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Autore: _YouKnowWho_    02/10/2013    3 recensioni
Il titolo è un riferimento a "Stuck in love", in italiano "Bloccato in amore".
Ed è così che si trova William Herondale, dopo un incontro inaspettato in Hyde Park. Quanto possono cambiare le certezze di una persona per amore?
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, James Carstairs, William Herondale
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta sento di dover dire qualcosa prima di questa storia. 
Continua a sembrarmi un'idiozia, ma mi hanno convinto a pubblicarla, quindi eccola qui! 
Mantiene un tono serio tutto il tempo, quasi potesse succedere davvero e spero che lo prendiate come elemento che calca il fattore comico e demenziale lol
Per ora buona lettura, ci si rivede giù :)


 


 
Hyde Park è abbastanza affollato oggi. Anche se sta calando la sera ancora ci sono famiglie, madri con i loro figli, tate con alcuni bambini. Scorgo anche qualche membro del popolo fatato e spero che non mi diano nessun problema, perché non ho tempo per loro.
Sono qui per un motivo preciso e non di certo per far filare dritto un goblin o una fata.
Sono sulle tracce di un potente demone che ho visto defilarsi nella direzione che sto seguendo. Ho una runa che mi rende invisibile agli occhi dei mondani, così non devo preoccuparmi di essere completamente armato e di rincorrere un mostro con denti aguzzi e una strana composizione.
Mi guardo attentamente attorno, facendo scivolare lo sguardo sui ragazzini che gridano, ridono e corrono spensierati, senza sapere che un demone è vicino a loro.
Poi noto qualcosa con la coda dell’occhio e mi volto.
Individuo il demone e lo guardo con sfida.
«Ora basta giocare a nascondersi» esclamo, correndo nella direzione del mostro senza paura, ma con l’adrenalina che scorre nel mio corpo.
È alto la metà di me, ma è abbastanza grosso e pesante. Tuttavia non ho alcun timore e mi scontro senza problemi. Dopo un paio di minuti riesco ad avere la meglio e a infilzare il demone con la mia spada angelica.
Mi rialzo in piedi, asciugandomi il sudore dalla fronte, mentre osservo l’essere che si accartoccia su se stesso per poi scomparire.
Quando non rimane più alcuna traccia del demone mi inginocchio per poter pulire la spada angelica sull’erba, rimuovendo la sostanza gelatinosa che quell’essere ha lasciato.
Poi, soddisfatto, rimetto l’arma nella cintura e mi incammino per poter tornare all’istituto.
Un gruppo di bambini ha bloccato un sentiero e, per non aspettare che si dileguino, prendo il sentiero sulla destra, che allunga il tragitto di poco. Le mie braccia sono rilassate e si muovono in sincrono durante il cammino. La fresca aria primaverile è piacevole dopo la corsa fatta per rincorrere il veloce demone e chiudo un attimo gli occhi, per assaporarla, mentre porto distrattamente una mano tra i capelli.
Ma quando riapro gli occhi le vedo.
Devono aver aperto anche l’altro lato del laghetto, perché davanti a me si muovono una quindicina di anatre.
Subito il terrore si impossessa di me e mi blocco.
Alcune anatre mi stanno guardando e capisco che la runa dell’invisibilità non funziona su di loro. Deglutisco, improvvisamente nervoso, e faccio un passo avanti, per vedere se posso procedere senza problemi.
Ma dopo questo passo molte più anatre si girano verso di me.
Così, senza pensarci e a causa del terrore crescente, tiro fuori una delle mie spade angeliche. Questo, però, non piace proprio a queste creature assetate di sangue, perché iniziano ad agitarsi.
«State indietro!» dico, agitando la spada, ma questo non fa che farle innervosire di più.
Non mi ero accorto che da un lato si stava avvicinando un’orribile anatra. Prima che me ne renda conto questa mi becca con forza il polso che tiene l’arma e dalla sorpresa e dallo spavento la faccio cadere.
Provo a portare una mano alla cintura in cui sta ancora la spada con cui ho ucciso il demone, ma prima che possa afferrarla l’anatra mi colpisce ancora e presto sento anche altre anatre avvicinarsi e colpirmi.
Cerco di divincolarmi, di scappare, ma mi hanno circondato.
«QUA» sento all’improvviso.
Tutte le anatre si girano verso una che si sta avvicinando lentamente. Quando è abbastanza vicina mi rendo conto che ha un’espressione autoritaria che mantiene quando ripete il verso con cui queste diaboliche creature dialogano tra di loro.
Ma cosa dici Will?! Un’espressione autoritaria?
Scuoto la testa, ma quando torno a guardarla l’impressione è sempre la stessa.
Stranamente, però, tutte le anatre che avevano iniziato a beccarmi si dileguano.
Osservo con attenzione, quindi, quella che mi ha salvato.
La sua testa è coperta da un piumaggio verde, simile a quello di altre sue simili. Ma con attenzione mi accorgo che è più splendente, quasi quest’anatra sembri una pietra preziosa.
William Owen Herondale, cosa ti viene in mente? “Anatra” e “pietra preziosa”, cioè una cosa bella e di valore, non possono stare nello stesso pensiero.
E la cosa che continua a colpirmi è il suo comportamento austero.
Faccio, allora, un passo verso quest’anatra, cosa che non avrei mai immaginato di fare.
L’anatra rimane immobile, ora mi pare che ci sia sfida nei suoi occhi.
C’è sempre sfida negli occhi di un’anatra, mi costringo a pensare. Sempre lì ad attendere un passo farlo per colpirti quando meno te l’aspetti.
Pianificatrici subdole e senza pietà.
Avvicinandomi questi pensieri vengono, però, interrotti. Infatti mi rendo conto che il piumaggio verde continua sul petto, come mai avevo visto.
Più che un’anatra sembra una creatura dei sogni, vista la sua eleganza. Non assomiglia minimamente a quelle diaboliche creature che colpiscono gli innocenti per puro gusto di farlo.
Will!
Una parte di me è ancora all’erta e mi riprovera.
No aspetta William, rifletti! Ti sta solo ingannando col suo bell'aspetto! Non puoi farti abbindolare da un’anatra! Tieniti all’erta.
Ma più la guardo e più capisco che non mi farà del male. Stranamente mi fido e procedo ancora.
Non so nemmeno perché, mi sento attirato da questa creatura.
Potrei rimanere a guardarla per delle ore.
Mi fermo all’improvviso.
Non posso aver pensato a una cosa del genere! Proprio no, non è da me, non da Will Herondale!
Tento di ricordare tutto quello che queste creature hanno fatto quando ero più piccolo e continuano a fare ogni volta che le vedo.
Tutto sfuma, quando osservo ancora quest’anatra. Sento la necessità di toccarla, accarezzarla…
Non esser imprudente! una parte del mio cervello mi riprende ancora.
Ma ormai sono perso. Quella parte è debole, ogni mio controllo è abbandonato. Così stendo un braccio e avanzo ancora.
Ora la mia mano è a dieci centimetri dall’anatra e lei non si è mossa di un millimetro. Così decido di fare un altro passo, ma la creatura si sottrae al mio tocco.
Deluso ritiro la mano.
Negli occhi dell’anatra sembra quasi ci sia un sorriso divertito.
Sei completamente ammattito mi ripeto in mente. Le anatre NON sorridono, NON hanno un comportamento austero, NON ti guardano.
Poi, con naturalezza ed eleganza l’anatra inizia a spostarsi, allontanandosi.
Io rimango a guardare l’anatra che ha salvato la mia vita con bocca spalancata, mentre raggiunge le sue simili e poi si mescola tra loro che, insieme, si stanno spostando di vista.
Sarebbe facile perderla di vista, ma il suo modo di stare e i suoi movimenti mi attraggono totalmente.
Solo quando sento un grido di un bambino accanto a me mi accorgo di dove sono e di cosa sto facendo.
Mi scosto, perché una famiglia possa passare, e quando torno ad osservare il laghetto le anatre non ci sono più.
Scuoto la testa, provo a tornare in me, ma ho impresso nella mente lo sguardo altezzoso di quell’anatra. Questo rimane anche mentre continuo ad incamminarmi verso l’Istituto.
Penso a quell’anatra più di quanto dovrei.
Il suo colore, il suo sguardo, il suo portamento.
La sogno, persino!
È diversa dalle altre anatre.
È unica.
E devo rivederla.
Così il giorno dopo ritorno ad Hyde Park. Non riesco a sottrarmi dal desiderio di incontrarla ancora.
Quando mi avvicino alle anatre sono un po’ meno spaventato del solito. Sento la protezione dell’anatra ancora su di me.
E il suo sguardo.
Mi guardo attorno e mi accorgo di un’anatra dal petto color smeraldo.
Vorrei immergere le mani sul suo piumaggio, per sapere se è morbido come ho sognato stanotte. Un quadretto idillico di me e l’anatra in un parco incontaminato.
Incontro il suo sguardo e la riconosco subito.
«Qua» ripete il suo verso, sembra divertito.
Non riesco ad evitare di sorridere mentre mi avvicino e poi, prendendo tutto il coraggio che ho in corpo, mi siedo, in territorio nemico.
L’anatra, però, si guarda attorno quasi in maniera minacciosa e poi inizia a muoversi lentamente verso di me. So che se stendessi il braccio potrei toccarla. Lo desidero, desidero sentire la morbidezza del piumaggio sotto la mano. Così rischio.
Stendo velocemente una mano e l’anatra non si muove, facendosi accarezzare.
È così morbida, così bella.
Sembra felice di tutte queste attenzioni. Così mi avvicino ancora un po’. Continuo ad abbracciarla, mentre lei si muove per venire contro la mia mano.
Rimaniamo così tutto il pomeriggio, io e l’anatra, senza che niente si intrometta tra noi. 
Quando so che devo andare non vorrei lasciarla. Anche se non può parlare il linguaggio degli umani riesco a capirla. Riesco a capire le sue espressioni, il tono dei suoi «Qua qua» in risposta alle mie domande.
E lei sembra capire me.
Non è un’anatra normale. È unica nella sua specie, l’unica luce in mezzo a tutta quell’oscurità e violenza.
Mi riprometto di tornare a trovarla.
«Qua qua» le dico, in una pessima imitazione del linguaggio delle anatre.
Lei inclina la testa.
Non vorrei allontanarmi, ma devo farlo.
E penso a lei.
Penso a lei di giorno, di notte.
Strana com’è la vita. Si cresce credendo che tutte le anatre siano falsi animali che si fingono indifesi, ma che in realtà vogliono solo attaccare, ferire, far male. E poi un’unica anatra ti fa cambiare idea.
Jem, un giorno, mi blocca dopo gli allenamenti quando sono già arrivato sulla porta, pronto a cambiarmi e andare nel parco.
«Will, può sapere cosa ti succede?» sembra preoccupato.
Non rispondo, così Jem riprende.
«Sei strano in questi giorni» spiega. «Sei sempre perso tra i pensieri, scompari per ore…  Will, sai, a me puoi dirlo» aggiunge, abbassando il tono della voce, come se sapesse già cosa mi succede.
Mi volto per affrontarlo.
«Cosa dovrei dirti?» domando.
«Puoi dirmi se… se ti sei innamorato».
Ah!
È questo ciò che sembra? Che mi sia innamorato?
Ma io non sono innamorato.
Poi penso all’anatra.
È per questo che non riesco a smettere di pensare a lei? Il panico mi invade, non so più a cosa credere.
Ripenso al verde smeraldo.
So che se voglio parlarne con qualcuno questo è Jem.
«Jem, devo farti vedere una cosa» mormoro, lentamente. «Devo chiederti di venire in un posto con me».
E così lo porto fino ad Hyde Park. Poi lo guido tra i sentieri, fino a raggiungere un posto più appartato.
«Qua qua qua» sento all’improvviso.
Sembra un suono pieno di felicità e il mio cuore inizia a battere più velocemente e un sorriso mi appare sul viso.
«Ehi» saluto, procedendo, dimenticandomi all’improvviso di Jem dietro di me.
L’anatra fa per venire verso di me, ma si blocca all’improvviso, sembra allarmata e sta guardando alle mie spalle.
All’improvviso mi ricordo di Jem.
«Lui è un mio amico, non avere paura» dico con voce dolce per tranquillizzarla.
Ma altrettanto spaventato è Jem, che mi guarda come se fossi ammattito.
«Stai parlando con un’anatra?» domanda.
Poi sembra capire una cosa.
«C’è qualche maledizione? Come quella storia che mi avevi raccontato di quella fanciulla trasformata in cigno?» mi domanda e sembra sperare che dica di sì.
Io, però, non rispondo. Mi volto verso l’anatra che sembra ferita.
«È solo un mio amico» ripeto, facendo un passo avanti.
Lei, però, indietreggia.
«QUA» sembra amareggiata, delusa.
Porto davanti un braccio, vorrei accarezzarla, toccarla… Questa volta per tranquillizzarla.
Ho totalmente perso la testa.
Ma lei parte e mi becca.
Non ci mette forza, vuole solo allontanarmi. Poi, velocemente inizia ad allontanarsi.
«No, non andare! Lui non è nessuno» esclamo, indicando Jem. «Volevo solo presentarti, dirgli che mi avevi salvato la vita» urlo, senza rincorrerla.
Lei non si volta, così inizio a camminarle dietro.
«QUA QUA QUA» esclama, innervosita, camminando più velocemente.
Continuo a guardarla e non mi accorgo che tutte le altre anatre ora mi vengono contro. Pronte a beccarmi, colpirmi, farmi male.
Ma non mi importa.
Sento le lacrime sul mio viso, mentre cerco di raggiungere l’anatra che si sta allontanando sempre di più.
«Non andare via! Non abbandonarmi! Ho bisogno di te!» urlo.
Mi sento tirare con forza indietro. È Jem.
«Will, vieni via» sembra preoccupato.
Ma non mi importa, voglio solo rincorrere l’anatra, dirle che voglio stare con lei!
Mi abbandono, però, alla forza di Jem che mi trascina via, fuori da Hyde Park, fino a una via deserta.
Io mi accascio a terra. Guardo le ferite che mi hanno fatto quelle anatre, dopo il segnale della mia. So che non posso tornare più da lei.
Sento un vuoto dentro crescere sempre di più.
Lei, la mia anatra, non vuole più vedermi.
Guardo Jem, ma so che non è colpa sua.
È mia, solo mia.
E ho allontanato un’altra volta una creatura che avrebbe potuto amarmi.  


 
 
NdA
Se siete arrivati fino a qui, senza chiudere durante la lettura... wow! Ahah xD
Volevo fare un ringraziamento speciale a Ilenia e Giulia che mi hanno supportata nella scrittura di questa FF ♥ E un grazie anche a chi mi ha dato l'idea ;)
E poi un grazie a tutti voi che l'avete letta :)
Come sempre, scrivetemi le vostre critiche, i vostri pensieri, qualunque cosa vi passi nella mente! Mi farebbe molto piacere e qualunque cosa può aiutarmi a migliorare. 
Parlando della storia... spero che un po' vi abbia fatto ridere lol Anche se l'ultima frase è triste e "
piena di feels" come è stata definita çç Ero indecisa se metterla o no, spero sia stato un bene lasciarla ;)
E ora un saluto:
Qua qua ♥
Alla prossima! :)
Fefè
  
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