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Autore: Smartinson    29/09/2013    1 recensioni
Alec si è finalmente deciso. Vuole dichiararsi a Jace, vuole fargli capire che è innamorato di lui. Ma Jace lo asseconderà e ricambierà i suoi sentimenti? Oppure continuerà a sperare in Clary?
Piccola One-shot sui Jalec, Jace Wayland e Alec Lightwood di The Mortal Instruments.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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“Closer than brothers”.

Jace osservava annoiato la sfilza di libri che adornavano una delle tante librerie dell'Istituto. Clary dormiva, e presto lui sarebbe andato a svegliarla per preparla alla visita con i Fratelli Silenti. Era tutto calcolato, doveva solamente lasciare che quell'oretta passasse in fretta e, sfregando con le dita ogni volume lì presente, sarebbe riuscito a mandar via anche l'ozio. 
Prese velocemente due libri: uno rilegato d'argento e l'altro d'oro - proprio come i suoi occhi - e rimase a sfogliarli per una decina di minuti. Tra una lettura e l'altra, ripensò al volto di Clary, alla sua chioma rossa, alla sua figura esile e innocente. Rimembrò ogni loro dialogo fino a quel momento, ogni loro sguardo, ogni loro incontro. E pensò a quanto si sentisse a disagio, da quando c'era lei nei paraggi. Come se la sua presenza fosse capace di farlo sentire indifeso e privo di vigore, se non c'era lei accanto a lui. Come se Clary fosse il pezzo di quel puzzle che lui a stento riusciva a completare. Lei era in grado di far emergere la sua debolezza. Quella debolezza che lui aveva nascosto per tanto tempo. Jace non credeva di poterlo accettare senza che provasse almeno ad opporsi. E anche se si fosse convinto a raggiungerla in camera per svegliarla bruscamente e supplicarle di smetterla, Clary lo avrebbe assecondato? Probabilmente non sapeva neanche di cosa stava parlando, probabilmente lo avrebbe ritenuto pazzo. E lui cosa poteva fare a quel punto? Dimostrarsi un'altra volta debole e darsela a gambe, tentando di bloccare le lacrime? Da quando Jace Wayland desiderava piangere? Quel bambino non esisteva più, e lui non doveva assolutamente cercare di farlo risorgere. Soprattutto se si trattava di Clary.
Scosse la testa, posando i libri al loro posto. Sentiva su di sé il peso della coscienza che cercava di indirizzarlo per la giusta strada, ma invano, poiché lui non le dava ascolto. Ciò che stava provando in quei giorni era impossibile da spiegare a parole. Nemmeno lui sapeva con esattezza come definire quelle sensazioni, una volta provate. Sapeva soltanto che, in vita sua, non le aveva mai affrontate. E non voleva neanche affrontarle ora. 
D'un tratto, le sue orecchie rizzarono sentendo provenire dei passi leggeri dall'altra parte della stanza. Rimase comunque immobile, certo che dietro di sé avrebbe trovato Clary, che si era alzata in anticipo. Ma si sbagliava. I passi iniziarono a farsi sempre più incalzanti, spezzando la quiete che si era formata fino a poco prima, e facendosi ancor più vicini a lui. Restò fermo per un altro po', poi, avvertendo ufficialmente una presenza alle sue spalle, si girò di scatto, neanche fosse il più veloce dei felini. 
Era Alec.
Sorrise, vedendolo apparentemente di buon umore. Alec si accostò alla parete lì vicino, riservandogli un'occhiata, e Jace ebbe modo di parlare. — Salve, parabatai — disse — perché ho la vaga impressione che tu sia felice, oggi? Dove è andata a finire quella faccia da cane bastonato che sfoggi, ultimamente?
Alec non lo saziò con una risposta altrettanto ironica, bensì si lasciò trascinare dalla sincerità, in modo da rendere intenso quell'attimo. — Sai, non è una novità. Dipende dalle persone che mi stimolano quel sorriso. 
— Quindi io riesco a farti curvare la bocca, ogni tanto? — chiese Jace, sempre in tono scherzoso. Alec sembrò deluso. Non riusciva mai a fargli comprendere le sue intenzioni, nonostante c'entrasse sempre argomenti seri. Jace era capace di stravolgere tutto in un battito di ciglia.
Alec preferì sviare la domanda, ponendogliene un'altra. — Ti sei mai sentito fuori posto? Come se all'improvviso ti ritrovassi il mondo contro? E tutto questo perché sei... diverso
Jace lo guardò senza capire. — Che vuoi dire?
— Ecco — sospirò lui, chinando il capo. — Sapevo che non avresti capito —. E tenendo sempre la testa bassa, fece per girarsi.
— Aspetta — lo bloccò Jace, stringendogli la spalla destra con la mano. Alec si sentì pietrificare, a quel tocco. Il suo volto si fece vitreo, e dentro di sé inizio a maledire i suoi sentimenti. In seguito, un fuoco ardente e incessante si concentrò sulle sue guance, permettendogli di non voltarsi, a meno che non volesse farsi mettere in imbarazzo da Jace. Quella situazione cominciava a farsi sempre più complicata. — Non essere permaloso. Ti ho solo chiesto cosa intendevi. Potresti spiegarmi? — Jace pronunciò la domanda con una strana impazienza. Lasciò andare la mano, e Alec ricominciò a respirare.
— In teoria dovresti arrivarci da solo — sbottò lui, al limite. — Non hai certo bisogno che uno come me venga ad illuminarti la mente —. Alec iniziò ad assistere a una serie di immagini che volteggiavano per la sua mente. Comprendevano tutte il viso del suo parabatai, e si trovavano all'oscuro di tutti, celate in un luogo profondo del suo cuore. La speranza era l'ultima a morire, pensò. Ma Jace sarebbe mai riuscito a scovarle e a rendersi conto che si appartenevano entrambi?
Il sorriso che Jace aveva trovato in Alec sparì completamente, era in grado di capirlo anche senza guardarlo in faccia. Un po' si sentì in colpa, ma del resto, non sapeva perché Alec stesse reagendo in quel modo. Dopotutto, non gli pareva di aver detto chissà che cosa. Voleva solo che lui gli schiarisse le idee, essendosi sentito del tutto spaesato da quelle parole.
Provò a rinvigorirlo, trasformando la risposta in una battuta. — Per una volta, mi hai lasciato senza parole. Memorabile.
— Ti ho lasciato senza parole perché hai paura di ciò che potrebbe accadere, o perché ti sei reso conto di non essertene accorto per così tanto tempo? — rispose prontamente Alec.
In realtà, Jace e Alec si erano l'un l'altro fraintesi. Jace aveva non era arrivato neanche all'idea che il suo parabatai potesse provare qualcosa per lui, qualcosa di più profondo del legame che li univa a prescindere, tantomeno in quel momento e con quel discorso. E Alec, credendo che lui avesse finalmente compreso tutto, si era lasciato travolgere così tanto da lasciarsi scappare quella risposta tagliente quanto un pezzo di vetro. Incosapevolmente, aveva confuso la sua dichiarazione in quelle parole.
Jace venne colpito dritto al petto da una spada immaginaria. All'improvviso, vide crollarsi addosso ogni singola convinzione costruitosi in quegli anni, come se fosse possibile anche solo scarfirla, conoscendo il personaggio che era e che sarebbe sempre stato. Non voleva azzardare con una risposta spiazzante quanto quella del suo parabatai, ma non sapeva nemmeno se ciò che aveva capito era reale. Non voleva sentirlo un'altra volta. 
Alec...? No, non riusciva neanche a capacitarsene.
— Alec... — sussurrò, con un filo di voce. — Cosa stai cercando di dirmi?
Il ragazzo strinse le labbra così violentemente da sentirle fuoriuscire sapore di ruggine e sale. La sua bocca rimase chiusa in una smorfia. Non riusciva ad emettere alcun suono. 
— Alec — lo incitò ancora una volta Jace, e a quel punto il ragazzo non potè più rimanere in silenzio. Il suo tono era restio, come se si fosse stufato di tutta quell'attesa non richiesta.
— Jace — enunciò a sua volta Alec, piantando i piedi per terra e mantenendosi di spalle. Deglutì parecchie volte, prima di riprendere l'argomento e rispondere senza nemmeno riflettere o trovare le parole giuste. Le sapeva già. — In tutto questo tempo è come se fossi rimasto cieco. E' come se ti fossi rifiutato automaticamente di ricambiare ciò che una persona ha sempre provato nei tuoi confronti. E, dammi retta — specificò, prima che potesse travisarlo. — Non mi riferisco alla mondana. 
Jace non parlò, si limitò ad annuire, stringendo le mani a pugno e sentendole sudare. Aveva letteralmente intuito che Alec non provava alcuna simpatia per Clary. Ma non pensava che potesse arrivare a parlarne con tale affronto.
— E non penso proprio che quella lì possa anche solo paragonare i sentimenti che provo per te, ai suoi — confessò infine. La gola che gli bruciava dalla paura di fargli male con una sola virgola di ciò che stava per continuare a dirgli. — Non ho mai amato una persona come amo te, Jace Wayland. Tu sei l'unica persona che sia stata capace di vedermi davvero, di afferrarmi il cuore dolcemente, invece che con prepotenza, di stringerlo e proteggerlo nelle tue mani, invece di gettarlo a terra e pestarlo violentemente. 
Alec si fermò mezzo secondo per riprendere fiato. Era incapace di voltarsi e spostare lo sguardo negli occhi di Jace. Il timore lo stava divorando tutto d'un pezzo.
— Non ho mai provato sensazioni simili, Jace. Mai e con nessun altro. Mai il mio cuore ha battuto così tanto al solo pensiero di averti mio per sempre. Il nostro è un legame che non deriva solamente dall'essere parabatai. Noi due siamo legati da qualcosa di ancora più profondo. — dichiarò, ormai perso nel vortice delle sue emozioni, felice di poterle gettarle via. — Perché io ne sono sicuro. Sono del tutto sicuro che...
E in una mossa automatica, come spinto da una brama folgorante, si girò verso di lui e con fare deciso sprofondò il blu nei suoi occhi nell'oro dei suoi, smarriti e terribilmente tesi.
Se con Clary Jace si sentiva privo di audacia, con Alec non sapeva neanche come muoversi. Si sentiva impotente, specialmente perché non gli era mai capitato di dover guardare negli occhi un ragazzo del suo stesso sesso, che gli aveva appena rivelato di essere innamorato di lui. Quel ragazzo che oltretutto era Alec, il suo parabatai, il suo compagno di battaglia, il fratello a cui aveva sempre voluto un gran bene. 
Alec fece un passo avanti e gli prese il viso tra le mani, osservandolo meglio. Jace ammutolì e divenne pietra grezza. Poi, il suo parabatai gli riservò un ultimo sguardo infatuato e premette le labbra sulle sue.
Non era un piccolo bacio. Era un bacio colmo di passione, non dolce, non lento. Un bacio affamato, uno di quelli che desiderava dargli da tantissimo tempo, ma che non era mai riuscito a mettere in pratica per via dei tormenti e delle insicurezze che risucchiavano la sua mente.
E quando si staccò da lui col fiato corto, mormorò: —... siamo più che fratelli. 






Alcuni potrebbero definire questa One-shot un po'... creepy.
Be', non so perché, ma questa domenica i Jalec si sono approfittati di me, tanto da spingermi a scrivere su di loro. E sia chiaro, eh: io shippo terribilmente i Clace e i Malec, solo... be', mi sono chiesta... E SE? WHAT IF?
Eh.
Niente, ditemi cosa ne pensate. Sapete che non sono brava con le conclusioni. Bye! :3

- Smartinson.


  
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