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Autore: Mafunghetta    06/10/2013    0 recensioni
Che cosa avrebbe fatto? Sarebbe riuscita a dimenticarlo? Cosa aveva di così eccezionale? Era poi un diciottenne come tutti gli altri, di media statura con un corpo non troppo sportivo, ma aveva qualcosa che gli altri non avevano.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Alessia, sdraiata su letto, continuava a pensare e ripensare a quella serata d’inferno trascorsa con le amiche. Lo aveva visto li, l’uomo della sua vita, girare mano nella mano con un’altra. Sentiva dolore ogni volta che ci ripensava, ma non poteva farne a meno, era più forte di lei. Perché tutto doveva essere così complicato? Perché non riusciva ad essere felice senza di lui? Le sembrava di vivere su un pianeta disperso, sospeso in un’altra galassia e nessuno pareva accorgersene. Nessuno conosceva i suoi sentimenti ma tutti erano sempre pronti a giudicarla e a dirle quello che doveva fare. Questa è la mia vita – pensava Alessia – e ne faccio quello che voglio, d’altronde anche io ho il diritto di essere felice e lo sarò a modo mio. Improvvisamente si alzò dal letto e uscì sul poggiolo come era solita fare quando stava male. Le piaceva troppo osservare la città di notte, le trasmetteva tranquillità. San Francisco, la metropoli in cui viveva, era una città molto caotica e rumorosa, ma di notte era deserta e scura come il suo stato d’animo. Amava rispecchiarsi in essa: di giorno vivace e solare, mentre di notte triste e malinconica. Sapeva che lui era lì, lo sentiva accanto a lei sempre, pur sapendo che viveva a chilometri di distanza. Si, quel ragazzo che l’aveva fatta tanto soffrire era lì, sempre con lei, e non poteva sbarazzarsene in nessuna maniera. Le piaceva troppo immaginare il calore della sua pelle, i suoi meravigliosi capelli castani, e quello sguardo che la faceva impazzire. Non le importava di tutto il male che gli aveva procurato, lui era l’amore della sua vita, ne era convinta. Sapeva anche che non sarebbe mai riuscita ad averlo, non era neanche in grado di guardarlo negli occhi, il solo pensiero che lui la sfiorasse la faceva rabbrividire, non poteva neanche immaginare di piacere ad uno così. Certo, non era considerato il figo della scuola, anzi molte sue amiche lo consideravano uno sfigato, ma a lei non importava : lui era speciale così com’era, non esisteva al mondo creatura più perfetta. Solo una cosa non riusciva a capire : più lui la faceva soffrire più lo sentiva vicino, più lo odiava più lo amava. Ormai era parte di lei, della sua anima, niente e nessuno sarebbe riuscito a cambiare la situazione. Più di una volta aveva cercato di dimenticarlo, ma lui era sempre lì, nel suo cuore, e non aveva nessuna intenzione di lasciare il posto a qualcun altro. Alessia si sentiva masochista, provava piacere a farsi male, pensandolo ogni secondo. Era colpa sua, di tutto, non la lasciava respirare e pensare ad altro. A scuola faceva sempre più fatica, studiare era dura, non riusciva a concentrarsi al massimo, a mettercela tutta come aveva sempre fatto. La sua mente era occupata da altri pensieri, non aveva tempo per la scuola e per gli impegni extrascolastici. Tutto sembrava girare intorno a lui. I genitori continuavano ad opprimerla dicendole che da lei si aspettavano di più, lei che era sempre stata il genietto della famiglia. Gli amici le stavano vicino, ma non riuscivano a capirla fino in fondo, certo, cosa pretendeva, neppure lei riusciva a capire se stessa. Tutto quello che doveva fare era rimboccarsi le mani ed andare avanti, come aveva sempre fatto. Non sapeva quello che il destino aveva in serbo per lei, ancora qualche ora e la sua vita sarebbe cambiata totalmente. Ancora nel letto Alessia sentì dei passi dirigersi in camera sua e come ogni mattina vide entrare il padre “Buongiorno tesoro!” disse “ Oggi è lunedì mattina e tutta va bene” aprendo le finestre uscì dalla stanza. Altro che bene – pensò Alessia – qui va tutto a pezzi. Ancora con i piedi doloranti a causa delle scarpe con il tacco indossate alla festa la sera precedente, si diresse in bagno e fu lì che le scappò un sorriso. Sul lavandino c’era una rosa, profumava ancora come quando gliela avevano regalata. L’unico lato positivo della serata – pensò – per fortuna che esistono ancora dei gentil’uomini. Prendendola in mano, ripensò a tutto quello che era successo quella sera, a quanto era stata bene grazie al ragazzo che le aveva donato quel fiore. Per un attimo era riuscita a dimenticare tutto, grazie a lui, ma come ogni favola anche quella era finita, bisognava tornare alla normalità quotidiana. Alessia scese le scale e andò in cucina per fare colazione con la rosa in mano, la pose in un vaso colmo d’acqua e la mise sul davanzale vicino alla finestra di modo che potesse prendere qualche raggio di sole, anche se quella giornata era cupa e nuvolosa come ogni altra in quel periodo. Corse a cambiarsi e partì per andare a scuola, non poteva arrivare in ritardo anche quella volta, la prima ora aveva matematica e non aveva una prof poco intransigente sugli orari. Sali le scale per arrivare in classe e lo incontrò, era lì, davanti a lei, che parlava con un amico, vedendolo le scese una lacrima dal viso, ma non aveva tempo per piangere anche se ne sentiva molto la necessità. Lo guardò fisso negli occhi e tutto ciò che c’era intorno parve oscurarsi. Sembrava ci fosse un'unica luce sopra di lui, che illuminava il suo meraviglioso volto. Ma perché doveva essere così dannatamente bello? La luce dei suoi occhi la ipnotizzava, sembrava avere uno sguardo a dir poco magnetico, era il suo sole, la sua vita. Facendo finta di niente, salutò Simon, il migliore amico della sua dolce metà e si diresse furtivamente in classe. “Buongiorno Alessia!” disse la prof “ in ritardo anche questa mattina?”. Alessia si sedette rapidamente chiedendo scusa. Non poteva credere di averlo incontrato anche quella mattina, ma è mai possibile che su mille studenti doveva proprio vedere lui? Tirò fuori dalla cartella il quaderno e cominciò a copiare gli esercizi dalla lavagna, non riusciva a concentrarsi sulla matematica, aveva ben altro a cui pensare. Che cosa avrebbe fatto? Sarebbe riuscita a dimenticarlo? Cosa aveva di così eccezionale? Era poi un diciottenne come tutti gli altri, di media statura con un corpo non troppo sportivo, ma aveva qualcosa che gli altri non avevano. Alessia lo aveva conosciuto l’estate prima mentre si occupava dei bambini, la sua capacità nel tenerli e nel farli ridere era a dir poco stupefacente, si atteggiava un po’ di fighetto ma d’altronde lo era, anche se nessuno tranne Alessia pareva accorgersene. Il suo nome poi lo rappresentava pienamente, un nome che gridava forza e sicurezza, un nome che la diceva lunga, il suo nome era David, si, quante persone si chiamavano così, ma nessuna poteva rappresentarlo meglio. I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal suono dalla campanella, aveva passato già tutta la mattina a pensare a lui, la scuola era finita ed era ora di tornare a casa. Mentre scendeva le scale vide la sua migliore amica e le corse incontro, finalmente un viso famigliare, qualcuno che poteva almeno lontanamente aiutarla. “Ciao Lizzy!” urlò dall’altra parte della scuola. Lizzy si fermò e vedendola arrivare le corse incontro “ehi Ale!” rispose lei “ come stai?” “tutto bene grazie!” rispose mentendo con un bel sorriso “ Non sai quanto mi sono divertita ieri sera!” Lizzy cominciò a raccontarle della scuola, ma Alessia non la ascoltava, non ce la faceva, era troppo intenta a pensare ad una soluzione a tutti i suoi problemi. “Ma mi ascolti?” disse Lizzy “mi sembri un po’ assente” “si scusa, solo che oggi ho molto per la testa, devo andare ci sentiamo!” “ok, non ti preoccupare! Ti scrivo dopo! E… Ale?” “che c’è?” “riposati che è meglio!” “si certo! Lo farò!” Alessia corse a casa e preparò il pranzo per tutti come era solita fare, sparecchiò tutto e corse in camera. Doveva cercare delle informazioni sulla donna che gliel’aveva portato via, doveva capire chi era, cosa aveva in più di lei. Sapeva già che genere di ragazza era, bionda con degli occhi splendidi, portamento da ballerina classica e un corpo da modella. Come poteva pensare di competere con una così? Il suo nome era Alice, l’aveva ancora vista insieme a lui, ma mai mano nella mano, cosa avrebbe dato per essere al suo posto, ma era inutile piangersi addosso, bisognava reagire. Aveva bisogno di dei chiarimenti, di un’opinione maschile, quindi decise di telefonare al suo migliore amico. Lui si che era un ragazzo fantastico, erano amici fin dall’infanzia, ne avevano passate troppe insieme, c’erano sempre stati l’uno per l’altra. “Ciao Michael! Avresti tempo per la tua migliore amica un secondo?” “Ciao Ale! Lo sai che ho sempre tempo per te! Dimmi pure.” Alessia cominciò a raccontare tutto quello accaduto alla festa la sera prima, senza tralasciare neanche il minimo dettaglio. Appena finì di spiegare ci fu un silenzio abissale, Michael sembrava molto scosso dal racconto dell’amica. Finalmente sembrò riprendersi: “e così continuava a passarti davanti agli occhi con quella…” “Si con quella…guarda non sai cosa le avrei fatto se avessi potuto” “A lei? Te l’ho detto mille volte che non è un ragazzo affidabile e tu dai sempre la colpa alle ragazze con cui sta!” “ Non sta con lei…o almeno me lo auguro. Devi aiutarmi a capire la situazione!” “Dovresti dimenticarlo una volta per tutte! Non fa altro che farti del male!” rispose bruscamente Michael, ea stufo di quella storia, non ne poteva più di sentire la sua migliore amica sempre triste e agitata, doveva fare qualcosa per aiutarla. “Lo sai che non ce la faccio” rispose disperata Alessia, in realtà non era sicura che fosse una questione di potere, ma di volere. Era sicura di volerlo dimenticare? Non ci aveva mai pensato seriamente…lui era la sua ragione di vita, cosa avrebbe fatto anche avendolo dimenticato? Aveva troppa confusione in testa, avrebbe dovuto parlargli, lo sapeva, ma non riusciva a trovarne il coraggio. Decise di lasciare perdere la questione di Alice e salutò l’amico senza molto entusiasmo. Era inutile continuare a pensarci, le serviva almeno una sola motivazione per lasciarlo perdere, ma sembrava impossibile. Come poteva ignorare quello che sentiva? Anche quando si comportava male le sembrava il ragazzo migliore del mondo. Certo, i suoi difetti li aveva, forse un po’ troppo basso per i suoi gusti e non che amasse il suo modo di vestire, però erano tutte delle cose trascurabili, il sentimento che provava le oscurava totalmente. Mentre era immersa nei suoi pensieri sentì la voce della madre che la chiamava: “Alessia! È ora di andare! Fra dieci minuti hai prove di spettacolo!” “Sì mamma! Arrivo” Alessia corse in cucina salutò la madre e andò a prove, non poteva credere di essersi dimenticata di esercitarsi. E anche oggi non aveva studiato niente. Bene! – pensò – se vado avanti così sono a posto! Finalmente arrivata a prove cominciò a cantare, la cosa che sapeva fare meglio, e quando lo faceva si sentiva in paradiso, sentiva che qualcosa di bello poteva ancora accadere, non tutto era andato perduto. Amava la sensazione di tutti i fari puntati su di lei, la facevano stare bene anche se di certo, non era una tipa egocentrica. Il calore la avvolgeva, le sembrava di volare sopra tutto e tutti, si sentiva libera, ecco era quella la parola esatta, era libera. Libera dal giudizio della gente, libera da tutte le cose che la legavano a lui, libera da chiunque. “Complimenti molto bene!” sentì gridare il regista, e girandosi verso di lui accennò un lieve sorriso ringraziando. Era lì che si sentiva davvero bene, su quel palco, dove riusciva a dare il meglio di se stessa. Improvvisamente si ricordò che il giorno dopo aveva una prova, e non una qualsiasi, l’ultima dell’anno e doveva ancora cominciare a studiare, corse a casa e restò sui libri fino all’alba. Tra una pagina e l’altra del libro pensava che quello era il suo compito, studiare, e non doveva perdere tempo a pensare ad un cretino che probabilmente neanche la considerava. Era stufa di essere sottomessa da quel ragazzo…non ne poteva più, era veramente venuto il momento di reagire e mostrare a tutti la sua vera identità. Con tutti i ragazzi che le venivano dietro, ma possibile che non ce n’era uno che potesse sostituirlo? Ma cosa aveva di così speciale? I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal suono di un nuovo messaggio – sono appena la 5 chi sarà?- pensò, preso in mano il telefono e si illuminò. Non ci poteva credere, Simon le aveva scritto alle 5 di mattina come se fosse una cosa normale, chiedendole se qualche ora dopo si sarebbero potuti incontrare a scuola. Non riusciva proprio a capire, ma cosa voleva Simon da lei? Incuriosita accettò e cominciò a fantastica sulla mattina seguente. Non aveva mai fatto una conversazione vera e propria con lui, non sapeva proprio cosa aspettarsi, certo ci aveva ancora parlato, ma mai così direttamente.
  
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