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Autore: Maiwe    30/09/2013    4 recensioni
Tutti conosciamo la vicenda della 'Fuga delle botti' dal palazzo del re degli Elfi; per lo meno, la conosciamo secondo la versione dei fatti di quegli orgogliosi e musoni dei Nani. Ma Bofur, Nano ottimista, sorridente e non certo capace di serbare rancore quanto un Thorin, come avrà vissuto l'intera vicenda?
Una one-shot nata da un "head-canon" mio e di Charme, e col quale ci siamo divertite molto più di quanto non vorremmo mai ammettere.
Genere: Comico, Demenziale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bofur, Thranduil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ciao a tutti! Perdonatemi, davvero! E' una one-shot piuttosto stupida, nata però da un'idea troppo, troppo divertente mia e di quel geniaccio di Charme. Il protagonista non sarebbe dovuto essere Bofur, ma lascio il nostro "head-canon" a lei, che credo presto stenderà la propria versione dei fatti.

Scusate per l'idiozia di quanto seguirà, e... niente, buona lettura! :3


“No, non si fa. Non va bene, non va bene per niente!”

Bofur pensava e ripensava alla propria situazione: era chiuso in una botte - confortevole, a dire il vero, e non era certo quello il problema; era avvolto in rimasugli di cibarie non meglio identificate – pazienza, era stato già sporco prima di calarsi in quel barile, non se ne sarebbe accorto nessuno, e, casomai avesse finalmente incontrato la Nana dei suoi sogni, avrebbe profumato di cibo, e di convivialità; il problema che lo arrovellava dal cappello alla punta dei piedi era 'La Questione in Sospeso'.

Bofur era un Nano di tutto rispetto: era tranquillo, sereno e pacato, gioioso ma mai invadente – o meglio, certo, a volte , era invadente eccome, fino a risultare irritante, ma mai avrebbe lasciato i conti aperti con il re degli Elfi, mai avrebbe fatto in modo che il rivale del proprio re non si sentisse dire in faccia come stavano le cose, e soprattutto come le aveva personalmente vissute lui stesso: Bofur doveva affrontare il loro ospite di persona, a quattr'occhi, e se non ci avesse pensato lui, che solitamente tutti adoravano, nessun altro sarebbe stato in grado di farlo.

Deglutì pesantemente, sperando di non perdere la propria vena di positività proprio in quel momento. Attese: nessun rumore di passi attorno a lui. Nessun movimento; niente di niente. Solo gorgoglii e parole dalla brutta valenza, provenienti dall'interno delle altre botti.

Prima che gli Elfi cominciassero a far cadere i barili dalla botola e quindi nel fiume, il Nano saltò fuori dal proprio nascondiglio. Corse, quatto quatto, fino alla piccola porta in legno: la porta delle cantine!

Svicolò velocemente e silenziosamente lungo angusti corridoi, stanze in penombra illuminate appena dalla luce delle torce, e non incontrò nessuno. Anche eventuali rumori prodotti dal muoversi al buio in un ambiente totalmente estraneo passarono fortunatamente inosservati: ai piani alti doveva starsi svolgendo una gran festa! Al Nano gorgogliò lo stomaco, e strinse i denti, irritato. Doveva arrivare dal re degli Elfi, e ci sarebbe riuscito.

Alcune guardie passarono marciando nel corridoio. Bofur si calò il cappello sulla fronte, tenendolo a sé ben saldo, e attese; poi, svicolò di nuovo, alla ricerca di una scalinata che portasse, in quel labirinto di palazzo, alla sala principale.

Vagò ancora per qualche istante al buio: a tentoni, seguì solamente i suoni e la musica della festa, continuando a salire, a percorrere scalinate e lunghi, angusti passaggi.

Bofur, Nano ottimista, arrivò, finalmente, alle porte della sala grande: lingua a terra per la fatica, si ricompose. Inspirò a fondo, si sistemò la sciarpa al collo, i guanti sulle mani, si arricciò i baffi come conviene a un vero gentilnano e, petto in fuori e testa alta, spalancò la porta della sala.

Decine di occhi elfici si voltarono automaticamente nella sua direzione, occhi increduli e sgranati, nonché leggermente disgustati dalla visione del Nano ricoperto di spazzatura – e, in fondo alla sala, seduto sul trono, il loro re assunse un'aria grave, irrigidendosi.

Bofur, le braccia ancora alzate a spalancare le porte, entrò nella sala a passo fiero, i pugni serrati. Anche la musica si era interrotta, producendo uno stridulo accordo come di corde di violino spezzate. Tutti osservavano il Nano che camminava in mezzo a loro con l'aria di volerne cantare quattro.

Vostra maestà”, esordì, arrivato di fronte al re. “Sono qui per saldare i conti in sospeso.”

Alcune guardie si fecero presto intorno a lui, ma il re disse al Nano di proseguire.

Quali conti in sospeso, Nano?”

La vostra 'ospitalità', sire.”

Sentiamo.”

Nella sala regnava un silenzio sovrannaturale, e nessuno osò muovere un muscolo: come aveva fatto il Nano, che non pareva certo il più combattivo, a fuggire dalle celle?

Il vino, mio signore.”

Cosa aveva?”
“Era
ottimo. Indubbiamente di un'ottima annata. A dire il vero”, s'interruppe per un istante, “sapeva leggermente di tappo. Ma, che dire, evidentemente era un'ottima annata anche per i tappi! Sughero di prima qualità, vostra maestà. Oh, e non parliamo del cibo!”

Il re osservava la scena che aveva di fronte con un misto di incredulità e ammirazione. Ma lasciò che il suo “ospite” proseguisse, sicuramente la situazione avrebbe avuto dei buoni vantaggi: avrebbe potuto seguire i Nani, evidentemente in fuga, e non disse niente, se non:
“Com'era il cibo, mastro Nano?”
Ec-cel-len-te. Non mangiavo così bene da tempo. Avete al vostro servizio i migliori cuochi della Terra di Mezzo, che dico, dell'intera Arda! Vorrei ringraziarvi per il piacevole soggiorno.”

... Ringraziamenti accettati.”

Lunga pausa. Una pausa imbarazzata, in cui quello strano Nano dagli occhi grandi e dolci pareva comunque sentirsi a proprio agio.

Be', io a questo punto andrei”, disse poi Bofur, sorridendo, “s'è fatto tardi, non vorrei che... oh, no, non che io debba andare da qualche parte, figuriamoci! Siamo tutti bel-belli nelle nostre belle camere, non ce ne andremmo mai, sire! E' stato davvero un piacevolissimo soggiorno!”

Detto questo, lo strano Nano girò sui tacchi e uscì dalla sala, apparentemente più leggero, come se si fosse tolto un enorme peso dal cuore. Dopo aver attraversato il corridoio ed esser nuovamente passato in mezzo agli Elfi suoi ospiti, che parevano essersi dimenticati come si sbattono le palpebre, passò trionfalmente dal portone, e chiuse le porte dietro di sé, evitando di farle sbattere.

Adesso poteva davvero andarsene: aveva risolto la sua questione in sospeso, e, armato del suo miglior sorriso, si infilò nuovamente nella botte, il cappello calato sugli occhi e le braccia dietro la nuca.

  
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