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Autore: Ceci Princessofbooks    02/10/2013    3 recensioni
Dopo l'ennesimo scontro, Nappa riporta al campo Vegeta, e ricorda una vecchia promessa. Perché l'incantesimo delle storie, a volte, può salvarci. BROMANCE spudorato.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo una piccola cosa su Vegeta, e la tenerezza che nasconde sotto la sua corazza. Spero vi piaccia!

P.S.: Ho in mente una breve continuazione; fatemi sapere se ne valga la pena...

 

The Prince's Tale

 

 

Nappa non conosceva Vegeta.

Certo, combatteva assieme a lui da anni, fin da quando erano entrambi entrati al servizio di Freezer, e lo rispettava come suo principe; ma non era mai stato in grado di penetrare sotto la sua crisalide di vetro e fuoco. Con Radish poteva scambiare stupidi scherzi, azzuffarsi quando entrambi bevevano troppo liquore alieno, lanciarsi grossolane allusioni alle grazie delle donne che prendevano in tutti i pianeti della galassia: con Vegeta, no. C'era qualcosa di troppo freddo, di troppo profondo nel suo sguardo, che gli strappava il brivido che aveva provato nell'entrare nel tempio gelido e colmo d'incenso della sua infanzia. E poi c'era quel fuoco: quell'orgoglio feroce che lo bruciava e gli infondeva forza ad un tempo, che lo stringeva alla vita e lo consumava. Era quell'orgoglio, quella passione a illuminare la sua mente, a rendere la sua figura piccola e affusolata più temibile di qualunque avversario.

Nappa ricordava benissimo la prima volta che l'aveva incontrato: ricordava la piega fiera delle labbra, la fiamma di capelli neri, i piani pallidi e severi del volto; e gli occhi, quelle scaglie d'ebano troppo dure e troppo ruvide per un ragazzino di dodici anni, occhi in cui vedeva riflessi le grida e il sangu e le ombre di tutti i mondi che aveva incontrato. Occhi che pretendevano obbedienza, reverenza, e timore; e che tuttavia scintillavano di crepe segrete. Gli occhi di un principe caduto.

No, non comprendeva davvero Vegeta.

Ma non per questo l'avrebbe tradito.

Nappa continuò a camminare, gli occhi serrati contro le nebbie turbinanti di polvere, stringendo al petto il grumo di sangue e corazza che era il ragazzo. Gli abitanti di Grokai si erano rivelati più potenti e astuti di quanto Freezer si fosse aspettato: quelle sfuggenti creature dalla carne diafana e il cuore di ghiaccio sapevano evocare forze antiche, e svanire nella foschia perenne delle loro città di cristallo. C'era voluta tutta l'intelligenza e tutta l'abilità di Vegeta per sconfiggerli. E non era stata una vittoria indolore.

Il principe tra le sue braccia si lasciò sfuggire un gemito, la linea bianca della fronte che si aggrottava. Nappa abbassò lo sguardo su di lui, e spalancò le palpebre, sorpreso. Lividi violacei sbocciavano sul collo del ragazzo, e sangue scuro sgorgava dallo squarcio sopra l'occhio sinistro; un braccio pendeva ad un'angolazione innaturale, e sotto le dita, attraverso la tuta, poteva sentire il grumo angoloso delle costole incrinate. Vegeta aveva voluto combattere da solo, come sempre, e sebbene fose riuscito a trafiggere il re di quegli esseri, aveva anche messo a repentaglio la propria vita. Quasi senza accorgersene, Nappa gli ravviò una ciocca arruffata. Era incredibile quanto somigliasse a suo padre: aveva visto il re solo poche volte, durante i trionfi al ritorno dalle campagne militari, quando Nappa era un giovane guerriero goffo e ardito; ma i suoi tratti erano impressi a fuoco in quelli di suo figlio. Tuttavia, mentre lo vedeva così, addormentato, vulnerabile, scorgeva in lui anche la bellezza affilata e accesa di pallida fiamma della regina. L'aveva osservata solo in un'occasione, quando con suo zio, uno dei compagni del re, si era recato a corte, ma non l'aveva mai dimenticata: non la bocca altera, le folte ciglia scure, le mani magre e forti. Tutti particolari che coglieva anche in Vegeta nei momenti più impensati, quando cessava per qualche istante di essere un mercenario e diveniva qualcosa di più nobile e di più difficile. E in quei momenti, Nappa sapeva che neppure Freezer avrebbe potuto piegarlo.

Fu allora che le palpebre del principe sussultarono, socchiudendosi. Il volto era tumefatto e gonfio, ma, come sempre, lo sguardo che si fissò su di lui era perfettamente lucido. -Che...- tossì, un fiotto rosso che scivolava lungo il mento -...che cosa è successo?-

-Sei stato ferito, Vegeta. Ma non devi preoccuparti. Ti sto riportando alla base, e loro ti rimetteranno in sesto in un attimo.-

-I Grokaijii...li ho sconfitti?-

Annuì, le sopracciglia corrugate. -Certo. Quando hai colpito il capo, se la sono data veramente a gambe.-

Il principe gli rivolse un secco cenno del capo, ma il gesto lo fece sussultare. -La...lasciami. Posso camminare.-

Nappa tentò di dissimulare lo sguardo scettico che gli affiorava sul viso. -Io non credo sia una buona idea, Vegeta.- cominciò, attento, sapendo che un passo falso avrebbe potuto accendere la furia testarda del ragazzo. -Se ti porto io, faremo molto più in fretta.-

-Non mi interessa- gorgogliò lui, agitandosi -mettimi subito a terra. Te lo ordino.-

Il compagno serrò le labbra, incerto; ma non poteva ignorare una richiesta di Vegeta, anche in quelle condizioni. Per paura, certo; ma anche per quel sentimento indefinibile che li intrecciava, che riposava nel sangue, e nelle oscurità di quegli occhi bruni. Con attenzione, depose sul suolo i piedi del principe, trattenendolo ancora un istante per le braccia. Il principe si liberò dalla presa con uno strattone, e mosse un passo avanti; un attimo dopo, le ginocchia gli cedettero. Nappa lo afferrò appena prima che cadesse. -Maledizione!- ringhiò Vegeta, mentre lo sollevava di nuovo -non voglio essere trasportato come una donnicciola!- Ma era troppo stanco per lottare davvero, e abbandonò la testa contro il suo petto.

Nappa dovette reprimere un sorriso. A volte quel suo strano compagno era tanto gelido e formidbile da apparire immensamente lontano da tutto ciò che era la giovinezza, e lui dimenticava di trovarsi di fronte ad un ragazzo: un ragazzo che desidereva dimostrare le proprie capacità, agli altri e a se stesso.

-Non te la prendere; quando arriveremo al Quartier Generale, sarai già in grado di camminare di nuovo.-

Gli rispose solo un borbottio.

Per un poco procedettero senza parlare, il silenzio bianco della steppa increspato dai respiri. Nappa controllava quello di Vegeta, sincerandosi che fosse regolare e che non si affievolise troppo; ma il cuore che pulsava contro il suo torace era forte e ostinato. Sarebbe sopravvissuto, anche questa volta. C'era in lui troppa luce e troppo buio perché si estinguesse così.

-Nappa- la voce lo colse di sorpresa.

-Dimmi, Vegeta- replicò -credevo fossi addormentato.-

L'espressione del principe rimase contratta, irraggiungibile. -Raccontami di nuovo di quando hai conosciuto mia madre.-

La richiesta lo colse talmente di sorpresa da farlo rallentare: erano anni, da quando aveva ricevuto una ferita quasi mortale da uno dei compagni di Frezeer, che Vegeta non gli chiedeva più di ripetere quella storia: ricordava perfettamente le serate passate di fronte al suo letto, il sibilo delle macchine e delle flebo che gorgogliava intorno a loro, e le sue parole impacciate che accompagnavano il ragazzino nel sonno. Ma d'altronde, era vero: in qualche modo quel racconto sembrava confortarlo, e ancorarlo a se stesso. Era ovvio che lo chiedesse in quel momento. Così Nappa iniziò.

-Ero ancora un bambino, a quell'epoca: un ragazzino con un sacco di ambizione in testa e poco buonsenso. Mio zio doveva avere un colloquio con il re, e io stavo aspettando al suo fianco, agitandomi e tormentandolo come una faina. Poi, d'improvviso vidi le porte di bronzo sbalzato della Sala aprirsi, e due figure avvicinarsi: erano il re, e accanto a lui, la donna più bella che avessi mai visto. Aveva le labbra rosse come le bacche che crescono in inverno, e i capelli lunghi e oscuri come una notte luminosa di luna. Sulla fronte, inciso in inchiostro rosso, scintillava il simbolo dell vostra casata, proprio sopra gli occhi. Ah, quegli occhi: non li dimenticherò mai. Del nero rovente del carbone, grandi e fieri come devono essere quelli di una regina. Ricordo anche cosa indossava: un abito d'oro, una tunica che le avvolgeva le spalle, e gioielli di rame che splendevano alla luce delle torce. Mentre io la fissavo, senza riuscire a reagire, il re si avvicinò a mio zio, e i due si allontanarono parlottando; ovviamente, tuo padre e tua madre non si scambiarono nessuna effusione: sarebbe stato sconveniente, per il re e la regina dei Sayan. Ma appena i due svanirono lungo il corridoio, mi resi conto che eravamo rimasti solo io e la mia sovrana, e che stavo continuando a scrutarla come uno stupido mulo. Allora, lei fece una cosa che mi non mi sarei mai aspettato. Cominciò a ridere. Non era la risata grossa dei guerrieri, e neppure il risolino sguaiato e delle ragazze facili del campo: era una belal risata, profonda e roca e sincera, e danzava nell'aria come velluto. Poi la regina si avvicinò a me, si inginocchiò, e mi sfiorò il volto, sorridendo. -Sei proprio un ragazzo forte- mi disse, come se mi conoscesse da sempre -spero proprio che il mio bambino avrà compagni come te.-

Ecco, fu questo che mi disse. - Nappa serrò le labbra, ripensando al tocco fresco di quelle dita, al volto della regina che suo figlio non poteva ricordare. -Fu questo che mi disse, e io non lo dimenticai mai.-

Terminò il suo racconto, aspettando la risposta di Vegeta. Fu solo quando non la udì che si accorse che il respiro accanto al suo era diventato più lento, e che gli occhi del ragazzo erano di nuovo chiusi. Ancora una volta, la storia aveva compiuto il suo incantesimo.

Nappa ripensò a quelle parole pronunciate tanto tempo prima, da una giovane donna di cui non rimaneva che la carne e il sangue del principe che stringeva tra le braccia; e serrò un poco di più la presa.

Non le dimenticai mai.

   
 
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