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Autore: Lelahel    06/10/2013    5 recensioni
Chicago, 1923
"La Leonessa"
È con questo nome che la giovanissima cantante April Ford è conosciuta nella città di Chicago.
"L'Ibrido"
È con questo nome che è conosciuto il temuto e potente vampiro Niklaus.
Due persone completamente diverse, nella loro natura e nella loro personalità, ma le cui vite saranno destinate a incrociarsi proprio in una notte di fine estate, nella città di Chicago.
Il fuoco e il ghiaccio davvero non hanno nulla in comune?
[Dalla storia]
"Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katherine, Pierce, Klaus, Nuovo, personaggio, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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http://www.youtube.com/watch?v=mWRsgZuwf_8

-Capitolo 12: Look into my eyes, it's where my demons hide-

When your dreams all fail
And the ones we hail
Are the worst of all
And the blood's run stale

I want to hide the truth
I want to shelter you
But with the beast inside
There's nowhere we can hide

(Demons by Imagine Dragons)

Aveva sempre sottovalutato la dote del non pensare.

Quando era giovane e umano era solito spremersi le meningi nei modi più assurdi, per compiacere suo padre, per far sorridere Rebekah, per equipararsi ad Elijah e, sopratutto, per farsi amare da lei. Ma, una volta diventato un vampiro, non ci aveva messo molto a spegnere quell'interruttore, che se ne stava perennemente acceso quando si era vivi e tutto era diventato estremamente più facile.

Se voleva uccidere, uccideva.

Se voleva ridere, rideva.

E se voleva ferire anche coloro che amava, feriva e basta, senza pensare alle conseguenze.

Ma in quei giorni tutto era cambiato; nella sua mente ronzava un intero sciame di pensieri, per lo più negativi, che passavano da un fiore della preoccupazione all'altro.

Era preoccupato per la minaccia di Mikael.

Lo era per la fuga, anche se sicuramente momentanea, di Rebekah.

E lo era anche, ovviamente, per April, la quale continuava a tenerlo a debita distanza nonostante quanto si erano detti poche sere prima.

Il tempo scorreva e lui aspettava impazientemente che lei lo raggiungesse, accettando la sua proposta.

Restò seduto sul cornicione in pietra del balcone, sorreggendo un bicchiere ripieno di buon vino e guardando verso la luna piena che brillava in cielo. Il balcone della sua stanza era soppiantato da miriadi di colorate piante di cui lui non si era mai preso cura. Probabilmente era stata Rebekah a farlo.

Alcune foglie di edera sulla parete alle sue spalle gli solleticarono i capelli e la parte del viso a contatto con il muro della sua dimora.

Sbuffò non appena avvertì una presenza leggera, come un soffio di vento che accarezzava la pelle.

Credevo fosse nei tuoi piani ripartire subito.” disse, senza voltarsi verso suo fratello.

Elijah lo fissava dalla soglia della sua stanza. Le luci accese alle sue spalle creavano un magico effetto con l'abbigliamento del vampiro, che sembrava essere più scuro della notte. Le tende bianche erano mosse da quella leggera brezza notturna, ed esse si spostavano, di tanto in tanto, verso Elijah, sfiorandogli dolcemente le spalle.

Sto per farlo infatti.” rispose il vampiro, senza alcun timore.

Allora perché non vai?” Klaus lo guardò con la coda dell'occhio, spalancando le braccia con aria interrogativa, nonostante avesse ben capito il motivo per cui suo fratello non avesse ancora lasciato la loro abitazione.

Elijah restò in silenzio per qualche millesimo di secondo, per poi muoversi con disarmante lentezza verso di lui. Fu così silenzioso e pacato nei suoi movimenti che nessuno avrebbe potuto dire che si fosse mosso, se non lo avesse visto. “Sono curioso, Niklaus. Chi è questa ragazza? Questa April?” domandò. Pronunciò il nome della ragazza come se volesse scoprirlo in ogni lettera che lo componeva.

Nessuno. Rebekah parla semplicemente troppo.” Klaus fu rapido e risoluto nel rispondere alla domanda del fratello, ma non fu abbastanza deciso dal convincerlo di quello che aveva detto. Sbuffò stancamente quando guardò in direzione di Elijah e gli ritrovò un mezzo sorriso ombrato sul volto e lo sguardo affilato, quasi volesse tirare fuori la verità dalle labbra del fratello alla stessa maniera in cui un ipnotizzatore tirava fuori un serpente da un vaso. “Perché mi guardi a quel modo?”

Non me la dai a bere, Niklaus.” rispose Elijah, scuotendo lievemente la testa. Si avvicinò di più a lui. “Questa ragazza ti ha fatto qualcosa. Voglio solo sapere cosa.”

E saperlo ti renderà la nottata più piacevole?” lo sfidò Klaus, guardandolo e bevendo contemporaneamente dal bicchiere.

Elijah sorrise, come divertito. “Soddisferà la mia curiosità, sì.”

Klaus non seppe come rispondere a quella frase, e fissò silenziosamente suo fratello mentre affondava di più le mani dentro le tasche dei propri pantaloni e attendeva con pazienza una sua risposta. Il biondo provò di nuovo quella sensazione di sollievo quando pensò che forse parlare con suo fratello, come accadeva ai vecchi tempi, lo avrebbe aiutato ad accettare la comicità di quella situazione. Anche se non gli era mai capitato di discutere di sentimenti per qualche donna, dato che l'unica che avessero realmente amato li amava entrambi.

È una cantante. E credimi, è brava.” iniziò a raccontare Klaus, poi venne tentato dal chiudere lì il discorso e non aggiungere altro. Ma Elijah aspettava, con un sopracciglio inarcato e un sorrisetto furbo pronto ad accendersi. “Ma non mi ha colpito perché era brava o molto bella, bensì perché nei suoi occhi c'era molta solitudine. E l'ho odiata per avermi fatto provare empatia nei suoi confronti. Tanto che ho cercato di ucciderla...”

Ma non l'hai fatto. Perché?” Elijah piegò la testa da un lato.

Klaus si prese qualche secondo prima di rispondere. “Quando ho bevuto il suo sangue, ho sentito che era marcio. Sai, come quello dei moribondi, con un sapore acido e fastidioso. E ho capito che stava morendo. E quanta tristezza può esserci nel morire soli, Elijah?”

Guardò suo fratello e per la prima volta sentì come se la pensassero alla stessa maniera. “Veniamo a questo mondo soli e soli ce ne andiamo, Niklaus.” rispose. “È questa la natura dell'universo.”

Klaus abbassò lievemente le palpebre con aria pensosa. “E io non volevo questo né per me e né per lei.” rispose. Pensò poi che, forse, lui avrebbe meritato di morire da solo: era conscio dei propri errori e delle proprie azioni e non se ne pentiva. Avrebbe dunque potuto accettare quel prezzo da pagare.

Ma April no.

Lei era come quel ragazzo che lui era stato un tempo, quel Niklaus che non meritava di essere solo e morire tale.

La ragazza sa di essere malata?” domandò ancora Elijah.

Sì, lo ha capito da un po' ma ha nascosto la realtà a se stessa fino a quando io non ho deciso di aprirle gli occhi. Doveva combattere.” rispose. “E io le offrirò l'immortalità.”

L'espressione di Elijah mutò, senza che Klaus se ne rendesse conto subito, troppo intento a mandare giù un lungo sorso dal suo bicchiere, riducendolo a una sola goccia.

Fammi capire.” Il fratello si umettò le labbra e corrugò la fronte. “Gliel'hai offerta o gliel'hai imposta?”

In questo caso non conta.” Klaus si alzò in piedi, lasciando il bicchiere sul cornicione. La luce della luna creò strani magici riflessi sui suoi capelli biondi. “Lei sta morendo e nessuno vuole morire. Le farò solo un dono.”

Rendendola un vampiro? E se lei non lo volesse?” Elijah alzò la voce di una tonalità, tanto che Klaus lo guardò con vivo e curioso interesse.

Tutti vogliono essere come noi, fratello. Sopratutto se è l'unica possibilità per camminare ancora su questa terra.”

Il silenzio della notte li avvolse entrambi.

Elijah non era per nulla convinto delle parole del fratello, e non lo nascondeva: continuava a fissare intensamente Klaus, con un'espressione che parlava più di mille parole.

E comunque...” Klaus si stancò presto di quello sguardo, di quel discorso in generale, e decise di nascondere il sentimento per April in un angolo della propria mente, per non lasciarlo più sfiorare dagli occhi di Elijah. “Perché perdere tempo a parlare di un argomento del genere quando abbiamo problemi di rilevante importanza?”

A quel punto, Elijah smise di fissarlo e si lasciò andare a una lieve risatina, mentre gli occhi si spostavano a fissare il cielo stranamente stellato di quella fredda notte. “Perché? E me lo chiedi? Sembri...”

Un debole?” Klaus lo anticipò sorridendo, ma non alla stessa maniera in cui lo stava facendo lui: sorrise senza sentimento alcuno.

Elijah colse la frecciatina, ma non se ne lasciò colpire. Si spostò giusto in tempo, prima che potesse ferirlo. “No, sembri di nuovo Niklaus.”

Un sussulto al petto sembrò riempire il silenzio. Klaus guardò suo fratello, cercando di non mostrare nessuna reazione emotiva a quelle parole, malgrado dentro di sé fosse scoppiata una violenta tempesta che prometteva di investirlo completamente.

Elijah gli sorrise in maniera tranquilla, umana, fraterna.

Non poteva sopportarlo.

Tu invece resti sempre il fratello che, con la sua debolezza, mi ha impedito di sciogliere la mia maledizione mezzo secolo fa.” rispose, accostando il viso al suo e pronunciando quelle parole a denti stretti.

Fece dunque quello che gli risultava più semplice: cercò di ferirlo, pur di non ammettere a se stesso quanto il fratello avesse ragione. E per cercare anche di convincere lui probabilmente.

Elijah non mostrò alcuna sorpresa a quella parole; non si mostrò nemmeno offeso o altro, si limitò solamente a guardarlo e con un'espressione composta. “Continua pure a mentire a te stesso, Niklaus. È questa, la vera debolezza.”

Pronunciò la sua sentenza prima di scomparire nel nulla, lasciando Klaus in balia di una sua personale considerazione.

Forse, Elijah, aveva ragione.

* * * * * * * * * * * * *

April non aveva mai pianto come aveva fatto sul corpo privo di vita e dato alle fiamme di Violet.

Era stata per minuti, forse ore accanto a lei, sperando in cuor suo che presto avesse aperto gli occhi e avesse scoperto che fosse tutto un incubo. Tutto quanto.

Ma così non era: la sua amica era morta, di nuovo, e lo aveva fatto perché non era stata capace di accettare quello che era diventata e non aveva avuto la forza di cambiare di nuovo e tornare ad essere la persona che era. Le aveva voluto mostrare che si poteva sconfiggere la morte anche in altri modi, senza ottenere l'immortalità, poiché un'anima, uno spirito era capace di vivere per sempre, purché rimanesse integro.

Eppure, la ragazza era stanca di farsi confondere da tutto e tutti.

Dopo una momentanea fase di choc, April provò come a spegnere tutte le sue emozioni e le sue paure, sedendo sugli scalini di fronte alla porta d'ingresso del suo edificio. Aveva il volto ancora rigato di lacrime di sofferenza, una mano tra i capelli leggermente opachi e lo sguardo vacuo e stanco che si soffermava sul marciapiede di fronte a sé.

Presto sarebbe calata la notte e un altro giorno privo di risposte sarebbe giunto.

E lei non poteva più aspettare.

Si tolse la mano dai capelli, drizzò il collo, socchiuse le labbra in un respiro flebile e fissò un punto fermo sulla strada. Era stanca di piangere, di brancolare nel buio in cerca di qualcuno che la risollevasse dal baratro e pensò che fosse ora di affrontare e combattere ogni demone che aveva preso a far marcire la sua essenza. Rivalutò il proprio passato, i propri sogni, le parole di Violet e persino quelle di Klaus e Stefan e un sorriso si dipinse sul suo volto quando finalmente capì che affrontando i suoi demoni sarebbe riuscita a giungere alla risposta che cercava. La decisione stanziava poco più in là, oltre i suoi timori e le sue angosce; bastava un pizzico in più di coraggio per affrontare il tutto e ce l'avrebbe fatta.

Scattò in piedi, finendo quasi addosso a una vecchietta nervosa che stava uscendo dall'edificio per buttare la spazzatura e la rimproverò con parole dure. Corse più veloce che poté verso il suo appartamento, anche se ci mise più del dovuto, dato che aveva le gambe indolenzite e un dolore bruciante al petto che la indeboliva, si lasciò la porta aperta alle spalle e si diresse verso il telefono sul tavolino del salotto.

Alzò la cornetta, digitò il numero del centralino e si fece passare dalle addette il numero desiderato.

Quando udì quella voce risponderle, un brivido le corse lungo la schiena, ma un sorriso mascherò il timore.

Penso sia finalmente ora che io e te parliamo. Ho delle cose da dirti.”

* * * * * *

Rebekah sapeva che il metodo migliore per soffocare la rabbia era una notte con Stefan.

Lo aveva sempre pensato, e il suo pensiero prendeva consistenza ogni volta che era intenta a rotolarsi con lui tra lenzuola macchiate di lussuria e desiderio.

La vampira cambiò rapidamente le posizioni, spingendo l'altro con la schiena contro il materasso e posizionandosi sopra di lui, inarcando la schiena e riempendolo di baci sulle labbra e sul collo. Il suo sapore non la saziava mai, il suo profumo non l'avvolgeva mai abbastanza, e il suo corpo non la dominava mai abbastanza.

O forse pensava così perché era infuriata con Klaus, un po' con Elijah e con tutta la situazione in generale. Il più delle volte Stefan era bravissimo a dominarla.

Oggi mi sembri più....aggressiva del solito.” Stefan le rise sulle labbra, pronunciando quelle parole in un roco sospiro, rotto dall'eccitazione dei loro corpi desiderosi l'uno dell'altra.

Rebekah rispose mordicchiandogli il labbro superiore con malizia. “Aggressiva?” ripeté, come se quella parola la compiacesse. Sentiva le mani di Stefan stringerla più forte a sé, accarezzandole il pizzo del reggiseno nero per poi scorrerle febbrile lungo la spina dorsale e andare a sfiorare il tessuto del suo striminzito slip. “O forse sei tu che, oggi, lo sei meno?”

Da quando era giunta a casa di Stefan, aveva notato che c'era qualcosa di insolito in lui, come se qualcosa lo turbasse nel più profondo, sciogliendo la maschera di cera che copriva perennemente il suo volto. Gli aveva domandato cosa avesse e perché fosse mancato per così tanto tempo, ma lui asserì al fatto che aveva avuto un piccolo problema che le avrebbe poi spiegato in seguito. Era stato molto evasivo e Rebekah era così rabbiosa e desiderosa di sfogare le proprie frustrazioni da farsi accompagnare tranquillamente in camera da letto. Qualsiasi cosa avesse fatto Stefan l'avrebbero affrontata dopo; in quel momento aveva solo bisogno di non sentire nulla.

Rebekah si inumidì le labbra, in preda al desiderio più sfrenato.

Voleva che lui la facesse sua, che sopprimesse la sua rabbia con il suo corpo e che la portasse ad un'estasi tale da dimenticare il motivo di tutti quei sentimenti di astio.

Stefan annuì; le sue mani le scesero fino alle natiche, stringendole con bramosia. Rebekah emise un lieve gemito. “È una cosa che mi piace.” ammise, i suoi occhi verdi illuminati di bramosia.

Perché? Non mi sembra che ti negassi nulla quando non lo ero.” rispose la ragazza, ravvivandosi i capelli biondi da un lato, muovendo la testa. Inarcò la schiena, quando sentì i muscoli del ragazzo tendersi, per far sì che potesse mettersi seduto sul letto.

No, non l'hai mai fatto.” Stefan le cinse i fianchi e la baciò sul petto, facendo poi scorrere la lingua sul zona nuda e non coperta dal tessuto del reggiseno. “Ma...è più bello farlo così.”

Così come?”

Così...” Stefan alzò la testa per sorriderle, in una maniera che però Rebekah non riuscì a decifrare. Non era dolce, ma nemmeno l'esatto contrario: era come il risultato di un mix di emozioni e sentimenti, che il vampiro cercava di sopprimere tutti insieme per impedire che venissero a galla. “Senza coinvolgerci troppo.”

La rabbia, così, accrebbe, facendole persino passare la voglia di sfogarla con Stefan.

Rebekah si morse il labbro stizzita, distogliendo lo sguardo dal ragazzo quando venne colta dall'istinto di staccargli la testa dal collo. “Senza sentimento...va bene.” disse, annuendo mestamente. “Ma che diavolo avete voi uomini nella testa?”

Scese dalle gambe di Stefan, lasciandolo in completa balia della confusione, e andò in direzione della sua vestaglia nera, beatamente adagiata su una poltrona in tessuto rosso dove sarebbe dovuta rimanere fino alla fine del loro rapporto senza coinvolgimento.

Non lo starai facendo davvero, Bekah.” Stefan rise sguaiatamente, lasciandosi cadere di botto sul materasso e portandosi le mani al volto per soffocare la sua ilarità. “Mi lasci qui a marcire di desiderio per una frase che ho detto?”

Allora la prossima volta impara a pensare prima di parlare.” lo ammonì la ragazza. La vestaglia non copriva affatto le sue nudità, ma non gliene importava.

Io non penso prima di parlare, ma tu non pensi prima di prendertela a questa maniera!” Stefan si mise nuovamente a sedere sul letto con uno scatto, l'espressione distorta dalla rabbia crescente. “Ho detto che ti voglio, non dovrebbe bastarti?”

No, non mi basta.” Rebekah andò a prendersi un bicchiere di champagne da un tavolino in vetro che giaceva in mezzo alla stanza. Ringraziò che il suo uomo avesse gli stessi vizi di suo fratello riguardo l'alcool. “Se volevi un corpo con cui giocare, ci sono vie piene di accattivanti prostitute per tutta Chicago. Sei bello, magari ti faranno anche uno sconto.”

Ora basta Rebekah.” Stefan si alzò in piedi, lasciando scivolare il lenzuolo dal suo corpo completamente nudo. Si pose davanti a lei senza alcun pudore, ma la vampira mantenne lo sguardo con fermezza sopra il suo viso. “Mi spieghi che diavolo hai oggi? Se sei infuriata con il mondo, sono fatti tuoi, ma non scontare con me.”

Mettiti un paio di pantaloni.”

Lo farò solo dopo che tu mi avrai spiegato tutto quanto.” Stefan sapeva essere convincente quando voleva. Era stranamente serio nonostante tutto; attendeva una risposta da parte della bionda e non avrebbe desistito fin quando non l'avrebbe ottenuta. Forse gli interessava davvero saperlo, o forse era tutta una recita. O forse era tutto un modo per portare a termine quanto era iniziato su quel letto.

Rebekah bevve un lungo sorso, sperando che fosse quello a domare la sua ira. “Perché voi uomini avete così tanta paura dell'amore?” domandò, spalancando le braccia. Non le importava di esporsi troppo con lui, o di fargli capire quanto lui fosse diventato importante per lei.

Stefan non capì il senso di quella risposta, ma parve aver comunque trovato una risposta al riguardo, preferendola tacere alle orecchie di Rebekah. Questa si inviperì ancora di più.

Insomma, che senso ha fare del sano sesso con qualcuno con cui avete paura a legarvi?”

Io non ho paura a legarmi a te.”

Ah no?”

Già lo sono, mi pare.”

Malgrado le parole di Stefan erano belle da sentire, Rebekah non avvertì nessuna onda di sentimento nella sua voce. Doveva essere per colpa di quel interruttore, fastidiosamente spento. Si era chiesta più volte cosa avesse spinto Stefan a spegnere la propria umanità, poi pensò a Niklaus: l'unica risposta era un'enorme sofferenza. Ma qual'era stata per il giovane vampiro di cui lei si era innamorata?

Davvero? Allora rispondi alla mia domanda.” Rebekah si mosse verso di lui. Le venne quasi di buttare il bicchiere a terra per poter prendergli il volto tra le mani e riempirlo dei suoi baci in ogni angolo di quel viso spigoloso. “Sei disposto a lasciare Chicago insieme a me? Io e te, soli?”

Quella domanda lo sorprese di nuovo, allo stesso modo in cui sorprese la stessa Rebekah. Non si era resa conto di essere arrivata a un livello di sopportazione tale dal farle pronunciare parole che dovevano restare solo pensieri. Il problema era che era stanca di scappare continuamente di stato in stato, di temere costantemente per la sua vita e di seguire Nik come un'ombra ovunque egli andasse, pur di soddisfare ogni suo capriccio. Era ora che, dopo mille anni di sottomissione, prendesse la propria strada nel modo che voleva e con chi voleva lei.

Sì, lo farò.” La risposta di Stefan fu secca, rapida e nemmeno pensata. Lo disse con una serietà tale che lasciò Rebekah con gli occhi sgranati.

Dici sul serio?”

Stefan annuì, un sorriso si delineò sulle sue labbra.

E perché lo faresti?”

Voleva sentirglielo dire.

Voleva sentire quella spiegazione che le avrebbe acceso il cuore come una miccia, tornando quasi a farlo battere di sentimento. Perché una parte di sé- quella più ingenua? No, non voleva essere così pessimista-era convinta che Stefan avesse risposto affermativamente alla sua domanda per lo stesso motivo per cui lei l'aveva posta.

Perché tu mi fai divertire. Mi fai stare bene. Con te posso essere semplicemente quello che voglio essere senza venire giudicato.” rispose Stefan.

Sì, era stata la parte più ingenua di Rebekah a credere in altro, a credere che lui fosse disposto a scappare con lei perché l'amasse. Le parole del vampiro erano belle, ma non significavano comunque quello che lei voleva sentirsi dire.

Non l'amava.

Forse era solo la sua valvola di sfogo per combattere la loro noia eterna.

Aprì bocca per replicare in malo modo alle parole del vampiro, quando questi la bloccò improvvisamente.

Cos'è questo odore così forte?” domandò.

Non sapevo che la mia rabbia adesso odorasse...ma stai cercando di cambiare discorso, per caso?!” Rebekah era sul punto di perdere la testa e di rompere qualche osso.

Ma Stefan era serio; puntò il suo sguardo in direzione della finestra e afferrò un pantalone dalla poltrona vicino alla scrivania sotto il davanzale della finestra stessa, indossandolo rapidamente. “No, riconosco questo...profumo. O meglio, quello che ne rimane.”

Rebekah allora prestò attenzione a quanto il ragazzo stava dicendo.

E allora se ne accorse: di quel profumo, coperto però da odore di fumo e.....sangue?

I due si lanciarono un'occhiata complice, per poi guardare oltre una delle finestre dell'appartamento di Stefan.

Notarono allora un'ombra che, lentamente, stava dirigendosi verso casa.

Era April.

* * * * * * ** * * *

Ford?”

Quando Rebekah varcò la soglia l'uscio dell'edificio in cui abitava Stefan, puntò lo sguardo verso l'ombra di April che continuava ad avanzare nel buio e le dava le spalle. Questa si fermò di colpo, con le braccia leggermente aperte e una nuvoletta di gelo che le abbandonava le labbra. L'odore di sangue si fece più intenso, misto al profumo dolciastro che la ragazza possedeva costantemente sulla pelle.

Va' a vedere, Rebekah.” Stefan restò sulla soglia della porta, stringendo con forza gli stipiti della porta. Quell'odore metallico lo tentava, solleticandogli l'appetito mentre gli si insinuava nella narici. “Io aspetto qui.”

Perché sembrava che la vista di April lo turbasse oltre quell'odore fortissimo di sangue? La vampira poté sentirlo nella tonalità di quella voce profonda, non solo intrisa dal desiderio di mordere ma anche da un sentimento indefinito che lei non riuscì a decifrare.

Ma non capisci, forse vuol dire che Klaus l'ha trasformata...” Rebekah nemmeno si voltò a guardarlo, immaginandosi i suoi bellissimi occhi smeraldini che diventavano neri come la morte. Doveva avvalorare la sua teoria priva di fondamento; quel mix di odori la confondeva, facendole perdere il vero contatto con la realtà. “Tutto questo sangue...”

Era il suo sangue.

Lo aveva sentito presso la loro abitazione quando Klaus aveva portato April, svenuta e ferita, al suo interno. Si lanciò uno sguardo alle spalle, incontrando gli occhi vigili di Stefan, e poi si avvicinò alla schiena della ragazza, con fare tentennante.

April?”

Rebekah non poté fare a meno di notare che la ragazza non stava respirando.

April, va tutto bene?”

Devo andare a casa.”

La voce di April parve come sorta dal nulla. Era grigia come un cielo di ottobre; piatta, vuota come un abisso senza fine. Era come se quelle parole le fossero uscite dalle labbra senza che lei lo volesse realmente, come se fosse così debole da non riuscire nemmeno a contenere i propri pensieri.

Rebekah continuava ad avvertire l'odore pungente del sangue premerle nelle narici, ma c'era qualcosa che non quadrava. La teoria che ella potesse essere stata trasformata iniziò a sfumare nel momento in cui avvertì un suono debole ma inconfondibile: quello del suo cuore.

Guardami, Ford.” Rebekah avvertì uno strano senso di disagio quando il suo principale pensiero perse consistenza, lasciando posto a una preoccupazione più grande. Vedendo che April non rispondeva e non accennava minimamente al seguire il suo volere, la bionda perse la pazienza.

Basta giocare!”Le posò una mano sulla spalla, costringendola così a voltarsi verso di lei. “Dimmi che...”

April si mosse con la stessa volontà che aveva una marionetta e quando Rebekah poté vederne il volto, non c'erano parole per descrivere la sensazione di tuffo al cuore che avvertì a livello del petto.

Il volto di April aveva perso tutta la bellezza e tutto il vigore che possedeva.

E la cosa triste era che non era a causa della malattia che la stava portando via.

Ma per via di lividi gonfi e neri che le deturpavano la pelle pallida. Gli occhi erano gonfi, così come le labbra; in alcuni punti la pelle assumeva un colorito tendente al rosso, in altri punti tendente al violaceo. Gli occhi spenti e vacui non fissavano un punto ben preciso, ma qualcosa lontano da Rebekah, disperso nel buio di quella notte.

Rebekah sentì gli occhi quasi gonfiarsi di lacrime di fronte a quello spettacolo. Le sembrò di avere di fronte un'anima che aveva smarrito la strada di casa.

Oddio...April?”

Fu tutto quello che riuscì a dire: la vampira scattò rapidamente in avanti, non appena vide April chiudere gli occhi e accasciarsi. Le passò le mani sotto le braccia e lasciò che il viso dell'umana affondasse tra i suoi capelli dorati, non appena ella la strinse a sé.

Cadde sulle ginocchia, sorreggendo il peso di una April priva di sensi tra le sue braccia.

Intanto il battito del suo cuore diminuiva sempre più.

* * * * * *

La ringrazio infinitamente. Il vino è davvero buonissimo.”

Katherine ammiccò sensualmente in direzione del giovane cameriere che le aveva offerto la cena e che si stava allontanando dal suo tavolo. Ovviamente, il poveraccio non l'aveva fatto consapevolmente, ma sotto il potere di assoggettamento della vampira. Probabilmente avrebbe anche perso il lavoro quella sera stessa, ma a lei non importava.

Voleva semplicemente godersi quella lunga nottata in grande stile, seduta al salone di uno dei locali più abbienti della città, circondata uomini e donne facoltosi. Si sarebbe divertita a fare la conta per decidere chi di loro sarebbe stato sul menù di quella sera.

Violet era morta.

Quella stupida aveva riacceso le sue emozioni e si era ammazzata per non vivere più in quelle condizioni. Aveva perso la testa, ma Katherine dovette ammettere che quella mocciosa era stata molto furba e che quasi era fiera di averla sopportata per tutti quei giorni: aveva colpito Stefan senza ucciderlo, non perché lei aveva minacciato che le avrebbe strappato la giugulare nel caso lo avesse toccato con un sol dito, ma perché sapeva che lui l'avrebbe fermata dall'uccidere April, in nome del suo legame con Klaus. Ma quella pazza era pur sempre sfuggita al suo controllo; era passata da una decisione all'altra, e alla fine non aveva compiuto quanto Katherine aveva pronosticato.

La vampira si voltò a guardare l'orchestra, la quale stava suonando una musica gradevolissima per tutta la sala, illuminata di luci dorate.

Ma quando aveva saputo che April sarebbe andata da Christopher, aveva messo in atto un altro piano, poiché lei era in possesso di uno schema ben elaborato per ogni lettera dell'alfabeto. Aveva seguito April di nascosto, si era dovuta sorbire il suo ennesimo piantino e il suo ennesimo mancamento e aveva pensato che l'umana fosse una vera cretina nel decidere di affrontare così direttamente i propri demoni. Avrebbe dovuto evitarli e fuggire il più lontano possibile, un po' come stava facendo Katherine da 500 anni, invece aveva deciso di affrontarne uno a uno prima che la morte giungesse. E Katherine sorrise entusiasta, quando ebbe compreso che c'era ancora una possibilità di giocare e di vincere quella battaglia.

April aveva assunto altra verbena, ma Christopher era pulito.

Sei per caso in possesso di duemila dollari per pagare il conto? Io non lo credo.”

Katherine impallidì quando udì quella voce, incredibilmente vicina. Sapeva che proveniva dalla sedia che, fino a pochi attimi prima, era stata libera davanti a sé e che tale sarebbe dovuta rimanere fino al giungere del conto. Si voltò lentamente, stringendo così forte il calice pieno di vino nella sua mano da rischiare di romperlo.

Elijah sedeva elegantemente di fronte a lei, con indosso un elegante abito scuro e le gambe accavallate. Evitava di guardarla, tenendo le labbra leggermente arricciate e il broncio di chi covava dentro una rabbia crescente, ma ch'egli sapeva dominare con cura e maestria.

Katherine l'aveva conosciuto quando era solamente Katerina e mai e poi mai lui si era mostrato arrabbiato con lei. Ma dopo la sua fuga, Elijah doveva essere sicuramente furibondo per averlo tradito e per non essersi fidata di lui, per avergli macchiato il suo onore e aver compromesso il suo rapporto con l'adorato fratellino. E magari c'era anche dell'altro, altro che nessuno dei due voleva confessare.

Stava di fatto, comunque, che Katherine aveva saputo quanto egli potesse essere pericoloso quando si sentiva ferito e tradito da qualcuno.

Deglutì, desiderosa di scappare.

Non farlo.” Elijah alzò mestamente la mano destra. “Ci sono troppe persone. Se provi a fuggire, daresti troppo nell'occhio,”

Era stato furbo. Aveva scelto bene il luogo in cui coglierla di sorpresa, in maniera tale da privarla di qualsiasi eventuale via di fuga. Tipico di una mente intricata e intelligente come la sua.

Come mi hai trovata?” Katherine restò con la mano adagiata sul tavolo e l'altra stretta attorno al calice.

Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su quello di Elijah; il timore di trovare troppi ricordi in quelle pozze scure era forte e lei ne aveva troppa paura.

Vide Elijah piegare la testa da un lato. “I miei fratelli sono troppo occupati a occuparsi dei loro problemi sentimentali per essersene accorti, ma la città pullula di indizi che conducono a te. Io sono molto meno emotivo di loro e li ho colti tutti, uno per uno. Sapevo che eri qui ancora prima che venissi a conoscenza di tutta la storia.”

E sei venuto qui per consegnarmi a tuo fratello?” Katherine guardò con avversione il volto dell'Originale, lasciando il calice sul tavolo e portandosi nervosamente la mani in grembo. “Perché se è così, sappi che non esiterò a uscire fuori da questo locale seduta stante. Poi veditela tu con i sospetti della gente.”

Elijah abbozzò un sorrisetto, tenendo lo sguardo basso. Infilò la mano dentro una delle tasca dei suoi pantaloni ed estrasse un oggetto di ridotte dimensioni. “No.” disse, allungando il pugno chiuso verso di lei, facendola sussultare per il terrore. Sapeva che non l'avrebbe mai colpita, non davanti a così tante persone e perché era pur sempre una donna, ma era così calmo nei movimenti, che le risultava impossibile comprendere quale sarebbe stata la sua mossa successiva. “Volevo ridarti questo.”

Aprì il pugno e qualcosa cadde sopra il piatto immacolato di fronte al volto della vampira: uno dei gioielli di Violet; la vampira lo riconobbe subito perché l'aveva indosso la notte in cui le aveva offerto il proprio sangue, prima che Stefan la uccidesse senza nessuna pietà.

Katherine storse la bocca, fissando il gioiello con disinteresse.

Il risultato delle tue malefatte, Katerina. Dovresti esserne fiera, o sbaglio?” le disse Elijah, con tono leggermente più duro rispetto a poco prima. Aveva preso a fissarla in volto, con fare attento.

Manco mi piace, questo ciondolo. Avrei preferito le sue scarpe.” fu la risposta di Katherine.

Si guardarono direttamente negli occhi, per la prima volta da quando erano entrati in contatto. Elijah le sorrideva mestamente, allungando la mano verso la bottiglia di vino al centro del tavolo e versandosene qualche dito. Katherine prese un lungo respiro, sperando che quella tortura finisse presto.

Perché sei qui, Elijah? Per farmi pentire di aver ucciso un'altra persona? La mia lista è molto lunga. Ho lasciato morire persone più simpatiche di questa mocciosa....”

Elijah la interruppe, allontanandosi il bicchiere dalle labbra. “Sono qui...perché voglio che tu te ne vada da Chicago questa notte stessa.” Tenne lo sguardo basso, l'indice lievemente alzato accanto al manico del calice, per donare maggiore enfasi alle sue parole.

Ci riuscì: Katherine ebbe un brivido.

E voglio che lasci in pace April Ford una volta per tutte.”

Che t'importa di lei? Nemmeno la conosci.” Katherine parlò con una punta di gelosia. Questo era dovuto al fatto che Elijah, il lord dolce e gentile che si era preso cura di lei in Inghilterra secoli prima per poi braccarla come fosse un animale, si preoccupava per una ragazza di cui non sapeva nulla. Era ingiusto, perché lui l'aveva conosciuta e ora la odiava. E ora difendeva un'emerita estranea a spada tratta e con l'onore intaccato.

Elijah bevve un lungo sorso del vino; si piegò poi leggermente sul tavolo, senza scomporre minimamente la postura eretta della sua schiena. Fece oscillare il vino dentro il calice, con fare ipnotico. “Mi hanno parlato di lei e mi ha ricordato una ragazza che ho conosciuto in passato. Una ragazza bellissima, piena di sogni e speranze, distrutti da un destino infausto.”

Katherine capì subito dove volesse andare a parare Elijah. Stava parlando della sua Katerina; una persona di cui la vampira aveva dimenticato sguardo e sorriso ma, a quanto pare, non lo aveva fatto Elijah. La doppelganger destinata a essere sacrificata su un altare di fuoco affinché Klaus avesse potuto risvegliare la propria natura da licantropo, natura ereditata da una scappatella della madre.

Lo vide alzare gli occhi su di lei, di nuovo.

Hai gettato acqua sul tuo riflesso allo specchio, Katerina. Hai tutto il diritto di odiare Niklaus, ma non mettere in mezzo persone innocenti come hai fatto fino ad ora. Quella ragazza non ti ha fatto nulla.”

Si è messa in mezzo. Mi ha fornito una buona possibilità di colpire Klaus alle spalle.” Katherine decise di essere sincera; tanto ormai, se Elijah aveva deciso di bucarle il cuore fuori dal petto, lo avrebbe fatto comunque.

Solo perché si è sinceramente innamorata di lui?”

Perché è stata così folle da farlo, sì. Le persone stupide meritano solo di fare una brutta fine.” Katherine posò violentemente i gomiti sul tavolo, facendo tremare le stoviglie sopra adagiate. Elijah fermò il movimento del traballante cucchiaio accanto al piatto che aveva di fronte. Abbassò gli occhi, irritato, anche se non lo dava a vedere.

Sai, conoscevo una ragazza, Elijah. Una ragazza che, come April, s'innamorò della persona sbagliata, di qualcuno che le avrebbe potuto fare del male. E la sua inettitudine è stata punita con la morte.” Katherine si lasciò andare contro lo schienale della sedia; si strinse le braccia al petto e avvertì un senso di dolore al centro del petto, dopo aver pronunciato quelle parole. Quasi avesse rivelato una delusione che le era bruciata dentro per troppi secoli. Elijah le guardava gli occhi, ma senza palesare alcuna emozione. “Ad April spetta lo stesso, medesimo destino....”

E tu avrai la tua vendetta: mio fratello ne soffrirà.” Elijah lasciò il bicchiere sopra al tavolo, stringendosi le labbra nervosamente. Distolse lo sguardo, lasciandolo scivolare attorno a sé. Katherine attese preoccupata le sue successive parole, perché lei risultò incapace di colmare il silenzio che era calato tra di loro. “È successa una cosa simile all'uomo sbagliato di cui s'innamorò la ragazza di cui parli, probabilmente.”

Katherine sbarrò lo sguardo, sentendo qualcosa batterle poco sotto lo sterno, quasi qualcosa avesse ripreso vigore in lei. Incredibile, il sangue e gli omicidi non l'avevano mai fatta sentire viva come era riuscita a fare quella frase. Quella menzogna, volle imporre a se stessa.

Elijah si chinò nuovamente sul tavolo, facendosi più minaccioso. Katherine non l'aveva mai visto irrigidire la mascella a quel modo. “Ho provato a convincerti con le buone Katerina, ma ora passerò ai modi più cattivi.” Congiunse le mani, intrecciando le dita tra di loro. “Lascia questa città entro stasera e lascia in pace quella fanciulla. Altrimenti non esiterò a catturarti in questo preciso istante e consegnarti a mio fratello, dopo avergli rivelato quello che hai combinato per tutto questo tempo.”

Katherine tremò, ma non volle dare a Elijah la soddisfazione di essere stata colpita nel profondo. “Non lo faresti mai. Non è nel tuo stile.” gli disse, mostrandosi sicura di sé.

Può darsi.” Elijah fece spallucce e sorrise, infilò la mano dentro il taschino della giacca ed estrasse un biglietto del treno. Lo lasciò cadere sul tavolo, in mezzo a loro. Katherine lesse che era un treno diretto per il Washington. “Io però non sfiderei la sorte. Nutro ancora molto risentimento per te, Katerina, ricordalo.”

E dopo quell'ennesima minaccia, di fronte a cui Katherine rabbrividì, Elijah si alzò in piedi, sistemandosi i bordi della giacca e accingendosi a inoltrarsi verso l'uscita del locale.

Katherine afferrò il biglietto tra le mani, osservandolo meticolosamente tra le dita.

Elijah?”

Non si voltò per accertarsene, ma era certa che l'uomo si fosse fermato, e che stesse attendendo il giungere delle sue successive parole.

Sbaglio, o stai cercando anche di salvare quella ragazza che conoscevi?” domandò.

Si voltò lievemente con la testa, notando che il vampiro la stava osservando con la coda dell'occhio. In quel lungo silenzio che seguì, contornato dei rumori della vita mondana che li cercava, Katherine arrivò quasi a desiderare una specifica risposta. La bramava nel profondo del suo cuore, sentendosi una sciocca bambina nel farlo.

Può darsi anche questo.”

Elijah si allontanò a passo svelto, deciso a non rimembrare oltre un'amore senza tempo che non era mai venuto alla luce.

Ma a Katherine non sfuggì il suono del sorriso di Elijah, quando quelle parole ebbero abbandonato le sue labbra.


Ciao a tutti! :D

Come va? L'aggiornamento ha tardato ad arrivare perché, come molti altri come me penso, martedì sono ricominciate le fatidiche lezioni universitarie, perciò gli aggiornamenti non saranno più fissi il venerdì mattina ma giungeranno un po' quando capita. Cercherò di aggiornare una volta a settimana, anche perché siamo praticamente giunti alla fine della storia, ma non garantisco più un'estrema puntualità purtroppo :(

Comunque, questo è un capitolo in cui tutti i personaggi affrontano i loro demoni peggiori: abbiamo Klaus che affronta ancora una volta quell'umanità che lo ha scosso nel più profondo attraverso le parole di Elijah; abbiamo Rebekah che affronta la propria voglia di amare e il suo rapporto con Stefan (che spiegherà quanto accaduto nel prossimo capitolo, qui possiamo dire che erano entrambi in una fase di “transizione” in cui nessuno dei due voleva lasciarsi andare ai propri pensieri); abbiamo April che affronta il suo demone Chris (e le risposte arriveranno, anche in questo caso, nel prossimo capitolo) e infine abbiamo Katherine che affronta moltissimi dei suoi demoni attraverso la figura di Elijah. Malgrado io sia molto incline anche allo Stepherine, non ho potuto trattenermi dal raffigurare un piccolo barlume di Kalijah, malgrado non ci sia stato un risvolto romantico per i due. Sarebbe stato fuori tema e terribilmente OOC da entrambe le parti; il loro primo incontro a Chicago non ho potuto immaginarlo diversamente. Possiamo dire che anche Elijah ha affrontato il suo demone, Katerina, e ha offerto un ultimatum alla nostra Pierce, la quale, ovviamente, non ha potuto rifiutare. Questa scena la dedico in particolar modo ad ELYFORGOTTEN, perché è stata lei a stimolarmi ad ampliare di più gli orizzonti di questa storia, arrivando ad analizzare anche personaggi come lo sono Elijah e Katherine. Mi spiace solo che non ci sia stato un bacio come volevi, ma per le ragioni spiegate prima, non mi sembrava molto in linea con loro in queste circostanze! Spero comunque tu abbia gradito e con te anche gli altri lettori. v.v

Ok, mancano due capitoli e l'epilogo, ragazzi e vi libererete finalmente di me! :D

Ringrazio coloro che hanno continuato a seguire questa storia, a leggerla e commentarla. Siete davvero un grande stimolo per me e mi spronate a mandare avanti questa storia nonostante le mille paure. Anche perché le visite hanno ricevuto un leggero picco nelle ultime settimane e la cosa non può che farmi piacere!

Spero che resisterete con me fino alla fine! XD Anche perché si faranno i giusti ringraziamenti a tutti voi, sìsì! v.v

Alla prossima e buona giornata! :D Ciaoooooooooooooooo <3

   
 
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