Fumetti/Cartoni americani > Avatar
Ricorda la storia  |      
Autore: Kuruccha    01/10/2013    2 recensioni
La storia di Republic City e di un suo cittadino.
[Hiroshi Sato | Ambientata nello spazio tra le due serie]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


I lunghi passi

 
«Ed è questo il motivo per cui abbiamo edificato questa città. Un paese nel quale tutte le nazioni possano vivere in pace, dove ci sia armonia non solo tra i dominatori ma anche tra coloro che non possiedono nessun dominio. Dove chiunque possa abitare, a prescindere da ciò che era – perché, se lo vorrà, potrà scegliere di essere solo e semplicemente un cittadino di Republic City.»
Hiroshi Sato non ha mai amato né i discorsi motivazionali – ha dieci anni e ne ha già sentiti abbastanza da potergli bastare per una vita intera, tutti volti solo alla massimizzazione del profitto – né le esposizioni utopiche di realtà irrealizzabili. Il discorso dell’Avatar sembra rientrare in entrambe le categorie. L’Avatar parla dello sviluppo di una nuova città; Hiroshi Sato vede solo un allargamento dei sobborghi dei Dragon Flats in cui è nato e niente più di quello.
Se non si alza e se ne va è solo perché sa che l’alternativa è tornare subito in fabbrica, dove lo aspettano il solito carico di lavoro – ferro, fonderia, carbone, carrelli, carrozze, locomotive – e quel capo che continua a ripetergli che nella vita non combinerà mai niente di buono.
Hiroshi Sato ascolta l’Avatar e scuote la testa.

«Crediamo davvero in questo progetto. Republic City esiste già; è stato il mondo intero, con i suoi cambiamenti intensi e veloci, a richiederne l’esistenza. È il futuro che lo vuole. È per questo che oggi siamo qui – e che voi siete qui.»
La gente applaude con entusiasmo; qualcuno scatta addirittura in piedi, fischia, batte le mani ancora più forte. Hiroshi Sato – è così che si chiama, nome e cognome insieme, anche quando ragiona tra sé e sé –  incrocia le braccia sul petto e fissa l’Avatar negli occhi. Non gli crede.
L’Avatar regge il suo sguardo.

Negli anni a seguire, Hiroshi Sato sente dire continuamente Republic City, Republic City, Republic City. È nei discorsi dei banditori nelle piazze, nelle urla degli strilloni, sui cartelloni appesi ai muri; pian piano si fa strada anche sulle bocche della gente, e così i Dragon Flats in un soffio diventano Republic Flats, e in un tempo altrettanto breve vengono semplicemente assorbiti dalla città.
Hiroshi Sato pensa che in fondo, anche se gli anni sono passati, la solfa non è cambiata affatto. Arriva addirittura a concludere che tutta quell’idea di Republic City, di unità, di uguaglianza, sia stata formulata solo per il gusto di indottrinare la gente; chi gli garantisce che l’Avatar, con i suoi progetti di unificazione, non abbia  in fondo lo stesso obiettivo del Signore del Fuoco Ozai? Non sta forse provando, proprio come molti prima di lui, ad assorbire più spazio possibile per creare un centro pieno di persone che siano migliori di tutte le altre?
Hiroshi Sato vede la gente che spera, che crede, che ha fiducia, che investe tempo e denaro nella costruzione di quell’oasi promessa, e non capisce. Osserva gli altri abitanti ergere una statua per celebrare l’Avatar, proprio di fronte al tori della via d’ingresso a Republic City. È quel piccolo uomo di pietra a segnarne il confine; dall’altra parte, in fondo, c’è solo il mare e nessuno potrebbe mai delimitarlo.
Hiroshi Sato decide che non gliene importa affatto – di quella celebrazione, dell’Avatar, dei cittadini che pensano a gioire senza ragionare sulle conseguenze – e torna al lavoro. Sa che là ci sarà ancora quel capo pronto a ripetergli che nella vita non combinerà mai nulla, ma ha almeno la certezza di non essere stato gabbato da un mucchio di fantasticherie. Non è così che si mangia.

Mentre la gente sogna, Hiroshi Sato impara. Così com’era stato breve il passo da lustrascarpe a operaio di fabbrica, altrettanto veloce è anche il passo da operaio a caporeparto, e da caporeparto a progettista. Hiroshi Sato studia i metodi di funzionamento delle locomotive che il suo capo insiste nel voler produrre anche se ormai non rendono quasi più nulla; disegna flussi, elabora miglioramenti, prova a metterli in pratica. Le fa lavorare alla perfezione. L’utile cresce di due punti percentuali in soli sei mesi.
Hiroshi Sato vede la propria vita che si evolve grazie al duro lavoro e capisce che la vera chiave del cambiamento è l’impegno che profonde in ogni piccola cosa. È quando lo realizza per la prima volta che nella sua mente scatta un interruttore: l’Avatar non stava forse tentando di fare lo stesso, ma con un progetto molto più grande?
Ha sedici anni quando il capo gli dice per la prima volta Lo sapevo, lo sapevo che nella tua vita avresti fatto qualcosa di buono! L’ho sempre detto, io!
Hiroshi Sato lo ascolta e scuote la testa.

Il modo in cui le situazioni sembrano rovesciarsi in un tempo così breve è quasi paradossale.
L’utile cresce di altri due punti percentuali, toccando picchi che non raggiungeva dai tempi della guerra. La fabbrica vive un periodo di sfarzo; il capo chiede ad Hiroshi Sato di sviluppare un nuovo progetto per poter inaugurare un’ulteriore linea di produzione.
Republic City, dopo i primi anni di sviluppo esponenziale, sembra invece riavvolgersi su se stessa. È il periodo delle prime difficoltà, dei primi screzi tra gruppi confinanti. La gente inizia a pensare che forse, in fondo, era meglio quando persone così diverse non erano costrette a convivere tra loro; nessuno è però disposto a cedere il passo e lasciare la città. Crescono i primi rancori nei confronti dell’Avatar. Quelli verso il Signore del Fuoco, nonostante tutto, non sono mai cessati.
I non-dominatori sono gli unici che sembrano andare d’accordo a prescindere dal loro paese d’origine; il loro numero cresce di giorno in giorno, anche se la maggior parte continua a stabilirsi nello spazio disagevole che una volta costituiva i sobborghi dei Dragon Flats.

Hiroshi Sato sottopone al capo della fabbrica il suo nuovo progetto: il miglioramento di un prototipo già esistente di macchinario. Si tratta, sostanzialmente, dell’ibrido di un carro alimentato a carburante che permette di percorrere grandi distanze senza essere vincolato dalla presenza o dall’assenza delle rotaie. Il capo scuote la testa e dice semplicemente: Non funzionerà. Pensa a qualcos’altro, Sato.
La statua dell’Avatar, quella posta all’ingresso della città e che ne segna il confine, viene abbattuta nel corso di una sommossa attuata contro alcuni dominatori del Fuoco dagli affari ben poco leciti. I disordini continuano da mattina a sera e sembra non ci sia modo di placarli.
Com’è possibile, pensa Hiroshi Sato, che questa città su cui il mondo intero ha sputato sangue non sia la più fiorente di tutti i continenti? A cosa sono valsi tutti quei sacrifici – sacrifici quasi implorati dall’Avatar, dal Signore del Fuoco, dai governi - per edificarla? Chi bisogna biasimare per il fallimento a cui sembra destinata? Quelle stesse persone, forse, o qualcuno di ancora diverso? Perché le cose non hanno funzionato? Cosa manca?
Hiroshi Sato osserva le macerie di quel monumento e inizia a pensare che, se Republic City sembra non avere un futuro, non è certo perché il progetto di base non fosse buono, quanto piuttosto per il modo in cui le cose si sono evolute. Altri forse direbbero che l’Avatar avrebbe fatto meglio a rinunciare dal principio, ma non lui. Che diritto avrebbe, altrimenti, a voler portare avanti il progetto della Satomobile nonostante il giudizio negativo del suo capo?
Hiroshi Sato, per la prima volta, non scuote la testa. Tiene lo sguardo fermo sui resti della statua, su quel volto così simile a quello del vero Avatar. Fissa gli occhi inespressivi della testa decapitata e per la prima volta dice sì, farò come lui. C’è bisogno di qualcuno che sia capace di fare il primo passo a testa alta.

Non è certo per pura fortuna che Hiroshi Sato riesce a trovare qualcuno che sia disposto a finanziare i suoi primi dieci prototipo di Satomobile. Ha diciotto anni, idee valide e sufficiente esperienza; quello da fare per riuscire a guadagnare la fiducia assoluta di un visionario è un passo breve. I dieci carri automatici vanno a ruba il giorno stesso della presentazione al pubblico. Gli viene chiesto di costruirne altri; un pazzo ancor più visionario di colui che l’ha preceduto gli dà abbastanza soldi da poter costruire una fabbrica intera. Hiroshi Sato fonda il suo primo stabilimento prima dei vent’anni e chiama la propria azienda Future Industries.
«Ho scelto questo nome perché credo fermamente nell’idea di qualcosa che ancora non c’è» risponde ad un giornalista curioso durante la prima conferenza stampa. L’attenzione mediatica verso di lui è già molto forte. «Ogni cosa innovativa nasce dalla precisa convinzione di voler creare o voler far crescere il concetto di ciò che ancora non esiste o che non è ancora grande a sufficienza. È solo così che la gente può guardare verso il futuro senza averne paura. Sono fermamente convinto che, per fare quel passo avanti di cui parlo, sia fondamentale darsi da fare. Sarò lieto di collaborare con chiunque sia pronto ad agire, perché il futuro è in mano loro. Anzi, in mano nostra.»
Tra il pubblico, poco dopo aver concluso il suo discorso, Hiroshi Sato scorge l’Avatar. Ne incrocia lo sguardo serio; ne regge il peso. L’Avatar annuisce e applaude insieme alle altre persone in sala.
Hiroshi Sato annuisce nella sua direzione.

Le Future Industries prosperano oltre ogni più rosea aspettativa. Il capo della fabbrica in cui Hiroshi Sato lavorava arriva addirittura a copiare dai vecchi progetti del suo sottoposto quell’idea che prima aveva scartato e comincia a propria volta a produrre automobili in serie. La qualità dei modelli della sua Cabbage Corp rimane comunque nettamente inferiore a quella delle Satomobili.
Con i primi soldi che può spendere senza rischiare di compromettere lo sviluppo delle Future Industries, Hiroshi Sato riesce a fare ciò che si ripromette da lungo tempo: ergere di nuovo la statua dell’Avatar Aang distrutta in quel mattino d’inverno di tanti anni prima. Il confine nord di Republic City ha di nuovo un guardiano.
Alcuni lo criticano, altri lo biasimano, molti lo celebrano; a Hiroshi Sato poco importa.

L’unico testimone dell’ultima visita dell’Avatar Aang a Republic City è il cielo plumbeo di un pomeriggio d’inverno. La città e ormai un fiorente centro industriale e portuale; nulla, forse, potrebbe più scalzarla da quella posizione d’egemonia che si è conquistata, ma Aang preferisce non dare giudizi affrettati. Ha imparato che spesso il destino è imprevedibile e che mettere confini è del tutto inutile. Per rendersene conto basta guardarsi intorno: la piccola statua che lo raffigura, eretta dal giovane Hiroshi Sato, non è più vicino alla porta d’ingresso posta sulla via principale ma è arrivata a conquistarsi un posto al centro della città che le è cresciuta intorno.
Quando si volta e se ne va è un uomo soddisfatto. Il suo unico testimone rimane il cielo plumbeo di una serata d’inverno.

La notizia della morte dell’Avatar Aang lascia attonita il mondo intero; neppure coloro che erano contrari alla sua figura e al suo comportamento riescono a digerire in fretta un addio così improvviso.
Quel giorno, Hiroshi Sato si reca verso la piazza principale di Republic City e osserva a lungo la statua che ha provveduto a far erigere anni prima. Non è mai riuscito ad esprimere pienamente la stima che provava nei confronti dell’Avatar, ma è certo che lui abbia compreso comunque.
Lo sguardo della statua rimane vuoto, vacuo. In quegli occhi non riesce a leggere nulla.
È così che se ne vanno gli uomini, pensa, ma tutto il resto è ancora qui.

Nessuno dei suoi concittadini ha nulla da ridire quando Hiroshi Sato dichiara pubblicamente di voler innalzare un’ulteriore statua che rappresenti l’Avatar Aang. In fondo, Hiroshi Sato è per definizione l’uomo dell’innovazione e molte persone sono convinte del fatto che tutto ciò che decide di fare porterà comunque qualcosa di buono.
La nuova statua viene eretta proprio davanti al porto commerciale, ed è venti volte più grande di quella che già esisteva.
«Come la vecchia scultura al confine Nord è stata inglobata dalla città e ora si trova al suo centro, allo stesso modo mi auguro che Republic City si espanda ben oltre questo monumento» risponde ad una giornalista particolarmente zelante. «Quella che io sto facendo non è solo una celebrazione, quanto piuttosto una scommessa.»
Solleva lo sguardo verso l’Avatar Aang. I suoi occhi guardano lontano, sempre avanti.
«Una scommessa per il futuro.»
 
 

 
01.10.2013
L’idea stessa di Republic City sembra avermi rubato il cuore, visto che continuo ad aggiungere pezzi allo spazio tra le due saghe e dato, soprattutto, che molti di essi gravitano intorno alla città stessa più che ai personaggi. Non che mi dispiaccia, sia chiaro :P
Scrivere questa storia è stato molto difficile ma allo stesso tempo molto stimolante: ho provato ad incrociare i pochi dati che abbiamo riguardo Hiroshi Sato con quelli altrettanto scarsi sulla fondazione di Republic City. Alcuni punti sicuramente non torneranno, ma ho fatto del mio meglio per rispettare la linea temporale dello sviluppo di entrambi.
Temo che il titolo sia d’interpretazione un po’ ostica, ma la chiave sta tutta in quel paragrafo in cui si nomina il passo breve che permette a Hiroshi Sato di guadagnare il primo finanziamento. All'esatto opposto di quello, ognuno dei passi fatti per ottenere il resto – tutta l’evoluzione del personaggio e delle Future Industries, così come la crescita di Republic City – è tutt’altro che breve. Ecco tutto :D
Questa fan fiction partecipa al primo turno dell’Avatar Weekly Fest utilizzando insieme i due personaggi estratti nel sorteggio (Aang e Hiroshi Sato, per l’appunto) e i due prompt assegnati (il primo è Il confine, il secondo è Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. – tratto da Bushidō; 勇 Yu: "Eroico Coraggio").
Come sono diventate lunghe queste note dell’autore o_o Scusate!
Grazie mille per aver letto! :D
Kuruccha
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Avatar / Vai alla pagina dell'autore: Kuruccha