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Autore: LADY ROSIEL    27/03/2008    5 recensioni
{ MORI/HONEY }
{ Cousins-Cest/ Incesto fra cugini.}
"Lo sappiamo entrambi che il sentimento che ci unisce ormai non è più una semplice amicizia. Io però a differenza tua, lo sto chiaramente ammettendo."
"Non fraintendere il legame che ci unisce."
Le fredde e distanti parole di Takashi risuonavano nell’aria senza dar pace a Mitsukuni..
Forse, dopotutto, aveva ragione Morinozuka.
Mitsukuni aveva dormito troppo a lungo continuando a sognare quella fievole illusione che come un castello di carta, era stata brutalmente abbattuta con un semplice soffio di vento.
Conosceva pienamente quali fossero i suoi esatti sentimenti per il cugino. Eppure aveva recitato quel copione calpestando il suo stesso cuore.
Aveva mentito e nascosto ai suoi stessi occhi la palese verità che non voleva cogliere.
Si avvicinò al letto con una lentezza disarmante e nel vedere la sua figura rilassata e profondamente dormiente, gli sorrise dolcemente.
Sfiorò lievemente le sue gote mettendogli poi una mano tra i capelli, scompigliandoglieli un po'.
Poggiò poi, le sue labbra su quelle del cugino ancora addormentato, sfiorandole e accarezzandole con le proprie in un contatto leggero, dettato dal cuore e non dalla mente...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Mitsukuni Haninozuka, Takashi Mori Morinozuka
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Incest
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Anime: Ouran Host Club
PAIRING/OTP: 
Mitsukuni Haninozuka, Takashi Morinozuka ~ COUSINS-CEST

~ OURSELVES ~

 

Petali di mille colori fluttuavano leggeri, in una danza scherzosa nella brezza primaverile, giocando con l’oro dei raggi di luce.
Takashi alzò gli occhi al cielo scorgendo l’azzurra distesa infinita sopra di lui e, quando abbassò nuovamente lo sguardo, incontrò quei famigliari occhi nocciola così teneri e non poté fare altro che sorridere dolcemente.
Mitsukuni Haninozuka era da tempi immemori il suo migliore amico, nonché il suo tenero  cugino, l'unico al quale confidava ogni cosa.
La famiglia Morinozuka aveva sempre servito la famiglia Haninozuka di generazione in generazione.  Poi, in seguito ad un matrimonio, le due famiglie si erano imparentate. Quel rapporto di subordinazione, di conseguenza, svanì subito dopo.
Ciononostante, Takashi trascorreva tutto il suo tempo libero con il cugino Mitsukuni, era come se il primo vivesse in simbiosi con il secondo. Il saldo legame che li univa era un qualcosa di speciale, qualcosa che andava oltre i semplici rapporti sanguinei o di subordinazione.
Era una profonda amicizia che era maturata anno dopo anno.

"Takashi, gradisci un tè ai frutti di bosco e una fetta di torta?"
"Sì." – Mitsukuni a quell’affermazione sorrise teneramente mentre la gentile cameriera servì prontamente l’amico del padrone di casa.
L'allegria e la semplicità di Mitsukuni erano davvero traboccanti e contagiosi e a ben guardare, quel nomignolo che si era cucito addosso era la dimostrazione lampante di quanto fosse azzeccato: "Honey" era così che adorava farsi chiamare dagli altri.
Un nomignolo nettamente più gradevole di quello che spesso le persone davano a Takashi, preferendo di fatto mozzargli il lungo cognome Morinozuka, con un più breve e  forse banale "Mori" spesso seguito da un così detto suffisso onorifico.

Takashi sorseggiò a piccoli sorsi quella calda tazza di te, riempiendosi la bocca di un sapore tanto dolce quanto intenso da ricordargli vagamente proprio lo stesso Mitsuzukuni.
La loro profonda amicizia era davvero inconsueta e vista dall’esterno poteva addirittura sembrare lampante che in relazione con le loro altezze, i due avessero due età molto differenti tra loro. In realtà, invece, per quanto potesse sembrare bizzarro, erano coetanei. 

Non più tardi di mezz’ora i due si ritrovarono soli, nella stanza di Mitsukuni, seduti sul letto di quest'ultimo. Takashi si guardò attorno notando un numero probabilmente crescente dei  peluche esposti fra le mura di quella stanza, insolitamente rosa, per un ragazzo della sua età.
"Takashi…." - Mitsukuni lo guardò attentamente, perdendosi tra i suoi occhi bruni, che tanto gli ricordavano la cioccolata.
"Uh?"
"Io..." - Prima ancora di poter terminare quella frase, Honey spinse all’indietro l’amico, facendolo scivolare tra le morbide braccia del cuscino che vi era dietro e cadendo sopra di lui, bloccando ogni via di fuga.
"Mi-Mitsukuni…" – Takashi sorpreso dal gesto, pronunciò il suo nome con leggero imbarazzo.
I loro sguardi s’incrociarono per interminabili instanti, finché il biondino non decise di avvicinarsi ancor di più all’altro.
Non era un comportamento consueto quello, e Takashi se ne rese conto quando questi gli si avvicinò tentando inequivocabilmente di baciarlo. Ricettivo lo bloccò e allontanandolo leggermente da lui ebbe l’occasione per alzarsi frettolosamente in piedi.

Un silenzio quasi surreale si dipinse nella stanza, mentre in lontananza si sentivano le voci delle domestiche affaccendate che echeggiavano tra le mura della villa.
"Takashi, io…" - Visibilmente impacciato e al contempo dispiaciuto per la reazione di Takashi, Honey cercò invano di giustificarsi.
"Cosa ti è saltato in mente, Mitsukuni?" - Domandò l’amico con un tono di voce insolitamente  minaccioso.
"Takashi io volevo…" - Tentò ancora una volta di accampare una scusa plausibile, ma Takashi anche questa volta, non gli lasciò neppure il tempo di parlare.
"Tu volevi, cosa?!" – Si alterò il moro scuotendo implicitamente l’anima dell’altro.

Quel giorno tanto atteso era ormai arrivato.
La verità sarebbe venuta a galla.

"Volevo baciarti." - Ammise Honey, mentre le palpitazioni del suo cuore acceleravano con forza - Ti amo Takashi." – Aggiunse poi, con le gote ormai visibilmente arrossate mentre stringeva tra le mani il suo coniglio di pezza che tanto adorava.
"Mi ami?!" – Ripeté l’altro con un pizzico di cattiveria, come se quanto dettogli non l’avesse minimamente scosso. – Non dire sciocchezze!"
"Ma è la pura verità!"
"Tra noi non ci può essere quel tipo di legame." – Affermò deciso, ma con un tono più pacato di prima, Takashi.
"Perché no?" - Chiese Honey percependo un dolore crescente al petto - "Solo perché siamo cugini? Solo perché le nostre famiglie si conoscono da generazioni?"
"Solo?!" - Ripeté serio Takashi, con un tono di voce quasi indecifrabile, come se volesse rimproverarlo e al contempo schernirlo. 
"Smettila di sentirti obbligato a comportarti così! Smettila di fingere e di nascondere ciò che provi!" – Urlò Mitsukuni sopraffatto dalle emozioni, alzandosi dal letto e avanzando verso il cugino.
"Non mi sono mai sentito obbligato a far nulla." – Lo canzonò Takashi, evitando però di incrociare lo sguardo con i suoi occhi.
"Eppure lo sai qual è la verità." – Constatò Honey, calmandosi un poco - E’ da quando siamo piccoli che non fai altro che assecondarmi e servire ogni mio capriccio. Io non ho mai voluto tutto questo, anche se lo accettavo. – Strinse i pugni – Non ti ho mai detto nulla perché mi piaceva trascorrere il mio tempo con te e sapevo che invece, tu lo facevi solo per una sorta di rispetto-obbligo che ancora avevi verso la mia famiglia."
"Perciò lo sapevi."- Ammise freddamente Takashi, destando sempre più stupore a Mitsukuni, che quasi faticava a riconoscere in quel comportamento l'amico da sempre amato.
"Sì. Tuttavia, io ho sempre cercato di comportarmi con te come un amico e alla fine, dopo svariati anni, anche tu hai ceduto. – Restò per qualche secondo in un profondo silenzio- Siamo amici, no?" – Aggiunse poi alzando il volto verso quello di Takashi per poi sorridergli.
"L’amicizia non implica l’amore." - Fu la gelida e repentina risposta di Mori.
Era davvero inconsueto quel modo di porsi di Takashi nei confronti del tanto adorato cugino. Takashi era un ragazzo solitamente molto serafico, affascinante e dolce. Non mancava mai di rispetto a nessuno, specialmente, quando si trattava di Mitsukuni.
Eppure, in quel momento qualcosa si incrinò nell’animo solitario di Takashi.

"Ti rifiuti di ammetterlo, non è così Takashi? - Riprese parola Honey, cercando di scavare nell'animo dell'altro - Lo sappiamo entrambi che il sentimento che ci unisce ormai non è più una semplice amicizia. Io però a differenza tua, lo sto chiaramente ammettendo."
Takashi a quelle parole si sentì messo alle strette e aveva ormai ben chiaro che qualunque parola fosse uscita dalle sue labbra, da quel momento il loro legame sarebbe inevitabilmente cambiato.
"No, non è così."
"Smettila ti prego! - Esclamò Honey, mentre quella rabbia che stringeva nel petto si tramutava in crescente amarezza - Smettila di sentirti obbligato e di inventare bugie. Voglio conoscere la verità dalle tue labbra."
"Questo non è possibile."
"Perché? - Domandò con voce incrinata da un pianto mal soffocato. - Perché, fingi che tra noi non ci sia nulla? – Gridò ancora Honey, tentando in tutti i modi di reprimere le lacrime. – Perché, Takashi?!" – Chiese poi, mentre una sorta di rassegnazione prese il sopravvento.
"Ti stai sbagliando, Mitsukuni. Non sto fingendo, non mi sto nascondendo."
"Allora, stai cercando di dirmi che tu non provi nulla per me? – Urlò in preda alla rabbia. Rabbia che come adrenalina, lo faceva stare in equilibrio su un filo sottile.
Un filo che primo o poi si sarebbe spezzato.
"Non fraintendere il legame che ci unisce. Sei importante per me, Mitsukuni. Tuttavia, quel sentimento non mi appartiene." – Finì col dire Takashi, sorprendendo a tal punto l’amico che questi non ebbe più alcun freno inibitore e diede libero sfogo a quelle pesanti lacrime e a quel pianto straziante colmo di dolore.
"Takashi... Takashi, come puoi farmi questo?!" – Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di correre verso chi l’aveva ferito così nel profondo, per poi afferrarlo con forza e colpirlo violentemente, facendolo cadere a terra.

Quel legame si era rotto.
L’ira affiorava sempre più.
Sogni caduti in frantumi pugnalavano i loro cuori.
Un dolore impossibile da dimenticare.

"Sai, mi chiedo perché nonostante sia così doloroso, io non voglia altri che te al mio fianco." – Affermò Mitsukuni, mentre le lacrime gli rigavano gli occhi e lo facevano sprofondare in un oceano di ricordi.
"Siamo cugini, Mitsukuni. Simili sentimenti non possono nascere tra noi." – Rispose duramente Takashi, una volta rialzatosi mentre stringeva forte i pugni lungo le sue braccia, tanto da fargli male.
"Non posso più rinnegare ciò che sento."
"Dimenticati di quel sentimento. Dimenticatene. Svegliati da questa illusione." – Aggiunse poi, prima di andarsene dalla stanza, lasciando così solo il tenero cugino che giaceva in lacrime sul pavimento.
"Takashi…"

Distacco.
Rabbia.
Confusione.
Illusione.
Amore.

Era questa la spirale di emozioni che avvolgeva le loro menti.
Le fredde e distanti parole di Takashi risuonavano nell’aria senza dar pace a 
Mitsukuni.
Il suo cuore si era ustionato, puzzava di bruciato.
Forse, dopotutto, aveva ragione Morinozuka.
Mitsukuni aveva dormito troppo a lungo continuando a sognare quella fievole illusione che come un castello di carta, era stata brutalmente abbattuta con un semplice soffio di vento.
Forse, un rapporto simile non poteva esistere sin dall’inizio.
Una storia divertente, triste, dolce, amorevole.
No, una storia così non poteva sbocciare.
Il sogno era finito. S’era infranto!

Era stato tutto frutto della sua immaginazione?
Sarebbe stato il solo a soffrire in quel momento?


Minuto dopo minuto. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Il ticchettio dell’orologio nell’ex aula di musica dell’Istituto Ouran, scandiva inesorabilmente il tempo.
Erano trascorsi già tre giorni da quando 
Mitsukuni aveva aperto il suo cuore al suo amato cugino, ma da allora i due non si parlarono più.
La freddezza, l’imbarazzo e il rammarico che lambiva i loro cuori era così forte da non poterli portare ad una rappacificazione o ad un ulteriore chiarimento.
Era la prima volta in assoluto che la distanza tra i due era così forte ed evidente.

Avrebbero davvero potuto vivere da soli?
Avrebbero davvero potuto vivere sopportando l’assenza dell’altro?

"E’ la prima volta che vedo Honey-senpai e Mori-senpai così distanti tra loro." – Ammise con malinconia Haruhi.
"Già. Sono trascorsi ormai tre giorni." - Appurò Kyouya nel mentre sfogliava il tabulato delle spese settimanali dell’Host Club.
"Lord, hai qualche idea sul da farsi?" - Domandarono simultaneamente i gemelli Hitachiin.
"Eh? Di cosa state parlando?" - Chiese confuso Tamaki, destando scalpore tra gli altri membri del club.
"Non possiamo crederci!"
"L’unico idiota che non si accorge di nulla sei sempre tu!" – Affermò prontamente Kyouya.
"Perché sei sempre così freddo nei confronti di papà?!" – Si difese Tamaki.
"Ma davvero non ti sei accorto di nulla?!"- Riprese il discorso Haruhi.
"Continuo a non capire..."
"A volte è più lento di comprendonio di quello che ci si può aspettare!"
"Ma secondo voi, quale può essere il motivo di questo loro improvviso distacco?!"
"Forse hanno litigato."
"No, non credo. E’ molto raro che Mori-senpai e Honey-senpai litighino." – Azzardò Hikaru, prontamente fermato da suo fratello.
"Mmm… A me sembra molto ovvio il perché del loro comportamento." - Affermò Kaoru senza esitazioni.
"Davvero lo sai?!" – I volti dei membri dell’Hot Club si voltarono verso di lui.
"Non ditemi che non ve ne siete accorti!"
"Sì, penso di aver intuito alla perfezione cosa intendi – si fece avanti Kyouya – In quel caso, però, è meglio se tutti noi non ci intromettessimo. Dovranno risolvere quel problema da soli"- Concluse poi.
"Sì, probabilmente hai ragione. Devono affrontare le loro paure e comprendere i loro sentimenti." – Rispose Kaoru, sotto lo sguardo perplesso di Hikaru.
Come era strano, nonostante fossero gemelli, soltanto Kaoru era arrivato a quella conclusione. Beh, era risaputo che Hikaru era più lento del fratello a comprendere certe situazioni, tuttavia, forse, Kaoru arrivò prima a quella semplice deduzione proprio perché anche lui si trovava in una situazione a tratti simile alla loro.

Il tintinnio incessante di quelle piccole gocce d’acqua che cadevano da quel cielo plumbeo, rendevano ancor più fredda ed ovattata quella giornata di fine marzo.
Takashi camminava distrattamente per le vie sempre affollate di quella caotica e luminosa città, stringendo a sé un ombrello dalle tonalità pastello.
Erano giorni che lui non parlava più con Mitsukuni.
Erano giorni che silenziosamente soffriva in solitudine.
Erano giorni in cui si sentiva maledettamente debole e impotente, ma fino ad allora non poté fare altro che tacere in un profondo, quasi inquietante, silenzio senza far trasparire alcuna emozione.

Perché non riusciva ad affrontare quel problema?
Perché non riusciva a far parlare il suo cuore? E perché ogni volta che per caso incrociava quei grandi occhi nocciola, provava tutto quel dolore?

Si fermò d’improvviso davanti alla vetrata di una rinomata pasticceria del centro.
Dolci dai mille colori e profumi riempivano l’aria di una gradevole sensazione per le papille gustative. Pasticcini, torte, fragole, bon-bons, e marzapane affollavano quella grande vetrina e implicitamente rievocarono il volto sorridente del tenero 
Mitsukuni.

"Mi piacciono le torte, il cioccolato, il mio coniglietto e ogni altro tipo di dolce!" Takashi impercettibilmente sorrise nel ripensare a quell’affermazione e al contempo comprese quanto codardo fosse stato nel reprimere così tanto i suoi sentimenti. Aveva stupidamente cercato di voltare le spalle all'amore, illudendosi che fra loro tutto si sarebbe risolto lasciando solamente scorrere il tempo. Non si era fermato a riflettere sulle sue sconsiderate azioni e non aveva neppure considerato i sentimenti di Mitsukuni, al punto di fargli comprendere quanto quest'ultimo avrebbe potuto soffrire.
Era stato davvero uno stupido ed insicuro egoista. E paradossalmente l'aveva fatto per proteggere implicitamente proprio Mitsukuni e la loro amicizia. Sospirò profondamente, consapevole di essere stato l'artefice di quella spiacevole situazione. Corrugò la fronte alzando un sopracciglio, intanto che  la sua mente rievocava il passato e i tanti ricordi legati al cugino.

"Perché, fingi che tra noi non ci sia nulla? Perché, Takashi?! Stai cercando di dirmi che tu non provi nulla per me?" - Quelle parole scorrevano infinite volte tra i suoi pensieri per poi scavare nelle profondità del suo "io" interiore.
Aveva ripetuto fino alla nausea di non provare nulla per Mitsukuni, ad eccezione di una normale amicizia, eppure conosceva pienamente quali fossero i suoi esatti sentimenti per il cugino.  Aveva recitato quel copione calpestando il suo stesso cuore. Aveva mentito e nascosto ai suoi stessi occhi la palese verità che non voleva cogliere.
Lo amava. Non poteva farci nulla. Non poteva ostacolare quel sentimento.
Lo amava, anche se erano cugini.
Lo amava indipendentemente da tutto.
Allora perché mentire così a se stesso?
Per moralità?
Per le loro famiglie?
Per amore?

Strinse più forte l’ombrello tra le mani, abbassando poi lo sguardo.
Non poteva più nascondersi e fingere che tutto quello non lo riguardasse.
Non poteva più sopportare quella lontananza forzata.
Si sentiva solo senza Mitsukuni.
Lui era il suo mondo, la sua vita.
E solo dopo aver compreso appieno le sue stesse emozioni, si ricordò di un avvenimento particolare.
"Questo sabato le nostre famiglie andranno in un convegno ad Osaka e dormiranno fuori casa, lo sai vero Takashi? Non ci sarà nemmeno Chika-chan. Mi farai compagnia?" - Le parole che Mitsukuni aveva pronunciato qualche giorno prima, imprigionarono la sua mente e  non poté fare altro che sussultare quando capì la verità celata in quelle stesse parole.
"E’ solo!" – Parlò a gran voce.
Senza esitare, iniziò a correre con tutto il fiato che aveva in corpo.
La villa di Mitsukuni era molto distante dal centro cittadino, tuttavia, doveva assolutamente raggiungerlo.
Correva disperato tra la folla.
Correva contro l'imperturbabile corsa delle lacrime di quel cielo plumbeo. Non avrebbe potuto lasciarlo solo, 
Mitsukuni non era come lui.
Mitsukuni detestava la solitudine.
Detestava non aver nessuno accanto che gli facesse compagnia.
"E’ tutta colpa mia." – Ammise senza fermarsi, mentre continuava la sua folle corsa verso la villa della famiglia Haninozuka. E quando finalmente raggiunse la meta, prese fiato e dalla tasca dei jeans estrasse le chiavi per entrare.
Non c’era nulla di cui stupirsi, era stato proprio 
Mitsukuni a dare al cugino una copia delle chiavi della propria casa, in caso d necessità.
Aprì il cancello, poi la grande porta d’ingresso e, una volta entrato richiuse tutto con cura.
La casa era stranamente deserta.
Non c’era nemmeno il corpo di inservienti e le domestiche.
Era sabato pomeriggio, ecco perché non vi era nessuno; quello era il loro giorno libero.
I corridoi della villa erano fiocamente illuminati.
Le scarpe di Mitsukuni erano davanti all’uscio della porta d’entrata.
Era in casa.
Era da solo.
E quella stessa consapevolezza lo trafisse al petto con forza. 
Takashi respirò affannosamente, cercando ancora di riprendersi da quella sua violenta corsa. Con discrezione salì al piano superiore per raggiungere la stanza di suo cugino.
Era l’unico posto in cui, quando si sentiva triste, si rifugiava.
"Mitsukuni, sono io…" – Affermò bussando sulla porta, ma dalla stanza non vi fu alcuna risposta e così si convinse ad entrare.
La abat-jour del comodino illuminava fiocamente quella grande stanza ricca di sfarzo e di peluche di pezza, i preferiti di 
Mitsukuni.
E lì, sdraiato sul quel letto matrimoniale, vi era lui: Mitsukuni.
"Si è addormentato." – Assodò 
Takashi.
Si avvicinò al letto con una lentezza disarmante e nel vedere la sua figura rilassata e profondamente dormiente, gli sorrise dolcemente. Sfiorò lievemente le sue gote mettendogli poi una mano tra i capelli, scompigliandoglieli un po'.
Poggiò poi, le sue labbra su quelle del cugino ancora addormentato, sfiorandole e accarezzandole con le proprie in un contatto leggero, dettato dal cuore e non dalla mente.
Un bacio tenero e delicato proprio come un raggio di Luna.
Mitsukuni si mosse leggermente, ma non sembrava intenzionato a svegliarsi. E a quel punto Takashi si rialzò in piedi e prima di poter  compiere qualche altro madornale  errore, avanzò il passo verso l’uscita. Non voleva affrettare le cose e men che meno complicarle ulteriormente. Si ripromise che avrebbe parlato a Mitsukuni con calma, qualcuno però lo fermò all’istante afferrandolo per un lembo della felpa.
"Mitsukuni!"
"Takashi… Non andartene, per favore." – Asserì con un filo di voce Honey, appena destatosi.
"Come desideri." - E così Takashi gli si sedette accanto.
"Perché sei qui?" - Domandò, dopo un lungo periodo di silenzio, 
Mitsukuni.
"Perché sei stato tu a chiedermelo."
"Allora ne te sei ricordato." - Ammise ritrovando un barlume di serenità il piccolo Honey.
"Non avrei potuto scordarmelo."
"Perdonami Takashi. Non volevo rovinare così la nostra amicizia. Però non potevo neanche più tacere."
"Va tutto bene." – Lo rinfrancò Mori.
"No, non va bene. Ci siamo allontanati… Io non volevo tutto questo…"
"Ho detto che è tutto a posto." - Precisò ancora una volta Takashi,  rasserenando il suo cuore in un atteggiamento conciliante e pacifico.
"Sei tu a dovermi perdonare. Sei importante per me, per questo sono qui." - Ammise Takashi,  colmando la distanza che si era creata fra loro.
Mitsukuni dal canto suo, capì immediatamente il linguaggio nascosto sotto quelle sue esternazioni.
"Mitsukuni, io…" - Honey lo interruppe poggiandogli un dito sulle labbra.
"No, non serve. Ho capito. – Sorrise – Hai bisogno di me, non è così Takashi?!"
"Uh!" – Rispose con un sorriso impacciato Mori, capendo anche lui l’allusione.
"Non dirlo a nessuno, però" - Aggiunse 
Mitsukuni abbracciandolo stretto a sé e un poco arrossendo.
Non c’erano bisogno di altre parole tra loro.
Il loro era una sorta di vocabolario segreto e soltanto loro due potevano comprendere esattamente il significato che si celava dietro a quelle che all’apparenza potevano sembrare banali esternazioni d’affetto.

Mitsukuni gli sfiorò le labbra per poi fermarsi come alla ricerca di una risposta.
Una risposta che avvenne e fu più che affermativa, visto che le loro labbra si dischiusero in un meraviglioso bacio. Un bacio che con il trascorrere dei secondi prendeva sempre più forma e sentimento.
Si accasciarono sul materasso. E si baciarono ancora, uniti dal medesimo impulso d'amore.
Poi, inaspettatamente, fu proprio Honey a prendere l’iniziativa.
Lo baciò, lo vezzeggiò e lo fece sussultare di piacere, quando, dopo avergli scompigliato i capelli, sfiorò il lobo destro del suo orecchio per poi morderglielo, senza però fargli male.
Takashi lo studiò attentamente in ogni suo movimento, e lo lasciò fare fin quando non decise di invertire i ruoli.

Amicizia. Verità. Esaltazione.
Amore e sfrenata Passione.

Le loro mani naufragavano sotto i loro stessi vestiti, accarezzando quella morbida pelle che incontravano nel loro viaggio.
I loro sguardi complici, i loro gesti fugaci e i loro baci passionali…
L'attrito di due corpi distanti che però si cercavano per poi ritrovarsi uniti in una danza d’amore. Sussurri impercettibili. Languidi sussulti densi di piacere.
Lacrime di gioia e una ritrovata crescita emotiva avvolsero i loro cuori in una spirale infinita di sensazioni magnifiche.

Arrivati a quel punto la morale non aveva più alcun senso, solo l’amore era davvero importante. Tutto il resto era solo polvere cosmica, se paragonato al profondo sentimento che lì univa da anni. E questo era il più recondito e tenero dei loro segreti.
"Ti amo, Takashi." – Confessò Mitsukuni teneramente abbracciato al suo amante.
"Mi ami?!" – Ripeté l’altro con un sorriso sfuggente sul viso.
"Sì. Takashi."
"Più dei dolci e dei conigli rosa?!" - Domandò con furbizia Mori, tentando di coglierlo impreparato.
"Molto di più!  Ti amo davvero tanto, sai Takashi?!" - Rispose con quella sua schietta sincerità delineando il più dolce dei sorrisi. E fu proprio quel sorriso abbacinante a travolgere irrimediabilmente l'anima di Takashi, imprigionandola per sempre nel cuore di Mitsukuni.



 

© LADY ROSIEL

 

   
 
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