Senza troppe cerimonie la afferrai per il braccio fino a farle male e la trascinai con me.
Lei non si mise ad urlare rabbiosa, era solo sorpresa. Mi domandava cosa avessi, ma non protestava.
Non le diedi risposte prima di aver camminato per un bel po', come se allontanarmi da tutto e tutti mi avrebbe aiutato a pronunciare quelle parole. 
Mi giravano per la mente da un po'. Mi facevano incazzare.
«Tu devi venire in missione con me!» Le gridai contro all'improvviso, lasciandole il braccio.
Fu allora che notai il polso arrossato. L'avevo stretta davvero forte. Lei non parve neanche accorgersene.
Allontanò dagli occhi una ciocca azzurrina che era sfuggita al controllo della sua fascia e mi sorrise.
«Ma io vengo già in missione con te.» Sibilò delicatamente, guardandomi fin troppo teneramente.
Che rabbia. Io urlavo e mi arrabbiavo e lei rispondeva con un sorriso dolce. Che rabbia! Mi sentivo un idiota.
«Non hai capito.» Esclamai dopo qualche secondo, cercando di calmarmi un po'. «Solo con me.»
In quel momento il suo viso mostrò un'espressione sinceramente sorpresa, poi appena imbarazzata.
Le guance mi ardevano, si coloravano a poco a poco di un rosso vivo. Merda. Che femminuccia ero. 
Lei per tutta risposta si avvicinò un po' e guardandomi dal basso verso l'alto annuì, raggiante.
«Va bene.» E detto questo saltellò allegramente al mio fianco, prendendomi delicatamente il braccio con le sue sottilissime dita. 
«Allora, dove andiamo?» Domandò fissando l'orizzonte.
Lasciò scivolare una mano verso la mia e prima di accorgermene le dita già si intrecciavano timidamente ed un po' rudemente. 
Forse la stavo stringendo troppo forte, ma lei non lo fece notare neanche stavolta.
La sua piccola mano era tutto ciò a cui potevo e desideravo aggrapparmi con forza. Senza mollare la presa.

Chissà se un giorno il nostro rapporto impacciato sarebbe diventato qualcosa di più maturo.
Per il momento quello era il rapporto più adatto a noi. Delicato e rude assieme.