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Autore: taisa    26/03/2008    2 recensioni
Su di un pianeta ai confini della galassia un, piccolo, guerriero cerca la sua strada per realizzare i suoi sogni.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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FREE WILL

FREE WILL

*

Nel locale regnava il buio, ma nonostante ciò gli schiamazzi dei commensali erano abbastanza rumorosi da sottolineare la vita in quella zona.

Quello era, forse, il posto più vivo in un luogo di morte.

Oltre a quel singolare bar, infatti, regnava solo il silenzio.

Lunghi corridoi di metallo immersi nelle tenebre ed abitati solo da carcasse in decomposizione sui cigli delle strade.

Nessuna forma di vita sembrava voler osare passeggiare tra i rifiuti umani ed il tanfo in grado di uccidere l’olfatto al primo respiro.

Solo ogni tanto i passi leggeri rimbombavano al suolo guardandosi bene dal trattenersi troppo oltre in quel pattume.

Una figura, quella notte, si addentrò per le vie illuminate solo da una flebile luce proveniente da uno dei satelliti che danzavano attorno a quello squallido pianeta.

L’uomo, dalla corporatura minuta per essere un guerriero, si fece largo tra i carcami macchiando i suoi stivaletti in lattice del colore della fanghiglia riversa al suolo.

Era meglio non domandarsi da dove fuoriuscisse quella melma ed, a onor del vero, poteva anche trattarsi di un miscuglio di liquami.

Lo stivaletto bianco del viandante si fermò proprio davanti a quel locale soffermandosi ad ascoltare la cagnara che si preparava ad affrontare.

Il suo capo, coperto dal cappuccio di un singolare mantello, si scostò per leggere l’insegna della locanda.

L’ombra di un sorriso si dipinse sul suo volto appena visibile da sotto il copricapo.

La sua mano si allungò verso la porta scostandola affinché potesse accedere nel locale.

L’uscio cigolò sinistro, ma nessuno sembrò distogliere la propria attenzione dalle attività nella quale erano impegnati.

Un notevole odore di alcool lo investì in pieno cancellando la precedente percezione olfattiva che gli aveva occupato le narici.

Un paio di passi all’interno del bar bastarono a fargli dimenticare gli orrori, alla quale era però abituato, che aveva oltrepassato per giungere in quel luogo.

Non si guardò attorno, il nuovo arrivato, proseguì il suo incedere verso il bancone con la sicurezza di un individuo che aveva più volte visitato quell’ambiente.

Ignorando, tra le altre cose, una rissa in pieno svolgimento che sembrava non destare l’interesse di nessuno.

“Come va, Utor?” domandò accomodandosi al bancone salutando con un cenno della mano il barman.

L’uomo, dalla stazza grassa e corpulenta, si voltò a guardare il cliente cercando di scorgere oltre il copricapo.

Utor dovette attendere che l’ospite si liberasse dal cappuccio, con un gesto della mano, prima di riconoscerlo.

Sorrise, appurando che si trattava di un viso conosciuto “Guarda guarda chi è tornato dalla missione” lo saluto avvicinandosi, “Cosa posso offrirti, Zeftar?” aggiunse osservando il cliente.

*

Il mio nome è Zeftar, vengo dal pianeta Chindo.

La stella dove sono nato e cresciuto è attualmente conosciuta come Pianeta Freezer n°37.

Sono passati anni ormai da quando gli uomini del Potente Freezer hanno attaccato la mia gente, i chindoniani.

Sul mio satellite ero il guerriero numero uno, nonché promesso sposo della principessa.

Dove sono adesso, invece, sono conosciuto come un qualunque mercenario.

Perché, mi vergogno ad ammetterlo, è ciò che sono diventato.

Ora posso vantarmi di essere ancora vivo non per la mia grande forza, ma per la mia grande codardia.

Ho pianto per avere la mia vita, ho supplicato ed ho rinunciato ad avere una dignità.

Pur di restare in questo mondo ho preferito tradire il mio stesso popolo sterminando, con queste mani, molti dei miei fratelli, tra qui Tea, la mia sposa.

Appartengo all’esercito sterminatore, adesso.

Perché vi sto dicendo tutto questo?

Non lo so esattamente, forse vorrei che ascoltasse la mia storia…

*

“Dammi il solito, Utor” ordinò il nuovo venuto dando un’occhiata all’interno del locale.

Guerrieri ubriachi, malconci e malmenati oziavano nell’unico posto in cui era permesso divertirsi.

“Vedo che qui non cambia mai nulla” constatò parlando col proprietario intento a servirgli l’ordine.

Utor afferrò una bottiglia dall’aspetto malsano e lo versò in un bicchiere dall’igiene precaria, “Già, sempre la stessa gentaglia frequenta questo posto” concordò schivando, con l’assoluta noncuranza, un tavolo volante che colpì il bancone.

Anche Zeftar sembrò non badare al lancio di oggetti alle sue spalle, “Immagino che non ci sia di meglio che ubriacarsi su questo pianeta” suppose volgendo lo sguardo nuovamente al resto della marmaglia che affollava la locanda.

Poi lo vide.

Gli occhi color ambra dell’ultimo arrivato scrutarono la figura minuta di un bambino all’interno del locale.

Lo sguardo chino sul suo bicchiere mentre sembrava ascoltare solo la voce dei suoi pensieri.

Assorto e dagli occhi troppo adulti per un marmocchio della sua età.

Sembrava un piccolo uomo, un bambino nato grande, un adulto prematuro.

“Utor, chi è quel bambino?” domandò senza scostare le sottili pupille dal soggetto della sua frase.

Il barista appoggiò il bicchiere davanti al suo interlocutore asciugandosi, successivamente, le mani tozze con uno straccio.

Scrutò lo sguardo del cliente seguendone la direzione per incrociare ciò che l’amico stava osservando, “E’ il principino dei Saiyan, credo si chiami Vegeta” spiegò tornando ad osservare il chindoniano.

Zeftar inarcò pensieroso un sopracciglio senza mai distogliere lo sguardo “Saiyan?” domandò sorpreso, “Pensavo si fossero estinti” si ricordò.

Erano ormai anni che Zeftar si trovava in missione, pertanto non era aggiornato sui cambiamenti avvenuti in quella zona dello spazio aperto.

Lui sapeva solo che il pianeta Vegeta-sei fu colpito da un potente meteorite, quindi distrutto.

Utor tornò a guardare l’altro, “Sono sopravvissuti solo in tre all’esplosione del loro pianeta e quel bambino è il più forte. Pensa che il Potente Freezer lo tiene sotto la sua ala protettiva” spiegò asciugando, con un panno lercio, un bicchiere.

Lo sguardo di Zeftar si fece pensieroso, una strana luce s’illuminò nel suo sguardo, “Molto interessante” pronunciò flemmatico.

*

Quella fu la prima volta che lo vidi.

Il bambino dagli occhi da adulto.

Aveva qualcosa di diverso rispetto da tutta la marmaglia che vedevo circolare per i corridoi.

Non era meno assetato di sangue, ma il sangue che reclamava pareva avere un sapore diverso.

Al contrario di tutti gli energumeni arruolati in questo esercito, lui, non sembrava accontentarsi della posizione che aveva nell’armata.

Sebbene il suo ruolo fosse di spicco e di grande importanza.

Non erano in molti, infatti, a poter rivolgere la parola al Potente Freezer, meno ancora erano quelli scelti dal tiranno stesso.

Eppure, il piccolo principe, bramava qualcosa che andava ben oltre i privilegi che già aveva.

Forse non lo sapeva ancora, nonostante quello sguardo disperso e di ghiaccio tipico di un uomo dai grandi propositi.

Era pur sempre un bambino.

*

Si era stufato di restare seduto in uno stupido bar, circondato da idioti indegni della sua presenza.

Quei guerrieri dalle infime capacità combattive non potevano neanche lontanamente permettersi di leccare la suola delle sue scarpe.

Per questa ragione si allontanò dalla locanda, stufo di essere circondato da beoti talmente stupidi da rasentare il circuito mentale di un’ameba.

Troppo chiassosi, troppo invadenti e troppo inutili per i suoi gusti.

Chissà per quale assurda ragione avevano visto la luce delle creature così insignificanti.

“Oh, Vegeta” lo chiamò una voce che irruppe tra i suoi pensieri di disprezzo.

Il principino alzò il capo incrociando gli occhi dell’energumeno pelato.

Nappa osservò il proprio sovrano con sguardo piuttosto timoroso, nonostante cercasse di nasconderlo.

Anche lui non era degno di respirare la sua stessa aria.

“Ti abbiamo cercato dappertutto, Vegeta. Sembra che, il Potente Freezer, voglia conquistare alcuni pianeti della galassia del Nord” spiegò il leccapiedi restando sull’attenti.

Una scena oltremodo buffa, per chi non conoscesse le due figure.

Un uomo adulto dalla notevole stazza tramava davanti ad un bambino di sei o sette anni.

Ironico come, in realtà, il marmocchio sembrasse addirittura più grande del suo interlocutore.

Vegeta, infatti, pareva essere in grado di schiacciare la montagna umana con la sola imposizione di una mano.

E non era solo un’impressione.

“Galassia del Nord?” domandò il piccolo sopraffattore in una tonalità semplice ed asciutta, quasi indifferente.

Nappa annuì deglutendo, “Sì, credo voglia affidarci una missione” suppose squadrando il sovrano in un atteggiamento servile.

L’imperscrutabile ragazzino volse lo sguardo davanti a sé imbronciandosi, mentre una punta di disprezzo si dipinse sui suo volto in un accenno appena visibile.

“Il Potente Freezer mi affida sempre pianeti insignificanti” si lamentò increspando le sopracciglia.

Il sottoposto sbatté le palpebre stupito, “Non sai nemmeno che pianeta ti affiderà” gli ricordò seguendo il suo capo che, nel frattempo, cominciò ad avviarsi.

Vegeta digrignò i denti in maniera infastidita “Nella galassia del Nord non c’è nessun pianeta che valga la pena conquistare” s’indignò il giovane principe.

*

I guerrieri dell’esercito di Freezer vivono solo per se stessi e per lottare.

Per uccidere.

Non si ha il tempo di farsi delle amicizie.

L’unico modo che si ha per avere contatti con gli altri è conquistarne il rispetto.

È raro, infatti, che due guerrieri comunichino tra di loro se non appartengono alla stessa razza.

Eccezion fatta, come dicevo, per i guerrieri che hanno il tuo rispetto.

Della mia razza sono rimasto solo io; nessuno, a parte me, è sopravvissuto allo sterminio di Chindo.

Non ho il rispetto di molti guerrieri, pertanto non comunico praticamente con nessuno.

Per persone come me, emarginate, ci sono solo tre modi per ottenere delle informazioni.

Il primo è parlare col buon vecchio Utor.

Lui non è un guerriero, quindi non fa distinzioni; proprio per questo conosce ogni combattente che viene assoldato.

Questo perché tutti, prima o poi, mettono piede nella sua locanda; e tutti, alla prima occasione, si presentano.

Il secondo metodo è tenere le orecchie aperte ed avere un buon udito.

Infondo, questo ambiente, è abitato da stupidi stolti dal cervello atrofizzato.

Gli unici metodi di conversazione qui sono le lotte all’ultimo sangue e il conteggio delle proprie vittime.

In sono un traditore, non un assassino; benché ci sia poco da andarne fieri; posso, però, vantarmi di avere un cervello funzionante e, soprattutto, un buon udito.

*

Zeftar socchiuse l’uscio del suo alloggio, se così poteva essere definito, sbuffando sonoramente.

Alzò lo sguardo al cielo color della notte; che fosse davvero notte, però, non ne era affatto convinto.

Su quello stramaledetto pianeta era impossibile distinguere le ore notturne da quelle diurne, il sole non ne risplendeva mai la superficie.

Ecco una cosa che, sicuramente, non gli era mancata durante la sua missione; ma che, ancora di più, gli mancava di Chindo.

Adorava il cielo dorato del suo pianeta ed adorava rivolgere lo sguardo a quell’enorme cupola che sembrava proteggerlo dallo spazio sconfinato.

Era tornato da diversi mesi, ma la voglia di andarsene nuovamente si faceva sentire giorno dopo giorno.

“Ho sentito che il principe Vegeta è appena tornato dalla sua missione” udì dire ad un commilitone dialogando con un collega.

Zeftar tese l’orecchio volgendo lo sguardo ai due soldati che, ignari della sua presenza, continuarono a parlare tra loro.

“Di già?” esclamò sorpreso il secondo militare, “E’ andato in missione appena un mese fa” constatò fissando l’altro, quasi avesse davanti una figura evanescente.

Il primo alzò le spalle con noncuranza, “Cos’hai da stupirti, Matara, infondo è il privilegiato del Potente Freezer” gli fece presente disegnando sul suo volto un’espressione trionfante “Anche se…” commento divertito lasciando cadere la frase.

Matara osservò il compagno d’armi sempre più intrigato “Anche se?” lo incalzò a continuare curioso.

“Anche se stare troppo vicini al sole è pericoloso” continuò enigmatico Sogar suscitando l’interesse, sempre più spasmodico, dell’altro.

“Cosa vuol dire?” volle sapere Matara spronando l’amico a continuare.

Sogar si guardò attorno attento a non essere udito da orecchie indiscrete; all’oscuro del chindoniano accovacciato dietro alcuni bidoni.

“Sembra che, il Potente Freezer, volesse conquistare quel pianeta in molto meno” bisbigliò all’amico, “Sai com’è fatto, no? Se Freezer si arrabbia chi ha provocato le sue ire può considerarsi un uomo morto” specificò alzando l’indice di una mano.

Matara incurvò un sopracciglio “Lo hai detto anche tu, Sogar; Vegeta è il protetto di Freezer, lui non rischia di essere ucciso” gli ricordò scettico dalle parole dell’altro.

“No, si dice che il suo unico privilegio sia quello di restare vivo” sibilò sinistro causando l’inquietudine del compagno.

Zeftar strizzò gli occhi piuttosto indeciso adagiandosi una mano al mento.

Non ebbe il tempo di formulare altri pensieri.

Un’esplosione scosse l’intero pianeta.

I tre guerrieri alzarono lo sguardo verso il palazzo centrale, lì dove si trovavano le stanze del principe dei Saiyan.

*

Non fu l’ultima volta che sentì un discorso simile; e le continue esplosioni provenienti da quelle stanze non fecero altro che accreditare le voci.

Non mi ero mai avvicinato al principe dei Saiyan, troppo recalcitrante per essere avvicinato anche solo per un saluto e, cosa ancor più importante, lui non concedeva il rispetto a nessuno.

In molti avevano provato a guadagnarsi la sua stima; l’unica cosa che avevano ottenuto era andare all’altro mondo senza lasciare la minima traccia.

Dimenticati con la sola imposizione di una mano.

In pratica, il piccolo sovrano, rivolgeva la parola solo ai suoi simili e agli uomini di grado superiore, o pari.

Poche cose si sapevano di lui, in realtà; una di queste era la sua proverbiale efficacia in battaglia.

Si diceva, infatti, che mai una volta era stato ferito; eppure non era raro scorgere il suo volto segnato da grosse cicatrici di tanto in tanto.

*

“Ci hai messo più tempo del previsto, Vegeta” sibilò la voce sinistra e gelida proveniente da dietro una sedia volante rivolta verso la vetrata della stanza.

Il giovane Saiyan strinse i denti esibendosi in un piccolo inchino necessario, più che altro, a nascondere la sua espressione contorta in una smorfia di disappunto, “Chiedo perdono, Potente Freezer” mormorò il ragazzino non del tutto convinto delle sue parole.

Freezer fece roteare il vino rosso nel suo calice, mentre i suoi occhi, color del fuoco, si assottigliarono celando pensieri inaccessibili.

“Vegeta, sei un povero inetto” pronunciò serio incutendo, nel bambino, dell’astio che dovette, a forza, trattenere.

Vegeta restò a fissare i suoi piedi nell’ingrato compito di trattenere la sua collera.

“Cos’hai da dire, a tua discolpa” garrì l’essere dalla lunga coda bianca.

Indugiò alcuni secondi, Freezer, in attesa di una qualsiasi giustificazione; la sola cosa che ottenne fu il silenzio.

Il singolare veicolo sulla quale era seduto si giro galleggiando verso il suo interlocutore che, di sottecchi, gli rivolse lo sguardo imbronciato.

“Come desideri, principino… Zarbon, Dodoria; accompagnatelo nelle sue stanze” ordinò viscido sorseggiando dal suo bicchiere.

I due sgherri dell’uomo ghignarono divertiti avvicinandosi alla loro preda.

Vegeta alzò il capo scrutando le figure davanti a sé.

Restò immobile attendendo la sua punizione immeritata.

*

Non saprei dire, con esattezza, come mi venne l’idea.

La sola cosa che ricordo è che volevo, ad ogni costo, salvare quel che restava della mia dignità.

Il mio era un metodo rivoluzionario ed assolutamente folle, ma era una cosa che andava fatta.

Era la mia solo speranza di salvezza.

Chissà, forse sono semplicemente portato per queste cose, oppure sono soltanto molto più stupido di quando avessi mai creduto.

Fatto sta che volevo andarmene da lì e volevo farlo con le mie gambe.

Anche in caso di fallimento potevo definirmi soddisfatto, in caso di sconfitta l’onta di vergogna che aveva distrutto il mio popolo si sarebbe estinta per sempre.

Io sono l’imbarazzo di Chindo.

Non so se lo facessi più per riscattare la mia gente o per riscattare me stesso, sapevo che dovevo farlo, ma da solo era impossibile.

L’onore ed il rispetto in questo luogo sono indispensabili e io non avevo nessuno dei due.

Fu però facile trovare persone che soffrivano della mia stessa emarginazione.

*

Lo sguardo di Utor si fece perplesso e sorpreso appena udì le parole uscite dalla bocca di Zeftar.

Incredulo sbatté le palpebre più volte assicurandosi da aver compreso bene ciò che il chindoniano stesse dicendo, “Come puoi anche solo pensare ad una cosa del genere? Zeftar tu devi essere impazzito!” esclamò il barista esterrefatto dalle intenzioni del suo abituale cliente.

L’espressione di Zeftar, però, non era quella di un uomo in vena di scherzi, né di chi potesse dare cenni di follia.

Il chindoniano, infatti, dimostrò la sua totale persuasione per ciò che stava facendo.

Utor, una volta compresa la serietà di quelle parole, sospirò rassegnato guardandosi attorno guardingo; assicurandosi, ancora una volta, che non vi fossero orecchie indiscrete in grado di udire quella conversazione.

Quel discorso poteva costare la vita ad entrambi.

“Stammi a sentire, ragazzo, posso farti i nomi che vuoi, ma ti avverto, non coinvolgermi oltre nelle tue follie. Se vuoi morire muori da solo” concluse mostrandogli il dito tozzo.

Zeftar sorrise soddisfatto, “Certo non preoccuparti vecchio mio, nessuno saprà quel che ci siamo detti” gli assicurò mostrandogli uno sguardo sicuro e risoluto.

Non era da Zeftar mostrare quello sguardo, fu forse per quel motivo che il proprietario sembrò convincersi delle sue intenzioni.

“Allora stammi a sentire, perché te lo ripeterò una volta soltanto…” cominciò serio, “Roia viene dal pianeta Iroi ed è un guerriero molto…”

*

Vi è mai capitato di tramare davanti ad una persona?

Qui capita spesso.

In questa società costruita sulla morte è all’ordine del giorno rabbrividire al cospetto di guerrieri nettamente più potenti di te.

È denigrante, ed anche un po’ umiliante, raggelare anche solo incrociando il passo con i guerrieri che si incontrano semplicemente camminando.

Eppure è così e lo è per tutti.

Nessuno lo ammette apertamente, ma tutti lo sanno.

In certi casi, però, è innegabile la paura che ti scorre per le vene.

Non a caso, qui, esistono delle classi; ed io appartengo alla categorie di persone più bassa.

Solo feccia.

Lui, invece, fa parte dell’elité.

*

Zeftar percorse i corridoi soprappensiero.

Aveva una lista di nomi e il compito di rintracciarli tutti.

Poteva vantarsi di essere molto intelligente, cosa che non tutti avevano la facoltà fare; poteva vantarsi di avere una buona memoria e ringraziava che solo Utor, e pochi altri, ne avessero la stessa facoltà.

Furono i passi leggeri e decisi che lo distolsero dai suoi piani.

Lentamente alzò il capo attendendo di osservare la persona che stava per incrociare sulla sua strada.

E, se doveva essere sincero, di tutte le persone, lui, era l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.

Zeftar tremò appena riconobbe la sagoma che, lentamente, si stagliò davanti ai suoi occhi.

Il suo sguardo si contrasse in un’espressione sorpresa e spaventata.

Non era la prima volta che lo vedeva, ma la prima che incrociò la sua strada.

Per il chindoinano fu come essere investiti da un macigno dalle abnormi dimensioni.

Era come essersi accorti, solo in quell’istante, dell’esistenza di qualcosa chiamata gravità.

Le sue mani cominciarono a sudare; mentre le sue gambe non sembravano più in grado di reggere il suo stesso peso.

In un movimento agghiacciato le sue pupille si spostarono sullo sguardo della persona che, ormai, era ad un passo da lui.

Fu ancora peggio.

Incrociare lo sguardo del bambino, infatti, fu come ricevere un pugno dritto nello stomaco.

Zeftar s’inchinò quasi istintivamente, in un gesto che compì al solo scopo di non essere trafitto dagli aghi acuminati che erano i suoi occhi.

Vegeta gli passò accanto senza degnarlo della minima attenzione e Zeftar ebbe un ultimo sussulto serrando le palpebre impulsivamente.

Voleva sparire, non mostrarsi al cospetto del sovrano di un popolo ormai finito, eppure ancora molto potente.

Il chindoniano si accorse di quanto quel bambino avesse negli occhi una tale tenacia da sembrare quasi un colosso nonostante fosse, anche per la sua età, piuttosto piccolino.

In un ultimo, spontaneo, gesto del capo, Zeftar, osservò il ragazzino sparire com’era apparso.

Mentalmente, invece, aggiunse il nome del principe dei Saiyan in quello che era il suo grande progetto.

La sua speranza, il suo desiderio.

*

Il terzo metodo per ottenere delle informazioni si chiama Kito.

Il suo pianeta d’origine è Dagor.

È un guerriero di livello, se possibile, inferiore persino al mio.

Kito, però, sa farsi furbo ed ha trovato il metodo per essere ascoltato anche senza ottenere il rispetto.

Nessuno dei piani alti lo conosce non essendosi mai distinto sul campo di battaglia.

Lui si limita a sopravvivere, proprio come me; il solo scopo è portare a casa la pellaccia e guadagnare un gruzzolo abbastanza consistente da mangiare.

Nei bassifondi, invece, Kito è conosciuto come “la talpa” colui che sa tutto ciò che accade tra le fila dell’esercito.

Conosce tutti, anche tra le alte sfere, nonostante loro non conoscano lui.

È un tipo affidabile e solerte.

Per questo avevo bisogno del suo aiuto.

*

Nella stanza rumoreggiava il silenzio.

Nessuno osò emettere un singolo fiato dopo aver sentito l’idea del chindoniano o, più che altro, dopo aver udito la sua ultima richiesta.

Zeftar guardò uno ad uno i volti dei suoi complici, senza proferire parola.

Un leggero bisbiglio si levò timoroso attendendo un segnale da colui che era divenuto il loro leader.

“E’ un suicidio, Zeftar, spero che tu te ne renda conto” proferì infine Roia, del pianeta Iroi.

Zeftar rivolse a lui il suo sguardo intersecando le braccia in maniera decisa, “E’ ciò che credi tu, Roia, ti assicuro che dico è la verità” mormorò risoluto il chindoniano.

Roia curvò un sopracciglio tornando al silenzio.

No, non era possibile, era una pazzia; possibile che non se ne rendesse conto?

Zeftar era completamente folle.

Nessuno poteva pensare una cosa del genere.

“Cosa ci assicura che il tuo piano avrà successo?” domandò Zuya, un anziano abitante proveniente da Etel.

Gli occhi ambrati del chindoniano si rivolsero a lui, “Ho chiesto a Kito delle informazioni” spiegò riportando il silenzio assoluto nella capanna diroccata; “Da quel che ho saputo, e che so, non escudo che lui potrebbe passare dalla nostra parte” enunciò serio.

“E’ impossibile ti dico!” esclamò nuovamente Roia alzandosi con uno scatto dal suo sedile, puntando un dito verso il boss, “Stiamo parlando di uno degli uomini più vicini a Freezer, non è uno qualunque!” continuò ad esprimere la sua opinione sbraitando.

Zeftar non fece una piega, si limitò ad osservare l’atteggiamento del suo commilitone attendendo che concludesse il suo teatrino.

Tutti gli occhi si fissarono sull’energumeno del pianeta Iroi in attesa; poi, quasi in un gesto simultaneo, tornarono tutti a fissare il chindoniano seduto sulla punta del tavolo dietro la quale erano tutti riuniti.

“Roia, il fatto che tu non abbia fiducia in me mi rattrista” recitò l’alieno dalle pupille sottili.

“Fiducia in te?! Come faccio ad avere fiducia in un pazzo che ci farà uccidere tutti?” ringhiò Roia serrando un pugno in faccia al suo capo.

Il successivo attimo di silenzio fu interrotto, questa volta, dal saggio abitante di Dagor, Nemal, “Zeftar, noi riponiamo molta fiducia nelle tue capacità, ma devi ammettere che la tua proposta odierna è più anormale e rischiosa del solito. Sei sicuro di ciò che dici? Sei sicuro che, Vegeta il principe dei Saiyan, sarebbe disposto a schierarsi dalla nostra parte?” domandò con cautela sollevando un chiacchierio concitato in attesa di una risposta.

Zeftar guardò uno ad uno i volti dei suoi complici, soffermandosi su Nemal, forse il più prudente di tutti.

Un’ultima occhiata fu riservata a Roia prima di tornare ad osservare il saggio, “Sì, ne sono assolutamente convinto” promulgò senza l’ombra del minimo tentennamento.

*

Rischiare una vita per ottenere una vita nuova.

Buffo a pensarci, anche piuttosto ironico.

Valeva la pena perdere tutto solo per un sogno di grandezza?

Forse…

In quel momento ebbi la consapevolezza che, anche in caso di fallimento, avevo ormai dato il via a qualcosa, qualcosa di grosso.

Se fossi morto invano qualcun altro avrebbe preso il mio posto.

Pertanto io ero diventato una pedina sacrificabile.

Non che io fossi esattamente inutile, ero comunque più indispensabili di altri.

Per essere a capo di tale organizzazione era necessaria una notevole quantità d’intelligenza.

Io ne ero provvisto, altri no…

*

“Ahahah… chi altri vuole sfidare la mia immensa forza?” si pavoneggiò l’uomo al centro della stanza.

Attorno a lui altri guerrieri giacevano sul pavimento privi di conoscenza, sfiancati da un allenamento troppo duro per dei semplici soldati.

“Tsk, siete dei buoni a nulla” brontolò l’energumeno dopo aver sputato al suolo in segno di stizza.

Senza alcuna eleganza si riappropriò della sua armatura ed uscì dalla stanza brontolando sull’incapacità del soldati.

Nessuno di quei moscerini poteva competere con un Saiyan.

Un applauso giunse alle sue orecchie appena varcata la soglia.

Il gigante volse il capo verso il muro, sulla quale, era adagiato uno strano guerriero a lui sconosciuto.

“I miei complimenti, si vede che lei è di un livello superiore rispetto a tutti noi” si congratulò il figuro restando a debita distanza dal suo interlocutore.

“Chi sei?” grugnì l’uomo dalle fattezze gigantesche crucciando le sopracciglia in un’espressione seccata.

L’alieno s’inchinò in un gesto plateale al suo cospetto, “Il mio nome è Zeftar, signore, ultimo esponente del pianeta Chindo” si presentò tornando a guardare l’altro “Voi siete l’Onorevole Nappa, suppongo” domandò in seguito.

Nappa si gloriò con orgoglioso “Sì, sono io” confermò scrutando il piccoletto, “Cosa vuoi da me?” volle sapere in seguito.

Zeftar si esibì in uno sguardo losco osservando il gigante, “Ha frainteso signore, io non voglio nulla da lei. Al contrario, lei potrebbe volere qualcosa dal sottoscritto” sibilò viscido.

Il Saiyan guardò l’altro con sospetto, sbatté le palpebre più volte nel tentativo di comprendere le sue intenzioni.

“Che diamine stai dicendo moscerino?” domandò scontento di non aver compreso gli scopi dell’altro.

“Vede signore, io sono in possesso di alcune informazioni molto utili per voi Saiyan, ma rivelerò tutto ciò che so direttamente al suo sovrano, il principe Vegeta” stabilì tornando ad inchinarsi, il chindoniano.

Nappa strabuzzò gli occhi per alcuni secondi, nel tentativo di comprendere i propositi dell’altro.

Gli fu tutto inutile, pensare non era una sua prerogativa.

*

Bisogna fare dei sacrifici per arrivare alla propria meta.

La sola cosa che avessi da sacrificare era la mia stessa vita.

La sola cosa che stavo cercando di salvare era la mia stessa vita.

Che senso aveva, dunque, sacrificarla per ottenere ciò che stavo cercando?

La libertà non si ottiene da morti.

In un mondo nella quale vigeva solo la forza fisica era necessario essere i più forti, chi non lo era a sufficienza era sacrificabile.

Un peso morto, tra l’altro, era solo un fastidio per ciò che stavo costruendo.

Dunque andava eliminato prima che potesse trascinarci tutti affondo con lui.

*

Non poteva crederci, lui, il grande principe dei valorosi guerrieri Saiyan, stava percorrendo i luoghi adibiti ai reietti della società.

La prima cosa che elucubrò la sua mente fu che, quel posto, gli faceva più schifo anche dei piani alti.

Almeno nei luoghi più altolocati si respirava un’aria decisamente meno nauseabonda; certo, escludendo quell’orrido lucertolone che ostinava a dargli ordini.

“Questo posto mi disgusta, Nappa” affermò il piccolo nobile sferrando un calcio noncurante ad una carcassa che aveva osato sfiorargli i piedi.

Il suo servitore s’inchinò leggermente afferrandosi successivamente le mani in segno di scuse, “Mi dispiace, Vegeta, ma quel tizio mi ha detto che sono informazioni segrete riguardanti le alte sfere” spiegò sperando nella comprensione del sovrano.

Vegeta gli rivelò uno sguardo osteggiato, per nulla contento di trovarsi nei sobborghi del pianeta.

“Principe Vegeta, è un onore” si presentò loro una voce proveniente dal vicolo più in ombra della zona.

Furbo l’insetto, aveva scelto il luogo giusto, evidentemente sapeva il fatto suo.

“Non farmi perdere tempo. Dimmi cosa vuoi” ordinò il giovane principe scostando gli occhi da un lato all’altro del vicolo.

Zeftar, al contrario, cercò di non incrociare mai quelle pupille nere cariche di odio puro ed intenso.

Già una volta era finito vittima del loro potere sopraffattore.

“Verrò subito al dunque, mio giovane principe, sono a conoscenza di una cospirazione ai danni del Potente Freezer” spiegò il chindoniano nascosto nel buio delle tenebre.

“E con ciò?” domandò incurante il piccolo guerriero, “E con ciò immagino siate interessati a guadagnare punti agli occhi del Potente Freezer” ipotizzò l’altro.

Vegeta incrociò le braccia “Nient’affatto, non m’importa nulla di Freezer” confessò senza timore.

Nappa, al contrario, si guardò attorno in maniera nervosa, conscio, che parole come quelle potevano costare la vita se udite da orecchie indiscrete.

Zeftar rise.

“Ero conscio che avreste risposto così, giovane principe, ma credo che il resto della storia potrebbe interessarle” continuò l’alieno nascosto agli occhi dei suoi interlocutori.

Lo sguardo di Vegeta si fece improvvisamente più dilettato, “Quale storia?” chiese scrutando la viuzza immersa buio.

Zeftar rise di nuovo.

“Avete mai sentito parlare di un certo Roia del pianeta Iroi?” domandò il chindoniano, “No” rispose lapidario il bambino.

“Roia è un sovversivo, una testa calda. Si dice che punti al trono del Potente Freezer” continuò l’alieno dagli occhi ambra attendendo una risposta dal ragazzino.

Vegeta inarcò impercettibilmente un sopracciglio “Perché mi stai dicendo questo?” volle sapere nuovamente non comprendendo i sui scopi.

Zeftar riprese a parlare “Roia è un buono a nulla, signore, non sarebbe in grado di sconfiggere nemmeno il gigante alle vostre spalle” disse riferendosi all’energumeno che, scontento, ringhiò in direzione del cunicolo dalla quale proveniva la voce.

Vegeta non si sconvolse più di tanto, guardò di sottecchi Nappa, poi tornò a volgere lo sguardo verso il chindoniano attendendo il resto del racconto, “Non credete sia ingiusto? Non pensate che spetterebbe a voi quel posto?” insinuò.

Il principe ebbe un piccolo scatto nervoso del volto, “Non pensate che un essere del genere vada eliminato?” Zeftar attese alcuni secondi, “Se sarete voi a farlo guadagnerete punti agli occhi del Potente Freezer, nel frattempo potrete mirare voi stesso al comando” concluse l’alieno.

Vegeta sembrò rifletterci.

“Principe Vegeta, pensate davvero che un essere della vostra grandezza debba sottostare agli ordini di un tiranno come Freezer? Non vi sembra ingiusto?” continuò Zeftar, insinuando il tarlo del dubbio nella mente del giovane.

Il bambino fissò il buio davanti a sé per alcuni secondi, girò su se stesso tornado nella direzione dalla quale era venuto.

Non aggiunse altro, il giovane sovrano; e Zeftar rise.

*

Gli abitanti di Iroi hanno qualcosa che io non posseggo: l’assoluta lealtà.

Essendo degli esseri stupidi, inoltre, non sospetterebbero mai un tradimento.

Roia non faceva eccezione.

Quando vennero a prenderlo sapevo che non avrebbe facilmente raccontato nulla su ciò che stavamo creando.

Ero tranquillo, infatti, sul futuro della mia organizzazione; specie da quando ero riuscito ad ottenere l’inconscia protezione del principe dei Saiyan.

Un bambino resta sempre un bambino, per quanto possa essere spietato.

Ero ormai sicuro di farcela, troppo per notare la falla nel mio piano.

*

“Cosa intendi fare per questo, Zeftar?! Con la cattura di Roia siamo tutti in pericolo!” esclamò Zuya, colto da un’impensabile attacco di panico.

Zeftar restò seduto sulla sua sedia a capo tavola; gli occhi socchiusi e le braccia intersecate denotavano una notevole tranquillità.

“Sta calmo, Zuya. La collaborazione di Roia non era necessaria, pertanto le nostre truppe non hanno perso di validità” pronunziò infine con notevole distacco al punto da renderlo gelido e reticente.

Gli occhi di Nemal si soffermarono sul leader della loro organizzazione.

Per alcuni secondi restò a fissarlo immobile senza prestare orecchio alle lamentele, peraltro giustificate, dell’abitante di Etel.

“Zeftar” lo richiamò in un secondo momento il saggio di Dagor, “Stai forse cercando di dire che si tratta di una tua macchinazione? Hai, forse, venduto a, Freezer, Roia e tutti i suoi uomini?” parlò chiaramente portando il gelo nella stanza.

Il chindoniano alzò lo sguardo verso il suo interlocutore, “Roia stava minando alla mia autorità, inoltre ho dovuto sacrificare un pedone per ottenere un pezzo più importante sulla scacchiera” spiegò senza mezzi termini.

Un concitato brusio si levò tra i presenti nella stanza.

Il piccolo esercito si trovò costernato all’idea di essere stati traditi dallo stesso capo; d’altro canto, però, la consapevolezza di aver ottenuto un alleato ben più potente riuscì a rincuorare tutti i soldati riuniti.

Nemal sembrò pensarci su, appoggiò i gomiti al tavolo intersecando le dita della mani davanti al volto, “Capisco le tue giustificazioni, Zeftar. A conti fatti direi che le tue sono motivazioni fondate, tuttavia ritengo la tua mossa troppo azzardata. Il rischio che abbiamo corso è stato grande, ma le tue scelte ci hanno permesso di ottenere un grande risultato” conferì infine il saggio.

Zeftar sorrise soddisfatto “Ne sono onorato Nemal” gli fu grato il chindoniano.

“Ciò nonostante…” riprese a parlare l’anziano causando un piccolo cenno di stupore sul volto del capo dell’organizzazione, “…mi rammarica doverti annunciare che tu non fai più parte di questa comitiva” annunciò sorridendo bieco nascosto dalle sue stesse dita.

“Cosa?!?” esclamò il chindoniano scattando in piedi “Io sto creando tutto questo, lo hai forse dimenticato? Questo è il mio progetto!” sbraitò Zeftar perdendo la calma.

Nemal, al contrario, sembrò non scomporsi più di tanto, “Zeftar, tu sei incline al tradimento. Hai tradito i tuoi fratelli, hai tradito noi e stai tradendo il Potente Freezer, uno come te è solo una mina vagante, pertanto abbiamo fatto in modo che tu non possa più nuocere” lo informò.

Zeftar osservò uno per uno i volti dei suoi compagni d’armi, nessuno di essi si scompose alla notizia… sapevano già tutto.

“Certo, ho dovuto sacrificare il mio uomo migliore, ma penso ne valga la pena… La talpa ha parlato ai piani alti” confessò l’uomo di Dagor.

“Fossi in te comincerei a temere per la tua stessa vita, Zeftar” intervenne Zuya suscitando l’ilarità di tutto l’esercito.

Zeftar si precipitò fuori dalla stanza nella speranza di avere salva la vita.

*

Verità dura da affrontare.

Vivi per tradire e vieni tradito.

Non potevo credere a quanto mi era stato detto.

Freezer sapeva del mio progetto, sapeva che stavo cercando di tradirlo.

Freezer era già sulle mie tracce.

Freezer mi avrebbe ucciso.

Di quegli attimi ricordo solo il panico che mi colse.

Rammento la nebbia che ottenebrava la mia mente.

Null’altro…

*

Zeftar percorse a perdifiato tutti i corridoi di metallo.

Non era sicuro di quale fosse la sua meta, sapeva solo che le sue gambe lo stavano trascinando verso l’ignoto.

Convinto che bastasse uscire dalla base del tiranno o trovare un nascondiglio, l’alieno degli occhi dorati, continuò la sua corsa in cerca di salvezza.

La strada che prese, però, fu quella sbagliata.

“Guarda chi abbiamo qui… un piccolo insetto che cerca di scappare alla sua fine” ironizzò una voce pacata e gelida alla sue spalle.

Zeftar rabbrividì appena le sue orecchie percepirono quelle parole.

Nessun muscolo sembrò più in grado di muoversi; anche quelli del suo cuore sembravano essersi paralizzati, così come il suo cervello, di cui tanto andava fiero.

Deglutì lentamente mentre, altrettanto a rilento, cominciò a volgere il capo verso colui che gli aveva parlato.

Quando vide quegli occhi dal colore del fuoco sembrò bruciare al solo contatto.

Mai, in vita sua, si sarebbe aspettato di trovarsi al cospetto del Potente Freezer in persona.

Quella sgradevole sensazione era assai superiore alla volta che aveva incrociato lo sguardo con il principino.

“P… Potente Freezer” balbettò volgendo un inchino al suo padrone sperando con tutto se stesso di avere salva la vita.

L’essere seduto sulla sua sedia volante sorrise meschino appena vide la dedizione dell’insulso individuo strisciante.

“E così… tu saresti il vile traditore che vuole uccidere il sottoscritto” sibilò senza alcuna inclinazione nella voce.

Zeftar tremò, Freezer lo sapeva, lui… sapeva tutto.

Era un uomo morto.

Dei piccoli passi lo distolsero dai suoi pensieri e dalle parole che stava cercando pur di discolparsi.

Quando alzò leggermente il capo riconobbe la piccola figura apparsa accanto al tiranno.

Il principe dei Saiyan

Per il chindoniano, quel ragazzino, rappresentava la salvezza; in una maniera o nell’altra.

“Potente Freezer” cominciò restando chino ed osservando le sue scarpe “Come può un umile soldato di infimo livello, che non può neanche permettersi di guardarla negli occhi, ostentare tanta audacia?” parlò il traditore cercando di mascherare le sue paure.

Il silenzio che seguì fece intuire all’alieno dagli occhi ambrati di aver ottenuto la sua attenzione, “Pensa davvero che un semplice giocattolo come me possa ambire a tanto? Signore, io non ho agito da solo” confessò sbirciando l’espressione del giovane principe.

Vegeta restò immobile a fissarlo con le braccia intrecciate e lo sguardo imperturbabile.

Zeftar sorrise nefasto, “Io ho solo appoggiato il principe Vegeta nel suo losco tentativo di spodest…” il suo corpo ricadde al suolo.

Freezer abbassò la mano dalla quale aveva fatto scaturire il raggio ed osservò il corpo dello sventurato.

Zeftar, ancora cosciente, boccheggiò in cerca d’ossigeno, “Non sopporto chi non sa tenere la bocca chiusa” disse il tiranno sogghignando.

Freezer rivolse ora l’espressione al piccolo Saiyan, “Vegeta è vero ciò che dice?” domandò al ragazzino.

L’espressione di Vegeta non mutò minimante restando dura e… terribilmente adulta, “No, Potente Freezer, non ho mai visto questo tizio prima d’ora” proclamò severo.

Le labbra di Freezer si piegarono in un sorriso soddisfatto, “Allora avanti, Vegeta, finisci questo disertore” ordinò facendo cenno al bambino di colpirlo.

Il principe non se lo lasciò ripetere una seconda volta.

Alzò il braccio verso l’immobilizzato chindoniano, un piccolo raggio scaturì dal suo dito colpendo in pieno l’infimo guerriero.

Dritto al cuore.

Zeftar ricadde al suolo senza vita.

La risata gelida di Freezer risuonò per i corridoi, Vegeta gli rivolse l’attenzione attendendo ulteriori istruzioni.

“Ricordati, Vegeta, questa è la fine che fanno i traditori” sibilò il lucertolone allontanandosi a bordo del suo mezzo.

*

Questa è la mia storia, questa è la mia fine.

Traditore tradito, morto per un sogno di libertà.

Ho messo in gioco la mia vita ed ho perso.

La libertà non si ottiene da morti… o forse sì…

*

Vegeta osservò il cadavere ai suoi piedi, osservò il sangue che fuoriuscì copioso dal petto squarciato.

Nessuna emozione sul suo volto, nessun ripensamento.

Come se nulla fosse scavalcò la carcassa e si allontanò per i corridoi della base.

*

Io sono Vegeta, principe dei Saiyan.

Un giorno, con le mie mani, ucciderò Freezer e diventerò il padrone della galassia.

Questa è la mia storia…

*

FINE

*

*

Un ringraziamento a chi è giunto al termine di questo mio piccolo esperimento che spero vi sia piaciuto.

  
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