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Autore: Billie_Jean    30/03/2008    6 recensioni
Bill crollò rovinosamente sul pavimento, battendo la testa, con un grido. Tom imprecò, e gli s’inginocchiò accanto, preoccupato. -Bill! Stai bene?- domandò scrutandolo. Bill, tutto rannicchiato su se stesso, non rispose. -Bill! Bill! Ci sei?- esclamò allora Tom, angosciato. Lo voltò e lo stese sul pavimento: gli occhi erano serrati e la bocca semichiusa. -ODDIO! BILL!- gridò Tom. Bill dischiuse un poco gli occhi. -Tom?- mormorò con voce flebile. -Sì?- Tom aveva gli occhi lucidi. -Tom, io…devo…devo andare…e ricordati…-.
scusate se ho cambiato l'introduzione, ma la fan fiction è sempre la stessa e ricordo sempre che NON é UNA TWINCEST! mi raccomando, recensite in tanti!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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un grazie sapeciale a Jaredina71
Pikkola Tokietta
Whity
e a tutte quelle che mi recensiranno in futuro!
ArY_EnGeL
Questa storia è ambientata quando Bill e Tom avevano 15 anni e non erano ancora famosi. Non c’è nulla di vero. No TWINCEST!
L’amore fraterno

-BIIIILL!!!!!!!!! ESCI DA QUEL BAGNO O DEVO SFONDARE LA PORTA??-
È uno strazio avere un solo bagno e un fratello gemello che non ha un briciolo di cognizione del tempo.
-BILL! SEI Lì DA QUASI UN’ORA! ESCI SUBITO O LE PRENDI!-
La porta del bagno si aprì e fece la sua comparsa un seccatissimo Bill, reggendo in mano una matita nera per gli occhi.
-COSA VUOI!!??- gridò, nonostante fosse a meno di mezzo metro di distanza da Tom.
-Intanto, che non urli- rispose quello, altrettanto scocciato – e che esci dal bagno. Se devi truccarti lo specchio è anche in camera.
Bill prese a battere il piede per terra, nervosamente. Aveva sentito che Tom era in vena violenta quella mattina.
-Usa l’altro bagno!- s’inventò.
-Quale altro bagno?-
-Ah, già, non c’è…-
Bill deglutì e si spostò in fretta dalla porta, mentre Tom gli andava incontro minaccioso.
-D'accordo! Scusa!- disse il moro avviandosi verso la loro stanza.

La giornata, che era partita male, continuò peggio.

Ore 15.30
Bill e Tom rientrarono in casa dopo aver passato il viaggio di ritorno dalla scuola in silenzio. Bill era stato interrogato, ma non aveva studiato. Siccome Tom non ne aveva avuto voglia, lo aveva pregato di reggergli il gioco e dire alla madre che non avevano nulla da fare.
Bill era semplicemente furioso.
Prese a scaraventare addosso al fratello qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani, ma si fermò al coltello. Lo osservò per qualche secondo con sguardo omicida, poi lo rimise sul tavolo.
-Bill, mi dispiace!-
-UN CORNO!-
-Ma da quando in qua ti interessa del voto che prendi in Tecnologia?-
-È una questione di principio!- sbottò Bill, le braccia alzate in aria –E in ogni modo sei tu dalla parte del torto!-
-Mi dispiace!-
-Lo spero!-
-Ti prego…mi perdoni…?- Tom spalancò gli occhi e sporse il labbro inferiore in fuori, sfoggiando l’espressione da cane bastonato. Bill impallidì.
-No, eh! NO! Smettila con quella faccia! No!-
Tom fece tremare il labbro, gli occhi acquosi. Bill stava per cedere. Con sguardo tenerissimo gli si avvicinò.
-Ti prego…mi dispiace…perdonami…-
La forza di volontà di Bill crollò quasi definitivamente. Ma non poteva cedere così, di nuovo. L’avrebbe volentieri preso a schiaffi, l’espressione di Tom invitava esattamente a questo…
Il rasta sapeva che c’era quasi. Era davvero dispiaciuto, ma non voleva che Bill fosse arrabbiato con lui, anche se, in effetti, se lo meritava…sporse il labbro ancora un po’ e sentì la forza del gemello vacillare. Mancava solo il colpo di grazia. Si sporse in avanti e gli schioccò un bacio sulla guancia.
-Oh, e va bene, rompiscatole! Ti perdono, va bene?- cedette infine Bill.
-Grazie fratellino! E scusami, scusa davvero!-
Bill borbottò qualcosa.

L’ennesima lite era finita bene, per fortuna. Ma la giornata era ancora lunga…


Ore 17

Tom era occupatissimo e concentratissimo a pisolare, stravaccato sul divano, quando un grido lo raggiunse facendogli versare addosso la lattina di coca cola.
-TOOOOOOOOOOM!!!!!!!!!!- Bill gridava dalla loro stanza.
-TOOOOOOOOOOM!!!!!!!!!!- Bill fece irruzione in salotto.
Notò la maglietta di Tom, tutta intrisa di coca, e il suo sguardo più che furioso. Certamente non era il momento migliore per dirgli che, da bravo genio informatico quale era, aveva appena cancellato il file che conteneva i compiti di Tom per il giorno dopo, o che la penna stilografica si era rotta e aveva imbrattato il cappellino preferito di Tom.
-Sì?- sibilò furioso il maggiore dei gemelli Kaulitz.
-Ehm, che ore sono?- s’inventò Bill. Che cosa stupida, si disse.
Tom balzò in piedi e lo raggiunse, furente. Bill si fece il più piccolo possibile, balbettando parole semi incomprensibili, mentre il fratello lo prendeva per un orecchio e lo trascinava verso la loro stanza. Si sbattè la porta alle spalle, voltò Bill e lo prese per la fronte, poi gli fece sbattere ripetutamente la parte dietro della scatola cranica contro il muro. Il minore dei due piagnucolava, non tanto per il male( era abituato, Tom ci aveva preso gusto a fargli sbattere la testa contro il muro) ma per il timore che suo fratello potesse notare il cappellino posato sulla scrivania accanto al computer, acceso sulla cartella ormai vuota, che aveva il nome di “compiti Tom”.
I suoi timori non erano infondati, perchè poco dopo l’occhio già infuriato del giovane chitarrista cadde sulla chiazza che splendeva scura e ancora fresca sul suo cappellino. Corse a guardarlo meglio e il suo sguardo capitò anche sullo schermo del computer.
Bill, spiaccicandosi il più possibile contro la parete, strisciò silenziosamente verso la porta e scappò in corridoio proprio mentre Tom si girava verso di lui.
-BIIIIIIIILL!!!!!!!!!- gridò.
Dall’altra parte del paese dove vivevano, Loitsche, una vecchietta si guardò intorno incuriosita, per vedere chi aveva gridato.
Tom si lanciò all’inseguimento di suo fratello gemello, che correva su e giù per la casa, terrorizzato. Infine, silenzio. Tom entrò in cucina. Si guardò intorno sospettoso, poi chiuse la porta. Silenzio. Guardò dietro il frigo. Sotto il tavolo. Nella dispensa. Poi qualcosa catturò la sua attenzione. Da dietro lo stenditoio coperto di panni bagnati, spuntava un ciuffetto scuro. Tom si avvicinò con circospezione; il ciuffetto era ormai diventato una testa, attaccata ad un collo che la congiungeva ad un corpo rannicchiato, il cui proprietario alzò lo sguardo su di lui. Tom lo afferrò e lo fece alzare in piedi.
-Scusascusascusa! Non l’ho fatto apposta!- mugolò Bill, supplicante.
-Questo non cambia l’intensità del pugno che sto per darti!- ringhiò Tom furioso.
-Scusa, scusa! Non l’ho fatto apposta! Te lo giuro!- ripeté Bill piagnucolando. Spalancò gli occhi color nocciola e guardò il fratello con espressione da angioletto.
Dopo alcuni secondi Tom abbassò il pugno e, borbottando come un bollitore, trascinò il fratello contro la parete. Gli prese la parte dietro della testa tra il pollice e il medio e gli fece sbattere la fonte contro il muro, un paio di volte.
-Ripeti!- gli ordinò severo.
-IO…-
-I…IO- SBAM! Fronte contro la parete.
-NON..-
-N…NON- SBAM!
-DEVO…-
-D…DEVO- SBAM!
-FARE…-
-F…FARE- SBAM!
-IL…-
-IL - SBAM!
-CRETINO!-
-C…CRETINO- SBAM!
-IO NON DEVO FARE IL CRETINO.-
-IO N…NON DE…DEVO FARE I…IL CRE…CRETINO- ripeté Bill obbediente.
Tom mollò la presa e lo scrutò.
-Esatto. Non devi fare il cretino. Giusto?-
-Giusto…- mormorò Bill massaggiandosi la fronte.
- E ora cosa farai?- Tom alzò il cipiglio.
-Mmm…vado a rifarti i compiti?- azzardò Bill.
-Esatto! Divertiti!-
Il minore dei gemelli Kaulitz si avviò verso la loro stanza, rassegnato.

Ore 21.30

Simone, la madre di Bill e Tom, era uscita a cena con le amiche, e suo marito era da un collega a guardare la partita; i due gemelli erano soli in casa.
-Cambia canale Bill, sta per iniziare il film.-
-L’abbiamo già visto cinque volte!- protestò Bill –Guardiamo questo, invece!-
-Dai Bill, è il mio film preferito!-
-Sì ma io lo odio.-
-Per piacere!-
-No.-
-Dai!-
-No.-
-Please!-
-NO!-
-Uffa, che rompiballe spaventoso che sei Bill, davvero!-
-Io????-
-Già…Dai, per favore!- Tom cercò di sporgersi oltre Bill per prendere il telecomando, ma il fratello lo teneva fuori della sua portata e lo guardava con aria di sfida. Tom imprecò sottovoce e gli lanciò un cuscino; Bill, che non se l’aspettava, accusò il colpo, ma tenne il preziosissimo oggetto al sicuro. Il gemello maggiore gli si avventò contro, ma lui sgusciò via e scappò dalla stanza. Tom lo inseguì fino alla loro camera, dove Bill era saltato sul letto e teneva il telecomando in alto, sopra la testa. Tom cercò di prenderlo, ma Bill lo respinse. Poi, una spinta. Bill crollò rovinosamente sul pavimento, battendo la testa, con un grido.
Tom imprecò, e gli s’inginocchiò accanto, preoccupato.
-Bill! Stai bene?- domandò scrutandolo. Bill, tutto rannicchiato su se stesso, non rispose.
-Bill! Bill! Ci sei?- esclamò allora Tom, angosciato. Lo voltò e lo stese sul pavimento: gli occhi erano serrati e la bocca semichiusa.
-ODDIO! BILL!- gridò Tom.
Bill dischiuse un poco gli occhi.
-Tom?- mormorò con voce flebile.
-Sì?- Tom aveva gli occhi lucidi.
-Tom, io…devo…devo andare…e ricordati…- Bill ansimò -…ricordati che è stata tutta colpa di un telecomando…Addio…- Bill chiuse infine gli occhi color nocciola e la testa gli cadde indietro pesantemente.
-NO! BILL!- gridò Tom, stringendo a sé il corpo esile del fratello e bagnandolo di lacrime. Tutta colpa di uno stupido telecomando…tutta colpa sua…
-NOOOO!- ululò di nuovo, stringendolo ancora e singhiozzando. Ma qualcosa non quadrava. Bill era caldo, e il suo cuore batteva. Tenendolo per le spalle, Tom lo guardò, il viso inondato di lacrime ora sospettoso. E Bill aprì gli occhi, ma non lo fece lentamente come prima. Li spalancò e scoppiò a ridere come un matto.
Tom rimase di stucco, e lo guardò sbellicarsi dalle risate. Infine, Bill alzò lo sguardo su di lui: aveva gli occhi ridotti a fessure e i pugni stretti; le guance erano ancora bagnate di pianto.
-IO TI AMMAZZO! IO TI AMMAZZO SUL SERIO, QUESTA VOLTA!- gridò, furioso; non ne aveva tutti i torti. Due minuti dopo l’occhio destro di Bill era diventato nero (ed era struccato), ma nonostante questo guardava il fratello commosso.
-Hai pianto.- disse –Hai pianto per me.-
Tom sgranò gli occhi ed arrossì.
-Ti credevo morto, imbecille cretino!-
Bill sorrise, seduto sul pavimento accanto al fratello.
-E la prima volta che piangi, da quando ti sei rotto il braccio a nove anni.-
Tom arrossì ancora più violentemente.
-Mi vuoi bene, Tom?-
Tom alzò lo sguardo su di lui.
-No. Ti detesto! Mi hai fatto quasi morire!- rispose imbronciato.
Bill sorrise di nuovo e l’abbracciò. Poi gli stampò un bacio sulla guancia, come quelli che si davano da piccoli.

Ore 03.23 (secondo la sveglia di Bill)

-Tom…- sussurrò Bill nell’oscurità, la voce incrinata. La luce della luna entrava dalla finestra e gli permetteva di vedere la sagoma del fratello rannicchiato sotto le coperte.
-Mmm?- mugugnò Tom dal suo letto.
-Ho avuto un incubo.-
-Oh.-
-Posso dormire con te?-
-Ma certo.- Tom sorrise nell’oscurità, mentre Bill gli si avvicinava e s’infilava sotto le sue coperte.
-Grazie…- gli soffiò all’orecchio.
Tom gli arruffò i capelli già spettinati, poi sfregò la punta del suo naso contro quella del fratello.
-Ti voglio bene fratellino.-
-Anch’io, fratellone.-


-Ende­-
   
 
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