PROLOGO
Era il primo di ottobre e quella sera mio padre aveva dato una festa in onore dei miei diciotto anni. Inizialmente ero molto contrario alla proposta poiché sapevo che questo era soltanto uno dei suoi patetici tentativi di ostentare un retaggio nobiliare oramai dimenticato da molti (o forse tutti), ma poi, dopo aver ascoltato i consigli di mia madre e non volendo affrontare un’inutile discussione con lui, decisi di non oppormi.
Tutti i vecchi nobili della città erano stati invitati: conti, duchi, marchesi, baroni e l’immancabile principessa Elèna di Ricciaforte, madrina di ogni mondanità e sempre alla disperata ricerca di un futuro marito. Alla lista degli invitati aggiunsi solamente qualche amico e sperai con tutte le mie forze che quella carnevalata terminasse il prima possibile.
L'orologio segnava le nove in punto e io mi stavo preparando per scendere al piano di sotto e accogliere tutti gli ospiti che attendevano per porgermi i loro auguri. Cercavo di ritardare il più possibile la mia opera di vestizione quando ad un tratto sentii bussare alla porta.
“Avanti” dissi di scatto.
La porta si aprì lentamente e Sabina, la mia amica, entrò velocemente dentro la stanza.
“Tanti auguri Gab!” mi disse canticchiando allegramente.
Mentre si avvicinava verso di me inciampò e cadde a terra. “Odio questi cazzo di tacchi” inveì lei mentre cercava di rialzarsi.
“Sabi l’etichetta! lo sai che il vecchio ci tiene molto” le risposi trattenendo a stento una risata.
“E dai, non è mica nelle vicinanze. L’ho visto al piano di sotto mentre intratteneva tutti i tuoi simili. A proposito saranno un centinaio circa.”
“Non vedo l’ora che sia già domani. Perché non potevo festeggiare i miei diciotto anni come fanno tutti i ragazzi della mia età?” il mio riflesso allo specchio mi guardava con aria disperata.
“Perché tu sei il primogenito del Conte Rossoscudo. Sei come il piccolo Lord, solo molto più brutto e molto più antipatico” rispose Sabina gettandosi nel mio letto.
“Queste stupide fissazioni di mio padre… Comunque cravatta o papillon?”
“Papillon, cosi eviti la fatica di risolvere l’enigma del nodo”.
“Hai ragione” presi il papillon rosso all’interno del comò e lo legai al collo.
“Come sto?” le chiesi voltandomi.
“Gab, sei davvero un amore… se non fossimo così tanto amici ci avrei provato spudoratamente con te per tutta la sera” e dicendo ciò soffocò un sorriso malizioso.
“Smettila scema. E scendi dal mio letto che ci aspetta una splendida serata in compagnia della delegazione blasonata del centro anziani”
Sabina scoppiò io una fragorosa risata ed insieme ci avviammo verso la porta.
Tutti i vecchi nobili della città erano stati invitati: conti, duchi, marchesi, baroni e l’immancabile principessa Elèna di Ricciaforte, madrina di ogni mondanità e sempre alla disperata ricerca di un futuro marito. Alla lista degli invitati aggiunsi solamente qualche amico e sperai con tutte le mie forze che quella carnevalata terminasse il prima possibile.
L'orologio segnava le nove in punto e io mi stavo preparando per scendere al piano di sotto e accogliere tutti gli ospiti che attendevano per porgermi i loro auguri. Cercavo di ritardare il più possibile la mia opera di vestizione quando ad un tratto sentii bussare alla porta.
“Avanti” dissi di scatto.
La porta si aprì lentamente e Sabina, la mia amica, entrò velocemente dentro la stanza.
“Tanti auguri Gab!” mi disse canticchiando allegramente.
Mentre si avvicinava verso di me inciampò e cadde a terra. “Odio questi cazzo di tacchi” inveì lei mentre cercava di rialzarsi.
“Sabi l’etichetta! lo sai che il vecchio ci tiene molto” le risposi trattenendo a stento una risata.
“E dai, non è mica nelle vicinanze. L’ho visto al piano di sotto mentre intratteneva tutti i tuoi simili. A proposito saranno un centinaio circa.”
“Non vedo l’ora che sia già domani. Perché non potevo festeggiare i miei diciotto anni come fanno tutti i ragazzi della mia età?” il mio riflesso allo specchio mi guardava con aria disperata.
“Perché tu sei il primogenito del Conte Rossoscudo. Sei come il piccolo Lord, solo molto più brutto e molto più antipatico” rispose Sabina gettandosi nel mio letto.
“Queste stupide fissazioni di mio padre… Comunque cravatta o papillon?”
“Papillon, cosi eviti la fatica di risolvere l’enigma del nodo”.
“Hai ragione” presi il papillon rosso all’interno del comò e lo legai al collo.
“Come sto?” le chiesi voltandomi.
“Gab, sei davvero un amore… se non fossimo così tanto amici ci avrei provato spudoratamente con te per tutta la sera” e dicendo ciò soffocò un sorriso malizioso.
“Smettila scema. E scendi dal mio letto che ci aspetta una splendida serata in compagnia della delegazione blasonata del centro anziani”
Sabina scoppiò io una fragorosa risata ed insieme ci avviammo verso la porta.