Sono qui, fermo, in ginocchio, e contemplo
le tue mani bianche.
Bianche, troppo fredde per sembrare umane: pare quasi
appartengano ad una statua.
Alzando di poco lo sguardo ti vedo lì, stesa in una posa
apparentemente tranquilla, caduta in un sonno di requie, e mi convinco che la
tua bellezza potrebbe essere statuaria, intagliata minuziosamente da un abile
artigiano.
Oh, come vorrei poter osservare di nuovo quel volto animato dal
caldo tepore del tuo sorriso; anche i tuoi occhi sorridevano, sì, lo facevano
sempre.
Incoraggiandomi, sostenendomi, aiutandomi…
Grazie a quelle iridi
nere in cui usavo perdermi, ritrovavo la mia sicurezza, ed il terreno franato e
desertico che mi ero da poco lasciato alle spalle scompariva del tutto.
Mi prendo la testa fra le mani, ai piedi di quel lettino
d’ospedale su cui giaci in attesa di un aiuto. Io, che sono il tuo cavaliere,
dovrei aiutarti ma il mondo mi sembra pesante quanto mai l'ho
sentito in vita mia. Io sono Squall Leonhart, comandante del garden di Balamb, e
devo seguire il mio garden, servirlo. Ma forse, forse dovrei per una volta
seguire qualcos’altro, invece che degli ordini…
Come fare? Oh, Odino. Ogni
possibile considerazione razionale sfugge presto dal mio controllo: dolore,
dolore, solo dolore. Sembra essere l’unica percezione rimastami, quel caro
compagno con cui ho imparato a simpatizzare, abbracciandolo e nominandolo mio
unico amico.
Mi chiedo il motivo per cui il mondo abbia voluto far del male
ad una creatura così bella, il mio angelo e la mia fata; privandoti della forza
più magica che custodisci in quel corpo così esile: la tua allegria, la tua
voglia di vivere, di migliorare quanto di più marcio c’è al mondo.
Forse
mormoro il tuo nome, stringendo gli occhi per frenare un improvviso bruciore che
mi rende ancora più confuso e disarmato.
Non ho più la forza per fare nulla.
Le stesse stelle che tu ammiravi sempre dal basso ti hanno fatto del male, ti
hanno tradita, hanno tradito la nostra promessa.
Non ci sono certezze al
mondo su cui possiamo fare affidamento. La tua infinita bontà non significa
niente per gli dèi che dall'alto ci osservano, prendendosi gioco di
noi.
Stringo le tue mani gelide nelle mie, invocando ancora una volta il tuo
nome, come se tu potessi sentirmi.
Mi senti, Rinoa? Ti prego, apri gli
occhi…
Chissà cos’avrebbe pensato il vecchio Squall Leonhart, guardando
questo ragazzo genuflesso e privo di qualsiasi dignità, perso fra le lacrime e
il dolore. Rido di me stesso, a denti stretti. E’ una risata amara.
Il mio
cuore era arido, prima. Perso in cunicoli bui e reconditi di un luogo disperso e
solitario, e anno dopo anno si inoltrava ancora, e ancora… pian piano
incamminandosi verso la perdizione.
Poi sei arrivata tu: un’aria
primaverile, fresca, a me sconosciuta, che d'un tratto mi ha sollevato.
Semplicemente riportato alla vita.
Improvvisamente mi rendo conto di voler riassaporare quell’aria, sentirla fluire nei miei polmoni. Una sicurezza smodata diventa mia, costringendomi ad aprire gli occhi sul tuo viso smorto e diafano.
Non importa quanto pesante possa diventare il mio fardello,
perché io ho il tuo cuore: ti porterò sulle mie spalle, trovando un rimedio al
tuo silenzio; aggravando il mio carico, sì, ma non m’importa. Mi rendo conto che
non esiste divisa a cui possa giurare fedeltà, amico a cui possa concedere il
mio sorriso, nemico a cui possa giurar battaglia, se non esisti tu, Rinoa.
Riuscirò ad alleviare le tue sofferenze, ti farò sorridere, te lo
prometto.
Semplicemente mi alzo, scrutando la sera ormai caduta all’esterno.
Il manto notturno ingloba la terra di una tenebra fitta e densa, ma nonostante
tutto io ho la mia luce qui, dentro il mio cuore.
Afferro il ciondolo che
porto al petto, tornando a guardarti con sguardo amorevole.
“Su, Rinoa,
andiamo…ti porto via di qui,” mormoro, sicuro che finalmente, per una volta, il
comandante Squall Leonhart abbia preso la giusta decisione.
*
Ringrazio tanto Hana bi per i consigli importantissimi che mi ha
dato, aiutandomi a migliorare questa piccola storia: grazie infinite, sensei! :D