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Autore: Hypnotic Poison    01/04/2008    5 recensioni
[E' il seguito di "Prova di coraggio!!]
Ridiamo di nuovo, e lei mi rivolge il suo sorriso dolcissimo, che non vedevo da tanto: “Grazie, Chad. Ti voglio bene.”
Sorrido: “Ehi. Per la mia migliore amica questo e altro!”
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chad Danforth, Gabriella Montez, Troy Bolton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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La mia migliore amica

La mia migliore amica

 

 

 

“Taylor McKessie, scendi subito da quella sedia!”

 

Entro in cucina e vedo la mia neo-moglie arrampicarsi per prendere un sacchetto di farina.

 

È passato esattamente un anno da quando le ho chiesto di sposarmi, perciò stasera abbiamo invitato gli altri per festeggiare un po’.

 

Sei mesi dopo quella fatidica sera, il matrimonio è stato celebrato; merito anche di Sharpay, che si è letteralmente sbizzarrita per organizzarlo. Lei e Taylor passavano ore chiuse in salotto a decidere sui fiori, sulle disposizioni, sugli addobbi… fortuna che mi hanno tenuto fuori!

 

E diciamo che, beh, neanche noi due ci siamo riposati molto, dopo la festa… infatti tra tre mesi arriverà un piccolo Danforth.

 

Per questo non voglio che Taylor faccia certe acrobazie!

 

“Quante volte devo dirtelo che devi chiamare me?!”

 

Lei sbuffa e scende dalla sedia: “Andiamo, Chad, in ospedale faccio le stesse cose!”

 

“Mi piace di più che le fai in ospedale, dove sei circondata da medici, piuttosto che quando sei in casa con me che non so nemmeno da che parte prendere una garza!”

 

Tay alza gli occhi al cielo e mi passa il pacchetto faticosamente raggiunto: “Aiutami, per favore. Devo finire la torta e tutti gli antipasti! Te lo ricordi che stasera siamo in dodici?!?”

 

Sospiro, e mi tiro su le maniche. È fissata col fatto che devo imparare a cucinare…

 

Comunque, non è proprio vero che stasera saremo in dodici; diciamo dodici e mezzo.

 

Perché? Semplice.

 

Gabriella è incinta di nuovo. Troy si sta proprio dando da fare, non c’è che dire. Due figli a distanza di un anno l’una dall’altro! Io sono preoccupato per il primo, figuriamoci se ne arriva anche un altro così presto…

 

Sorrido, e mi metto al lavoro. Meglio non far sapere a Taylor, per adesso, quali sono i miei pensieri…

 

 

###

 

 

Fortuna che Taylor aveva paura che la cena non bastasse…

 

Siamo stravaccati in salotto, satolli come non mai. Non mi ricordo l’ultima volta in cui ho mangiato tanto… forse proprio l’anno scorso.

 

Fatto sta, che penso di non avere nemmeno la forza di alzarmi; i miei amici non sono messi meglio!

 

Troy è seduto sul divano, con Gabriella sulle ginocchia, appoggiata con la schiena al suo petto. Mi fanno sorridere, perché lui le ha alzato la camicia bianca ed ha appoggiato le mani sulla sua piccola pancia di due mesi.

 

Di fianco a loro ci sono Jason e Kelsie, abbracciati, e con l’aria molto stanca.

 

I signori Baylor, invece, sono vicino a me e Tay, e Sharpay tiene in braccio la piccola Kelly. Inutile dire che quella bambina è stupenda; a soli sei mesi sprizza tutta la bellezza della madre (speriamo solo che il carattere sia quello di Zeke), con la pelle color biscotto e i capelli biondi.

 

Infine, sul tappeto ci sono le ultime tre “donne” del gruppo: la piccola Vanessa, che anche lei non scherza in quanto a bellezza, grazie ai boccoli neri e gli occhi azzurri, e le gemelle Janet e Rory. Sono due bimbe tutto pepe, queste due, che dall’alto dei loro quattro anni spiegano con pazienza alla più piccola come impilare dei cubi di pezza.

 

Tutto naturalmente sotto il nostro occhio vigile, ma leggermente addormentato. Fosse per me, sarei già nel mondo dei sogni.

 

“Mi dispiace che Ryan e Martha non siano potuti venire, Tay…” mormora Sharpay “Ma mio fratello doveva partire per forza…”

 

Ryan è molto spesso in viaggio, ormai, e con lui Martha, per il loro lavoro: lui è un famoso coreografo, lei una ballerina della sua compagnia. È normale che siano sempre in giro per il mondo!

 

“Tesoro, stai bene?” mi volto verso Troy, che ha spostato una mano sulla fronte di Gabriella, come per sentirla la temperatura “Mi sembri un po’ calda…”

 

Lei fa cenno di sì con la testa, ma anche a me non sembra al massimo della forma.

 

Taylor la raggiunge e compie lo stesso gesto: “Non preoccuparti, Troy, un rialzo della temperatura corporea è normale dopo che si è mangiato. Se in più ci aggiungi che i primi mesi di gestazione non sono proprio il massimo… vuoi che ti porti un po’ d’acqua, comunque, tesoro?”

 

“No, grazie…” Gabriella si alza e fa una smorfia “Devo solo andare in bagno…”

 

Taylor l’accompagna, Troy ed io ci scambiamo uno sguardo. So quanto è preoccupato per questa seconda gravidanza: Gabriella è sempre molto stanca e spossata, mangia e beve poco per la nausea, e lui non sa come aiutarla. Odia sentirsi inutile.

 

“Beh, ragazzi, noi adesso andremmo. Si è fatto un po’ tardi, e le bimbe devono andare a dormire!” Kelsie e Jason si sono alzati e preparati per andare a casa.

 

“No, io voio ttare qui!” protesta Rory, battendo i pugnetti a terra “Baby V non ci va a casa!”

 

“Tesoro, zia Gabriella non sta bene, lo zio Troy non può lasciarla qui!” tenta di spiegare Kelsie “Ma adesso anche lei va a nanna!”

 

“No, no, no!” Rory scuote la testa, poi mi si avvicina e mi tira i jeans “Zio Chad, dieo anche tu alla mamma che se Baby V non va a dommire non ci vado nemmeno io!”

 

Io sorrido, anche perché il nomignolo che ho dato alla mia ‘nipotina’ va ancora forte: “Ascolta, Rory, tu sei una bambina grande adesso, quindi non devi fare i capricci. Non vedi che Vanessa sta giù per addormentarsi? Forza, se vai a casa adesso, domani ti porto il gelato!”

 

Vedo i suoi occhioni blu spalancarsi: “Davveo, zio?”

 

Annuisco, e lei sorride: “Va bene…”

 

Jason mi dà il cinque, poi la prende in braccio: “Grazie, amico. A domani, allora!”

 

Li salutiamo, e la piccola Vanessa, rimasta senza compagne di giochi, si acciambella su un cuscino per terra e chiude gli occhi.

 

Troy la guarda con un sorriso intenerito, poi si volta verso di me: “Chad… non voglio andare a quella conferenza stampa, domani. Non mi va di lasciare sola Gabriella per tutto il giorno.”

 

“Ma tu sei sempre fuori casa, amico, con la squadra.” osserva Zeke.

 

“Sì, ma sono sempre rintracciabile. Domani, invece, dovremo tenere il cellulare staccato, e saremo a due ore di macchina da qui! Taylor ha il turno lungo all’ospedale, Kelsie ha detto che deve tenere una lezione privata per un suo alunno, e noi siamo via!”

 

Sharpay scrolla le spalle e sorride: “Ti dimentichi di me come al solito, Bolton. Non ho alcun problema, domani. Basta lasciare le bambine ai rispettivi nonni, ed io e Gabriella andremo a fare shopping!”

 

“E se ti vuoi sentire più sicuro, Troy, rimango io ad Albuquerque. Basta inventare una scusa qualsiasi col coach. Tu sei il capitano, devi andare alla conferenza. Dì soltanto che io ho la febbre a quaranta!”

 

Troy mi guarda con occhi sgranati dopo quest’ultima osservazione: “Sei… sei sicuro, Chad?”

 

Allargo le braccia: “Ehi! A che servono gli amici, se no?”

 

Lui sorride, un po’ imbarazzato: “Già… grazie, davvero. Non so come farei senza di voi!”

 

Sharpay ride e alza gli occhi al cielo: “Dillo, che siamo insostituibili! Che mondo sarebbe, senza Sharpay Evans?”

 

Noi scoppiamo tutti a ridere, e proprio in questo momento ritornano le ragazze.

 

“Che cosa succede?” domanda Gabriella con un sorriso un po’ forzato, accovacciandosi vicino a suo marito.

 

“Oh, niente di speciale…” faccio passare un braccio attorno alle spalle di Taylor e la stringo a me “Evans si stava dando come al solito arie da primadonna!”

 

Lei mi fa una linguaccia, e si gode le coccole di Zeke.

 

All’improvviso, si sente il pendolo antico (regalo di mia madre, che non vuole che me ne liberi) annunciare le undici.

 

Sharpay rabbrividisce: “Brr… odio quell’affare, Taylor. Fa quasi paura! È così cupo… perché non lo fermi?”

 

Tay mi lancia un’occhiata ironica: “Io gli avrei già dato fuoco, ma mia suocera ci tiene tanto e così…”

 

“In ogni caso, è ora di andare! Troy, prendi tu la bambina?” Gabriella si alza lentamente, e si risistema la camicia bianca stropicciata, mentre il mio amico si china e prende in braccio la figlia addormentata.

 

“Se ci aspettate, veniamo con voi!” li richiama Zeke.

 

Noi li accompagniamo fino alla porta, poi rimaniamo ad osservarli finché il buio ce lo concede.

 

E, finalmente, andiamo a dormire anche noi.

 

 

###

 

 

Oggi è una mattina davvero bella, in cielo c’è un Sole che non si vedeva da tanto.

 

Se penso che dovrò passarla in giro per negozi, mi sento male.

 

M’infilo la felpa ed esco dal retro, passando per il campetto. No, mi dispiace, ma oggi non ci posso giocare.

 

Avanzo con un corsetta fino a casa Bolton e faccio per suonare, quando sento delle risate provenire da dietro la casa.

 

-Ma cosa…?- penso incuriosito. Così ritorno sui miei passi, scendo gli scalini e raggiungo il grande giardino che circonda la casa di Troy.

 

Sharpay e Gabriella sono già lì, a divertirsi col giardinaggio. Sì, non pensate che Evans stia smanazzando nella terra a ruota libera, però si applica.

 

Roteo gli occhi, arrabbiato, e vado a grandi passi verso di loro: “Possibile che io debba badare a tutte le donne incinte di Albuquerque?!? Gabriella Montez, cosa pensi di fare sollevando quell’annaffiatoio di cinque litri?!?”

 

Lei si volta verso di me, spostando una ciocca di boccoli dagli occhi: “Oh, ciao Chad! Ehm… volevo annaffiare le rose…”

 

Io salto la staccionata e glielo tolgo di mano: “Niente pesi, signora Bolton! Perché non lo facciamo fare a Sharpay?”

 

Miss Cuore di Ghiaccio mi lancia un’occhiataccia, ma afferra l’annaffiatoio: “Certo, Gabby, lo faccio io.”

 

Io e Gabriella ridiamo, e le faccio l’occhiolino: “Va un po’ meglio stamattina?”

 

Lei si sistema le trecce che si è fatta: “Insomma… diciamo che l’aria aperta e il bel tempo aiutano!”

 

All’improvviso, uno spruzzo d’acqua mi bagna la faccia.

 

“Ho finito, coach!” mi riprende sprezzante Sharpay.

 

Gabriella ha le lacrime dal ridere, mentre io sono a dir poco furente. Calmati, Chad, conta fino a dieci… è la moglie di Zeke… è la moglie di Zeke…

 

“Ahah, molto divertente.” le rimbecco asciugandomi.

 

Sharpay si toglie i guanti da giardinaggio: “Per noi sicuro! Vero Gab? Ma… Gabriella?”

 

Mi giro velocemente verso la mia amica, spaventato dal tono di voce di quella domanda, e il sangue mi si gela nelle vene: Gabriella è piegata in due, si sostiene allo steccato, il volto contratto dal dolore.

 

La raggiungo e cerco di sollevarla: “Gabriella, cosa hai?”

 

Lei non riesce a parlare, stringe i denti per non urlare; le prendo una mano e sbarro gli occhi: è tutta bagnata di sangue.

 

“Chad, dobbiamo portarla in ospedale!” la voce di Sharpay mi fa ritornare alla realtà “Vieni, ho la macchina qui davanti!”

 

La prendo in braccio e corriamo verso la decappottabile rosa; Evans ingrana la marcia e partiamo a tutta velocità verso l’ospedale.

 

Io sono seduto nel sedile posteriore, stringo la mano a Gabriella che sta piangendo: “Tranquilla, okay? Stai tranquilla…”

 

Però non riesco a dirle che andrà tutto bene. Perché non ne sono sicuro nemmeno io.

 

In cinque minuti arriviamo direttamente davanti alle emergenze, e una coppia di infermieri ci raggiunge subito.

 

“Chiamate la dottoressa McKessie!” grido mentre aiuto la mia amica a scendere “E’ mia moglie!”

 

Non so se mi hanno ascoltato, perché hanno troppa fretta: sistemano Gabriella sopra un lettino e la spingono velocemente lungo i corridoi.

 

Noi la seguiamo correndo, e Sharpay le tiene per mano.

 

Shar…” la sento mormorare tra le lacrime “Il mio bambino, Shar…”

 

Evans sorride a fatica: “Shh… non dire niente, tesoro…”

 

Un infermiere ci blocca: “Mi dispiace, ma da qui non potete più passare. Non vi preoccupate, aspettate lì!”

“Avvertite la dottoressa McKessie!” insisto “E’ amica della paziente!”

 

L’infermiere annuisce, sparisce dietro le grandi porte.

 

Sharpay si mette le mani nei capelli biondi, spostandoseli indietro: “Dio Mio… dobbiamo avvisare Troy.”

 

Io non sono capace di parlare, né di muovermi. Non voglio pensare a quello che potrebbe succedere.

 

Dio, ti prego, non a Troy e Gabriella. Non a loro!

 

“Chad!” è il richiamo di Taylor che mi fa voltare.

 

Corre a fatica verso di noi, spaventata: “Cos’è successo, stai bene? Mi hanno chiamata ma non hanno spiegato cosa…”

 

La interrompo di scatto: “E’ per Gabriella, Tay. Sta… sta male.”

 

Lei si copre la bocca con le mani, mentre gli occhi le si inumidiscono: “Devo andare dentro. Rimanete qui, appena so qualcosa vi chiamo!”

 

Annuisco impercettibilmente, e anche lei se ne va.

 

Sento Sharpay singhiozzare al mio fianco, e per la prima volta nella mia vita l’abbraccio spontaneamente: “Coraggio, Evans! Sei o no la Regina di Ghiaccio?”

 

Lei sorride contro il mio petto, e si stacca: “Devi farlo tu, Chad. Sei il suo migliore amico, sai come fare.”

 

Accenno di sì e prendo il cellulare che mi porge.

 

Compongo il numero del mio migliore amico e ascolto gli squilli a vuoto del telefono. Per fortuna deve esserselo dimenticato acceso…

 

-Maledizione, rispondi Troy!- penso arrabbiato –Non puoi scoprirlo stasera!-

 

Sto per chiudere, ma Troy risponde in questo momento: “Pronto, Sharpay, che succede?

 

Faccio un respiro profondo, chiudo gli occhi: “Amico… sono io.”

 

“Chad! Perché mi avete chiamato? È successo qualcosa?”

 

“Ascolta, Troy, adesso devi stare calmo, va bene? Sì, qualcosa è successo.” come posso dirglielo? Ho quasi paura a farlo.

 

Deglutisco e continuo: “Abbiamo portato Gabriella in ospedale, siamo arrivati giusto dieci minuti fa. Lei… aveva delle perdite. Forse… forse sta perdendo il bambino, Troy.”

 

Silenzio. Dall’altra parte dell’apparecchio non proviene suono. M’immagino la faccia del mio amico, e so che in fondo al cuore sta sperando che sia solo un orribile scherzo.

 

“Ora devi tornare qui, Troy. Lascia la conferenza e vieni da Gabriella. Se parti subito magari arrivi che è ancora in sala operatoria. Hai capito?”

 

Ancora una pausa, poi la sua voce malferma e tremante mi risponde: “Sì. Sì, grazie Chad. Adesso parto.”

 

Mi giro verso Sharpay, che mi ha fregato il cellulare e mi sta facendo dei segni per dirmi qualcosa: “Sharpay qui dice che vi manda l’elicottero di suo padre, l’ha chiamato adesso. Sarà lì tra… quanto? Ah sì, mezz’ora. Ti aspettiamo, amico.”

 

“Grazie, Chad. Adesso arrivo. Ciao.”

 

“Ciao.”  chiudo la comunicazione e mi lascio andare su una delle sedie scomode attaccate al muro.

 

Sharpay si accascia accanto a me, tenendosi la testa tra le mani: “Mi sembra un incubo…”

 

Non le rispondo, fisso il muro grigiastro davanti a me.

 

Mi sento da schifo, come se fosse colpa mia. Forse se fossi arrivato prima non sarebbe successo. Forse saremmo in salotto a sfidarci alla Playstation.

 

Invece non ho potuto fare altro che portarla qui, affidandola a persone più esperte di me.

 

E ora la mia migliore amica, esatto, proprio così, è sotto ai ferri per salvare il suo bambino.

 

Che vita di merda.

 

Come può essere possibile che capitino cose del genere?

 

La morte è naturale, d’accordo… ma solo se segue una vita.

 

Mi passo una mano tra i capelli. L’orologio appeso al muro ticchetta implacabile, il tempo però sembra non passare mai.

 

All’improvviso, le porte trasparenti si riaprono, e Taylor arriva piangente.

 

Mi alzo di scatto, lei mi abbraccia e piange: “Non ce l’abbiamo fatta, Chad. Gabriella… Gabriella ha perso il bambino…”

 

La stringo più forte, soffocando una maledizione tra i denti: “Come sta adesso?”

 

“L’abbiamo portata in una camera da sola. Deve riposarsi… continua a chiedere di Troy.”

 

“Sta arrivando.” mormora Sharpay mesta “Possiamo vederla?”

 

Tay annuisce: “Venite con me.”

 

Ci porta attraverso un corridoio laterale, pieno di porte bianche chiuse.

 

Quella di Gabriella è l’ultima sulla sinistra, la numero ventidue.

 

Prendo un respiro, e abbasso la maniglia.

 

Mi stringe il cuore a vederla ridotta così: i capelli sparsi sul lenzuolo, pallida, illuminata dalla luce di una grande finestra.

 

Mi avvicino e le accarezzo una guancia: “Ehi… Gab…”

 

Lei si gira verso di me, gli occhi gonfi di pianto, e sorride piano: “Ciao, Wildcat…”

 

Sorrido, anche se in realtà avrei solo voglia di piangere: “Dormi, adesso… noi siamo qui fuori, se hai bisogno…”

 

Esco da quella stanza, perché non riesco a sopportarlo.

 

Appoggio la fronte al muro. Perché, perché devono succedere queste cose? A una ragazza dolce e timida come Gabriella, poi.

 

Le servirà tanto tempo per guarire, e tutto l’aiuto possibile. Sarà una ferita che le rimarrà per sempre.

 

“Chad!” mi giro, e c’è Troy che corre verso di noi.

 

Gli basta guardarmi negli occhi per capire la realtà. Preferirei che qualcuno mi tirasse un pugno, piuttosto che stare qui a fissare il suo volto sconvolto.

 

Non si ferma nemmeno, ed entra nella stanza di Gabriella.

 

La porta bianca sbatte per la troppa violenza, e rimbalza sullo stipite, rimanendo aperta. E noi, da quello spiraglio, non possiamo fare a meno di sentire i singhiozzi disperati della mia migliore amica, che ci lacerano ogni secondo di più.

 

Mentre mi allungo per chiuderla, vedo Troy che l’abbraccia stretta, e le mormora qualcosa per farla calmare.

 

Lo ammiro, in questo momento, per il coraggio che sta dimostrando. Perché almeno davanti a Gabriella non si arrende al dolore, per non farla soffrire maggiormente. Anche se so che il mio amico non ha mai sofferto tanto.

 

Stringo forte Taylor, mentre Sharpay si rifugia tra le braccia di Zeke, che è appena arrivato.

 

La sento tremare contro il mio petto, le sue lacrime mi bagnano la felpa. Penso che si senta in parte responsabile per ciò che è accaduto, perché non è riuscita a salvare il bimbo.

 

I minuti continuano a passare in questo corridoio bianco e lungo, avvolto dal silenzio e dal dolore.

 

Poi la porta sbatte di nuovo, Troy esce camminando piano: “Taylor… vuole vedere te…” mormora.

 

Mia moglie si stacca da me, si asciuga gli occhi ed entra chiudendosi la porta alle spalle.

 

Noi tre guardiamo Troy, che fissa il pavimento: “Scusate…”

 

Si gira e se ne va, le mani in tasca, il capo chino, e gira l’angolo.

 

Forse non dovrei, ma lo seguo. So che ha bisogno di qualcuno, perché non è capace di stare solo nei momenti brutti.

 

Svolto anch’io e lo vedo. Sta tirando dei pugni contro la macchinetta delle bibite, imprecando a denti stretti.

 

“Troy, fermati!” lo blocco prima che rischi di distruggere tutto.

 

“Lo sapevo, Chad, maledizione, lo sapevo!” grida “Non sarei dovuto andare! Sarei dovuto rimanere con lei…”

 

“Non è colpa tua, Troy. Non è colpa di nessuno.” sussurro. Stupida frase fatta.

 

Lui geme e si siede con la testa tra le mani.

 

Io gli stringo una spalla: “Puoi piangere, se vuoi. Ci siamo solo io e te.”

 

Non mi risponde, ma capisco che il suo corpo trema, come tremava prima quello di Taylor. Sto zitto, vicino a lui, per fargli capire che ci sono, ma che non voglio intromettermi troppo.

 

“Si sistemerà tutto, vedrai.” cerco di rassicurarlo.

 

Spero di aver ragione, almeno per una volta…

 

 

###

 

 

La situazione è diventata insostenibile ed ingestibile.

 

Nessuno di noi avrebbe mai pensato che sarebbe finita così.

 

Gabriella è ancora in ospedale, nonostante siano passati dieci giorni.

 

E Troy non è mai da lei. Si è rinchiuso in casa, non ci apre, non risponde al telefono, non ci vuole parlare.

 

L’ultima volta che l’ho visto, sei giorni fa, mi ha detto: “Gabriella ce l’ha con me perché non ero lì con lei.”

 

E poi si è barricato dentro.

 

Peccato solo che, lo stesso giorno, io la sia andata a trovare, e che lei mi ha detto: “Troy ce l’ha con me perché non sono stata attenta e ho perso il bambino…”

 

E da quel momento si è intristita ancora di più, e le sue condizioni sono peggiorate.

 

Noi non sappiamo cosa fare; persino Taylor quasi si vergogna a farsi vedere con la sua pancia.

 

Io, in realtà, sono anche incazzato nero con il mio amico, perché non si può comportare così.

 

Sbuffo, e parcheggio la macchina davanti all’ospedale.

 

Ormai ci passo tutta la mia giornata, quando non devo andare ad allenarmi.

 

Ah, giusto, c’è anche questo piccolo particolare. Troy non si fa più vedere nemmeno agli allenamenti.

 

Beh, come se io riuscissi a beccare un canestro.

 

“Salve, signor Danforth.” mi saluta uno degli infermieri all’accettazione. A questo punto mi conoscono tutti…

 

Salgo le scale, sto attento a non sgualcire il mazzo di rose bianche che tengo in mano.

 

Sono i fiori preferiti di Gabriella. Ne aveva anche un bouquet enorme al suo matrimonio.

 

Mi viene da sorridere. L’ha preso proprio Taylor…

 

Busso alla numero ventidue e apro la porta: “Buongiorno, Piccola Chimica!”

 

Gabriella ride: “Buongiorno, Uomo del Basket! Sono per me quelle, vero?”

 

Scuoto le rose e le metto nel vaso sul suo comodino: “Grazie, Chad, sono stupende!”

 

Io sorrido, prendo la sedia di plastica bianca e mi accomodo vicino a lei. È pallida, magra, gli occhi da cerbiatta spenti, ma fa di tutto per sembrare allegra.

 

“Allora, come va oggi? È migliorata la cucina di questo posto?” domando ironico.

 

Lei alza gli occhi al cielo: “Fortuna che Taylor mi porta sempre qualcosa di diverso, altrimenti morirei!”

 

Ridiamo tutti e due, chiacchieriamo allegri per un po’, finché non viene il tempo di quella domanda.

 

“Non viene nemmeno oggi, vero?”

 

Abbasso lo sguardo: “Non penso, Gab. Non l’ho sentito.”

 

La sento ridere tristemente: “E’ arrabbiato, Chad. Non mi vuole più. Ho perso suo figlio, non mi vuole più. Posso trasferirmi da voi?!?”

 

“Senti, Gabriella, non essere stupida!” sbotto all’improvviso, e la faccio trasalire “Troy è un cretino, lo sappiamo tutti e due, ma non è assolutamente arrabbiato con te! Solo non sa gestire questa faccenda!”

“Perché, secondo te io la so gestire, Chad? Credi che sia così facile?”

 

“No, non lo penso. Ma so che lui non è arrabbiato con te, anzi.” insisto.

 

Gabriella comincia a piangere: “Allora perché non è qui, Chad? Perché non chiama, non si fa vedere? Diceva che saremmo rimasti insieme per sempre, che ci saremmo aiutati a vicenda, ma allora non era vero!”

 

Mi alzo e l’abbraccio: “Facciamo che adesso vado a casa e lo tiro fuori. Te lo prometto. Tu riposati, devi tornare a casa.”

 

Lei annuisce: “Tay mi deve far firmare dei documenti, poi posso uscire. Oggi pomeriggio sarò di nuovo tra i piedi!”

 

Ridiamo di nuovo, e lei mi rivolge il suo sorriso dolcissimo, che non vedevo da tanto: “Grazie, Chad. Ti voglio bene.”

 

Sorrido: “Ehi. Per la mia migliore amica questo e altro!”

 

La saluto con un cenno della mano ed esco.

 

Ora devo stanare quel deficiente del mio amico. Mica semplice, testardo com’è.

 

Guido veloce, lasciando la capotte abbassata. Così l’aria fresca mi schiarisce un po’ i pensieri, e non rischio di tirargli un cazzotto.

 

In dieci minuti sono davanti alla villetta di Troy, con tutte le imposte chiuse. La cassetta della posta straborda, e noto con amarezza che ci sono dei rotocalchi con la loro storia schiaffata in copertina.

 

Suono il campanello e aspetto.

 

Come previsto, non ottengo risposta.

 

“Troy, apri!” busso forte alla porta “Non puoi continuare così!”

 

Niente. Se non lo conoscessi, avrei paura che abbia fatto qualcosa di sbagliato.

 

Basta, ho perso la pazienza. Mai sfidare troppo Chad Danforth. Ora si passa alle maniere forti!

 

Faccio il giro e raggiungo la porta sul retro, senza guardare il giardino. L’annaffiatoio è ancora là, vicino alle rose.

 

-E uno… e due… e tre…- respiro, prendo la rincorsa e mi scontro con la porta di spalla.

 

Porca miseria che dolore!!!

 

Mi massaggio la spalla sinistra: “Ahiaiai…”

 

Però ha funzionato, la porta è venuta giù. Al limite ripagherò i danni…

 

“Troy Bolton, dove cazzo sei?”

 

Entro, il piano terra è avvolto nell’oscurità.

 

Troy ha fatto del casino: giornali per terra, cuscini del divano sul tappeto, bottiglie sul tavolino di cristallo che piace tanto a Gabriella.

 

“Sono in camera, Chad…” la risposta stanca del mio amico mi arriva dal piano superiore.

 

Evitando gli ostacoli faccio i gradini a due a due, vado dritto verso quella stanza dove una volta io, Taylor, Ryan e Kelsie abbiamo beccato i nostri amici intenti a… beh, avete capito.

 

Apro la porta, e la luce del Sole mi coglie impreparato. La stanza è tutta illuminata, Troy è steso sul letto, le braccia incrociate dietro la testa.

 

“Come hai fatto ad entrare?” mi domanda.

 

“Ho sfondato la porta.”

 

Troy alza un sopracciglio stupito, ma continua a fissare il soffitto, tirando in alto la palla da basket di gommapiuma.

 

“Hai intenzione di rimanere qui per sempre?” chiedo acido.

 

Lui alza le spalle: “Tanto Gabriella mi odia perché non ero con lei.”

 

Roteo gli occhi: “Ancora con questa storia?!? Troy, è tutta una cretinata! Gabriella non ti odia, anzi! È lei che crede che tu sia arrabbiata con lei, perché non sei mai andato a trovarla!”

“Ci hai provato, Chad. Ora scusami, ma preferirei rimanere da solo.”

 

E no, eh! Mi avete rotto, tutti quanti!

 

Lo raggiungo e lo strattono per il colletto della maglia, alzandolo: “Ascoltami bene, Bolton! sembrate due bambini! So che è doloroso, ma dovete superarlo insieme! Stare separati sarà solo peggio! Adesso alzi il culo, e vai da Gabriella!”

 

Lentamente lo lascio, continuo: “Tu hai bisogno di lei, e lei ha bisogno di te, fratello. Non dovete pensare che sia finita. Avete tutta la vita davanti, avete Vanessa da crescere! Sai quanti altri bambini potrete avere? E… beh, credo che sia meglio perdere un bimbo che non hai mai conosciuto, piuttosto uno che hai visto crescere.”

 

Troy mi guarda, prima triste, poi sorride: “Certo che Taylor ti ha fatto diventare un vero filosofo!”

 

Anch’io rido, e gli tiro una pacca sulla spalla: “Da che pulpito, Mister Romanticismo!”

 

Ridiamo insieme, e tutto lo stress di prima scivola via.

 

“Sono stato uno stupido, vero?” mi domanda.

 

Scuoto la testa: “Solo un pochino!”

 

“Okay! Ora mettiamoci al lavoro!” Troy si alza e si stiracchia “La casa deve tornare come prima!”

 

“Oh, no! I lavori domestici risparmiameli!”

 

Lui mi lancia un’occhiata eloquente, e scende le scale.

 

Passiamo così le successive due ore a pulire e riordinare la villetta. Certo che Troy è un vero maiale, quando vuole. Non ho mai visto tanto casino in un solo salotto!

 

Lo squillo del cellulare, alle quattro, ci distoglie dagli ultimi ritocchi. Ormai la casa è perfetta, anche migliore di com’era prima!

“Pronto, Tay?” rispondo dopo aver guardato chi fosse.

 

Amore, Gabriella sta per arrivare a casa nostra. Che dici, torni qui con Troy?”

 

“Certo. Due minuti e siamo da te.” riaggancio, e guardo il mio amico “E’ ora.”

 

Lui annuisce e prende il giubbotto posato su una poltrona.

 

In silenzio usciamo di casa e percorriamo la via che ci porta da me. So che Troy è perso nei suoi pensieri, preoccupato per la reazione di Gabriella.

 

Entriamo dal retro, e Taylor ci viene incontro: “Ciao, Troy. Come va?”

 

“Bene, grazie. Tu, tutto a posto?”

 

Mia moglie si passa la mano sul ventre rigonfio: “Certo, non preoccuparti.”

 

Sto per chiedere quando arriverà Gabby, quando il campanello suona.

 

“Vado io.” esclama Tay “Troy, tu mettiti lì, così non ti vede subito!”

 

Io la seguo, ma mi nascondo dietro la porta.

 

“Ciao, Taylor! Scusa per il disturbo!” saluta Gabriella non appena entra “Chad c’è?”

 

Io sbuco fuori dall’ombra con un sorriso: “Sì. E c’è anche la mia promessa.”

 

Lei si guarda in giro, Troy esce dal corridoio che porta in bagno, imbarazzato.

 

Gabriella spalanca la bocca sorpresa, gli occhi le si inumidiscono; poi gli corre incontro e gli salta in braccio, piangendo.

 

“Ti amo, Gab…” sento che sussurra Troy, sotto i singhiozzi della mia amica “Non ce la faccio senza di te…”

 

Lei piange sempre più forte: “Anch’io, Troy… anch’io…”

 

Prendo Taylor per mano –si sta già commuovendo-, la porto in salotto e chiudo la porta scorrevole.

 

Lei sorride maliziosa: “Allora fai anche il Cupido, adesso?”

 

Io mi gratto la testa, imbarazzato: “Eheh… così sembrerebbe…”

 

Mi si avvicina: “Peccato che con me ci hai messo secoli!”

 

Argh, colpito e affondato.

 

“Beh, perché sei tu! Con gli altri è sempre più facile! Cupido è single infatti, giusto?”

 

Taylor si avvicina ancora di più: “Oh, certo, ha sempre ragione lei, signor Ho-la-risposta-pronta!”

 

Io sorrido e finalmente cancello la distanza tra le nostre labbra.

 

Come di là sta facendo la mia migliore amica con il mio migliore amico.

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

#######

 

Mamma mia che cose tristi che sto scrivendo!! Sarà l’umore, boh… non so perché mi è venuta voglia di tormentare così Troyella… sarà che sono sempre l’emblema della coppia felice e spensierata… almeno questa volta Chaylor è a posto!!

 

Inutile, adoro Troyella ma nelle mie fic dovranno soffrire abbastanza… vabbè

 

Spero che questa vi sia piaciuta!! A me intrigava l’idea di un Chad così!! mi è sempre sembrato il perfetto migliore amico, quindi…

 

Colgo l’occasione per ringraziare chi ha commentato Non chiedermi perché (anche lì, povero Troy e povera Gabriella..):

 

Tay_: ecco un’altra fic! Addirittura stupenda, grazie!! Devo abituarmi ai complimenti… comunque sto scrivendo una long fic tutta particolare, in attesa di poter riprendere Wildcats forever (voglio il mio computeeer!!). un bacione grande!! Ps: sto leggendo la tua fic Ricordi, anche se non riesco a commentare!! Mi piace molto!!

 

Romanticgirl: grazie per gli auguri!! Sto diventando vecchia… ma sempre più giovane di Zac, così lo posso sposare!! Un bacione, spero di risentirti!!

 

LizDream: ti ringrazio per averla aggiunta tra i preferiti, devo dire che anche a me piace molto (“Modesta…” Ndlettrici) Sarò Troyella per sempre, anche se li torturo un po’!! Ma troy è così cariiiiiinoooo!!! Un kiss, a prestissimo!!

 

Titty90: tu mi fai felice, altro che!! Troyella, troyella, troyella!! Anche Chaylor, basta che ci sia del Troyella in mezzo… grazie di tutto, veramente! Anche degli auguri!! Speriamo di sentirci presto (msn non mi funzia, era solo nel computer fritto, sobbb….) Un bacione

 

 

 

Grazie ancora a tutti!! Mi farete felice se mi lascerete un commento, anche piiiccolo!!

 

Bacioni

 

Hypnotic Poison

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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