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Autore: Alchimista    05/10/2013    3 recensioni
Magnus Bane era certo che quel momento sarebbe arrivato: si era voluto illudere, ad un certo punto, che tutto fosse passato con meno drammaticità del previsto, ma appunto era stata solo un’illusione infranta quella sera, mentre ancora reggeva in una mano il cellulare tramite il quale Alec lo aveva appena mandato al diavolo – ed entrambi sapevano che quell’esclamazione valeva molto di più se detta da uno di loro piuttosto che da un mondano.
Non era arrabbiato, non se l’era presa perché poteva capire la rabbia del ragazzo, ma non riusciva a sbloccarsi dalla posa statica in cui era caduto per fare qualcosa: sentiva lo stomaco chiuso in una morsa soffocante ed un enorme peso sul petto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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'Cause I'll be by your side wherever you fall.

 

Alla mia parabatai, Arianna
per I suoi diciotto anni.

 

Magnus Bane era certo che quel momento sarebbe arrivato: si era voluto illudere, ad un certo punto, che tutto fosse passato con meno drammaticità del previsto, ma appunto era stata solo un’illusione infranta quella sera, mentre ancora reggeva in una mano il cellulare tramite il quale Alec lo aveva appena mandato al diavolo – ed entrambi sapevano che quell’esclamazione valeva molto di più se detta da uno di loro piuttosto che da un mondano.

Non era arrabbiato, non se l’era presa perché poteva capire la rabbia del ragazzo, ma non riusciva a sbloccarsi dalla posa statica in cui era caduto per fare qualcosa: sentiva lo stomaco chiuso in una morsa soffocante ed un enorme peso sul petto.

Quando si decise a richiamarlo non sapeva quanto tempo fosse passato, ma a giudicare dal fatto che Alec non era raggiungibile probabilmente ne era trascorso troppo. Stava per mettere giù anche la successiva chiamata, fatta stavolta ad Isabelle, quando la ragazza rispose.

«Magnus», disse secca, come se da quella semplice parola dovesse essere chiaro tutto.

Il Sommo Stregone di Brooklyn deglutì cercando di non farsi spaventare dal tono minaccioso di una sorella iperprotettiva.

«Alexander è lì con te?».

«No. È uscito più di un quarto d’ora fa. Che gli hai fatto?».

No, il tono di Isabelle non era affatto rassicurante: Magnus rinunciò a dar sfogo all’improvvisa irritazione che quelle accuse infondate avevano fatto montare in lui e sospirò per tenersi calmo. Era stranamente stanco.

«Ho bisogno di parlargli di persona. Sai dirmi dov’è?».

«A caccia, credo…». Esitò. Lo Stregone credette di cogliere paura in quell’attimo di silenzio.

«Ti chiamo appena lo trovo», la rassicurò senza che gli fosse chiesto, prima di mettere giù, prendere cappotto e chiavi e uscire velocemente dall’appartamento.

 

~

 

Trovare Alec si era rivelato più difficile di quanto Magnus avesse pensato. Avrebbe potuto usare un incantesimo di localizzazione, ma era uscito troppo in fretta, prima che quell’idea gli venisse in mente e non aveva avuto alcuna voglia di tornare indietro. Quindi aveva deciso di affidarsi all’istinto ed aveva capito perfettamente il significato della frase “l’amore fa fare cose stupide”.

Perché stava girando per le stradine di New York praticamente alla cieca, affidandosi al briciolo di buonsenso che ancora aveva, quando un temporale lo aveva colto del tutto impreparato e lo aveva bagnato in pochi istanti. E Lilith sapeva quanto gli Stregoni odiassero l’acqua.

Ora era fermo sotto un porticato, le braccia al petto ed il cappotto che gocciolava come se fosse stato appena lavato a mano. Si scostò dal viso i capelli ormai privi di gel e glitter e sospirò: se non si fosse fatto venire un’idea al più presto si sarebbe preso un accidenti senza risolvere nulla.

Un lampo, seguito dal minaccioso seguito del fedele tuono, lo riscosse dai suoi pensieri e improvvisamente gli diede la soluzione. Magnus Bane scattò e cominciò a correre come aveva fatto davvero pochissime volte: sapeva dov’era Alec – era la cosa più ovvia.

Di notte la città era se possibile ancora più trafficata che di giorno e lo Stregone dovette far attenzione a più di una macchina intenzionata, secondo il suo scombussolato punto di vista, a metterlo sotto a tutti i costi prima di arrivare finalmente a Central Park.

C’era un posto, in tutto quel verde, nascosto agli occhi dei mondani, che da sempre era territorio dei Nephilim e che solitamente veniva usato per allenarsi all’aria aperta. Magnus era certo che Alec fosse lì, per questo non fu affatto sorpreso – ma piuttosto sollevato – quando sentì il rumore di una spada angelica che colpiva alcuni paletti di legno infissi al terreno. Era un training ad ostacoli, bersagli da colpire con diverse armi, ma ora il Cacciatore sembrava intento a ridisegnare la forma dei suddetti paletti a colpo di Adamas.

Quando riuscì a vedere per bene il ragazzo, finalmente a riparo dalla pioggia sotto la grossa chioma di un albero, si rese immediatamente conto che qualcosa non andava: i movimenti di Alec erano pesanti e scarsamente coordinati, si muoveva di forza, di peso, come se quello dovesse compensare la mancanza di altro, di attenzione ed agilità.

Si mosse per prenderlo, per fermarlo, ma dovette stare attento a non ferirsi dal momento che lo Shadowhunter, sentendolo arrivare, mosse l’arma verso di lui senza neanche guardare chi fosse.

«Hey, calma!», si lamentò Magnus, facendo un passo indietro ed alzando istintivamente le braccia.

Alec rimase imbambolato, guardandolo come se avesse bisogno di tempo per riconoscerlo, finché non abbasso la spada, come se non avesse forze.

«Come…?».

«Ti conosco». Lo Stregone evitò di dirgli che, però, aveva girato per ore prima di trovarlo: quella era una cosa che non si era ancora perdonato.

Il Nephilim non disse nulla, rimase semplicemente fermo sul posto, ondeggiando appena, cosa che preoccupò abbastanza l’altro.

«Che cosa hai fatto?».

«Io…? Cercavo qualche demone da ammazzare, ma pare che stasera abbiamo deciso che non potevo avere soddisfazione, quindi sono venuto qui ad allenarmi…».

A sentirlo parlare, Magnus capì che non era ubriaco, ma respirava in modo pesante e pareva avere difficoltà a concentrarsi. Si mosse verso di lui senza più esitazioni e gli mise una mano sulla fronte, avvertendo appena il fastidio dell’altro per quell’improvviso contatto.

«Tu scotti», sussurrò, preoccupato: il fatto che la salute degli Shadowhunters fosse molto più difficile da intaccare rispetto a quella dei mondani, in quel momento serviva solo a rendergli chiaro quanto fosse preoccupante la situazione.

«Sto bene», lo contraddisse quello, tirandosi indietro e perdendo appena l’equilibrio così da barcollare pericolosamente ma riuscire a tenersi in piedi.

«No, invece», se c’era una cosa che odiava davvero nei Nephilim era la loro testa dura – e  Alec confermava dannatamente bene quella cosa.

«Sto bene», ripeté il Cacciatore, mentre barcollava ancora recuperando le proprie armi «Devo stare bene, no? Perché Isabelle stenta ancora a riprendersi, mia madre è più pallida che mai e mio padre non è neanche a casa. Jace non sembra essere molto d’aiuto, ma immagino sia il suo modo di accettare la cosa, quindi io devo stare bene. Perché ho delle responsabilità, sono il maggiore».

«Questo non ti nega il diritto di star male, Alexander».

La voce di Magnus era flebile, lasciava trasparire il dolore dello Stregone nel vedere il suo ragazzo ridotto in quello stato: sapeva che prima o poi avrebbe ceduto, schiacciato dal dolore e dal ruolo che silenziosamente aveva assurdo senza averlo effettivamente scelto. Era passato un mese dalla morte del giovane Max ed era come se il tempo non fosse affatto trascorso: Isabelle si riprendeva molto lentamente e i coniugi Lightwood sembravano essere distrutti a tal punto da non riuscire a fare più nulla – Robert era tornato ad Alicante, lasciando Maryse sola con se stessa. Per Alec era stato quasi naturale prendere in mano la situazione, essere quello forte, quello che il dolore non poteva intaccare, per gli altri.

Magnus, però, sapeva che non sarebbe potuto durare per sempre. Eppure, si chiedeva che cosa potesse fare davvero per lui, ora che si trovava ad affrontare quel crollo.

«E come se non bastasse, ho complicato tutto!», stava continuando a dire il Nephilim, ormai la voce spezzata dal dolore e dalle lacrime – un suono che Magnus non avrebbe mai voluto sentire.

«Complicare? Alexander, tu sei quello che sta cercando di tenere in piedi tutti!».

«Certo, come no! Lanciando bombe nei momento meno opportuni!».

Lo Stregone capì immediatamente a che cosa si riferiva Alec e fu come un pugno nello stomaco: non si aspettava che il suo coming-out fosse facile, ma sentirlo parlare in quel modo lo distruggeva.

«No, no, Alec…», gli si avvicinò per poi stringerlo delicatamente a sé – stavolta l’altro non si oppose «Tu non hai fatto nulla di sbagliato: dovevano saperlo, meriti di poter vivere come vuoi e frequentare chi più ti piace, senza doverti nascondere. Quello che hai fatto, farci uscire allo scoperto, non ha nulla a che vedere con tutto il resto. Non hai sbagliato niente». Gli parlava in modo calmo ed amorevole, nonostante il dolore che anche lui stava provando. Voleva rassicurarlo, alleviare almeno un po’ quella sofferenza.

«Ma è colpa mia se mio padre è tornato ad Alicante! Se non l’avessi fatto, se avessi quantomeno aspettato… ora lui sarebbe qui e noi staremmo meglio», continuò a torturarsi Alec.

Per un istante, Magnus si chiese se davvero il suo ragazzo si fosse pentito di averlo baciato davanti a tutti, lasciando chiaramente intuire che avevano una relazione, ma quel pensiero durò pochissimo: si costrinse a metterlo da parte – era più importante prendersi cura di Alexander, il resto veniva dopo.

«Tuo padre non è andato via per questo! Non potrebbe mai! Ha solo bisogno di tempo… ha perso un figlio, come tu hai perso un fratello: ognuno reagisce a modo proprio e a lui serve un po’ di tempo da solo». Sapeva che non era del tutto vero, che Robert Lightwood poteva essere andato ad Alicante per qualcosa che riguardava la morte di Max ma che era ben lungi dall’accettare la relazione del figlio con uno Stregone; tuttavia, dirlo in quel momento non avrebbe giovato a nessuno.

Alec gli si aggrappò improvvisamente contro, come se non avesse più forze e lo Stregone lo prese in braccio, accorgendosi che era ancora più leggero di quanto ricordasse. Si incamminò così, mentre la pioggia per la prima volta non gli dava affatto fastidio.

 

~

 

Quando Alec riprese conoscenza, il sole era già a più della metà del suo corso – o almeno questo riuscì a dedurre dalla luce che entrava nella stanza. Cercò di muoversi quanto meno possibile perché qualcosa gli diceva che farlo non sarebbe stato affatto piacevole e si rese conto di essere nella camera da letto di Magnus, anche se faticava a ricordare come ci fosse arrivato.

«Sei sveglio, finalmente». La voce dello Stregone lo accolse con una punta di sollievo.

Si voltò verso di lui per scorgere il sorriso sulle sue labbra e gli occhi felini che scintillavano, investiti dalla luce, mentre armeggiava col cellulare, probabilmente scrivendo un messaggio.

«Isabelle voleva essere informata quando ti saresti svegliato», rispose alla domanda che il ragazzo ancora non aveva posto.

«Da quando tu e mia sorella messaggiate?». Solo il pensiero di un simile scenario lo faceva rabbrividire.

«Non da molto», rise l’altro, indovinando i suoi pensieri «Solo quando ci fai preoccupare».

Alec mise su una smorfia di fastidio mentre cercava di sollevarsi.

«Che cosa è successo?», chiese, sistemandosi con difficoltà sul letto.

«Davvero non ricordi nulla?». Magnus ora si era spostato dalla poltrona al capo del letto, sedendosi con una certa accortezza, qualcosa a cui Alec non era abituato e che istintivamente lo infastidì.

«Ricordo immagini sconnesse, è tutto abbastanza confuso… Mi allenavo. Pioveva… Mi hai portato a casa tu?».

Il verso che scappò allo Stregone era qualcosa di molto simile a “chi altri?”.

«E sono stato tutta la notte a combattere con la tua febbre alta», lo informò non tanto per vantarsi quanto per fargli capire la gravità della cosa, la paura che comunque aveva provato quando, ogni volta che credeva di aver vinto, la temperatura aumentava nuovamente in modo vertiginoso e il Nephilim riprendeva il suo delirio fatto di parole incomprensibili, grida e tremore.

«Mi spiace», sussurrò Alec, senza saper che cosa dire: non ricordava per bene ogni cosa, ma una parte di lui era certo di dovere delle scuse allo Stregone. «Se ho detto qualcosa… qualunque cosa… Spero davvero di non aver detto nulla che ti abbia offeso».

Magnus perse parte del sorriso che finora aveva continuato ad allargargli le labbra.

«Non hai detto nulla che abbia offeso me. Ma dovresti smetterla di pensare che sia tutto sulle tue spalle. Non stai bene, come non sta bene nessuno della tua famiglia, ma mentre gli altri possono contare su di te, tu non vuoi contare su nessuno e la cosa non va affatto bene».

Alec ricordò improvvisamente che lo Stregone gli aveva rivolto più o meno le stesse parole anche la sera prima, quando lo aveva mandato al diavolo chiudendo la chiamata e decidendo che allenarsi lo avrebbe distratto da tutti quei pensieri: ora, però, non aveva via di scampo – doveva affrontare la cosa.

«Se mi lascio andare, non ci sarà più nessuno a fare da appiglio».

«E tu credi che nessuno sarebbe disposto a prendere il tuo posto per un po’? Che Isabelle o tua madre, o anche Jace non accetterebbero volentieri di invertire i ruoli per una volta e lasciare che anche tu abbia tempo per elaborare la cosa, per stare meglio?».

Il Nephilim abbassò la testa. Certo, lo avrebbero fatto, erano i suoi fratelli, la sua famiglia… ma i punto era che non glielo avrebbe mai chiesto, che lui non li avrebbe mai appesantiti di una cosa del genere.

«Lascialo fare almeno a me…».

Di scatto, gli occhi di Alec tornarono in quelli di Magnus, più vicino di quanto ricordasse.

«Stanotte, al parco… sembravi pentito di aver “detto” a tutti di noi». Alla fine non ce l’aveva fatta a tenere quella cosa per sé. «Come se fosse stato solo l’ennesimo peso aggiunto ad una situazione pessima in partenza. Non tenermi lontano, Alexander».

Lo Shadowhunter gli si buttò praticamente tra le sue braccia, lasciando che nuove lacrime, stavolta consapevoli, gli bagnassero il viso e sporcassero il maglioncino dello Stregone. Aveva così bisogno di sentire quel calore, quella presenza accanto a sé che stava cominciando a rendersi effettivamente conto che Magnus era la sola cosa che aveva gli aveva impedito di impazzire completamente. E non si era neanche reso conto che col suo comportamento lo stava allontanando.

«Mi dispiace, mi dispiace tanto», sussurrò «Ma credimi quando ti dico che non sono pentito di aver mostrato a tutti che sei il mio ragazzo, il mio Stregone. E tenerti lontano è l’ultima cosa che voglio fare».

«Sono felice che la pensiamo allo stesso modo», scherzò, di nuovo allegro Magnus «Anche perché ho una sorpresa per te», annunciò, alzandosi dal letto – con un certo disappunto di Alec, che non si sarebbe mai staccato da quel calore.

«Sorpresa?», chiese incuriosito – e, sì, giusto un po’ in allarme.

Lo Stregone annuì.

«Hai presente “Il viaggio del mondo in ottanta giorni?”. Togli tutti quei mezzi di trasporto mondani e l’evidente spreco di tempo per spostarsi ed otterrai quello che faremo».

«Un viaggio intorno al mondo. Tutto il mondo?». L’idea per quanto lo spaventasse, allo stesso tempo era così invitante da emozionarlo.

«Umh… proprio tutto no… Dobbiamo escludere il Perù – è una storia lunga, te ne parlerò – e umh… avevo pensato di stilare una lista delle città che meritano maggiormente la nostra visita, così da avere un nostro itinerario».

«Sembra…», Magnus avrebbe voluto prendersi a schiaffi per l’ansia con cui aspettava che Alec continuasse la frase. «Sembra bellissimo». La risata che gli regalò fu la cosa migliore.

«Bene!», anche lo Stregone tratteneva a fatica l’entusiasmo «Allora vieni giù da quel letto – fa’ le valigie e decidiamo da dove cominciare!».

«Adesso?», il Nephilim divenne titubante, la gioia scemò al pensiero delle cose concrete, della vita all’Istituto, degli impegni e delle responsabilità.

«Adesso! Ho voglia di vedere il tramonto da una città che non sia New York! Ho già avvertito tutti all’Istituto: Jace mi ha detto di comportarmi bene, Isabelle era così felice che non la smetteva più di abbracciarmi. Tua madre… alla fine non ha fatto poi così tante storie».

Alec poteva invece immaginare sua madre sussurrare minacce con voce ferma e perentoria, minacce a cui, lo sapevano entrambi, Magnus non aveva prestato la minima attenzione, se non quando, alla fine, gli aveva concesso di partire con suo figlio.

«E poi…», continuò lo Stregone, avvicinandosi di nuovo, con sguardo vagamente malizioso «se anche ci fosse stato qualche impedimento o non ti avessero permesso di venire, semplicemente ti avrei rapito e portato via con me».

«Sai che sarebbe stata una violazione degli Accordi? Il Conclave si sarebbe messo alle tue calcagna e tu saresti stato un fuggitivo». Le labbra di Alec erano a pochissima distanza da quelle di Magnus, ma entrambi avevano imparato a reggere quel gioco troppo bene. Anche se alla fine, ovviamente, era lo Stregone a vincere.

«Che vengano pure a cercarci. Non ci avrebbero mai trovato» e poi fu semplicemente un gioco di labbra e respiri, un bellissimo connubio di profumi diversi ed improvvisa felicità e dolore tenuto troppo dentro e bisogno ed amore.

«Andiamo», sussurrò il Nephilim, quando si fermarono per riprendere fiato.

Come risposta, le mani di Magnus brillarono di scintille rosse ed azzurre.

 

 

 

 

 

 

 

____________________________

Ebbene sì, dopo tante titubanze alla fine approdo in questo fandom per vostra (s)fortuna. Anche perché, come resistere a questi due?

Questa shot in particolare è il mio personale regalo di compleanno alla mia parabatai Arianna che oggi compie diciotto anni. È pochissimo ma è fatto con il cuore e spero davvero che apprezzerai. Non ho bisogno di dirti altro, credo che il fatto che siamo parabatai renda tutto abbastanza chiaro, no?

Umh… per il resto, credo sia ovvio che questo missing moment è ambientato tra “City of Glass” e “City of Fallen Angels e boh, mi sono sempre chiesta come fosse nata l’idea del viaggio romantico di Magnus ed Alec, so… ci ho provato. Il titolo è un verso della canzone “By your side” dei Tenth Avenue North.

Spero vi sia piaciuta e vi ringrazio per l’attenzione. Baci.

 

- Alchimista

 

Ps: Stay tuned, perché io e la suddetta Arianna abbiamo alcune idee in via di sviluppo riguardo questi due e potremmo arrivare da un momento all’altro!

   
 
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