccio, si incamminò da bravo verso l’albergo, tirando su il cappuccio per ripararsi dal diluvio. Caldo, tette e lenzuola, ecco cosa lo aspettava di sopra. E senza neanche accorgersene accelerò il passo, e il sangue iniziò a scorrergli più velocemente preriscaldandolo.
Ad un tratto, a due passi dalla grande porta a vetri, vide, voltandosi per caso verso la strada, una sagoma scura, contorta e traballante che cercava di attraversare proprio mentre in lontananza si scorgevano i fanali di una macchina che avanzava sul rettilineo a grande velocità. La strada era troppo larga. Non ce l’avrebbe mai fatta. Con la lucidità di pochi nanosecondi, Matthew si lanciò verso l’essere e lo trascinò con se all’indietro. Lo strattone non fu così violento, e immaginiamoci quanta forza possa averne uno di Matthew Bellamy, ma il tizio barcollò e rovinò a terra. Si contorse tentando di alzarsi sui palmi delle mani. Il fiato corto di Matt usciva in soffi di condensa nella notte nera, nera ma non abbastanza da far si che non si accorgesse di due luccichii che gli penetrarono lo sguardo, uno più offuscato dell’altro, e di qualcosa che luccicava un po’ dappertutto sulla sua faccia, e non era pioggia. Era tutto sgualcito e fradicio. Il jeans che gli andava due volte e la felpa marrone chiaro che gli andava tre. La testa cominciò a ricadergli all’indietro, e quasi si riaccasciò sull’asfalto. La vista del sangue gli faceva venire da vomitare, ma Matt si inginocchiò accanto a lui e fece per sorreggerlo.
- Hey –
Si ritrovò con la faccia a terra e l’attimo dopo il dolore allo zigomo gli fece realizzare cos’era successo.
- Fuck you, bitch! –
Si diresse verso l’albergo, tastandosi sotto l’occhio e aspettandosi del sangue. Poco. La pioggia l’aveva già lavato via. Meglio così. Avrebbe avuto più di una ragione per fare a pezzi Thom Yorke.
 

 
  
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