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Autore: Leopoldo    26/09/2013    0 recensioni
Raccolta di one-shot a tema vario (Au, crossover, what if, future fic, etc) e a vario rating, tutte incentrate su Quinn e Puck.
Capitolo 1: Mi concede questo ballo? (what if, tema Prom with Beth, fine terza stagione, verde).
Capitolo 2: Los Angeles è il posto giusto (futurfic, angst, verde).
Capitolo 3: Super Mario? Sei serio?! (missing moments, tema Mario Hospital, post 3x14, verde)
Capitolo 4: Protego (crossover, Harry Potter AU, Gryffindor!Puck, Beauxbatons!Quinn, verde)
Capitolo 5: Foto ricordo (futur fic, missing moments, what if, verde)
Puck fa visita a Beth poco prima del giorno di Natale. Mentre aiuta sua figlia con le pulizie della soffitta, una foto fa capolino da una pila di cianfrusaglie e creerà scompiglio. Per quale motivo? Cosa raffigura? E l'intervento di Quinn in videochiamata, cosa determinerà?
Una foto non è un fermo immagine di una vita lontana, ma l'incipit da cui riesumare ricordi ormai dimenticati.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Un po' tutti | Coppie: Puck/Quinn
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi: Quinn Fabray, Noah Puckerman, ‘Bill’ William Arthur Weasley, Fleur Delacour in Weasley, altri personaggi minori.

Note: AU/Crossover con il mondo di Harry Potter.

Avvertimenti: (temo) OOC.

Rating: verde.

Genere: fantasy, (appena appena) introspettivo, leggermente fluff.

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di qualcuno che li odia Ryan Murphy e della Fox (credo); inoltre, l’ambientazione ed alcuni personaggi sono presi in prestito alla serie di romanzi ‘Harry Potter’, quindi appartengono a J.K. Rowling (a cui auguro di vivere per sempre).

Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per dare un po' di spazio ad una coppia mai approfondita. 

 

 

 

Protego

 

 

In pochi erano in grado di apprezzare l’ironia del destino meglio William ‘Bill’ Weasley, primogenito dell’enorme stirpe Weasley ed eroico membro dell’Ordine della Fenice.

 

Perché?

Esiste forse qualcosa di più ironico di una persona che aveva sempre indossato un orecchino a forma di zanna, finita poi con l’essere morsa davvero dalle zanne –di un lupo mannaro, per la precisione-?

 

Forse il fatto che, dopo aver preferito ad una brillante carriera al Ministero della Magia –molto più che probabile dopo essere stato Prefetto e Caposcuola durante i suoi anni ad Hogwarts- quella molto più avventurosa e spericolata da spezzaincantesimi per evitare di passare la vita seduto dietro ad una scrivania, alla fine ci fosse finito comunque.

 

L’aveva fatto per combattere Lord Voldemort insieme all’Ordine della Fenice, e, cosa più importante, se non avesse accettato un lavoro sedentario non avrebbe mai conosciuto Fleur, sua moglie nonché madre dei suoi tre bellissimi bambini.

 

Però … beh, una volta abbattuto il muro dei quarant’anni qualsiasi uomo si trova a riflettere su certi argomenti, soprattutto lavorando più di otto ore immerso in una montagna di carte burocratiche come faceva lui.

 

 

“Mi scusi, signor Weasley, avrei bisogno di un’informazione”

 

Bill chiuse gli occhi, tenendosi le tempie con la mano destra per sentire meglio l’emicrania prendere possesso della sua testa.

Il signor Weasley era suo padre, dannazione, non di certo lui.

 

“Se disturbo posso tornare più tardi” disse timidamente il ragazzo –non aveva più di vent’anni- che si era affacciato alla porta del suo ufficio.

 

“No, no, sono solo tante … scartoffie” mentì brillantemente, invitandolo ad entrare con un gesto della mano. “Dimmi pure”

 

Era diventato quello, il suo compito. Trovare candidati adatti, addestrare le nuove generazioni di Spezzaincantesimi, gestire i delicati rapporti con i Goblin della Gringott e, come in quel caso, fare da mentore offrendo consigli ai più bisognosi.

 

“Io e Carter pensiamo di aver trovato qualche indizio su-”

 

“Un tesoro dei Goblin di inestimabile valore e di cui nessuno ha mai sentito parlare. Sì, bravo Alan, siamo tutti fieri di te”

 

Bill scosse appena il capo, osservando con un cipiglio di rimprovero il ragazzo che, dopo essere entrato nell’ufficio senza bussare ed averlo interrotto, aveva letteralmente preso Alan per il mantello e lo aveva trascinato verso la porta.

“Ti sembra il modo, Noah?” mormorò più per abitudine che altro, consapevole di aver sprecato fiato inutilmente.

 

Noah Puckerman era uno dei suoi ragazzi, come amava chiamarli, uno degli spezzaincantesimi più talentuosi, che lui stesso aveva scelto e successivamente addestrato.

Aveva problemi nel rapportarsi con gli altri, sì, e una leggera forma di ribellione nei confronti dell’autorità, però Bill confidava che fosse solo una questione di età che, con il passare degli anni, sarebbe diminuita fino a scemare completamente.

 

“Mi hanno detto che mi stavi cercando”

 

“Sì, è così” annuì Bill, rivolgendosi poi ad Alan. “Noi due ne parliamo dopo. Ti vengo a cercare io, tranquillo”

 

“Non vorrai davvero perdere tempo dietro alle sue cavolate, vero?” ridacchiò Noah, convinto di avere a che fare con una burla. “È palesemente un falso. Quelle pergamene si pongono volontariamente all’interpretazione che chi le legge vuole dare loro”

 

“Sai bene che solo dopo essere stati fregati da un falso fatto a regola d’arte si può iniziare la vera carriera da spezzaincantesimi” gli sorrise conciliante, mentre l’altro evocava una sedia con un movimento rapido di bacchetta. “In questo lavoro, sbatterci il muso contro aiuta più del consiglio di un esperto. Ed è proprio per questo che volevo vederti”

 

“So già cosa stai per dirmi, allora” fece Noah con una smorfia. “E lo so, lo so benissimo, che io ho delle colpe in quello che è successo. Ma se ci pensi bene, converrai con me che l’unico responsabile è il mezzoleprecauno

 

“Quindi mi stai dicendo che è colpa di Rory se lui è finito al San Mungo?” aspettò di vederlo annuire, prima di riprendere a parlare. “Mi prendi in giro?”

 

“Io gli avevo detto di aspettare fuori, che non era sicuro” replicò Noah con fare ovvio. “Se è così stupido da venirmi dietro cosa posso farci?”

 

“Sei uno dei più esperti, qui dentro” sospirò Bill, optando per la strada dell’adulazione. Leggera, visto che di fronte a lui aveva una persona che, nonostante la testardaggine ed altri brutti difetti, poteva affermare essere intelligente.

Inoltre, pur avendo un ego esagerato, Noah Puckerman sapeva di essere ancora un pivello a confronto di molti altri spezzaincantesimi sparpagliati per il mondo.

“E in molti, soprattutto quelli giovani come Rory, ti vedono come un esempio da seguire. Sei responsabile anche per loro”

 

“Infatti gli avevo detto responsabilmente di aspettare fuori dalla grotta” ribatté con ironia, usando un tono decisamente sprezzante. “Dovresti rimproverare lui, non me”

 

Bill sospirò per quella che gli sembrava la centesima volta negli ultimi cinque minuti, usando la sedia come sostegno per allungare schiena e gambe.

 

Quell’ostentata arroganza, frutto della consapevolezza delle sue notevoli capacità, gli ricordava una persona che conosceva fin troppo tempo, da sempre addirittura: sé stesso. O, almeno, il vecchio sé stesso.

Ma stranamente avere a che fare con una persona così simile a lui non era più facile, no, al contrario, lo metteva ogni volta in difficoltà. 

 

“Sei un bravo spezzaincantesimi, Noah. Il migliore della nuova generazione, se posso parlare sinceramente” mormorò a bassa voce, assicurandosi in questo modo di avere tutta l’attenzione dell suo allievo su di sé.

“Hai dei difetti, però. Devi capire che la prudenza è pregio, in molti casi. Devi imparare il rispetto per chi non è bravo come te. Se avessi spiegato a Rory il perché delle tue mosse, avrebbe sicuramente evitato due settimane di ricovero”

 

“Mi dispiace” annuì sommessamente Noah, evitando accuratamente lo sguardo del suo mentore. Si agitò per qualche secondo sulla sedia, evidentemente combattuto dal parlare o dal tacere.

Alla fine, tanto per cambiare, non riuscì a trattenersi.

“È il mio modo di agire, dannazione” sbottò, senza alzare il tono di voce. Sembrava solo … stanco di essere criticato, ecco. “Sapevo già con che tipo di fattura mi stavo per confrontare ed ero assolutamente preparato alle conseguenze”

 

“A volte non basta”

 

“Andiamo” sorrise Noah, alzando le mani verso l’alto per sottolineare ancor di più l’ovvietà della sua affermazione. “È un mestiere pericoloso. Il rischio fa parte del gioco”

 

“Il rischio non prevedibile, sì” convenne Bill, non particolarmente contento della piega della conversazione. “Quello che si potrebbe evitare con un attimo più di attenzione, invece, no

 

“I Goblin non la pensano così: per loro, il tempo è denaro. Mi hanno fatto addirittura i complimenti per la rapidità, prima, mentre mi riempivano le tasche di galeoni”

 

“Se permetti, tu lavori per me. Sono io a dirti se quello che fai è giusto o sbagliato” decretò autoritario Bill, nonostante la brutta sensazione di essersi spinto oltre il punto di non ritorno della situazione.

 

“Con tutto il dovuto rispetto, io lavoro per la Gringott, non per te” replicò Noah, duro, esattamente come il suo mentore si aspettava.

Lui, se fosse stato al suo posto, avrebbe risposto nella stessa identica maniera.

 

“Sono creature avide a cui interessa solo il profitto. A loro non importa di quante persone debbano rimanere ferite o peggio, a loro interessa solo dei tesori” puntò il dito verso di lui, sperando in un miracolo accorresse in suo aiuto per aiutarlo a far presa su una testa più dura delle squame di drago.

“Non commettere l’errore di continuare a fare questo lavoro solo per avidità”

 

Avidità” rise, ironico, Noah, masticando qualche parola tra i denti.

“Esplorare terre esotiche e lontane, essere divorati dall’ansia della ricerca del luogo esatto in cui si trova il tesoro, ricevere una scarica immensa di adrenalina dritta nelle vene mentre si appoggia la mano sulla Runa di protezione” ripeté come una cantilena, contando ogni punto sulle dita della mano e rivolgendo a Bill uno sguardo di fuoco.

“Se non avessi passato gli ultimi dodici anni seduto dietro quella scrivania ti ricorderesti bene cosa vuol dire essere uno spezzaincantesimi, signor Weasley

 

Bill non cercò di fermarlo con la forza o di dissuaderlo a parole.

Lo lasciò libero di fare quello che riteneva giusto e, di conseguenza, non disse nulla mentre Noah faceva evanescere la sedia con un gesto rabbioso, poco prima di uscire dall’ufficio a passi pesanti senza nemmeno voltarsi verso il suo capo.

 

Era semplicemente troppo assorto nei suoi pensieri per fare qualsiasi cosa. Perché aveva pronunciato un discorso molto simile a quello di Noah parecchi anni fa, proprio a sua madre che non capiva i perché della sua scelta.

 

Già poteva sentire nelle orecchie la dolce risatina di Fleur quando, una volta tornato a casa, glielo avrebbe raccontato.

Perché sì, anche quello che gli era appena successo era parecchio ironico.

 

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Una lettera di raccomandazione.

Firmata da Ronald B. Weasley, Dipartimento Auror. Da Ron, il suo fratellino.

 

“Devo ammettere di essere impressionato” disse Bill, sorridendo alle due donne sedute di fronte alla scrivania del suo ufficio. Non certo per quella lettera che sicuramente non era stato Ron a scrivere visto l’uso di termini ricercati –Hermione, forse?-, quanto per il resto del materiale che gli era stato consegnato su di lei.

 

“La ringrazio, signor Weasley” disse educatamente la più giovane, Quinn Fabray, il soggetto tra l’altro della lettera di raccomandazione di Ron.

 

“Preferisce Bill” le fece Fleur, venuta dal Ministero appositamente per accompagnarla, rivolgendole un sorriso quasi materno. “Non è vero, marito?”

 

“È come dice lei, non potrei mai contraddirla” sorrise ancora Bill, facendo l’occhiolino alla moglie. Merlino, quanto gli mancava averla con lui alla Gringott, scambiarsi quei gesti di semplice quotidiana intimità. Meglio evitare  di pensarci.

“Allora, Quinn, cosa vorresti fare nel tempo che passerai qui con noi?”

 

“Se possibile, vorrei imparare le nozioni base per poter diventare una spezzaincantesimi”

 

“Beh” fece una smorfia Bill, sorpreso dalle sue parole ed al tempo stesso piuttosto seccato dal tono leggero con cui erano state pronunciate e dal sorrisetto di cortesia stampato sulla faccia, come se la ragazza stesse insinuando che fare il suo lavoro fosse tanto semplice.

 

Poi si ricordò di quello che aveva letto e della parole di Fleur quindi, cercando di sorridere, si rivolse di nuovo a Quinn.

“Perché no? Posso farlo io, se non ti dispiace” disse, cercando di sembrare più allegro di quanto fosse in realtà. “In questo modo gli altri potranno continuare a dedicarsi alle loro attività. In tutta onestà, non mi dispiacerebbe lasciare questa scrivania per qualche tempo”

 

Le palpebre di Fleur si socchiusero fin troppo rapidamente mentre Quinn lo ringraziava, entusiasta.

Bill deglutì terrorizzato un paio di volte, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato nella sua proposta. Lo capì immediatamente quando, approfittando di un momento di distrazione della ragazza, la moglie usò le mani per mimare –piuttosto efficacemente- un’evirazione.

Era gelosa.

 

A salvarlo, almeno momentaneamente visto che il povero Bill sospettava che il discorso sarebbe ripreso presto, ci pensò l’irruzione totalmente imprevista di Noah.

 

“Ehi, Bill! Alan è ancora a caccia di …” si fermò, dopo essere entrato in ufficio, rivolgendo un sorriso quasi ferino a Fleur “… oh, signora Weasley. Che piacere vederla da queste parti. Visita di cortesia o di lavoro?”

 

Fleur si voltò prima verso di lui e poi di nuovo verso Bill, lanciandogli un’occhiata talmente eloquente da non far dubitare il marito nemmeno un istante circa le sue intenzioni: vendetta.

 

“Mio caro” ridacchiò come un’adolescente con gli ormoni impazziti, alzandosi per andare incontro allo spezzaincantesimi e per lasciargli tre baci sulle guance, cosa che non aveva mai fatto fino a quel momento.

“Sono venuta ad accompagnare una delle ragasse che partecipano ai programmi di scambi tra il Ministero inglese e quello francese” gli spiegò, indicando la giovane ancora seduta, intenta ad osservare la scena con un’espressione neutrale. “Questa è Quinn Fabray”

 

Mademoiselle. Enchanté” mormorò lui in un francese stentato, di nuovo il ghigno da predatore stampato sul viso, afferrando la mano che Quinn gli aveva porto per baciarle educatamente le nocche.

“Sono Noah Puckerman, voi però potete chiamarmi Puck”

 

“Sei quantomeno inopportuno, Noah” disse sbrigativo Bill, abbastanza alterato dalla mano di Fleur ancora appoggiata sulla spalla.

“Stavamo parlando di cose importanti. Puoi ripassare più tardi, per favore?”

 

“Devo per forza?” ridacchiò Noah, strappando una risatina –forzata, ma comunque d’effetto- a Fleur, dopo aver guardando alternativamente le due donne. La giovane Quinn, invece, gli rivolse sono un sorriso di cortesia.

 

Bill l’avrebbe ucciso, ormai ne era certo. Sentiva addirittura il sangue ribollirgli nelle vene e, se si fosse giocato bene le sue carte, avrebbe anche potuto evitare Azkaban simulando un improvviso effetto collaterale del morso di Greyback.

 

“Marito …” mormorò Fleur, costringendolo ad abbandonare per un istante i suoi piani omicidi “… perché non lasci che sia Puck ad aiutare Quinn? Dici sempre che è bravo e competente”

 

Fondamentalmente c’erano un mucchio di ragioni per qui non poteva nemmeno prendere in considerazione una proposta del genere.

Tanto per cominciare, era dettata da ragioni esclusivamente personali, gelosia per essere precisi.

In secondo luogo, Noah Puckerman era tanto bravo come spezzaincantesimi quanto poco portato per l’insegnamento e, dopo aver mandato uno dei suoi al San Mungo, Bill non era così sicuro di voler riprovare l’esperienza.

Terzo, avrebbe potuto richiamare qualcuno di più preparato per …

 

“Aiutare in cosa?” s’intromise Puck, alzando suggestivamente le sopracciglia. “Sono un uomo dai molti talenti”

 

“Ne sono sicuro, Noah” farfugliò Bill, lanciando un’occhiata da ‘davvero questo è il tuo piano?’ a Fleur che, tanto per cambiare, aveva riso all’allusione del ragazzo.  

“Quinn è qui per svolgere un periodo di apprendistato” altro sguardo a sua moglie, che annuì con un sorriso e gettò un altro sguardo eloquente a Noah.  

L’aveva fregato con un maledetto ricatto. Chinò il capo, rassegnandosi.

“Ti sarà affiancata per il prossimo mese, la istruirai sui compiti di uno spezzaincantesimi e la porterai con te ovunque andrai”

 

“Cosa?” gemette Noah, strabuzzando gli occhi. “No, no, no! Assolutamente no! Non posso lavorare con …” si umettò le labbra, cercando le parole giuste che, evidentemente, non riuscì a trovare “… una così

 

“Così?” chiesero all’unisono Bill e Fleur, mentre Quinn continuava a fissarlo, solo un sopracciglio alzato a tradire la sua maschera di fredda cortesia.

 

“Andiamo. Il nostro lavoro non è adatto ad una di … senza offesa signora Weasley …” si preoccupò di precisare, nonostante fosse evidentemente tutt’altro che un complimento “… Beauxbatons. Si vede benissimo che non resisterebbe a, che so, una notte accampata all’addiaccio, per esempio. Ci sono anche problemi di comunicazione. In che lingua le posso parlare?”

 

“Scusa se mi intrometto” parlò alla fine Quinn, in un perfetto inglese, dopo aver alzato una mano verso Bill per fargli segno di non intervenire.

“Questo è un finto problema: sono bilingue. Puoi parlare tranquillamente in inglese, anche se mi era parso di capire che con il francese non te la cavassi affatto male” concluse con un sorrisetto ironico, gustandosi la faccia sorpresa di Puck.

 

“I-io … n-non … uhm … maledizione” grugnì Noah, non potendo fare a meno di sentirsi un idiota. Si aspettava addirittura delle scuse? Cos’era quel tono superiore da rincarnazione di Cosetta Corvonero?

 

“Perché non cominci subito con le lezioni?” chiese Fleur, battendo le mani. “Un mese passa molto in fretta” aggiunse, afferrando sia Quinn che Noah per un polso e praticamente sbattendoli fuori dall’ufficio.

 

“Per qualsiasi cosa, Quinn, non aver timore di chiedere a me o alla signora Weasley” riuscì a dire Bill priva che la moglie chiudesse la porta dietro di loro, lasciandoli in balia di loro stessi.

 

“C’è un motivo, gelosia a parte, per cui tu hai appena scavalcato la mia autorità e fondamentalmente messo la vita di una tua protetta in pericolo mortale? Uno qualsiasi” disse Bill, osservando la moglie fare spallucce.

 

“Quinn mi ricorda un poco me. Sta ancora cercando di capire cosa fare nella vita e sono convinta che questa esperiensa la potrebbe aiutare a capire meglio chi è” spiegò, sorridente, ignorando le sopracciglia sollevate del marito.

 

“Sarà” farfugliò Bill, per nulla convinto. “Li terrò d’occhio, comunque, e se per caso dovesse succedere qualcosa che non mi piace sarò io ad occuparmi di lei”

 

“Vedremo” sorrise melliflua Fleur, prima di estrarre la bacchetta. “Colloportus” mormorò, suadente addirittura, puntandola contro la porta dell’ufficio.

“Per ora facciamo che sono io ad occuparmi di te, sì?”

 

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Bill Weasley e Fleur Delacour erano due leggende a Beauxbatons, quasi quanto il Trio d’Oro. La loro storia d’amore, più forte di lupi mannari e Mangiamorte, aveva riscaldato i cuori di moltissime generazioni di giovani signorine ed ispirato altrettanti ragazzi.

 

In ogni caso, per Quinn Fabray la delusione di non avere a che fare con Bill era pari, se non inferiore, all’essere capitata tra le mani di qualcuno che non solo non sembrava così competente ma che non nascondeva affatto il suo disagio nell’avere a che fare con lei.

 

 

“In questa stanza i novellini imparano a leggere ed interpretare correttamente le Antiche Rune, mentre noi spezzaincantesimi studiamo mappe, pergamene e iscrizioni alla ricerca di indizi” le spiegò con lo stesso tono annoiato che aveva adottato dall’inizio del breve tour. “Domande?”

 

“Una, in effetti” si fermò un istante, mordendosi la lingua per evitare di chiederli se fosse davvero qualificato per essere il suo insegnante. “Cosa intendevi esattamente con ‘il nostro lavoro non è adatto ad una Beauxbatons’?”

 

Non che la seconda domanda fosse più gentile, ecco, ma doveva comunque farlo. Su cose come l’onore della propria famiglia o della proprio scuola, a Quinn era fondamentalmente una persona orgogliosa.

 

“Che bisogna sporcarsi le mani, rinunciare ad ogni comunità e mettere in conto di poter rimanere feriti nel caso si commettano errori” elencò Noah iniziando a trafficare in uno degli scaffali appoggiati al muro della stanza.

 

“E allora?” chiese, riuscendo comunque a mantenersi cortese nonostante un forte senso di fastidio. Sembrava ormai certo che quell’uomo fosse deluso ed offeso dalla sua presenza, cosa che ai suoi occhi non poteva che risultare ridicola: avrebbe dovuto essere lei ad essere delusa di non avere Bill Weasley come insegnante.

 

“Ho già avuto a che fare con ragazze e ragazzi di Beauxbatons quando ero ad Hogwarts. Siete troppo delicati per tutto questo” disse sbrigativo lo spezzaincantesimi, senza smettere di cercare tra i documenti appoggiati sui vari ripiani.

 

Per la seconda volta in poco più che un minuto, Quinn fu costretta a mordersi la lingua.

“Sei prevenuto” disse calma, seppure con un notevole sforzo, quando nella sua testa si aggiravano epiteti molto meno amichevoli e molto più diretti.

 

Noah smise di trafficare con le pergamene per un secondo, voltandosi finalmente per guardarla. Fece un paio di passi verso di lei, mantenendosi comunque ad una certa distanza, e sorrise, anche se quello dipinto sulle sue labbra sembrava decisamente più un ghigno.

“Pensi che non abbia visto la tua faccia? Mi sono accorto di quella smorfia che hai fatto quando hai saputo che sarei stato io a farti da tutor” ridacchiò, prendendosi qualche istante per osservare eventuali reazioni nella ragazza.

“Segnati una delle regole più importanti di un buon spezzaincantesimi: essere attento ad ogni dettaglio in ogni situazione”

 

“Avrei preferito Bill Weasley come maestro, sì. Problemi?” fece Quinn, senza scomporsi più di tanto. Molto meglio mettere in chiaro le cose fin da subito.

 

“Affatto” sorrise Noah, ancora, anche se sembrava molto più sincero di prima.

“Apprezzo sempre la sincerità. Per questo ti dico fin da subito che non avrai alcun privilegio. Non da me, almeno” la pungolò, evidentemente con il solo scopo di irritarla, facendole immediatamente capire come non gli fosse sfuggita l’eccezionalità del favore che le era stato concesso.

“Ora, se vuoi accomodarti, possiamo anche cominciare”

 

Quinn prese posto al grande tavolo posizionato in mezzo alla stanza, certa di poter zittire quella sottospecie di Troll facendogli vedere di che livello fossero le sue abilità.

In effetti non era la prima volta che qualcuno ne metteva in dubbio le capacità, sottolineandone invece le ‘raccomandazioni’, spesso in modo più diretto. Li aveva zittiti tutti e Noah Puckerman non avrebbe fatto eccezione.

 

Quando si ritrovò davanti agli occhi una pergamena dall’aspetto piuttosto antico, non riuscì a trattenere un sorrisetto compiaciuto.

“Ho studiato Antiche Rune. Ho preso anche quello che voi di Hogwarts chiamate … M.A.G.O., con il massimo dei voti” soffiò, parecchio tronfia, iniziando ad esaminare da vicino il documento.

“Ed è noto a tutti che Beauxbatons è un’Accademia magica molto più complessa della vostra” aggiunse, tanto per essere pari.

 

“Sì? Quindi per te leggermelo sarà uno scherzo”

 

Il ‘Certamente’ con cui intendeva rispondere le morì in gola nell’esatto momento in cui si rese conto che qualcosa non andava in quella pergamena: le rune era disposte una in fila all’altra e formavano un’unica parola grande quanto l’intero foglio.

 

Deglutì, strizzando appena gli occhi. Doveva solo calmarsi.

 

“Qualche problema?”

 

Non rispose alla provocazione. Prese invece un foglio di pergamena pulito da una pila poco distante, una piuma ed una boccetta d’inchiostro.

Aveva letto in uno dei suoi libri scolastici che era facile trovare, soprattutto nei testi più antichi, la mancanza di spazi tra rune. Doveva solo trascriverle e staccarle per dare un senso alle diverse parole.

 

Il panico l’assalì presto quando, dopo aver riempito la pergamena di combinazioni, capì di non avere la minima idea di come fare a leggere quel dannato testo.

 

Prese il fruscio del mantello di Noah alle sue spalle come un avvertimento ad un’imminente presa in giro ma, con sua somma sorpresa, lo spezzaincantesimi le si mise semplicemente a sedere vicino.

 

“La difficoltà maggiore quando si ha a che fare con questi testi, è capire il filo logico che lega le rune” disse con voce stranamente pacata, togliendole la pergamena su cui aveva scritto da sotto il naso e sostituendolo con il documento originale da leggere.

“Di solito, all’interno del testo stesso è nascosta la chiave giusta. Esaminarlo nella sua interezza è la prima regola che devi imparare”

 

Quinn annuì, sorpresa e perplessa allo stesso tempo, facendo quello che le era stato appena detto.

Purtroppo, esattamente come poco prima, non riuscì a trovare un senso alle rune.

Spostò lo sguardo verso Noah, incerta, ed ottenne un gesto di incoraggiamento con la testa.

 

Nella sua interezza’, le aveva detto.

Si mise a controllare più attentamente la forma di ogni runa, il tipo di scrittura e, finalmente, i bordi della pergamena.

“Qui ci sono delle rune numeriche” disse ad alta voce, più a sé stessa che a Noah, indicando un punto piccolissimo in fondo alla pergamena.

Quintaped, Runespoor, Unicorno, cioè cinque, tre ed uno. C’è anche una freccia che punta verso sinistra”

 

“Non ti resta che interpretarlo correttamente” le sorrise Noah, incoraggiante.

 

Ormai era fatta. Doveva prendere in considerazione solo le rune dispari, leggendo da destra a sinistra.

Soddisfatta di sé, prese una nuova pergamena ed iniziò a trascrivere.

“Caro studente …” lesse una volta finito “… sei riuscito a scoprire il  tranello. Ora sei al livello di un bambino di otto anni. Con affetto, W.A.W.”

Quinn fece una smorfia, rileggendo di nuovo cosa aveva scritto. Non riuscì a non sentirsi stupida, stupita e beffata. “Era un test per novellini, vero?”

 

“Non te la sei cavata così male” le disse Noah, stavolta evidentemente in tono canzonatorio. “Passiamo a qualcosa di più complicato, dai”

 

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Una volta capita la logica, Quinn aveva imparato in quattro giorni quello che un normale spezzaincantesimi impiegava due/tre settimane ad assimilare. 

 

Noah avrebbe sicuramente trovato la cosa fantastica se non si fosse messo a chiedere a qualche amico del Ministero come mai fosse concesso a qualcuno uno strappo alle regole troppo clamoroso per essere ignorato.

 

Per diventare Auror, spezzaincantesimi o qualunque altro mestiere era categorico aver superato un concorso di ammissione ai corsi di preparazione che, anche per venire incontro ai diplomati delle scuole di magia, iniziavano dopo l’estate.  Non si facevano eccezioni.

 

Indagando nemmeno troppo a fondo, qualcuno gli aveva che, prima di arrivare da lui, Quinn si era addestrata con gli Auror ed aveva provato a lavorare al Ministero, in entrambi i casi senza partecipare ai concorsi.

 

Nonostante l’avesse vista alle prese con le rune, aveva deciso di ignorare il suo merito e concentrarsi sulle evidenti spinte ricevute.

E la cosa difficile diventava a quel punto cercare di non farsi condizionare durante le ‘lezioni’.

 

 

Osservando l’ennesimo incantesimo di identificazione espandersi per la stanza senza avere effetto, Noah scosse la testa.

“Ancora”

 

Quinn, praticamente svuotata di ogni energia, si voltò verso di lui, cercando in qualche modo di fargli capire di essere al limite.

Intuendo di non poter far altro che continuare questo massacrante allenamento, si girò verso la parete, alzò la bacchetta e scandì con voce alta e calma l’incantesimo che gli era stato insegnato.

Specialis Revelio

 

Si piegò in avanti per lo sforzo, appoggiando le mani sulle ginocchia e respirando con la bocca.

Aveva già usato un incantesimo di questo tipo ma non con un tale livello di concentrazione e non per due giorni di fila.

 

“Ancora un volta” disse di nuovo Noah, senza nemmeno tentare di mascherare la propria delusione. A che scopo farlo, poi?

“Devi visualizzare l’intera area nella tua mente per tutta la durata dell’incantesimo”

 

Ad ogni tentativo sentiva di essere sempre meno vicina al compiere l’incantesimo, sia per la fatica accumulata che il senso di irritazione dovuto all’insuccesso, ma non avrebbe di certo mollato.

Quinn annuì e, semplicemente, riprovò.

Specialis Revelio!”

 

“Ancora, Quinn. Finché non raggiungerai la perfezione non potrò portarti con me sul campo”

 

“Puoi farmelo rivedere, per favore?” mormorò la ragazza, sperando di approfittarne per tirare il fiato per qualche secondo.

 

“Va bene” concesse dopo qualche istante di riflessione, raggiungendo in due passi la propria allieva.

 

Prese la bacchetta dal mantello, inspirò ed espirò profondamente, chiuse gli occhi e …

Specialis Revelio!”

Dopo qualche secondo di calma piatta, un puntino in fondo alla stanza si illuminò di un giallo piuttosto acceso, vivo e vibrante, facilmente individuabile da lunghissima distanza.

“Visualizza tutta l’area, ci penserà l’incantesimo ad indicarti dove è stata applicata la magia difensiva”

 

“Ok, la teoria … l’ho capita” ansimò Quinn, facendo un po’ di teatro per accentuare la fatica comunque ben presente in ogni muscolo del suo corpo.

“Però sono troppo stanca … per riuscire a metterla in … pratica” disse, abbassando appena il tono di voce, convinta a cedere dall’ormai convinzione che Noah non avrebbe colto i suoi segnali e l’avrebbe spinta oltre il proprio limite fisico e mentale.

 

“Non sono io che mi credo così bravo da poter completare in un mese un addestramento che ne richiede almeno due, se non di più” gracchiò in tono denigratorio, gettandole un’occhiata sprezzante prima di allontanarsi a qualche metro da lei e riprendendo così la posizione iniziale.

“Avanti, ripeti di nuovo l’incantesimo”

 

Scordatelo

 

“Come prego?” mormorò Noah, incredulo, osservando Quinn voltarsi inferocita verso di lui.

 

“Ho detto scordatelo!” ripeté la ragazza, a scanso di equivoci. Per la prima volta da quando le era stata presentata, poteva leggere un’espressione vera sul suo volto. Un po’ la cosa gli diede soddisfazione.

“Che problema hai? Si può sapere? Mentre mi insegnavi a leggere le rune eri gentile e disponibile! Perché adesso sei così … così … stronzo?!”

 

Noah, impassibile nonostante l’insulto, la raggiunge in pochi passi, fronteggiandola.

“Sto perdendo un mese del mio lavoro per insegnarti qualcosa che non ti interessa nemmeno” ringhiò, quasi, a denti stretti, squadrando il volto turbato di Quinn.

“Potrei essere da qualsiasi altra parte, magari ad addestrare qualcuno a cui diventare spezzaincantesimi importa davvero. Invece sono bloccato qui, con te, che ottieni meriti solo grazie alle tue conoscenze. Sei amica di famiglia dei Delacour? Conosci il Ministro della Magia francese?”

 

“Con che diritto-” tentò di controbattere Quinn, venendo però immediatamente interrotta da uno sguardo particolarmente affilato di Puck.

 

“Sei una raccomandata, la razza peggiore che esista al mondo” sibilò Noah, senza smettere un secondo di fissarla negli occhi. “Io ho chiuso, con te. Vai da Bill Weasley, sono sicuro che a lui farà piacere comparire nel tuo curriculum”

 

Rimase fermo, lo sguardo dritto nel suo, finché Quinn non decise di averne abbastanza e scappò via, lasciandosi scappare appena un singhiozzo.

Si odiò per quello che aveva fatto, ma solo in parte. Il ricordo dell’umiliazione subita per mano di un individuo uguale in tutto e per tutto a Quinn Fabray era ancora troppo vivido per permettergli di rendersi conto di essere stato, tanto per cambiare, precipitoso ed ingiusto.

 

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Le lezioni con Bill Weasley erano migliori sotto ogni punto di vista.

Lui capiva meglio quali fossero i suoi limiti, sapeva motivarla e, soprattutto, aveva molto più esperienza nell’insegnamento di quel faccia da Troll.

 

A dar fastidio a Quinn, comunque, era il fatto che, nonostante avrebbe rifiutato di confessarlo addirittura sotto maledizione Cruciatus, Puck non fosse stato così pessimo come maestro. Anzi …

 

 

Meglio evitare di pensarci, si disse, onde evitare un attacco di ira isterica ed incontrollata.

Avrebbe di gran lunga preferito concentrarsi sull’ultima parte del suo addestramento, quella sulla rottura degli incantesimi e delle maledizioni di protezione, se solo Bill non fosse stato in ritardo.

 

Ipotizzò, non riuscendo a non ruotare gli occhi al cielo, che fosse tra le grinfie di Fleur. Merlino, quella donna era decisamente molto più gelosa e lagnosa di come appariva nelle storie! Con ogni probabilità la odiava, solo per il fatto di essere un’allieva di suo marito. Incredibile come anche i cosiddetti eroi alla fine non siano altro che persone, con gli stessi pregi e difetti di tutti gli altri.

 

Quando udì lo schiocco di una materializzazione era sul punto di fare una battuta, convinta da quanta confidenza le avesse dato Bill di non essere inappropriata, ma si fermò subito non appena si voltò verso la direzione del rumore.

 

“Ti devo delle scuse” disse rapido l’uomo che si era materializzato, anticipando le sue intenzioni –aveva già messo mano alla bacchetta.

 

“Sai cosa me ne faccio delle tue scuse?” sbuffò, rabbiosa, senza togliere comunque la mano dalla posizione strategica. Qualcuno si sarebbe arrabbiato se lo avesse schiantato?

 

“Immagino non molto, ma credo di dovertele fare comunque” disse abbassando appena il capo, visibilmente dispiaciuto.

“Ti ho detto delle cose davvero orribili e ti ho giudicata senza sapere nulla di te o della tua storia” mormorò, grattandosi la testa rasata con fare imbarazzato. “Soprattutto, ho fatto finta di non vedere il tuo enorme talento. Mi dispiace molto, Quinn”

 

“Prendo atto delle tue scuse” disse la ragazza dopo un minuto abbondante di sospettoso silenzio passato a scrutare il volto di Noah. Sul suo volto, grazie ad una ritrovata calma, comparve l’espressione di freddo distacco di sempre. “Tuttavia, non posso accettarle. Ho smesso anni fa di perdonare persone che mi giudicano nel modo in cui hai fatto tu”

 

“Capisco” annuì Puck, prima di sparire nelle stesso modo in cui era apparso.

 

Quinn rimase a fissare il punto in cui si era appena smaterializzato Noah per qualche secondo, prima di scrollare le spalle con un gesto indifferente e rimettersi ad aspettare pazientemente l’arrivo di Bill.

 

Apprezzava davvero la sincerità delle sue parole ma di certo non era la prima persona che si scusava con lei dopo averla umiliata come aveva fatto lui.

 

“Eccomi, eccomi”

 

Quinn sorrise educatamente, osservando l’aspetto decisamente scompigliato di Bill mentre questi appariva alle sue spalle.

“Eri con Fleur, per caso?” gli fece, lasciandosi andare ad una risatina quando lo vide distogliere lo sguardo e fingere un colpo di tosse.

 

“Dicevamo …” mugugnò, sollevandosi le maniche della camicia piuttosto stropicciata e tirando fuori la bacchetta “… incantesimi di rottura, sì”

 

“Poco fa è venuto qui Puck, sai?” buttò lì, prima di rendersi conto di non avere la minima idea del perché lo aveva fatto. Ne sentiva forse il bisogno? Oppure voleva solo dimostrare di aver avuto ragione ancora una volta?

 

“Sì? L’hai schiantato?” ridacchiò Bill, affrettandosi ad applicare una Runa difensiva base vicino alla porta della stanza.

 

“L’intenzione c’era” ammise Quinn, rispondendo al sorriso dell’uomo per pura cortesia. “Però alla fine non l’ho fatto. Mi ha chiesto scusa”

 

“Oh, beh, sì, è fatto un po’ a modo suo” rise ancora il responsabile degli spezzaincantesimi della Gringott, prima di pietrificarsi nella sua posizione e, dopo qualche secondo, voltarsi con lentezza esasperante verso di lei.

“Come, prego? Ti ha chiesto scusa? Senza giri di parole? Senza doppi sensi strani?”

 

“Sì, perché?” mormorò, non riuscendo a nascondere la propria confusione. “Cosa c’è di strano?”

 

“Noah Puckerman non chiede scusa” pronunciò in tono terribilmente serio, quasi stesse parlando di un potente mago oscuro. “Mai, soprattutto se ha torto”

 

La cosa la turbò più di quanto le facesse piacere ammettere. E non fu l’unica cosa che le diede da pensare perché, dopo aver applicato la magia ed averla attivata, Bill le parlò ancora.

“Avete in comune qualcosa, sai?”

 

“Ah sì?” chiese Quinn, inarcando un sopracciglio come ogni volta in cui si trovava di fronte a qualcosa di assurdamente stupido e non riusciva a trattenersi.

 

“Sì. Entrambi siete sempre sulla difensiva. Solo che lui si nasconde dietro la sua arroganza, tu invece dietro la tua educazione”

 

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Andare a scusarsi con Quinn non era stata propriamente una sua idea.

Qualcuno –sua sorella, una Tassorosso del quinto anno piuttosto petulante, con la sindrome di convinzione di onniscienza e che dispensava consigli di vita-, analizzando lucidamente gli eventi che l’avevano visto protagonista, gli aveva fatto recapitare la seguente lettera via gufo:

 

Sei un idiota. Hai passato anni ad essere giudicato dagli altri per quanto fossero consumate le tue divise e di seconda mano i tuoi libri, senza che nessuno prendesse sul serio le tue capacità, per poi diventare uno di loro?

Vergognati, Puckdeficiente. Chiedile scusa e, se non riesci ad essere sincero, almeno sii convincente nel fare finta di esserlo.

Non costringermi a scriverti una strillettera.

 

La tua amata ed amabile Debs.

P.S.: non è che questa Quinn un po’ ti piace? Perché è la prima volta che ti preoccupi di aver fatto cattiva impressione. Tienimi aggiornata.

 

Certo, poi Quinn le sue scuse non le aveva accettate e, visto che ormai il suo apprendistato era terminato, non l’avrebbe probabilmente mai fatto, ma comunque sua sorella si era detta molto fiera di lui.

In tutta onesta, anche lui si sentiva fiero di sé stesso.

 

Il Post Scriptum, ovviamente, non l’aveva nemmeno preso in considerazione. Era difficile non trovare Quinn Fabray oggettivamente attraente, affascinante ed anche leggermente misteriosa, ma del resto lo erano molte altre donne al mondo, no?

Non le –usando quella parolina sciocca che gli aveva scritto sua sorella- piaceva meno di Fleur Weasley, tanto per citarne una a caso. Che stupidaggini.

 

 

Ripiegò con cura la pergamena su cui aveva lavorato per quasi due settimane e l’infilò in una delle tasche dei pantaloni babbani –troppo comodi per non approfittare della libertà di vestirsi secondo il proprio gusto di cui, ad esempio, gli Auror erano sprovvisti.

 

Aveva trovato qualcosa. Se la sua traduzione si fosse rivelata corretta –purtroppo in alcuni punti la pergamena era strappata ed il testo era quindi incompleto-, poteva mettere le mani diversi manufatti Goblin risalenti addirittura agli anni della fondazione di Hogwarts.

 

Non doveva fare altro che trovare Bill, chiedergli l’autorizzazione, correre all’ufficio del Trasporto Magico del Ministero e, con un po’ di fortuna ed una passaporta già funzionante, avrebbe potuto raggiungere le Highlands scozzesi in un baleno.

Una robetta da niente, insomma.

 

Respirò a fondo un paio di volte, l’ansia e l’eccitazione che già cominciavano a fargli tremare i polsi come ogni volta, appoggiando poi le mani sul tavolo per issarsi in piedi.

 

“Noah! Ti stavo cercando”

 

Trovare Bill: fatto.

“Anche io” gli disse. Il suo sorriso, però, si fece più incerto quando, dietro la figura del suo mentore, vide apparire quella decisamente più delicata e meno menomata di Quinn.

 

“Eccomi qui” lo invitò allora Bill, sorridente.

 

“Ho … uhm … credo di aver decifrato questo” spiegò, titubante, gettando una rapida occhiata alla ragazza che, però, stava fissando con un certo interesse una delle mappe appese alle pareti della stanza.

 

“Ok, perfetto. Ti concedo l’autorizzazione a procedere” decretò un millisecondo dopo, senza nemmeno chiedergli di visionare la pergamena originale insieme.

Strano.

“Devi solo portare con te Quinn”

 

Ok. Ora era decisamente più logico.

“Non credo che Quinn voglia, insomma … dopo quella cosa-”  balbettò in difficoltà, prima di venire interrotto proprio da lei. 

 

“Accetto le tue scuse, Puck” annuì in tono deciso ma, dipinto sulle labbra, un sorriso che, tanto per cambiare, sapeva solo di artificiosa cortesia.

 

Noah la guardò confuso, chiedendosi se per caso questo repentino cambiamento di idee non fosse dovuto più alla volontà di partecipare ad una missione che a quella di perdonarlo davvero.

L’espressione di Quinn, attenta ed imperturbabile come al solito, non lasciava comunque alcuna possibilità di capirlo senza chiederglielo direttamente.

 

“Problema risolto” esultò Bill, sfregandosi le mani con l’aria di chi ha appena vinto alla lotteria dei maghi.

“Ora su, su, al Ministero. Dovete sbrigarti, il periodo di apprendistato di Quinn termina tra pochi giorni”

 

Noah annuì incerto, limitandosi a gettare un’altra occhiata alla ragazza in piedi a pochi metri da lui.

 

“E mi raccomando” fece una pausa, assicurandosi di avere l’attenzione di entrambi prima di parlare in tono serio. “Siate cauti, siate scaltri e siate professionali. Mi auguro di essere stato chiaro”

 

Eccolo lì, il solito Bill. Almeno poteva dire che fosse lui visto che, ultimamente, stava davvero cominciando seriamente a chiedersi se non fosse semplicemente qualcun altro con le sue sembianze.

 

In quel momento, mentre il signor Weasley usciva dall’ufficio, Noah si accorse di essere solo con Quinn. E non riuscì a tenere a freno la lingua.

“Davvero accetti le mie scuse?”

 

La giovane inarcò un sopracciglio ed appoggiò una mano sul fianco, squadrandolo con un cipiglio seccato, abbandonando momentaneamente la sua solita maschera.

“Mi sei sembrato sincero e mi è stato fatto notare che non sei il genere di persona che chiede scusa spesso”

 

“Se mai leggerai di un giovane ed affascinante spezzaincantesimi portato ad Azkaban per aver avvelenato la bistecca al sangue del suo superiore, non chiederti perché”

 

Una risata sincera. Noah si compiacque moltissimo nel vedere che, almeno per una volta, una delle sue battute idiote aveva avuto successo.

 

“Non ti piace che si parli di te, eh?” gli chiese Quinn, piuttosto divertita.

 

“Non molto, in effetti” ammise Noah dopo aver notato che, nel suo tono di voce, non c’era altro che semplice curiosità. E si stupì nel rendersi conto che, sfuriata a parte, quella era la prima volta in cui parlavano di qualcosa che riguardasse ‘loro’ e non il lavoro o altro di superficiale.

“Andiamo al Ministero, dai, preferirei evitare di stare in fila ore. Una volta fatto quello, potremmo ricontrollare insieme le mie carte” propose, chiedendosi di non aver osato troppo. O di non essere stato frainteso, visto che spesso la sua fama aveva trasformato le sue parole in ‘molestie di natura sessuale’. Tsk.

 

“Perché no?”

 

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Le Highlans scozzesi –o, almeno, la parte dove con buona probabilità dovevano trovarsi i manufatti indicati dalle pergamene- offrivano davvero uno spettacolo magnifico.

Le montagne ricoperte di un soffice manto di neve, le valli ondulate, lunghe e strette, e, soprattutto, quel silenzio speciale che solo i posti mozzafiato possono dare …

 

Se non fosse stato per i Troll, il freddo pungente e, come avevano detto loro all’ufficio del Trasporto Magico, i Babbani alla ricerca di avventura, sarebbe stato un luogo perfetto in cui vivere. 

 

 

Dopo aver camminato parecchio -una volta arrivati con una passaporta gentilmente offerta dal Ministero, avevano preferito evitare le scope per motivi di natura metereologica- per arrivare nelle vicinanze del luogo indicato dalla pergamena, la piccola comitiva si fermò.

 

Finalmente, Noah sembrò soddisfatto del punto –un piccolo anfratto di una delle colline basse, riparato dal vento- che aveva trovato per piantare la tenda.

“Stanca?” chiese alla sua compagna di viaggio, avvolta completamente in un mantello pesante.

 

“Abbastanza. Ho freddo, più che altro” batté i denti Quinn che, nonostante l’evidente difficoltà, aveva stoicamente evitato di protestare. Aveva nevicato abbondantemente per quasi tutta la loro camminata ed i vestiti bagnati, oltre che amplificare la sensazione di freddo, avevano costituito un carico di peso aggiuntivo.  

 

Altrettanto infreddolito, Noah appoggiò a terra lo zaino ed estrasse una tenda piuttosto piccola, appoggiandola poco lontano. Studiò per qualche secondo la posizione, controllando che fosse abbastanza riparata, prima di estrarre la bacchetta.

 

Erecto!” scandì ad alta voce, facendo animare di vita propria la tenda che, dopo aver librato in aria per qualche secondo, si aprì da sola e si piantò a terra in uno schiocco di dita.

 

Quinn non aspettò che Noah le facesse segno di entrare. Si chinò e scomparve all’interno rapidamente, strappando allo spezzaincantesimi uno sbuffo divertito.

 

“Donne” mormorò a voce bassa giusto per evitare di farsi sentire. Poi, dopo essersi guardato intorno per qualche altro secondo, decise di applicare qualche incantesimo di protezione. Così, per sicurezza.

Salvio hexia! Repello Babbanum!” mormorò agitando la bacchetta e, soddisfatto, seguì Quinn.

 

La tenda, evidentemente grazia ad un incantesimo Estensivo Impercettibile, era enorme.

Due camere separate, un bella stufa, due bagni, una grande cucina, una sottospecie di salotto con tavolo e sedie … di solito non usufruiva di queste comodità ma, almeno nella scelta della tenda, Noah aveva cercato di andare incontro a Quinn.

 

Dopo un lungo bagno caldo ed una deliziosa cenetta –stufato bollente, gnam-, i due si ritrovarono al tavolo del ‘salottino’, il calore della stufa a conciliare lo svago di un po’ di meritato riposo.

 

“Posso farti una domanda?” chiese Quinn a voce bassissima, abbassando appena il libro ‘Manufatti Goblin: guida per evitare gli imbrogli’ per poter osservare meglio Noah.

 

“Spara” rispose con lo stesso volume Puck, ripiegando con cura la pergamena che aveva ripreso a controllare per essere sicuro di non aver fatto errori stupidi.

 

“Pensi che io sia una brava spezzaincantesimi?”

 

La domanda lo colse davvero impreparato. Non se l’aspettava, proprio no, come non si aspettava tanta incertezza in una persona che, sia nell’apparenza che nei modi, sembrava poter rimanere impassibile persino di fronte alla resurrezione di Lord Voldemort.

 

Si chiese se fosse il caso di rispondere sinceramente e come avrebbe preso una sua parola di troppo, quindi, per non sbagliare, disse quello che aveva pensato all’inizio.

“Da quel poco che ho visto, sì. Non mentivo quando dicevo che hai talento”

 

“Grazie” le disse con un sorriso stirato ma più rilassato e sincero, riprendendo a leggere.

 

Tanto per cambiare, però, Noah non riuscì a tenersi a freno.

“Credo tu abbia il talento per fare qualsiasi cosa tu voglia, in effetti, ma non riuscirai mai a trovare quello che cerchi se nemmeno tu sai cosa vuoi

 

Se le sue parole aveva avuto un qualche genere di effetto su di lei, Quinn non lo diede a vedere. Con il controllo che aveva sempre sfoggiato –tranne durante la loro ormai celebre discussione-, riappoggiò il libro sul tavolo e parlò.

“Come fai a sapere che non so quello che voglio?”

 

“Perché, se lo sapessi, non avresti provato tutte le possibilità di lavoro che offre il mondo magico. Se sapessi chi sei, non avresti passato le ultime sei ore a gelare in un posto che hai odiato dal primo istante in cui la passaporta ci ha condotti qui” elencò, sentendosi sempre meno sicuro di aver avuto una buona idea. “Cosa farai, dopo? Andrai alla Gazzetta del Profeta? Cercherai di strappare un contratto ad una squadra di Quidditch?”

 

Lo sguardo di Quinn scivolò immediatamente verso la propria camera, situata dall’altra parte della tenda. Poteva leggervi dentro tante di quelle cose che, per un istante, Noah si chiese come facesse a tenere per sé tutto: paura, rabbia, indignazione …

 

Era certo di aver esagerato e che la ragazza si sarebbe presto alzata, magari dicendogli prima qualcosa di caustico o gettandogli semplicemente un’occhiata degna di una maledizione senza perdono.

 

Invece, con sorpresa di entrambi, rimase ferma al suo posto.

“Posso fartene un’altra?” disse, dopo aver riacquistato il tono calmo e misurato.

 

“Immagino di sì” sospirò Noah, sapendo bene che sarebbe stato qualcosa di personale, qualcosa che le avrebbe dato la possibilità di ferirlo come evidentemente lui stesso aveva fatto pochi istanti prima.

 

“Cosa volevi diventare prima di fare lo spezzaincantesimi? Chi ha rubato il tuo sogno?”

 

Noah sbiancò. Spalancò gli occhi, come un animale stretto all’angolo, socchiuse leggermente la bocca e strinse con foga i bordi del tavolo. Chi glielo aveva detto? Possibile che … che Bill o Fleur si fossero lasciati sfuggire qualcosa?

 

Quinn, dal canto suo, era impassibile, in attesa della risposta. L’unica reazione al volto pallido dello spezzaincantesimi fu il solito sopracciglio scettico alzato quasi fino all’attaccatura dei capelli.

 

Anche Puck valutò a lungo l’ipotesi di interrompere quella discussione improvvisamente troppo personale. Alla fine, però, nemmeno lui lo fece. 

“Avevo più o meno tre anni quando Lord Voldemort fu sconfitto. Mia madre era una Babbana e … come puoi immaginare … avevamo vissuto nascosti per molto tempo” sorrise amaramente, ripensando a quanto la parola ‘vissuto’ suonasse ridicolmente vuota ed inadatta per descrivere quegli anni di paura.

“Mi puoi ben capire se ti dico che avevo una vera venerazione per Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley. Li sentivo miei eroi personali

 

Un sorriso tradì la maschera di fredda neutralità di Quinn. Il libro era ormai stato accantonato ed i suoi occhi nocciola erano completamente concentrati su di lui.

 

“Sai come funziona lo smistamento ad Hogwarts? … ok. Quando il Cappello Parlante disse che ero perfetto per Grifondoro, fu senza dubbio il giorno più felice della mia vita. Avrei portato addosso gli stessi colori del mitico trio”

 

Quinn appoggiò il mento su una mano, approfittandone per nascondere un altro sorriso. L’immagine di quel ragazzone grande e grosso –non riusciva ad immaginarlo bambino- che saltellava felice per essere stato smistato nella Casa dei suoi sogni era semplicemente troppo divertente.

 

“A quel punto, dovevo diventare un Auror, proprio come Harry Potter. A Pozioni ed Erbologia ero negato, completamente, eppure erano materie necessarie per poter realizzare il mio sogno”

 

“Se ho imparato un po’ a conoscerti …” disse Quinn, parlando per la prima volta da quando Noah aveva cominciato il suo racconto “… ti sei distrutto sui libri. E ce l’hai fatta

 

“Presi tutti i voti giusti nei G.U.F.O. che mi servivano, e così feci anche con i M.A.G.O..” ammise con un pizzico di orgoglio, sorridendo al solo ricordo di quanto fosse stato bello stringere tra le dita una lettera della Preside McGranitt che si diceva incredibilmente sorpresa ed altrettanto orgogliosa per il suo successo.

“Una volta uscito da Hogwarts, feci domanda per partecipare alle prove preliminari di ammissione al corso di Auror ed aspettai”

 

“Sei stato scartato per colpa di un raccomandato” intervenne ancora Quinn. Sembrava –ed era- molto dispiaciuta per lui. Forse addirittura poteva capire quanto male gli avesse fatto.

 

“Rimasi fuori per colpa di un tale di Durmstrang, un coglione il cui unico merito era quello di avere uno zio nel Ministero bulgaro” soffiò Noah, stringendo il tavolo fino a sbiancarsi le nocche. Quanta rabbia provava ancora, al solo pensiero, lo sapeva solo lui.

 

“Non potevi presentarti l’anno dopo?”

 

“Rinunciai. Quando … uhm … seppi di essere stato scartato, mandai tre lettere per chiedere spiegazioni” mormorò, in evidente imbarazzo, senza aggiungere i destinatari. Non ce n’era comunque bisogno. “Solo Hermione Granger mi rispose. Il suo ufficio, per essere precisi. Tre righe, anonime ed impersonali, in cui mi si diceva di ritentare l’anno successivo e mi si augurava buona fortuna”

 

Quinn stavolta non disse nulla, pur avendo più o meno intuito cosa fosse successo dopo.

 

“Giurai a me stesso che non sarei mai diventato Auror. Mi sentivo …” si accarezzò la testa rasata, in evidente difficoltà “… abbandonato dalle uniche persone che non l’avevano fatto” spiegò e, per un attimo, si pentì della scelta infelice di parole.

 

“Così sei diventato uno spezzaincantesimi” concluse per lui Quinn, soccorrendolo nel momento di imbarazzo.

 

“Non fraintendermi, amo quello che faccio, sono contento di aver trovato Bill e-”

 

“Si vede” lo interruppe la giovane, sorridendogli come lui stesso aveva fatto quel giorno nella stanza di decifrazione.

“Solo chi ama il proprio lavoro può essere davvero un ottimo insegnante. E tu, esattamente come Bill, lo sei”

 

Noah aprì la bocca e la richiuse, sentendosi un perfetto idiota. Gli era stato appena fatto un bellissimo complimento e lui, famoso in tutta Diagon Alley ed oltre per l’ego smisurato, non riusciva nemmeno a mettere insieme una parola di senso compiuto.

“Oh” fu l’unica sillaba che uscì dalle sue labbra ancora dischiuse in una specie di ‘O’.

 

Quinn ridacchiò e lo fissò dritto negli occhi, forse in attesa che riuscisse a spiccicare qualcosa di un poco più intelligente. Un grugnito, tanto per dire, sarebbe andato benissimo. Quello che le disse dopo, però, riuscì ad essere sorprendente al tempo stesso positivamente e negativamente

 

“Sei incredibilemente bella quando sorridi. E quando ridi”

 

Era abituata a ricevere dei complimenti, sì, eppure quelle parole le avevano riscaldato le gote come poche altre volte le era capitato in vita sua.

Abbassò il capo, sfiorandosi una ciocca bionda con la punta dei polpastrelli per attirare l’attenzione di Noah da qualcos’altro che non fosse il suo volto arrossato.

 

Sollevò lo sguardo verso di lui per qualche secondo e, notando il ghigno soddisfatto di quel maledetto Troll, non riuscì a non ruotare gli occhi al cielo.

 

“Posso farti una domanda io, ora?” farfugliò Puck dopo qualche altro istante.

 

“Domani sera” gli sorrise Quinn, alzandosi e portandosi il libro al petto. Evidentemente la situazione cominciava davvero a farsi troppo ‘intima’. “Tanto saremo ancora tra questi monti a cercare il tuo tesoro, no?”

 

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No.

Purtroppo, una volta identificato il potere magico della Runa e trovato quello che doveva essere il nascondiglio, a Quinn toccò sperimentare una dolorosa realtà del mondo degli spezzaincantesimi: spesso, i tesori non c’erano perché già presi o rubati.

 

Era stato un duro colpo anche per Noah, in realtà. Talmente difficile da digerire da non rendersi nemmeno conto di quanto in realtà il trasferimento definitivo di Quinn al Ministero fosse parte del problema.

 

 

E quando Noah Puckerman aveva un problema e non voleva farsi fare la paternale da sua sorella –di otto anni più piccola di lui, bisogna sempre ricordarlo, di solito andava al Paiolo Magico.

 

Continuava a girarsi il bicchiere di vetro tra le mani, ammirando con vuoto interesse il contenuto smeraldino e i suoi riflessi. Quella roba Babbana aveva una gradazione alcolica tale che bastavano appena due bicchieri per stenderlo ma, ovviamente, non avrebbe potuto ubriacarsi al Paiolo.

 

Non con la proprietaria, Hannah Paciock, che lo scrutava da dietro il bancone come un avvoltoio, pronta a cacciarlo fuori al primo segno di scarsa lucidità e poi a fare la spia a chiunque fosse in grado di fargli una ramanzina.

Se avesse voluto esagerare, comunque, non sarebbe andato al Paiolo. Voleva solo … non pensare per un po’.

 

“Buonasera” disse una voce che ormai aveva imparato a conoscere. Non si girò verso la fonte, comunque, preferendo prendere un altro sorso.

“Posso avere un bicchiere di quello che ha preso lui?”

 

“No”

Alzò lo sguardo per osservare l’espressione indignata della signora Paciok e sorrise.

“Non potrei mai farti una cosa del genere. Ti porto qualcosa io”

 

“Cosa stai bevendo?”

 

“Roba Babbana. Meglio non fare domande” rispose voltandosi con lentezza esasperata.

 

Quinn Fabray era in piedi alla sua destra e, tanto per cambiare, aveva quel dannato sopracciglio alzato. Per il resto, invece, sembrava un’altra persona.

I capelli, di solito leggermente ondulati e lasciati liberi di cadere sulle spalle, erano raccolti in una coda bassa che, come poté vedere mentre quella prendeva posto al bancone, le arrivava circa alle scapole.

In più, la solita divisa azzurra da studentessa di Beauxbatons era stata sostituita da un completo raffinato camicia/gonna. Sembrava una vera impiegata del Ministero. Cosa che era. E per cui non si era ancora complimentato.

 

“Ho saputo che alla fine hai accettato di lavorare per la signora Weasley nell’ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale” disse, alzando il bicchiere a mo’ di saluto. “Congratulazioni”

 

“Grazie. Quando anche io avrò il mio … qualunque cosa decida per me la signora Paciock … proporrei un brindisi”

 

Noah non rispose. Era contento di rivederla, per certi aspetti, ma per altri, invece, la sua presenza e la totale nonchalance con cui gli si rivolgeva dopo quasi un mese in cui non si vedevano gli dava fastidio.

 

“Ti devo una risposta” 

 

Nemmeno quella volta Noah rispose, anche se per motivi diversi. L’affermazione di Quinn l’aveva decisamente preso in contropiede.

Si voltò di tre quarti per poterla osservare meglio e, con suo stupore, notò sul suo viso di nuovo quel sorriso.

 

“Quella sera, in tenda, mi hai chiesto se potevi farmi una domanda. Ho avuto un po’ di problemi ad abituarmi al nuovo lavoro, però ora sono qui. Avanti, dunque”

 

Il lampo di determinazione nei suoi occhi nocciola fece sorridere Noah. Sembrava quasi che fosse una specie di sfida, oppure di un gioco. Voleva sapere qualcosa in più su di lei, i perché delle sue scelte che non riusciva a capire, magari, però non era poi così certo di voler conoscere quelle cose di lei.

“Avevo una domanda, sì …” mormorò, giocherellando con il bicchiere “… però non voglio fartela. Fondamentalmente non mi interessa più sapere la risposta”

 

Si pentì subito della scelta di parole, osservando la smorfia dispiaciuta comparsa sul volto di Quinn che, nonostante un momento di iniziale difficoltà, annuì e sorrise. Lo fece nel solito modo, però, quello di pura e semplice cortesia.

“Chiedimela lo stesso. Avanti, al massimo non ti rispondo”

 

Noah attese che la signora Paciock avesse appoggiato davanti a Quinn qualcosa che sembrava tanto –e sicuramente era anche- whiskey incendiario e che ne avesse preso un sorso generoso prima di parlare.

“Volevo sapere da quale passato stavi fuggendo. Volevo sapere quanto possa essere diversa la Francia dalla Gran Bretagna visto che, filiale della Gringott compresa, i lavori per cui sei venuta fin qui sono gli stessi sia là che di qua”

 

“A volte credo che tu mi conosca meglio di chiunque altro” farfugliò Quinn, per una volta senza nascondere la propria inquietudine riguardo quegli argomenti. “Non ti interessa più? Perché se vuoi, posso risponderti”  

 

“Vorrei che fossi tu a farlo di tua spontanea volontà” replicò Noah, massaggiandosi il collo indolenzito dall’essere stato piegato sul bancone più o meno un’ora. “Vorrei che non ti sentissi obbligata da un gioco stupido e che prima ti fosse chiaro che non ti giudicherei”

 

“Grazie” esalò semplicemente Quinn, sentendosi con il fiato stranamente corto. Tirò anche un sospiro di sollievo, cosa che fece sentire Noah quasi sollevato quanto lei.   

 

“Credi che esista …” esitò, chiedendosi come mai fosse così nervoso nel fare una cosa che faceva parte del suo modo di essere da quando aveva quattordici anni “… la possibilità che tu mi conceda di conoscerti davvero? Di sapere cosa ti piace e non solo cosa odi?”

 

Quinn appoggiò il volto sul palmo di una mano, osservandolo incuriosita per qualche secondo. Sembrava addirittura estremamente divertita dalle sue parole.

“Mi piacciono le Sorelle Stravagarie” sorrise in tono casuale, facendo scorrere l’indice della mano libera sul bordo del bicchiere. “Tengono un concerto a Manchester, la prossima settimana. Potresti portarmici”

 

 “Mi sembra un’ottima”

 

Odiava –sì, parola un po’ forte quando si parla di temi leggeri come la musica, ma era un sentimento di disprezzo molto intenso- quel gruppo, fondamentalmente perché sua sorella gli aveva riempito la testa con le loro canzoni per anni. Ma non lo disse.

Come poi, nei mesi successivi, non disse che preferiva i luoghi tipo le Highlands al mare, la carne al pesce, le serate di festa a quella passate sul divano davanti ad un camino accesso.

 

Semplicemente, amava vederle sulle labbra quel sorriso vero che solo lui era in grado di farle fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Avevo promesso Harry Potter, ed Harry Potter è stato. Sono abbastanza terrorizzato, perché toccare qualcosa di sacro come i libri della zia Row è impossibile senza fare figuracce, però spero di aver fatto un buon lavoro.

 

Un pochino diverso da come ve lo sareste immaginato, suppongo. Niente Hogwarts, niente smistamento … beh, spero solo che vi sia piaciuto.

Ho sempre trovato interessate il post Hogwarts, quello che segue il diploma, e studiando storia all’università non ho potuto che apprezzare maggiormente il lavoro di spezzaincantesimi.

Purtroppo, visto che la zia Row non ha mai approfondito la cosa, sono dovuto andare a tentoni. Spero che sia tutto plausibile e corretto :)

 

Ho aggiunto la nota OOC sia per Quinn e Puck, che per Fleur e Bill. Giusto per sicurezza visto che si tratta pur sempre di un AU e non ho mai scritto di HP in vita mia.

 

Gli incantesimi, sempre scritti in corsivo, li ho presi da qui:

http://www.radiopotter.com/wiki/Incantesimi#R

 

Questa, comunque, era la shot ‘di riserva’. Nel senso che la prima idea che mi era venuta era un’altra, solo che, arrivato a qualcosa come diecimila parole, ho capito che forse non era il caso.

Sono molto tentato dal trasformare l’altra shot –quindi la mia prima idea, non questa, che è finita e completa così- in una long. Al momento sono oberato di cose da fare, ho pochissimo tempo, ma più avanti … chissà, ditemi la vostra se volete.

 

E ricordo ancora una volta che, se avete richieste particolari, potete tranquillamente farmelo sapere e, nei limiti delle mie scarse capacità, proverò ad accontentarvi :)

 

Ringrazio le due persone che hanno commentato la scorsa shot, chi ha letto ed apprezzato.

 

La raccolta verrà messa momentaneamente da parte, sigh, perché voglio dare precedenza alle altre storie.

Perciò alla prossima, qualunque giorno, mese o anno sarà!

Pace.  

  
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