Anime: Ouran Host Club
PAIRING/OTP: Mitsukuni Haninozuka, Takashi
Morinozuka ~ COUSINS-CEST
~ OURSELVES ~
Petali di mille colori
fluttuavano leggeri, in una
danza scherzosa nella brezza primaverile, giocando con l’oro dei raggi
di luce.
Takashi alzò gli occhi al cielo scorgendo l’azzurra distesa infinita
sopra di
lui e, quando abbassò nuovamente lo sguardo, incontrò quei famigliari
occhi
nocciola così teneri e non poté fare altro che sorridere dolcemente.
Mitsukuni Haninozuka era da tempi immemori il suo migliore amico,
nonché il suo
tenero cugino, l'unico al quale confidava ogni cosa.
La famiglia Morinozuka aveva sempre servito la famiglia Haninozuka di
generazione in generazione. Poi, in seguito ad un
matrimonio, le due
famiglie si erano imparentate. Quel rapporto di subordinazione, di
conseguenza,
svanì subito dopo.
Ciononostante, Takashi trascorreva tutto il suo tempo libero con il
cugino
Mitsukuni, era come se il primo vivesse in simbiosi con il secondo. Il
saldo
legame che li univa era un qualcosa di speciale, qualcosa che andava
oltre i
semplici rapporti sanguinei o di subordinazione.
Era una profonda amicizia che era maturata anno dopo anno.
"Takashi, gradisci un tè ai frutti di bosco e una fetta di torta?"
"Sì." – Mitsukuni a quell’affermazione sorrise teneramente mentre la
gentile cameriera servì prontamente l’amico del padrone di casa.
L'allegria e la semplicità di Mitsukuni erano davvero traboccanti e
contagiosi
e a ben guardare, quel nomignolo che si era cucito addosso era la
dimostrazione
lampante di quanto fosse azzeccato: "Honey" era così che
adorava farsi chiamare dagli altri.
Un nomignolo nettamente più gradevole di quello che spesso le persone
davano a
Takashi, preferendo di fatto mozzargli il lungo cognome Morinozuka, con
un più
breve e forse banale "Mori" spesso seguito da
un così detto suffisso onorifico.
Takashi sorseggiò a piccoli sorsi quella calda tazza di te,
riempiendosi la
bocca di un sapore tanto dolce quanto intenso da
ricordargli vagamente proprio lo stesso Mitsuzukuni.
La loro profonda amicizia era davvero inconsueta e vista dall’esterno
poteva
addirittura sembrare lampante che in relazione con le loro altezze, i
due
avessero due età molto differenti tra loro. In realtà, invece, per
quanto
potesse sembrare bizzarro, erano coetanei.
Non più tardi di
mezz’ora i due si ritrovarono soli, nella stanza di Mitsukuni, seduti
sul letto
di quest'ultimo. Takashi si guardò attorno notando un numero
probabilmente
crescente dei peluche esposti fra le mura di quella stanza,
insolitamente rosa, per un ragazzo della sua età.
"Takashi…." - Mitsukuni lo guardò attentamente, perdendosi tra i suoi
occhi bruni, che tanto gli ricordavano la cioccolata.
"Uh?"
"Io..." - Prima ancora di poter terminare quella frase, Honey spinse
all’indietro l’amico, facendolo scivolare tra le morbide braccia del
cuscino
che vi era dietro e cadendo sopra di lui, bloccando ogni via di fuga.
"Mi-Mitsukuni…" – Takashi sorpreso dal gesto, pronunciò il suo nome
con leggero imbarazzo.
I loro sguardi s’incrociarono per interminabili instanti, finché il
biondino
non decise di avvicinarsi ancor di più all’altro.
Non era un comportamento consueto quello, e Takashi se ne rese conto
quando
questi gli si avvicinò tentando inequivocabilmente di baciarlo.
Ricettivo lo
bloccò e allontanandolo leggermente da lui ebbe l’occasione per alzarsi
frettolosamente in piedi.
Un silenzio quasi surreale si dipinse nella stanza, mentre in
lontananza si
sentivano le voci delle domestiche affaccendate che echeggiavano tra le
mura
della villa.
"Takashi, io…" - Visibilmente impacciato e al contempo dispiaciuto
per la reazione di Takashi, Honey cercò invano di giustificarsi.
"Cosa ti è saltato in mente, Mitsukuni?" - Domandò l’amico con un
tono di voce insolitamente minaccioso.
"Takashi io volevo…" - Tentò ancora una volta di accampare una scusa
plausibile, ma Takashi anche questa volta, non gli lasciò neppure il
tempo di
parlare.
"Tu volevi, cosa?!" – Si alterò il moro scuotendo implicitamente
l’anima dell’altro.
Quel giorno tanto atteso era ormai arrivato.
La verità sarebbe venuta a galla.
"Volevo baciarti." - Ammise Honey, mentre le palpitazioni
del suo cuore acceleravano con forza - Ti amo Takashi." – Aggiunse poi,
con le gote ormai visibilmente arrossate mentre stringeva tra le mani
il suo
coniglio di pezza che tanto adorava.
"Mi ami?!" – Ripeté l’altro con un pizzico di cattiveria, come se
quanto dettogli non l’avesse minimamente scosso. – Non dire
sciocchezze!"
"Ma è la pura verità!"
"Tra noi non ci può essere quel tipo di legame." – Affermò deciso, ma
con un tono più pacato di prima, Takashi.
"Perché no?" - Chiese Honey percependo un dolore crescente al petto -
"Solo perché siamo cugini? Solo perché le nostre famiglie si conoscono
da
generazioni?"
"Solo?!" - Ripeté serio Takashi, con un tono di voce quasi
indecifrabile, come se volesse rimproverarlo e al contempo
schernirlo.
"Smettila di sentirti obbligato a comportarti così! Smettila di fingere
e
di nascondere ciò che provi!" – Urlò Mitsukuni sopraffatto dalle
emozioni,
alzandosi dal letto e avanzando verso il cugino.
"Non mi sono mai sentito obbligato a far nulla." – Lo canzonò
Takashi, evitando però di incrociare lo sguardo con i suoi occhi.
"Eppure lo sai qual è la verità." – Constatò Honey, calmandosi un
poco - E’ da quando siamo piccoli che non fai altro che assecondarmi e
servire
ogni mio capriccio. Io non ho mai voluto tutto questo, anche se lo
accettavo. –
Strinse i pugni – Non ti ho mai detto nulla perché mi piaceva
trascorrere il
mio tempo con te e sapevo che invece, tu lo facevi solo per una sorta
di
rispetto-obbligo che ancora avevi verso la mia famiglia."
"Perciò lo sapevi."- Ammise freddamente Takashi, destando sempre più
stupore a Mitsukuni, che quasi faticava a riconoscere in quel
comportamento
l'amico da sempre amato.
"Sì. Tuttavia, io ho sempre cercato di comportarmi con te come un amico
e
alla fine, dopo svariati anni, anche tu hai ceduto. – Restò per qualche
secondo
in un profondo silenzio- Siamo amici, no?" – Aggiunse poi alzando il
volto
verso quello di Takashi per poi sorridergli.
"L’amicizia non implica l’amore." - Fu la gelida e repentina
risposta di Mori.
Era davvero inconsueto quel modo di porsi di Takashi nei confronti del
tanto
adorato cugino. Takashi era un ragazzo solitamente molto serafico,
affascinante
e dolce. Non mancava mai di rispetto a nessuno, specialmente, quando si
trattava di Mitsukuni.
Eppure, in quel momento qualcosa si incrinò
nell’animo
solitario di Takashi.
"Ti rifiuti di ammetterlo, non è così Takashi? - Riprese parola Honey,
cercando di scavare nell'animo dell'altro - Lo sappiamo entrambi che il
sentimento che ci unisce ormai non è più una semplice amicizia. Io però
a
differenza tua, lo sto chiaramente ammettendo."
Takashi a quelle parole si sentì messo alle strette e aveva ormai ben
chiaro
che qualunque parola fosse uscita dalle sue labbra, da quel momento il
loro
legame sarebbe inevitabilmente cambiato.
"No, non è così."
"Smettila ti prego! - Esclamò Honey, mentre quella rabbia che stringeva
nel petto si tramutava in crescente amarezza - Smettila di sentirti
obbligato e
di inventare bugie. Voglio conoscere la verità dalle tue labbra."
"Questo non è possibile."
"Perché? - Domandò con voce incrinata da un pianto mal soffocato. -
Perché, fingi che tra noi non ci sia nulla? – Gridò ancora Honey,
tentando in
tutti i modi di reprimere le lacrime. – Perché, Takashi?!" – Chiese
poi,
mentre una sorta di rassegnazione prese il sopravvento.
"Ti stai sbagliando, Mitsukuni. Non sto fingendo, non mi sto
nascondendo."
"Allora, stai cercando di dirmi che tu non provi nulla per me? – Urlò
in
preda alla rabbia. Rabbia che come adrenalina, lo faceva stare in
equilibrio su
un filo sottile.
Un filo che primo o poi si sarebbe spezzato.
"Non fraintendere il legame che ci unisce. Sei importante per
me, Mitsukuni. Tuttavia,
quel sentimento non mi appartiene." – Finì col dire Takashi,
sorprendendo
a tal punto l’amico che questi non ebbe più alcun freno inibitore e
diede
libero sfogo a quelle pesanti lacrime e a quel pianto straziante colmo
di
dolore.
"Takashi... Takashi, come puoi farmi questo?!" – Furono le uniche
parole che riuscì a pronunciare prima di correre verso chi l’aveva
ferito così
nel profondo, per poi afferrarlo con forza e colpirlo violentemente,
facendolo
cadere a terra.
Quel legame si era rotto.
L’ira affiorava sempre più.
Sogni caduti in frantumi pugnalavano i loro cuori.
Un dolore impossibile da dimenticare.
"Sai, mi chiedo perché nonostante sia così doloroso, io non voglia
altri
che te al mio fianco." – Affermò Mitsukuni, mentre le lacrime gli
rigavano
gli occhi e lo facevano sprofondare in un oceano di ricordi.
"Siamo cugini, Mitsukuni. Simili sentimenti non possono
nascere
tra noi." – Rispose duramente Takashi, una volta rialzatosi mentre
stringeva forte i pugni lungo le sue braccia, tanto da fargli male.
"Non posso più rinnegare ciò che sento."
"Dimenticati di quel sentimento. Dimenticatene. Svegliati da questa
illusione."
– Aggiunse poi, prima di andarsene dalla stanza, lasciando così solo il
tenero
cugino che giaceva in lacrime sul pavimento.
"Takashi…"
Distacco.
Rabbia.
Confusione.
Illusione.
Amore.
Era
questa la spirale di emozioni che avvolgeva le loro menti.
Le fredde e distanti parole di Takashi risuonavano nell’aria senza dar
pace
a Mitsukuni.
Il suo cuore si era ustionato, puzzava di bruciato.
Forse, dopotutto, aveva ragione Morinozuka.
Mitsukuni aveva dormito troppo a lungo continuando a sognare quella
fievole
illusione che come un castello di carta, era stata brutalmente
abbattuta con un
semplice soffio di vento.
Forse, un rapporto simile non poteva esistere sin
dall’inizio.
Una storia divertente, triste, dolce, amorevole.
No, una storia così non poteva sbocciare.
Il sogno era finito. S’era infranto!
Era stato tutto frutto della sua immaginazione?
Sarebbe stato il solo a soffrire in quel momento?
Minuto dopo minuto. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Il ticchettio
dell’orologio nell’ex aula di musica dell’Istituto Ouran, scandiva
inesorabilmente il tempo.
Erano trascorsi già tre giorni da quando Mitsukuni aveva
aperto il suo cuore al suo amato cugino,
ma da allora i due non si parlarono più.
La freddezza, l’imbarazzo e il rammarico che lambiva i loro cuori era
così
forte da non poterli portare ad una rappacificazione o ad un ulteriore
chiarimento.
Era la prima volta in assoluto che la distanza tra i due era così forte
ed
evidente.
Avrebbero davvero potuto vivere da soli?
Avrebbero davvero potuto vivere sopportando l’assenza dell’altro?
"E’
la prima volta che vedo Honey-senpai e Mori-senpai così distanti tra
loro." – Ammise con malinconia Haruhi.
"Già. Sono trascorsi ormai tre giorni." - Appurò Kyouya nel mentre
sfogliava il tabulato delle spese settimanali dell’Host Club.
"Lord, hai qualche idea sul da farsi?" - Domandarono
simultaneamente i gemelli Hitachiin.
"Eh? Di cosa state parlando?" - Chiese confuso Tamaki, destando
scalpore tra gli altri membri del club.
"Non possiamo crederci!"
"L’unico idiota che non si accorge di nulla sei sempre
tu!" – Affermò prontamente Kyouya.
"Perché sei sempre così freddo nei confronti di papà?!" – Si difese
Tamaki.
"Ma davvero non ti sei accorto di nulla?!"- Riprese il discorso
Haruhi.
"Continuo a non capire..."
"A volte è più lento di comprendonio di quello che ci si può
aspettare!"
"Ma secondo voi, quale può essere il motivo di questo loro improvviso
distacco?!"
"Forse hanno litigato."
"No, non credo. E’ molto raro che Mori-senpai e Honey-senpai
litighino." – Azzardò Hikaru, prontamente fermato da suo fratello.
"Mmm… A me sembra molto ovvio il perché del loro comportamento." -
Affermò Kaoru senza esitazioni.
"Davvero lo sai?!" – I volti dei membri dell’Hot Club si voltarono
verso di lui.
"Non ditemi che non ve ne siete accorti!"
"Sì, penso di aver intuito alla perfezione cosa intendi – si fece
avanti
Kyouya – In quel caso, però, è meglio se tutti noi non ci
intromettessimo.
Dovranno risolvere quel problema da soli"- Concluse poi.
"Sì, probabilmente hai ragione. Devono affrontare le loro paure e
comprendere i loro sentimenti." – Rispose Kaoru, sotto lo sguardo
perplesso di Hikaru.
Come era strano, nonostante fossero gemelli, soltanto Kaoru era
arrivato a quella conclusione. Beh, era risaputo che Hikaru era più
lento del
fratello a comprendere certe situazioni, tuttavia, forse, Kaoru arrivò
prima a
quella semplice deduzione proprio perché anche lui si trovava in una
situazione
a tratti simile alla loro.
Il
tintinnio incessante di quelle piccole gocce d’acqua che cadevano da
quel cielo
plumbeo, rendevano ancor più fredda ed ovattata quella giornata di fine
marzo.
Takashi camminava
distrattamente per le vie sempre affollate di quella caotica e luminosa
città,
stringendo a sé un ombrello dalle tonalità pastello.
Erano giorni che lui non parlava più con Mitsukuni.
Erano giorni che silenziosamente soffriva in solitudine.
Erano giorni in cui si sentiva maledettamente debole e impotente, ma
fino ad
allora non poté fare altro che tacere in un profondo, quasi
inquietante,
silenzio senza far trasparire alcuna emozione.
Perché
non riusciva ad affrontare quel problema?
Perché non riusciva a far parlare il suo cuore? E perché ogni volta che
per
caso incrociava quei grandi occhi nocciola, provava tutto quel dolore?
Si
fermò d’improvviso davanti alla vetrata di una rinomata pasticceria del
centro.
Dolci dai mille colori e profumi riempivano l’aria di una gradevole
sensazione
per le papille gustative. Pasticcini, torte, fragole, bon-bons, e
marzapane
affollavano quella grande vetrina e implicitamente rievocarono il volto
sorridente del tenero Mitsukuni.
"Mi
piacciono le torte, il cioccolato, il mio
coniglietto e ogni altro tipo di dolce!" - Takashi impercettibilmente
sorrise nel ripensare a
quell’affermazione e al contempo comprese quanto codardo fosse stato
nel
reprimere così tanto i suoi sentimenti. Aveva stupidamente cercato di
voltare
le spalle all'amore, illudendosi che fra loro tutto si sarebbe risolto
lasciando solamente scorrere il tempo. Non si era fermato a riflettere
sulle
sue sconsiderate azioni e non aveva neppure considerato i sentimenti di
Mitsukuni, al punto di fargli comprendere quanto quest'ultimo avrebbe
potuto
soffrire.
Era stato davvero uno stupido ed insicuro egoista. E
paradossalmente l'aveva fatto per proteggere implicitamente proprio
Mitsukuni e
la loro amicizia. Sospirò profondamente, consapevole di essere stato
l'artefice
di quella spiacevole situazione. Corrugò la fronte alzando un
sopracciglio,
intanto che la sua mente rievocava il passato e i tanti
ricordi
legati al cugino.
"Perché,
fingi che tra noi non ci sia nulla? Perché, Takashi?! Stai cercando di
dirmi
che tu non provi nulla per me?" -
Quelle parole scorrevano
infinite volte tra i suoi pensieri per poi scavare nelle profondità del
suo
"io" interiore.
Aveva ripetuto fino alla nausea di non provare nulla per Mitsukuni, ad
eccezione di una normale amicizia, eppure conosceva pienamente quali
fossero i
suoi esatti sentimenti per il cugino. Aveva recitato quel
copione calpestando il suo stesso cuore. Aveva mentito
e
nascosto ai suoi stessi occhi la palese verità che non voleva cogliere.
Lo amava. Non poteva farci nulla. Non poteva ostacolare quel
sentimento.
Lo amava, anche se erano cugini.
Lo amava indipendentemente da tutto.
Allora perché mentire così a se stesso?
Per moralità?
Per le loro famiglie?
Per amore?
Strinse
più forte l’ombrello tra le mani, abbassando poi lo sguardo.
Non poteva più nascondersi e fingere che tutto quello non lo
riguardasse.
Non poteva più sopportare quella lontananza forzata.
Si sentiva solo senza Mitsukuni.
Lui era il suo mondo, la sua vita.
E solo dopo aver compreso appieno le sue stesse emozioni, si ricordò di
un
avvenimento particolare.
"Questo
sabato le
nostre famiglie andranno in un convegno ad Osaka e dormiranno fuori
casa, lo
sai vero Takashi? Non ci sarà nemmeno Chika-chan. Mi farai compagnia?" - Le
parole che Mitsukuni aveva pronunciato qualche giorno prima,
imprigionarono la sua mente e non poté fare altro che
sussultare
quando capì la verità celata in quelle stesse parole.
"E’ solo!" – Parlò a gran voce.
Senza esitare, iniziò a correre con tutto il fiato che aveva in corpo.
La villa di Mitsukuni era molto distante dal centro cittadino,
tuttavia, doveva
assolutamente raggiungerlo.
Correva disperato tra la folla.
Correva contro l'imperturbabile corsa delle lacrime di quel cielo
plumbeo. Non
avrebbe potuto lasciarlo solo, Mitsukuni non
era come lui.
Mitsukuni detestava la solitudine.
Detestava non aver nessuno accanto che gli facesse compagnia.
"E’ tutta colpa mia." – Ammise senza fermarsi, mentre
continuava la sua folle corsa verso la villa della famiglia Haninozuka.
E
quando finalmente raggiunse la meta, prese fiato e dalla tasca dei
jeans
estrasse le chiavi per entrare.
Non c’era nulla di cui stupirsi, era stato proprio Mitsukuni a
dare al cugino una copia delle chiavi della
propria casa, in caso d necessità.
Aprì il cancello, poi la grande porta d’ingresso e, una volta entrato
richiuse
tutto con cura.
La casa era stranamente deserta.
Non c’era nemmeno il corpo di inservienti e le domestiche.
Era sabato pomeriggio, ecco perché non vi era nessuno; quello era il
loro
giorno libero.
I corridoi della villa erano fiocamente illuminati.
Le scarpe di Mitsukuni erano davanti all’uscio della porta d’entrata.
Era in casa.
Era da solo.
E quella stessa consapevolezza lo trafisse al petto con forza. Takashi respirò
affannosamente, cercando ancora di
riprendersi da quella sua violenta corsa. Con discrezione salì al piano
superiore per raggiungere la stanza di suo cugino.
Era l’unico posto in cui, quando si sentiva triste, si rifugiava.
"Mitsukuni, sono io…" – Affermò bussando sulla porta, ma
dalla stanza non vi fu alcuna risposta e così si convinse ad entrare.
La abat-jour del comodino illuminava fiocamente quella grande stanza
ricca di
sfarzo e di peluche di pezza, i preferiti di Mitsukuni.
E lì, sdraiato sul quel letto matrimoniale, vi era lui: Mitsukuni.
"Si è addormentato." – Assodò Takashi.
Si avvicinò al letto con una lentezza disarmante e nel vedere la sua
figura
rilassata e profondamente dormiente, gli sorrise dolcemente. Sfiorò
lievemente
le sue gote mettendogli poi una mano tra i capelli, scompigliandoglieli
un po'.
Poggiò poi, le sue labbra su quelle del cugino ancora addormentato,
sfiorandole
e accarezzandole con le proprie in un contatto leggero, dettato dal
cuore e non
dalla mente.
Un bacio tenero e delicato proprio come un raggio di Luna.
Mitsukuni si mosse leggermente, ma non sembrava intenzionato a
svegliarsi. E a
quel punto Takashi si rialzò in piedi e prima di
poter compiere
qualche altro madornale errore, avanzò il passo verso
l’uscita. Non
voleva affrettare le cose e men che meno complicarle ulteriormente. Si
ripromise che avrebbe parlato a Mitsukuni con calma, qualcuno però lo
fermò
all’istante afferrandolo per un lembo della felpa.
"Mitsukuni!"
"Takashi… Non andartene, per favore." – Asserì con un filo di voce
Honey, appena destatosi.
"Come desideri." - E così Takashi gli si sedette
accanto.
"Perché sei qui?" - Domandò, dopo un lungo periodo di silenzio, Mitsukuni.
"Perché sei stato tu a chiedermelo."
"Allora ne te sei ricordato." - Ammise ritrovando un barlume di
serenità il piccolo Honey.
"Non avrei potuto scordarmelo."
"Perdonami Takashi. Non volevo rovinare così la nostra amicizia. Però
non
potevo neanche più tacere."
"Va tutto bene." – Lo rinfrancò Mori.
"No, non va bene. Ci siamo allontanati… Io non volevo tutto questo…"
"Ho detto che è tutto a posto." - Precisò ancora una volta
Takashi, rasserenando il suo cuore in un atteggiamento
conciliante e
pacifico.
"Sei tu a dovermi perdonare. Sei importante per me, per questo sono
qui." - Ammise Takashi, colmando la distanza che si era
creata
fra loro.
Mitsukuni dal
canto suo, capì
immediatamente il linguaggio nascosto sotto quelle sue esternazioni.
"Mitsukuni, io…" - Honey lo interruppe poggiandogli un dito sulle
labbra.
"No, non serve. Ho capito. – Sorrise – Hai bisogno di me, non è
così Takashi?!"
"Uh!" – Rispose con un sorriso impacciato Mori, capendo anche
lui l’allusione.
"Non dirlo a nessuno, però" - Aggiunse Mitsukuni abbracciandolo
stretto a sé e un poco
arrossendo.
Non c’erano bisogno di altre parole tra loro.
Il loro era una sorta di vocabolario segreto e soltanto loro due
potevano
comprendere esattamente il significato che si celava dietro a quelle
che
all’apparenza potevano sembrare banali esternazioni d’affetto.
Mitsukuni gli sfiorò le labbra per poi fermarsi come alla ricerca di
una
risposta.
Una risposta che avvenne e fu più che affermativa, visto che le loro
labbra si
dischiusero in un meraviglioso bacio. Un bacio che con il trascorrere
dei
secondi prendeva sempre più forma e sentimento.
Si accasciarono sul materasso. E si baciarono ancora, uniti dal
medesimo
impulso d'amore.
Poi, inaspettatamente, fu proprio Honey a prendere l’iniziativa.
Lo baciò, lo vezzeggiò e lo fece sussultare di piacere, quando, dopo
avergli
scompigliato i capelli, sfiorò il lobo destro del suo orecchio per poi
morderglielo, senza però fargli male.
Takashi lo studiò attentamente in ogni suo movimento, e lo lasciò fare
fin
quando non decise di invertire i ruoli.
Amicizia.
Verità. Esaltazione.
Amore e sfrenata Passione.
Le
loro
mani naufragavano sotto i loro stessi vestiti, accarezzando quella
morbida
pelle che incontravano nel loro viaggio.
I loro sguardi complici, i loro gesti fugaci e i loro baci passionali…
L'attrito di due corpi distanti che però si cercavano per poi
ritrovarsi uniti
in una danza d’amore. Sussurri impercettibili. Languidi sussulti densi
di
piacere.
Lacrime di gioia e una ritrovata crescita emotiva avvolsero i loro
cuori in una
spirale infinita di sensazioni magnifiche.
Arrivati a quel punto la morale non aveva più alcun senso, solo l’amore
era
davvero importante. Tutto il resto era solo polvere cosmica, se
paragonato al
profondo sentimento che lì univa da anni. E questo era il più recondito
e
tenero dei loro segreti.
"Ti amo, Takashi." – Confessò Mitsukuni teneramente abbracciato al
suo amante.
"Mi ami?!" – Ripeté l’altro con un sorriso sfuggente sul viso.
"Sì. Takashi."
"Più dei dolci e dei conigli rosa?!" - Domandò con furbizia Mori,
tentando di coglierlo impreparato.
"Molto di più! Ti amo davvero tanto, sai
Takashi?!" - Rispose con quella sua schietta sincerità
delineando
il più dolce dei sorrisi. E fu proprio quel sorriso abbacinante a
travolgere
irrimediabilmente l'anima di Takashi, imprigionandola per sempre nel
cuore di
Mitsukuni.
© LADY ROSIEL