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Autore: Im_Not_Okay    05/10/2013    4 recensioni
E se Frank avesse fatto qualcosa di estremamente sbagliato?
E se Gerard lo stesse coprendo a suo rischio e pericolo?
E se due amici che hanno sempre avuto qualcosa di speciale si ritrovassero ancora più uniti?
Dal primo capitolo: Non sapeva cosa fare, per la prima volta nella sua vita Gerard Arthur Way non aveva la minima idea di come uscire da un casino.
Per quanto si possa essere grandi ci sarà sempre qualcosa di più grande che non sapremo come affrontare.

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Detto ciò... il rating è arancione, ma visto che sono quasi sicura che metterò scene rosse boh, devo decidere se lo cambierò o meno, ecco...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Prima cosa: linciatemi
Questa cosa che ho deciso di postare è
malefica, ma l'idea che avevo mi ronzava in testa da troppo tempo. 
Per quanto riguarda le altre fanfiction in sospeso giuro che andrò avanti anche con quelle, per ora c'è questa... E non scriverò altre long (a meno che non siano di 3-4 capitoli massimo) finché non sarà finita. 

Beh, ci leggiamo giù e spero alle recensioni :P



 
Skyline - Now we're alone














Scare




Lo avrebbe sicuramente ucciso.
Oh, sì, lo avrebbe fatto eccome. E poi aveva così tante possibilità! Si sarebbe divertito. Poteva fargli bere arsenico mettendoglielo in quella cazzo di birra con cui si ubriacava quattro sere su tre -per quanto fosse possibile -, poteva dargli fuoco con l'accendino che usava per accendere le sue fottute sigarette, poteva accoltellarlo, soffocarlo, affogarlo, fargli fare la fine che facevano le vittime di Hannibal Lecter ne 'Il Silenzio Degli Innocenti': sostanzialmente mangiate. Perché sì, se fosse stato necessario lo avrebbe sbranato vivo, quel coglione. 

Stupido, ecco cos'era. Un grandissimo stupido che aveva tanta voglia di rovinarsi la vita. Eppure gli aveva ripetuto tante volte quello che sarebbe successo... ma cos'era, sordo? No, se fosse stato sordo non avrebbe sentito quel suo cazzo di cellulare che squillava ogni sera all'arrivo del messaggio che puntualmente gli ricordava che doveva andare a quello squallido bar con la sua squallida cricca di amici. A meno che non avesse la vibrazione, allora lo avrebbe sentito anche se fosse stato sordo. 

Oh, aveva trovato. Lo avrebbe pestato a sangue, certo. Fino a che la spina dorsale non gli fosse uscita dal culo. Ma non era incivile, no, lo avrebbe fatto con dolcezza, lentamente, in modo da prolungare la tortura il più possibile. Era malvagio? Nah, non era malvagio. Malefico? Ecco, magari un tantino. Ma cazzo, questa volta non poteva fare altrimenti!
Quel ragazzo si era comportato da cretino, stupido e idiota, cosa pensava di fare?! Migliorarsi la vita? Ahahah, certo, come no! Bel modo coglione! 
Okay, forse non poteva permettersi di insultare così quella povera anima fatta a brandelli, nemmeno lui era uno stinco di santo, ma... 

Lo squillo di un cellulare interruppe le sue meditazioni sulla vendetta che aveva intenzione di mettere in atto il prima possibile. 
Afferrò quella particella di malvagia tecnologia che aveva appoggiato sul comodino e controllo chi cazzo osasse rompergli i coglioni alle - lanciò una rapida occhiata all'orologio - undici del mattino.
Guardò sullo schermo: Mikey.

No, non aveva voglia di parlare con quell'essere umano con lo spessore di un grissino che secondo l'anagrafe e il test del DNA era suo fratello. Lasciò che gli squilli continuassero fino a che non si interruppero di colpo. 
Cadde di nuovo a peso morto sul letto, accucciandosi fra le coperte. 

Fuori faceva un caldo afoso e asfissiante, degno dell'estate in cui si trovavano. Dentro casa invece c'era un fresco piacevole che conciliava il sonno. Più o meno come le lezioni di letteratura o i film drammatici scadenti che passavano in tv attorno a Natale e Capodanno. 
Gerard strinse fra le braccia il peluche a forma di... uhm, cos'era? Sembrava un misto fra un orso grizzly e un pastore belga. Sghignazzò soffocando le risa sul cuscino quando cercò di immaginare qualche tonnellata di ferocissimo orso grizzly procreare con una tenera palla di pelo nera di venti chili.

No, okay, stava diventando un pervertito. E poi non stava pensando a come distruggere una certa persona? Poteva scorticarlo, scuoiarlo, squartarlo, incenerirlo, ustionarlo con l'olio bollente, colpirlo con una freccia in mezzo agli occhi, impiccarlo, evocare degli spiriti maligni che lo perseguitassero, infilarlo in un edificio che stava per essere fatto detonare, chiuderlo in una centrale nucleare e farlo morire per colpa delle radiazioni e... okay, stop, guardava troppi horror. 

Green Day, aveva bisogno dei Green Day. Si mise gli auricolari, sparò a tutto volume Basket Case e chiuse gli occhi. 
Li riaprì qualche minuto dopo, quando la canzone fu terminata e si trovò davanti due occhioni neri e scuri contornati da lunghe ciglia e appena truccati, a pochi centimetri dal viso.

Lanciò un urletto da vera checca effemminata per poi spingere via la ragazza che in quel momento era scoppiata a ridere, quasi piangendo.
Con il cuore che gli pulsava nelle orecchie cercò di articolare qualcosa: - O-oddio, Misaki! Ma si può sapere cosa cazzo ti passa per quella tua testaccia?! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita!
E mentre diceva ciò aveva iniziato a insultare in tutti i modi e le lingue che conoscesse quella stupida ragazzina giapponese che stava andando in iperventilazione per le troppe risate. 

- Cosa cazzo ti ridi?!

- Ahahah Gee... scu-scusa, giuro che... ahaha, giuro che non rido pi-ahahah, non ci riesco! Ahahahah! - e aveva ripreso a ridere come una pazza, sotto lo sguardo seccato ma divertito di Gerard. 

Avrebbe ucciso anche lei prima o poi. Oh, sì, Gerard era un pacifista assolutamente contro ogni tipo di violenza e si vedeva. E non era assolutamente sarcastico, no. Decise che prima o poi avrebbe stilato una lista di persone di cui doveva liberarsi. Al primo posto c'era quel deficente che lo aveva fatto dannare tutta la mattina dalle sette - le sette! - poi veniva quella giapponese dall'aria innocente ma che era tutto fuorché questo e dopo... uhm, ci doveva pensare. Probabilmente Bert perché lo aveva portato in una situazione schifosa da cui poi era dovuto uscire da solo. No, Bert si sarebbe ucciso prima e avrebbe fatto tutto da solo con tutta la merda che si sparava nelle vene. 

Poi c'era Eliza. Dolce, cara, troia Eliza. Dicono che le donne si toccano solo con le rose... e lui avrebbe fatto così, ovviamente. Ma la rosa avrebbe dovuto avere almeno qualche centinaia di spine di dieci centimetri l'una, allora sarebbe stata perfetta. No, quella puttana non si meritava sue congetture su come ucciderla, non meritava tutta questa attenzione. Avrebbe tenuto un coltellino a serramanico in tasca e, semmai le fosse passata vicino, glielo avrebbe piantato nello stomaco. Tutto qui. 

Ma per fortuna quel giorno sarebbe tornato a casa. Sì, l'università era finita, definitivamente per lui, e stava tornando a casa ancora una volta. A dire il vero sperava di aver trovato un appartamento a New York per quando avesse finito gli studi, ma non era riuscito a scovare nulla che fosse alla sua portata economica o che gli piacesse abbastanza. Sperava di rimediare qualcosa nel Queen's ma nulla.

E tornava a Belleville, New Jersey. Non ci tornava da Natale. Non vedeva Frank da Natale.

Eh, già, colpo di scena: quel coglione, deficiente, stupido ed idiota aveva un nome, ovvero 'Frank Anthony Thomas Iero Junior Terzo'. Sì, nomi così lunghi facevano molto famiglia nobile, ma lui di nobile non aveva proprio nulla, nemmeno una goccia di sangue blu. 

Si accorse che Misaki aveva smesso di ridere e ora era appoggiata allo stipite della porta e lo fissava. 
Era una bella ragazza, dopo tutto. Aveva gli occhi scurissimi e profondi, i capelli lunghi e neri con qualche ciocca blu e viola. Aveva un carattere tutt'altro che docile e collaborativo, faceva di testa sua praticamente sempre, fregandosene altamente di come la pensasse il mondo. Però era anche gentile e, per assurdo, capiva quello che passava per la testa di Gerard in qualsiasi momento. Ormai il ragazzo aveva paura che lei gli leggesse nel pensiero. L'unico problema era che entrambi erano permalosissimi e troppo orgogliosi per chiedere scusa, si legavano al dito ogni stupidaggine così una lite da nulla veniva portata avanti mesi. Erano cinque anni che condividevano l'appartamento ed era successo che per un intero anno scolastico non si fossero rivolti la parola. Poi, tornati dalle vacanze, avevano fatto come se nulla fosse successo. 
Avevano giurato di mantersi in contatto una volta finita la scuola, tanto per predere un caffè insieme ogni tanto.
 
Caffè.
Gerard si era appena reso conto di essere in astinenza da caffeina. Sì, brutta droga. Sei vincolato a vita. Ma a questo non poteva pensare in quel momento.
Misaki gli si avvicinò e si sedette accanto a lui sul letto, appoggiando la testa sulla sua spalla.

- Che è successo a casa? - chiese. 

- Che ne sai che non è successo qualcosa con un mio amico?

Lei rise: - Perché non hai una faccia da 'è successo qualcosa con un mio amico', ma più da 'è successo qualcosa con la mia famiglia' o 'con la mia ragazza'. E visto che non hai né ragazza né ragazzo direi proprio che è successo qualcosa a casa. 

- Uhm, okay... il migliore amico di mio fratello si è messo nei casini e non sa come uscirne... vedi, lui è come un altro fratello per me e boh, in questo momento vorrei buttarlo sotto un treno per quanto è stato stupido - 'buttarlo sotto un treno', ecco, se la era segnata come possibilità. 

- Mmh, capisco. E ti piace? L'amico di tuo fratello, intendo...

- Eh? Cosa?! No! Dio, ti ho appena detto che è come se fosse mio fratello! E poi sono etero, cazzo! - forse rispose troppo in fretta e forse, anzi, molto probabilmente, arrossì anche, perché Misaki lo squadrò attentamente. Non gli credeva. Si era appena scavato la fossa da solo e non aveva nemmeno mentito! 

Ma non importava, tanto stava per tornare a casa. Aveva dovuto comprere altre due valigie perché in quei cinque anni la roba era triplicata se non peggio. 
Lui e Misaki si erano comprati due braccialetti identici, di cuoio nero, sottili. Era un gesto fatto fra amici, tanto per non dimenticarsi l'uno dell'altra. 

Guardò di nuovo l'ora: alle tre avrebbe preso il treno per Newark e da lì sarebbe andato a Belleville in autobus probabilmente. Beh, mancavano ancora quattro ore.


-


La stazione di New York era una cosa indescrivibile. 
Affollatissima, con centinaia di treni che andavano e venivano in continuazione e decine di migliaia di persone che gremivano i vagoni e perdersi era la cosa più facile del mondo.
Guardò l'ora. Le tre meno un quarto. Era piuttosto in orario, non gli restava che trovare il binario giusto a cui aspettare il suo treno. Guardò il tabellone che indicava arrivi e partenze e che gli ricordò moltissimo quello di un aereoporto - non che ci fosse mai entrato in un aereoporto, ma aveva visto parecchi film - e, appena trovò il suo, si fiondò al binario indicato.
Dopo una decina di minuti riuscì finalmente a prendere il treno e si sistemò comodamente sui sedili con le cuffie addosso (sì, quelle nere e fighe che gli aveva regalato suo fratello) e in mano l'MP4 con dentro parecchie centinaia di canzoni. 

Il viaggio durò un paio d'ore e per tutto il tempo Gerard aveva tenuto le cuffie e lasciato che le canzoni si susseguissero in ordine casuale, ma non riuscì ad ascoltarne nemmeno una. 
No, i suoi pensieri correvano tutti a Frank, ai suoi occhi nocciola che si tingevano di verde foglia quando provava un'emozione forte, ai pochi tatuaggi che si era fatto e ai tanti che voleva farsi ancora, ai suoi capelli che da un po' di tempo preferiva tenere caori corti e rossi ai lati e con una lunga cresta nera al centro, alle più piccole cazzate di lui. 

Infatti cercava di ricordare più cose possibili su Frank. Ricordava quella volta che da piccoli avevano per sbaglio disintegrato gli occhiali di Mikey con una pallonata, ricordava che Frank aveva iniziato la scuola con un anno di ritardo perché da piccolo aveva avuto problemi di salute e che per questo aveva appena finito l'ultimo anno di superiori, ricordava la prima volta che Donna aveva permesso a Gerard di uscire da solo a patto che stesse sempre appiccicato come una sanguisuga a Frank (non che se avesse omesso di dirglielo avrebbe fatto diversamente, sia chiaro), a quando quel marmocchio iperattivo lo aveva convinto a farsi fare i capelli rosso fuoco (e doveva ringraziarlo di questo prima di chiuderlo in una cella e lasciarlo morire di fame e sete), o ancora di quel cucciolo che avevano trovato infreddolito sotto la pioggia e che Frank aveva amato dal primo sguardo. Quello se lo ricordava particolarmente bene. 


Era una giornata uggiosa e piovosa, sembrava che il cielo dovesse venire giù da un momento all'altro e loro due erano usciti per comprare con i soldi che avevano risparmiato quell'ultimo fottuto album che gli mancava per completare la discografia dei Green Day. Aveva iniziato a piovigginare e loro si erano stretti nelle felpe (niente giubbotto o ombrello naturalmente, erano troppo mainstream) e erano andati a rintanarsi nel negozio di dischi della città che, oltre a vendere CD, vendeva e noleggiava anche DVD. 
Con i soldi avanzati avevano noleggiato per un giorno un horror da vedersi in santa pace con gli amici e un sacco di porcherie da mangiare. 

Poi però, una volta usciti, avevano sentito un uggiolio sommesso provenire da dietro un albero e avevano trovato un cagnolino con gli occhioni nocciola che non aveva potuto fare a meno di paragonare a quelli di Frank e il pelo rossiccio non troppo lungo. Avevano mandato affanculo il film e la serata con gli amici ed erano rimasti a casa di Frank a giocare con Green (era questo il nome che gli avevano dato, in onore dei Green Day) e poi si erano addormenteti tutti e tre sul letto di Frank, stringendosi un po' e ridacchiando quando la coda di Green gli faceva il solletico ai piedi.



E Gerard pensava che quello fosse uno dei ricordi migliori che possedesse. 

Tra i peggiori c'era il suo ritorno dopo il secondo anno di università. Frank era diverso, sempre con quei suoi 'amici', era cambiato. Negativamente. Mikey gli aveva spiegato che era perché si sentiva solo senza Gerard, che aveva bisogno di altri ragazzi con cui stare e che non voleva stare sempre tra i piedi a Miks perché lui aveva una ragazza. 
Poi, dopo un po', tornava il Frank di sempre e ricominciava a ridere e scherzare come prima della sua partenza. Quando però Gerard tornava a New York tutto ripiombava di nuovo giù. E ogni anno era peggio. 
L'estate precedente Gerard contava di aver visto il solito dolce e pazzo Frank al posto del suo alter-ego depresso si e no cinque giorni in tre mesi. 

E quello che era successo era la prova che tutto era degenerato troppo. Era andato oltre. E Frank, rischiava, rischiava tantissimo, cazzo! Le brutte esperienze di Gerard con Bert e compagnia non gli avevano fatto capire nulla?! 
A volte non poteva proprio evitare di dargli dello stupido ragazzino immaturo. 
Si massaggiò le tempie, colto da un'improvvisa fitta alla testa. Troppo, stava decisamente facendo lavorare troppo la sua memoria. 

Affondò meglio nel sedile del treno e decise che forse provare a dormire lo avrebbe calmato oltre che fatto passare quell'orribile mal di testa, quando la voce metallica dell'altoparlante aveva annunciato che la fermata a Newark era la successiva. Abbandonò il capo sul poggiatesta, sbuffando seccato. 

Frank, Frank, Frank... perché doveva sempre tornargli in mente lui? Perché aveva dovuto combinare quell'immensa stronzata? Perché adesso era lui quello che doveva risolvere? Ecco, meravigliose domande. Peccato che non avessero risposta. 


-


Il viaggio in autobus era stato a dir poco frustrante.

Si era seduto di fianco ad una vecchietta acida come poche.

Gerard si rendeva conto che in molti avrebbero avuto da ridire sul suo... stile? Look? Non fa differenza. Ma sapeva che la maggior parte della gente lo guardava male, ridacchiava e tirava dritto.
No, quella vecchia megera doveva sbattergli in faccia Ogni. Fottuta. Cosa. 
"Non sta bene avere i capelli di quel colore, sai ragazzo?", "Solo le ragazze si truccano", "Credi in Dio? No? Dovresti...", "Se avessi visto mio figlio vestirsi come te non sarebbe finita bene per lui".

Sì, per dirla in modo non troppo carino, Gerard si era bellamente rotto i coglioni. Insomma chi era quella per dirgli come doveva vestirsi e in cosa credere?
Nemmeno fosse stato un quarantenne travestito in minigonna e dodici centimetri di tacco con i capelli di otto colori differenti e truccato come una puttana! Che male c'era nel volersi vestire di nero e con un po' di eyeleiner? Che poi gli stava bene: gli faceva gli occhi più grandi. E i capelli rossi erano fottutamente fighi, okay?

Per non mandarla pubblicamente affanculo ed evitare figure di merda si era alzato e aveva cambiato posto a metà tragitto. 


-


A quel che aveva capito dalle conversazioni senza capo né coda che aveva avuto con Frank nessuno era a conoscenza del fattaccio tranne lui e non sapeva se la cosa avrebbe dovuto lusingarlo od inquietarlo... infondo era diventato suo complice, lo stava coprendo. 

In quel momento Gerard era fuori da casa sua, agitato perchè sapeva che c'era Frank. Cosa avrebbe dovuto fare?! Picchiarlo e dirgli che era un coglione? Forse. Abbracciarlo e giurargli che avrebbe fatto il possibile per tirarlo fuori da quel casino? Anche.

Ancora indeciso infilò le chiavi nella serratura e aprì. 

- Gee? - una voce risuonò nel corridoio.

- No, Mikey, un ladro che ha trovato le chiavi di casa... - sarcasmo allo stato puro. 

In due secondi Gerard si ritrovò stretto nell'abbraccio rassicurante di suo fratello; in fondo erano mesi che non si vedevano. 

- Mikey, come sta Frank? - chiese Gerard, preoccupato, senza sciogliere l'abbraccio.

L'altro sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla: - Come vuoi che stia? Gerard, lui sta fottutamente male e io non posso fare niente, lui non mi dice più nulla... Non sai quanto mi sento in colpa per questo.

- Michael, non devi. Se lui non vuole parlartene tu che colpa ne hai? Anzi, secondo me lo fa perchè vuole proteggerti. 

Mikey annuì sconfitto e si allontanò di qualche centimetro. 

- Adesso dov'è? - domandò serio il rosso, guardando il fratello negli occhi coperti da un paio di occhiali spessi che facevano tanto nerd. 

- Ha detto che voleva aspettarti per parlare di non so cosa... Mi-Mi ha chiesto se poteva stare qui finché non arrivavi e io gli ho detto che andava bene. Spero che non ti dispiaccia, cioé... Ora penso sia in camera tua.

Gerard lanciò al fratello uno sguardo riconoscente e abbandonò le valige in mezzo al corridoio, correndo su per le scale. 
Non aveva ancora la più pallida idea di come si sarebbe comportato e aveva paura che qualsoasi cosa avesse fatto non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. 

Conosceva Frank da quando era un marmocchio che articolava a fatica le frasi. Lo aveva visto superare tutte la fasi dell'infanzia e dell'adolescenza, lo aveva visto rompere le scatole ai suoi genitori fino a che non li aveva convinti che avere un cane sarebbe stata una cosa bellissima, lo aveva ascoltato suonare la chitarra per ore, anche agli inizi, quando conosceva due accordi in croce e stonava anche quelli e lo aveva visto migliorare giorno dopo giorno fino a diventare un chitarrista in tutti i sensi, lo aveva aiutato con la sua prima cotta anche se poi la cosa non era andata in porto e poi... poi lo aveva visto deprimersi, iniziare a frequentare brutta gente, lo aveva visto iniziare a bere, aveva iniziato a sentire puzza di canne e sigarette sulla sua giacca. 

Frank diceva tutto a Gerard, perché era l'unica persona di cui si fidasse che poteva realmente aiutarlo quando ne aveva bisogno. C'era Mikey, okay, ma... ma lui non lo avrebbe coperto. Per quanto fossero amici Mikey non si sarebbe caricato sulle spalle un peso così grande. Inoltre Gerard era più grande e ne aveva passate di tutte... e non aveva paura di mettersi nei guai per aiutare Frank. 

Si trovava davanti alla porta chiusa della sua stanza, con una mano sulla maniglia, tentando invano di calmarsi.
 
Conosceva Frank meglio di chiunque altro, sapeva che era una persona estremamente fraglie e sensibile, anche troppo a volte. Da piccolo, se vedeva un cucciolo che veniva maltrattato piangeva sempre. 

Gerard prese un respiro profondo e spalancò la porta. 

Frank, che era disteso sul suo letto con la testa sul cuscino e i piedi a penzoloni, si rizzò a sedere di scatto. 

Per poco Gerard non svenne lì, sulla soglia della camera. Quello... quello non era Frank, no. Frank non era così pallido, non aveva mai avuto un'espressione così sconvolta, Frank non aveva quei due lividi violacei sotto agli occhi così evidenti nemmeno quando si ubriacava e restava fuori tutta la notte, Frank non aveva mai i suoi capelli a nido di rondine come in quel momento - quei capelli che erano sempre perfettamente tinti di nero e rosso, quei capelli che erano sempre a posto. Frank non aveva mai avuto gli occhi così vitrei e terrorizzati. 

Gerard era rimasto bloccato a quella visione, era come in coma, sconcertato. 
Non fece in tempo a riprendersi completamente che Frank gli schiantò addosso, facendolo quasi cadere. Lui lo strinse a sé, circondandogli la vita con le braccia. La cosa che però lo fece rinvenire del tutto fu sentire i singhiozzi sommessi del ragazzo rintanato sul suo petto. Lo strinse un po' di più e con le dita gli accarezzò la nuca, sciogliendo i nodi fra i capelli.

Era distrutto, lo avrebbe visto anche un cieco. Erano distrutti entrambi. 
Non sapevano cosa sarebbe successo e avevano paura, una paura fottuta. 

- Cazzo, Frank... - mormorò Gerard al suo orecchio e il più piccolo scoppiò in un pianto isterico mentre stringeva la presa sulla maglietta del rosso. 

- Io... io... Gee, ero-ero fatto e... 

- Sssh, Frankie, zitto. Prima calmati, dopo parla. 

Frank annuì e respirò profondamente. Si sedetterò sul letto, Frank sulle gambre di Gerard, fino a che il più piccolo non fu in grado di parlare. Gerard intanto gli accarezzava la schiena con la punta delle dita: tutti i propositi di pestaggio, omicidio e simili erano andati a farsi fottere da un bel po'. 

Frank prese parola dopo qualche minuto di silenzio teso: - Gee, ho fatto un casino...

L'altro sospirò: - Un grande casino.

- Cazzo, sono nella merda, nella merda... va tutto male, non so cosa fare...

- Nemmeno io, Frankie.

- Gerard... - si staccò solo per guardarlo negli occhi - Gee, perché non mi dici che è tutto okay, che va tutto bene? Perché non mi dici che mi aiuterai e che ne usciremo come fai sempre?

- Perché non voglio fare promesse che non so se riuscirò a mantenere... - abbassò lo sguardo - E perché non ti voglio mentire, va tutto male per davvero e io non ho la minima idea di cosa fare stavolta. 

- Gee... - la testa di Frank crollò di nuovo sulla sua spalla - Gee, ti prego, ti prego dimmi che non ho fatto una cosa così orribile, dimmi che né a me né ai miei amici succederà nulla, per favore...

- Frank... - gli prese il volto fra le mani e lo guardò negli occhi - Se te lo dicessi ti direi una bugia, avete stuprato una ragazza.

- Lo so, lo so! - gridò Frank alzandosi di scatto, ma cadendo subito per terra in ginocchio e prendendosi il capo fra le mani, artigliandosi i capelli con le dita - Lo so che cazzo abbiamo fatto, okay?

Gerard si alzò e si accovacciò accanto a lui, inquieto e preoccupato per l'amico e per se stesso. 
Non sapeva cosa fare, per la prima volta nella sua vita Gerard Arthur Way non aveva la minima idea di come uscire da un casino. 

Per quanto si possa essere grandi ci sarà sempre qualcosa di più grande che non sapremo come affrontare.




















Nuh, il mio Frankie... quasi mi pento di quello che gli ho fatto fare! (quasi, perché sono sclerata e vbb, non cagate questi miei pensieri al limite della legalità) 
Ma dico... ce lo vedete Gee a squartare qualcuno?? Io sì ed è dannatamente
figo u.u (sono PAZZA, ormai è appurato) 
Che dovevo dire... ah sì, giusto... non so dove andrò a parare con questa fanfiction, mi invento le cose capitolo per capitolo... diciamo che la storia so dove deve andare a parare ma cambio idea ogni due nanosecondi, quindi nulla è certo u.u
E, come ho detto prima,
LINCIATEMI che farete solo del bene. 
Per quanto riguarda il rating sì, è arancione, ma penso che metterò qualche scena rossa... però sono indecisa se cambiarlo o meno perciò che sarà sarà... e poi anche l'argomento che penso di trattare forse sarebbe da rating rosso... ma
CHISSENE FREGA, si vedrà.



Angolino delle domante inutili (in ogni capitolo posto una domandina alla cazzo a cui potete rispondere tramite recensione... e se ve lo state chiedendo sì, sono fulminata, ma ah, ho imparato a conviverci... :P): 

Domanda di oggi:

Qual è la città che dovete assolutamente visitare prima di morire?

Ciao mondo!

xoJas
   
 
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