Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: Dzoro    27/09/2013    0 recensioni
Angelo è un ex marine veterano della guerra del golfo. Vive in una città americana, da solo, il suo unico amico è un barista di colore. Angelo è un assassino a pagamento. Questa è la sua storia.
Per fan di Cormac McCarthy, Quentin Tarantino e Garth Ennis.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Angelo Strano'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Non ho nulla di particolare da dire, se non di chiedervi di assicurarvi di aver letto il capitolo precedente, sennò capirete ben poco di questo. Spero vi piaccia.

Dzoro

 

Stasi

 

Si svegliò a mezzogiorno, e si chiese quanti giorni fossero passati. Si chiese come li avesse passati, poi. Che aveva fatto, cosa aveva mangiato, dove? Angelo non beveva, non si drogava, ma aveva passato quegli ultimi giorni completamente fuori di se, come un animale, come se ogni sua azione fosse stata completamente dettata dall’istinto, come un riflesso abituale. Come una rana con un cavo elettrico ficcato nel culo, aveva ballato il suo inutile valzer, aspettando. E, ogni tanto, ricordandosi di quella macchia sul muro, e dei pezzi di cervello che scivolavano, e del loro rumore, mentre toccavano terra.

“Quante persone hai ucciso? Te lo ricordi il primo?

Quell’afghano, armato di kalashnikov, sorpreso in una casa che puzzava di piscio acido, miracolosamente rimasta in piedi a Khafji dopo i bombardamenti. L’avevi guardato negli occhi, prima di far scattare il grilletto del M-16. E avevi visto quell’espressione stupida, volgare, quasi ridicola, come se non se lo aspettasse. Davvero niente di tragico, in fin dei conti. Non ti eri sentito diverso, subito dopo, quando il sangue si era mischiato con la sabbia, diventando solo del fango con un colore strano. Non ti eri sentito peggiore. Non più malvagio.”

Forse il male era davvero banale, come diceva Spencer.

“Il secondo, poi, te lo ricordi? Forse è stata una bomba a mano, come potresti ricordarlo? Quando il fumo si era diradato, anche lui non era che una macchia sul muro. E così, molti cadaveri dopo, te ne sei convinto. Che avresti potuto continuare ad uccidere all’infinito, fino al momento in cui saresti diventato te la macchia sul muro.”

E invece, qualcosa, in quell’appartamento miserabile, davanti al cadavere di quella ragazza, qualcosa si era rotto. Perché non lei?

“Sei stato te a deciderlo, ricordi? Hai scelto te questo mestiere. Uccidere, solo per soldi, con freddezza. Non ti sei mai creato codici morali, o stronzate simili. Dovevi uccidere e basta. Uno spacciatore, uno stupratore, un mafioso, non meritavano di morire più di quanto lo meritasse quella ragazza. Nessuno meritava di morire, e così era come se tutti lo meritassero. Se nessuno ti scopre, nessuno ti giudica. E se qualcuno ti giudica, che cazzo te ne frega a te? Sei libero. Libero cazzo, fino alla fine, fino a quando diventerai anche te una macchia sul muro.”

Eppure, ogni volta che pensava a lei, sentiva la nausea, calda e viscida, annodarglisi intorno allo stomaco. E capiva, che era successo qualcosa. Ma non capiva cosa.

 

Si trovava per strada. Il sole era alto. Mezzogiorno? Forse. Dove si trovava? Era uno dei suoi itinerari preferiti, o almeno lo era stato fino a qualche tempo prima. Prima che Cab morisse. La strada che portava al suo bar. La percorse come di suo solito, trascinandosi sul marciapiede deserto. Quella strada era sempre stata vuota di giorno. Quando vide il camion, e la gente che vi si affaccendava attorno, affrettò il passo, incuriosito. Era un camion dei traslochi, ed era parcheggiato esattamente davanti al vecchio bar. Quando poté sbirciarci dentro, vide dentro molte cose, mobili, scatoloni di cianfrusaglie, prelevati sia del bar che dell’appartamento di Cab.

- Mi scusi, può spostarsi?- uno degli addetti al trasloco spinse da parte Angelo, mentre caricava uno scatolone. Angelo arretrò, e così facendo sbatté contro qualcuno.

- Oh, mi dispiace.- fece questi, anche se la situazione avrebbe richiesto le scuse di Angelo, non certo le sue.

- No. niente.- farfugliò Angelo. Era una donna, di colore, sulla trentina. La felpa e i jeans stretti fasciavano un corpo magro e minuto, ma il suo volto era florido, in carne, e i suoi occhi erano familiari.

- Portate via le… cose?- chiese quindi Angelo, non trovando una parola migliore con cui concludere la frase.

- Sì, le cose.- la donna sorrise. Quando sorrideva le guance le si alzavano, e il suo viso diventava molto dolce. C’era un che di malinconico, e di rassicurante in quel sorriso.- Conosceva il locale?-

- Ero un amico di Cab. Ci andavo spesso.-

- Suo amico, eh? Pensavo che con il suo carattere non se ne fosse mai fatti.-

- Eh, sì, aveva proprio un carattere di merda.- Angelo si bloccò: qualcosa, nella voce della donna, lo metteva a suo agio, toglieva i suoi consueti freni inibitori, che in altre situazioni non gli avrebbero fatto dire una parolaccia davanti ad un estraneo. Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato, tra loro. Poi lei rise:

- Beh, cavolo se è vero! Di merda, sì.- aveva dei bei denti. Bianchi. Anche Angelo sorrise.

- Sei sua parente? Sua figlia?-

- Sono Angie. Era mio papà.- gli porse la mano. Lui la strinse.

- Angelo.- rispose, ripetendo il nome che aveva detto centinaia di volte a centinaia di sconosciuti, e che qui gli sembrò tanto fuori luogo.

- Angie e Angelo. Carino!- rise lei.

- Sì.- rimase zitto un attimo - La figlia di Cab. Non sapevo fosse sposato.-

- Separato. La mamma aveva scoperto che lui, beh, la tradiva. Non lo vedo da quando avevo dieci anni. Ho saputo che era morto solo qualche giorno fa.-

- Mi dispiace.- Che altro dire? Lei sorrise ancora, e fece un gesto con la mano, come per dire che era tutto a posto:

- Tranquillo, Angelo. Lo conoscevo appena, e mia madre me l’ha sempre fatto odiare. Ne parlava sempre così male.- abbassò lo sguardo. Le dispiaceva, era chiaro.

- Insomma. ho appena scoperto che, non essendoci nessun testamento, sono l'unica erede di tutte le sue ricchezze. Ed eccomi qui.-

- Ti ha lasciato il locale?-

- Sì. Qualcosa di utile c’era. Ma perlopiù è roba vecchia. Un po’ di cose le lascerò qua fuori, se vedi qualcosa che ti piace, serviti!-

Angelo adocchiò una cassa piena di dischi in vinile, abbandonata sul marciapiede. Vi si chinò sopra:

- Non ti piace Tom Waits?-

- Non ascolto molta musica. prendili se vuoi.-

- Cab ne andava pazzo. I suoi lo avevano chiamato così in onore di Cab Calloway, ma niente, sapeva appena chi era. Invece Tom Waits poteva ascoltarlo per ore. Mai sentito di un negro che ascolta Tom Waits. Oh, scusa!- Angelo si morse la lingua: Angie non sembrava molto più bianca di quanto lo fosse il padre. Come prima, era stato sopraffatto dalla confidenza che quella donna sapeva infondere in lui.

- Tranquillo, anche la mamma lo chiamava così. “Quel negro di merda”!- lo disse con una voce bassa e caricaturale, entrambi non poterono che ridere di nuovo. Quando smisero, Angie abbassò lo sguardo. Angelo riprese a spulciare i dischi.

- Lo conoscevi bene?- domandò lei.

- Non poi troppo. Mi preparava solo il caffè, in fondo. Era un tipo che ti mandava a cagare piuttosto che salutarti, ma immagino fosse il suo modo per dimostrare affetto. Era un mio buon amico, non era una persona cattiva.- “Era il tuo unico amico. Non era una persona cattiva? E come cazzo fai a dirlo, era un informatore, vedeva tutta la merda che vedevi te. Stai mentendo, le stai mentendo. Che cazzo ne sapevi tu, di quel vecchio?” Angelo si sentì attraversare da un fastidioso rimorso. Stette qualche secondo in silenzio, a guardare i dischi. Resosi poi conto di come quel suo improvviso tacere fosse strano, alzò la testa e concluse il discorso:

- Tu sei sua figlia, forse ne sai molto di più.-

- Te l’ho detto, ricordo poco di lui.-

- Poco?-

- Una volta, al mare, abbiamo costruito insieme un castello di sabbia.-

- Beh, è un bel ricordo.-

- Già.- lei, rimase di nuovo zitta. Angelo si chiese a cosa stesse pensando. Vide che sulle sue labbra, c’era ancora quel sorriso malinconico.

Continuò a spulciare i dischi, non sapendo cosa altro dire.

- Ti interessano?- domandò lei, all’improvviso.

- Posso prenderli?-

- Vai pure.-

Angelo sollevò lo scatolone, era pronto ad andarsene.

- Beh, mi ha fatto piacere conoscerti. Arrivederci.-

- Ciao.- rispose lei. Lui si voltò, e fece diversi passi.

- Aspetta!- Angelo non pensava già più che avrebbe sentito di nuovo la sua voce. Si voltò. Angie gli si stava avvicinando, con in mano una penna ed un pezzetto di carta. Appoggiò il foglietto sullo scatolone tra le braccia di Angelo, e scrisse qualcosa.

- Lavoro in un ristorante. È anche un Motel, siamo abbastanza lontano dalla città, ma passa se vuoi. Mi ha fatto piacere parlare con te.-

Sul biglietto c’erano un numero di telefono e un indirizzo. Lo appoggiò nello scatolone, tra i dischi.

- Così se ti viene in mente altro su di lui… beh, possiamo parlarne.- finì lei. Angelo non sapeva cosa rispondere. Sorrise.

 

Quando tornò a casa, Angelo frugò nello scatolone: ci mise un po’ a ritrovare il biglietto. Temette anche di averlo perso. Appoggiò il biglietto vicino al telefono.

La mattina dopo, si svegliò intorno alle nove. Non appena tornò in salotto, il suo sguardo si posò sul biglietto accanto al telefono. Era ancora troppo presto. Preparò il caffè, tostò un paio di fette di pane e ne masticò solo metà di una. Nove e venti. Iniziò a camminare per la stanza, trafiggendo l’orologio con occhiate gelide e spazientite. Dieci. Prese il biglietto, e compose il numero. Mentre dall’altra parte il telefono squillava, Angelo si chiese cosa avrebbe detto una volta che lei avesse alzato. Aspettò. Uno squillo. Due. Quattro. Nove.

“Merda.” Riattaccò. Si sdraiò sulla poltrona, e guardò il soffitto. C’era una macchia d’umidità sopra la sua testa. Pensò a come avrebbe potuto toglierla, quando il telefono squillò.

Angelo si alzò di scatto: scese dal divano, e corse fino alla cornetta. La alzò:

- Pronto?-

- Signor Salerni?-

Spencer.

- Sì.- Angelo sospirò.

- Sono io. Deve iniziare domani notte.-


 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: Dzoro