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Autore: Ceci Princessofbooks    05/10/2013    1 recensioni
Goku e Vegeta, un'amicizia costruita sul silenzio e la pietà, la rabbia e il duello. Così inevitabilmente vicini, così dolorosamente diversi. Seguito ideale di "Prince's Tale", dedicato ai pochi momenti in cui il nostro principe si abbandona alle braccia di un altro. BROMANCE ancor più spudorato.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Seconda parte ideale della mia serie dedicata al bromance: questa volta, in scena ci sono Goku e Vegeta. Lasciatemi sapere cosa ne pensiate.

 

The Prince's Silence

 

Goku conosceva bene Vegeta.

L'aveva visto lottare, infuriarsi, spaventarsi, pentirsi, ridere, piangere, gridare; aveva visto le sue cadute, e scoperto con quanta ferocia e quanto coraggio si aggrappasse ogni volta all'esistenza; aveva osservato i suoi occhi mentre uccideva, e mentre prendeva in braccio suo figlio. L'aveva odiato, più di tutti i suoi nemici; l'aveva compreso, più di tutti i suoi amici. Non sapeva bene quando, non sapeva bene come, ma quell'alieno altezzoso era diventato un filo nel tessuto della sua vita, un anello della catena che lo ancorava alla terra.

Sì, Goku conosceva bene Vegeta. E conosceva anche i suoi silenzi. Sapeva che il silenzio durante un combattimento non era segno di concentrazione o di rabbia, ma del profondo piacere nel sentire il corpo tendersi e i muscoli contrarsi ai propri ordini; che le sue lunghe meditazioni senza parole di fronte al cielo o al tramonto sulle cime delle querce, nell'aria fredda delle montagne, erano i momenti in cui si permetteva di abbandonarsi al vento, e a quella bellezza fiera ed equa così simile alla sua; che quando volava muto a velocità vertiginose era perché doveva lasciare che la brezza e la luce gli schiarissero le nebbie del petto.

Per questo, ora Goku non era minimmente infastidito dal silenzio del principe.

Vegeta giaceva raggomitolato tra le sue braccia, la tempia sinistra rossa di sangue raggrumato, il volto diafano contro le ossa affilate. Minute vene azzurre ricamavano le palpebre come radici di caprifoglio. Ancora una volta, avevano salvato la terra. Ancora una volta, un nemico aveva massacrato e maciullato il suo corpo, ma non l'aveva piegato.

Ora il pericolo era svanito, e la sua carne aveva ceduto. Ora era tempo di raccogliere i frammenti, di stringerli insieme, e di attendere che Vegeta rinascesse ancora un volta; di ricomporre i cocci e di impedire che si perdessero, senza che se ne accorgesse.

Solo a due persone era possibile compiere quel gesto. E, per quanto protestasse il principe, Goku era una di loro.

Un gemito contro il suo torace attirò la sua attenzione. Vegeta socchiuse gli occhi, imponendo alla sua mente di scrollarsi di dosso il fastidioso intontimento della debolezza. -Ka...Kakaroth. Mettimi subito giù, posso camminae da solo.-

L'unica reazione dell'eroe fu un sommesso sospiro. -Mi dispiace, Vegeta, ma sai quanto me che non è vero. Ti ha spaccato almeno una gamba, e a meno che tu voglia saltellare su un piede solo fin dagli altri, ti sconsiglio di provare a camminare.-

Il principe tentò di serrare i denti, ma un sussulto di dolore gli avvampò su tutta la guancia. -Non osare prenderti gioco di me...-.

Un sospiro più forte. -No, mai, naturalmente.-

Vegeta avrebbe voluto ribattere, ma il dolore alla testa continuava a pulsare, e la gamba irradiava fitte ad ogni vibrazione. E poi, anche se mai l'avrebbe ammesso ad alta voce, c'era qualcosa di profondamente confortante nel silenzio con Kakaroth: quel silenzio increspato solo dai loro respiri, dal cuore forte e cadenzato che batteva contro il suo orecchio. Non provava una sensazione così pulita, così rassicurante da quando volava con suo padre sulle tenute della reggia, la carezza di fuoco del sole che intiepidiva le spalle, le piane azzurre che si schiudevano sull'orizzonte; giorni in cui era stato sicuro di avere una casa, un luogo che apparteneva alla sua anima e al suo sangue. Certo, ora aveva una nuova dimora, una nuova famiglia: ma per conquistarla doveva aggiustare continuamente il suo sentiero, calibrare attentamente l'istinto e la ragione. Per esempio, con la sua donna non avrebbe mai potuto restare in silenzio tanto a lungo, senza suscitare un'impressionante cascata di domande e insinuazioni. In quel momento, invece, semplicemente poteva concederselo, perché nessuno avrebbe giudicato o avrebbe preteso una spiegazione. Con Bulma, Vegeta si era sentito finalmente completo; con Kakaroth, si sentiva al sicuro. Buffo che il potere con cui si era scontrato per anni, che più di tutto aveva inasprito la piaga nel suo cuore, ora lo avvolgesse con una carezza così calda, così familiare. Ma quel potere portava il tepore guerriero della sua razza, il sentore di sudore e carne e muschio che aveva conosciuto nell'abbraccio di suo padre; e poi quella leggera fragranza di miele, dolce e innocente e infantile, che apparteneva solo a Kakaroth e che parlava di sorrisi e scherzi stupidi e di una generosità senza logica e senza fine. Che parlava della certezza che nulla era troppo difficile, nessuno era troppo perduto. Vegeta aveva quasi dimenticato il profumo della speranza.

In quel momento si accorse di essersi assopito, cullato dal passo regolare dell'eroe; si agitò un poco, fiamme di sofferenza he gli formicolavano lungo le braccia, e tentò di protestare.

-Kakaroth, ho detto di lasciarmi e...-.

-Sai, Vegeta, a volte sei veramente noioso, sai?-.

Il volto del principe si imporporò. -Cosa diavolo hai detto?-. Era sicuro che, se non fosse stato in condizioni così disastrose, Kakaroth non si sarebbe mai permesso di esprimersi in quel modo oltraggioso.

Goku scrollò le spalle, scuotendo collateralmente anche il proprio compagno. -Era una semplice constatazione. Dai, Vegeta, prima o poi qualcuno te l'avrebbe detto...-

La sfumatura purpurea divenne più profonda. -Comse osi...-

-...ma ti vogliamo bene lo stesso.-

Il principe raggelò, trattenendo il respiro. Non erano state tanto le parole a sconvolgerlo; erano semplici e sdolcinate e audaci per qualunque sayan, ma ormai non lo scuotevano più come un tempo. No, era stato il tono: un tono diretto, naturale, ovvio. Come se fosse una verità indubitabile, ed evidente. Come se l'affetto di Kakaroth e della sua banda di amici fosse inevitabile e senza sforzo come il sorgere del sole. Come se non potesse mai venire meno, di fronte a tutte le parole e tutti i nemici. Erano trascorsi anni, forse decenni, dall'ultima volta che era stato sicuro di un amore così intrecciato a lui, al suo sentiero. Da quando ancora correva tra i campi biondi intorno al palazzo, e Vegeta Sei prosperava sotto il suo re.

D'improvviso, gli parve di respirare per la prima volta da molto tempo.

Si appoggiò di nuovo al petto di Kakaroth, decidendo che avrebbe pensato dopo alle implicazioni di tutto questo; per ora, contava il dondolio costante dei passi di Goku, e il tepore che gli si irradiava dal centro del petto. Il resto, poteva aspettare.

Dopo qualche minuto, tornò alla carica. -Kakaroth, mettimi...-

-Vegeta, stai zitto- replicò Goku con un sorriso amabile.

Per una volta, il principe obbedì.

 

   
 
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