Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Alex Wolf    28/09/2013    4 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
When you let her go.   
 
 


Image and video hosting by TinyPic
 
 
 
 


Avete presente quando vi sentite svuoltati, soli e senza la speranza di sapere che qualcuno possa vedere il vostro stato d’animo? Quando vi sentite male, male sentimentalmente e vedete tutti felici, tranne voi? Io mi sentivo peggio, molto peggio. Mentre spazzolavo con forza il mio cavallo mi sembrava che tutto il mio mondo stesse finendo. Anzi, era già finito. Sentivo il cuore battere talmente tanto da sfondare la cassa toracica, e il respiro accelerare sempre di più. Era così snervante, per me. Mi aveva praticamente chiamata “ traditrice ”, nei suoi confronti. Mi sentivo delusa da me stessa. Diedi un’ultima strigliata all’animale e lo portai in box, dove lo rinchiusi. Appoggiai la schiena alla grande porta e respirai a fondo. Non era  normale che il mio cuore andasse così veloce e il respiro mi si bloccasse in gola. Stavo avendo un attacco d’asma, e lo sapevo bene. Mi capitava spesso anche sulla terra, ma dopo poco tempo cessavano, invece questo sembrava peggiorare. Mi portai una mano alla gola e strinsi con una mano il confine del box. Dovevo stare in piedi, dovevo avere la forza di respirare ancora. Rantolai rumorosamente, e prima di toccare terra mi ritrovai tra le braccia di qualcuno. Mi issò con impulso e spinse il mio corpo contro il muro, sorreggendomi per le spalle. Gli occhi azzurri di Aragorn mi esaminarono, impauriti e curiosi. « Eleonora » disse dandomi una leggera scossa. Lo guardai boccheggiando e indicai la gola con una mano. « Non respiri? » s’impaurì. « Mi manca l’aria » riuscii a dire portando le mani al suo collo. Sapevo di avere una stupida idea in testa, ma nei film funzionava sempre. Lo tirai a me e lo baciai. Lui s’impietrì, ma dopo qualche secondo sembrò capire tutto. Si rilassò e poggiò il suo corpo sul mio. Il mio cuore prese a battere normalmente e tutta l’ansia che avevo defluì via, diventando aria. Quando ci staccammo le uniche cose che riuscii a dire furono: « Grazie, Aragorn. »
Quando uscimmo dalle stalle parlammo dell’accaduto. Gli rivelai che soffrivo d’asma da quando ero bambina, e man mano che crescevo quella specie di malattia era cessata, ce così si poteva dire. Non mi erano mai venuti attacchi così forti, all’improvviso. Gli rivelai che sulla Terra avevo un congegno fatto apposta che mi aiutava a respirare, mentre li non potevo contare su nulla se non su degli stupidi baci. Nessn bacio poteva eguagliare quello di Legolas, ma ora lui mi odiava e io mi sentivo ferita dal suo comportamento. Sulla litigata con l’elfo non avevo fatto parola. Arrivammo alla reggia quando ormai il sole stava tramontando. Avevamo parlato così tanto, di così tante cose che non avevamo neanche fatto caso al tempo. Il sole in lontananza colorava il cielo di un dolce arancio, tagliato dal rosso porpora dove il sole gli era più vicino. Le ombre degli alberi si allungavano su di noi, e sui boschi facendoli diventare bui e brulicanti di canti. Sorrisi ad Aragorn e strinsi il mio braccio attorno al suo. Camminavamo sulle scale rilucenti, e dissi: « Ti sono grata per aver parlato con me, Aragorn. E del tuo intervento nelle stalle. So quanto ti è costato. » « Non fa nulla, Eleonora. E… riguardo quella cosa, ho solo salvato la vita di uno dei miei. » Sorrise, mentre i suoi occhi azzurri deviavano dal mio viso e si fermavano sull’entrata della reggia. Lo seguii con i miei occhi e scorsi Sire Celeborn parlare con Legolas, e entrambi ci fissavano. Il primo sorridente, il secondo… bhe, aveva gli occhi di ghiaccio. Alzai il mento e sorrisi educatamente quando li avvicinammo. Un leggero inchino garbato al re e un saluto freddo all’elfo che mi aveva ferita. « Sai, mia cara. Il principe Legolas ha avuto una splendida idea » mi disse Celeborn, poggiandomi una mano sulla spalla, amichevolmente. « Ha proposto un piccolo ballo prima della vostra partenza, che avverrà domani. » « Che ottima idea » concordò Aragorn. « Un’idea davvero… simpatica, si » mi sforzai di commentare io.
 
Qualche ora dopo ero sdraiata sul letto di camera mia, mentre l’elfa bionda di quella mattina era intenta a sfrecciare da una parte all’altra, con un vestito diverso tra le mani ogni volta. Ora davanti a me ne erano appesi cinque: uno rosso corallo dai ricami d’oro, uno azzurro cielo impreziosito da fili d’argento, uno giallo con un profondo velo sulla parte posteriore, uno bianco come il latte e l’ultimo nero. « Non lo so Mandë » dissi. « Io neanche ci voglio andare a questo ballo » mi accarezzai i capelli e constati che ormai erano del tutto diventati scuri. « Ma, mia signora » mormorò lei fermandosi davanti ai piedi del letto, di fronte alla mia faccia. « Sire Celeborn ha detto. »   « Non importa, io non voglio andare! » sbraitai rizzandomi di colpo. La “giovane” sobbalzò un poco e si portò una mano al cuore. I miei scatti improvvisi erano famosi per il fatto che spaventavano le persone. Quello era riuscito bene. La mia testa continuava a dirmi di calmarmi, e così il mio cuore, ma i miei pensieri tornavano continuamente alla litigata avvenuta quella mattina. La rabbia che non avevo sfogato del tutto nelle stalle stava ribollendo dentro di me. Era vivo, vigoroso e bramoso di distruggere e trasformare in cenere tutto ciò che stava sul suo cammino. E in quell’istante c’era l’elfa sul mio cammino. « Ma mia signora » provò a persuadermi. « Ne ho abbastanza per oggi, Mandë. Esci di qui e vai a festeggiare, io non ne ho le forze. »  « Voi non volete averne » ribatté lei. « Avete paura che il principe Legolas esca con un’altra? Mia signo… » « Lasciami sola, elfa! E’ possibile che tu non riesca a recepire un solo ordine? Sparisci! Non ti voglio, non ho bisogno di te! » non riuscii a trattenermi e le indicai la porta. Quella gonfiò il petto, rossa in viso e si diresse verso l’uscita senza neanche salutare. « Stupido elfo! » sibilai tra i denti, quando nel corridoio vidi passare lui, prima che la porta si chiudesse davvero.
 
 
 *        *


Il giovane principe continuò il suo cammino lungo i corridoi. Il sole era tramontato ormai da un’ora, e il bosco era illuminato da lanterne di bianca luce. A un tratto un rumore catturò la sua attenzione. Fece volare lo sguardo ovunque e notò una giovane elfa dai capelli biondi in piedi davanti a una finestra. Si teneva le braccia strette al petto e singhiozzava tristemente, cercando di restare nell’ombra. Il cuore del giovane, che in quel giorno pareva essersi fermato riprese a battere velocemente. Vedere una ragazza in quello stato lo faceva sentire a pezzi. Le si avvicinò, e facendo attenzione poggiò una mano sulla sua spalla nuda e tremante. La giovane si voltò leggermente, i lunghi capelli d’argento le frusciarono sulle spalle bianco/marmoree. Gli occhi grigi della ragazza gli erano famigliari. Ma certo, si disse, è la ragazza della scuderia. L’ancella della mia comp… di Isil.  « Mandë, giusto?. »   La ragazza annuì e si asciugò in fretta gli occhi. « Cosa comandate, mio signore? » Il giovane rimase sorpreso dal tono malfermo della voce di lei. « Cosa ti è accaduto, mia signora? Perché piangi? » « Non… nulla principe Legolas » mormorò. « Una bella donna come voi, mia signora, non piange per nulla. » « Ecco, io e la mia signora abbiamo avuto delle incomprensioni, mio signore. Nulla di grave. »  « Cosa vi ha fatto? Se fosse stato un “nulla” non piangereste così. » « Mio signore. » Prima che l’elfa terminasse la risposta una voce alle loro spalle li fece voltare. Era un sussurro, flebile ma potente in tutto quel vuoto silenzio. Dama Galadriel si stava avvicinando con un altro gruppo di ancelle al seguito. Indossava un elegante vestito bianco che risplendeva come la luna, e i capelli d’argento colato erano mossi sulle sue spalle. Il volto severo ma sorridente rivolto a una seguace. « Mio signore, vogliate scusami ma debbo andare. » si congedò l’ancella, le lacrime sparite dal viso etero. Legolas la guardò andare via, seguire le dame e scomparire oltre le scale che portavano nella sala grande. Solo allora si rese conto di quanto vederla ferita l’avesse turbato. L’uragano, creatosi nella sua anima quella mattina riprese a ingrossarsi. Gli sembrava che dentro il suo corpo fosse davvero in fermento una tormenta d’acqua e pioggia scrosciante. Senza accorgersene, voltò i tacchi e si diresse in gran carriera verso le stanze di lei. Percorse i corridoi bui, dove i suoi passi rimbombavano tetri e pesanti mentre sotto le pavimentazioni cominciava a sentire le voci festose degli invitati e i primi accordi della musica. Bussò violentemente alla porta di una stanza e attese. I minuti passarono e la sua rabbia cresceva. Ormai persino il suo cuore aveva preso a battere troppo veloce per riuscire a calmarsi. Fece per battere nuovamente, ma la porta si aprì da sola cigolando. Se prima il suo cuore correva troppo veloce, ora d’un tratto si era impietrito. Eleonora era davanti ai suoi occhi, il corpo fasciato da un delicato vestito rosso scuro dai preziosi ricami. I capelli, che ormai erano cresciuti fin dopo le spalle, lasciati liberi su una di esse. La pelle chiara lo era ancora di più e l’anello al suo dito medio riluceva leggermente. Ma i suoi occhi erano la cosa più triste che avesse mai visto. Non erano come quelli appannati dell’elfa, oppure come quelli di tutte le persone che aveva visto piangere. I suoi occhi erano davvero lucidi e quello sinistro era leggermente più chiaro dell’altro. Copiose lacrime le rigavano le guance. Alcune scendevano sul collo, altre percorrevano la mascella fino al mento e le gocciolavano a terra, macchiando il pavimento. « Che vuoi? » disse, il corpo scosso da tremiti. « Mio signore » aggiunse, per dimostrare a Legolas  che c’è l’aveva ancora con lui. Il principe aprì le labbra e mormorò: « Ho incontrato la tua ancella. » « Ah, quella! » esclamò lei infastidita. « Ficcanaso che non è altra! Scommetto che l’hai trovata a piangere e l’hai baciata, non è così? » gli voltò le spalle, ma non chiuse la porta, permettendogli d’entrare. Lui fece un timido passo avanti, poi un altro finché non fu nelle stanze della guerriera, poi richiuse l’uscio. « Si è vero piangeva » ammise lui. « Ma non l’ho baciata. » « Almeno sei stato corretto » borbottò lei chiudendo la porta finestra che conduceva al piccolo terrazzo. Le spalle ancora tremanti per i singhiozzi repressi. « Cosa ti è successo? Perché… piangi? Qual è il problema? » Isil. Gli suonava così strano provare a pronunciare quel nome dopo sessant’anni. Lei era la sua compagna, lo era stata tanto tempo fa, ma adesso era tutto diverso. Lui era diverso e lei pure. Eppure era così simile a quella ragazza fiera e decisa che conosceva. « Sono io, il problema! » singhiozzò lei, aggredendosi d’un tratto. Le labbra tremolarono un poco. « E’ da quando mi sono unita a questa compagnia che non riesco più a capire chi sono! Ho scoperto di poter leggere nella mente delle persone! » si indicò il capo in l’indice destro. « Ho scoperto di essere praticamente la reincarnazione di una guerriera vissuta sessant’anni fa. » « Non sei proprio la reincarnazione… » sussurrò lui. « E’ uguale » ribatté la giovane, senza fermare i singhiozzi che la tormentavano. Legolas non l’aveva mai vista così. Lei non era mai stata così, vulnerabile. Aveva costruito una barriera attorno a se, e ora quel grosso muro di protezione le era crollato contro all’improvviso lasciandola sola e scoperta. Doveva davvero sentirsi uno schifo. « Perché non potevo semplicemente essere una giovane ragazza, con una vita tormentata e un amore impossibile per un qualche giocatore di rugby o un cantante? No, certo! Io dovevo precipitare nella terra di mezzo e incontrare uno stupido elfo biondo spara frecce! » si bloccò capendo che stava esagerando e puntò lo sguardo a terra. « Perdonami, mio signore » pigolò. Poi prese un bel respiro e rialzò il mento. Gli occhi arrossati facevano a gara con il colore del vestito. « Volevi andare alla festa? » domandò lui per variare discorso. Pensò che almeno, forse, avrebbe smesso di piangere. « No » rispose secca lei. « Volevo solo provare il vestito. » « Bhe… ti sta davvero bene » la lodò lui. Ed era vero. Il velluto dell’abito aderiva perfettamente alle forme, poco prosperose di lei. Lo scollo squadrato della parte davanti le lasciava le spalle nude. Dietro un piccolo strascico le sembrava volteggiare intorno. « Sembri… una dea dei Valar » mormorò. « Chissà a quante elfe l’hai già detto » borbottò lei poggiandogli le mani sulle spalle, per farlo voltare verso la porta. Con una spinta leggera lo condusse all’uscio, che aveva aperto e lo spinse fuori. « Sei stato carino a passare, mio signore. » « El, io » provò a dirle lui. Ma lei era testarda e non lo fece continuare. « Non so se sei passato pr caso, o per il fatto dell’ancella, Mio Signore. Fatto sta’ che io non ho dimenticato quello che mi hai detto oggi. » Il cuore di Legolas, pietrificato si ghiacciò e sgretolò finendo sul fondo della cassa toracica. Gli stava praticamente dicendo che non lo voleva tra i piedi, sebbene i suoi occhi gli parevano gridare il contrario. 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Alex Wolf