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Autore: Maya98    06/10/2013    6 recensioni
Le quattro volte in cui Sherlock lasciò tutto sottointeso e quella in cui lo esplicitò.
[Sherlock/John]
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolino della Skizzata

Sì, lo so, sto scrivendo a manetta. Non so perché.

L’altra mia fic non è piaciuta, e mi sono un po’ abbacchiata, quindi ho pensato di tirarmi su il morale. Poiché ho sguazzato nell’angst nell’ultimo periodo per scrivere la precedente fic, ho detto che per una volta non c’è niente di male se mi contraddico un po’ e scrivo fluff, giusto? Bah, so che voi siete d’accordo, non capisco come al fandom non piaccia visceralmente il drammatico come piace a me. Okay, chiudo con gli sproloqui, spero che questa stupidaggine vi strappi un sorriso :) se commentate mi fate felice, come sempre, visto che sono un’egocentrica.

Scritta di getto senza essere ricontrollata.

Semplicemente una sciocchezzuola, ecco tutto =)

 

 

Per miss potter;

dear, per le tue idee,

le recensioni, i consigli e

le tue storie.

Perché è un periodo in cui

l’ispirazione è in sciopero,

sperando ti torni presto :)

 

 

Le quattro volte in cui Sherlock lasciò tutto sottointeso e quella in cui lo esplicitò

 

 

 

-Vuoi una sigaretta?

John storse il naso, quando gli fu offerta. Guardò Sherlock di sbieco, scuotendo piano la testa:-No, sai come la penso sul fumo.

-Eri lì senza niente da fare e so che in guerra fumavi, quindi ho pensato di offrirtela.-replicò il detective, stringendo le labbra e sollevando le sopracciglia. Sembrava contrariato per il rifiuto.

-Sì, ma in mezzo al deserto quando stai per morire non c’è molto altro da fare, sai. Comunque, è stato...-alzò lo sguardo al cielo, alla ricerca di una risposta:-...insolito, da parte tua. Sei stato gentile, è una cosa carina.

L’altro roteò gli occhi, sbuffando così rumorosamente che il fiato gli spostò i riccioli dalla fronte, facendoli danzare per qualche attimo.

-Non sono state create ad altro scopo che per uccidere,-commentò poi John, fissando trucemente la sigaretta, come se questa gli avesse fatto un dispetto.

-E a far flirtare le persone, John.-lo contraddisse l’altro, scuotendo le spalle, mentre tirava una lunga boccata dalla sua, ad occhi chiusi.

-Mi stai dicendo che vuoi farmi fuori o che stai flirtando con me?-chiese il medico, divertito, lanciandogli un’occhiatina divisa tra la perplessità e la furbizia.

-Secondo te?-ribatté Sherlock, appoggiandosi alla colonna dietro di sé, occhieggiando la porta del bar per vedere quando il loro sospettato si sarebbe deciso ad uscire.

-Okay, okay.-replicò John alzando le mani in posizione di difesa:-Fammi almeno stendere testamento, prima.

La risata di Sherlock gli risuonò forte nelle orecchie, accordata alla sua.

 

 

 

☀●■●☀

 

 

-Ceniamo da Angelo, sta sera?

John alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, sporgendosi in avanti per guardare il suo orologio. In effetti era ora di cena.

-Come mai? Non abbiamo nessun caso.-replicò pigramente, mettendo il segnalibro alla pagina giusta e stiracchiandosi con uno sbadiglio.

-Il frigorifero è vuoto — o meglio, è pieno di arti, ma non credo siano commestibili — e la signora Hudson è da sua sorella. Quindi, ceniamo da Angelo?-replicò Sherlock con il tono deduzioni-a-macchinetta, come se si trattasse di una situazione completamente oggettiva — e noiosa.

John rise leggero:-Tu non ti preoccupi di queste cose.-disse, alzando le spalle:-Quello sono io.

-È che ho fame; da qualche parte dobbiamo pur trovare da mangiare.-replicò il detective, alzando le spalle e appoggiandosi allo stipite della porta con la spalla, a braccia incrociate.

-Tu che hai fame? Da segnare sul calendario.-replicò invece il dottore, alzandosi in piedi e rassettandosi il maglione con calma:-Non mangi mai.

-Non mangio mai durante un caso,-puntualizzò l’altro, con un’occhiata assassina:-o se sono troppo annoiato. Ma adesso sono in una situazione prettamente normale, quindi ho fame. La smetti di fare stupide constatazioni e mi rispondi?

-Ora sì che ti riconosco.-borbottò a bassa voce John, avanzando verso di lui con passo lento di chi non ha fretta:-Ma potremmo semplicemente ordinare cinese.

-Oppure potremmo cenare da Angelo.-suggerì ironicamente Mr. Ultima Parola, con le sopracciglia inarcate, il sarcasmo che traspariva da ogni inflessione vocale:-Che ne pensi?

-Cos’è, un appuntamento?

-Cos’è, ci hai preso gusto a rispondere alle mie domande con altre domande?

John si lasciò andare in un lungo sospiro, prendendo il cappotto dall’attacca-panni:-D’accordo.-disse, sconfitto:-Andiamo da Angelo.

 

 

 

☀●■●☀

 

 

 

Sherlock terminò di suonare, con un forte colpo di archetto.

John, che era seduto in poltrona, batté un paio di volte le mani, impressionato:-Bella.-commentò ad alta voce, con le sopracciglia sollevate:-Molto bella. La migliore fino ad ora, credo.

-Grazie.-replicò Sherlock, accennando un piccolo inchino, per il suo fare plateale: ma sorrideva. Appoggiò lo strumento e l’archetto, prima di lasciarsi cadere a peso morto sul divano.

-Non l’avevo mai sentita prima. L’hai composta?-incalzò il dottore, curioso, sporgendosi in avanti e appoggiando il volto alle mani, con i gomiti sulle ginocchia.

-Questa mattina.

-È magnifica. Come si chiama?-si informò poi, inclinando la testa di lato e osservandolo congiungere le mani e rannicchiarsi nella solita posizione da “sto pensando, non disturbare”.

-Non ha ancora un titolo. È per una persona.-arricciò le labbra, corrugando la fronte:-No, è su una persona.-si corresse subito dopo, annuendo deciso.

Che negli ultimi tempi il suo coinquilino stava diventando strano, John l’aveva oltremodo notato.

-Posso sapere chi?-chiese a bruciapelo, bruciando di divorante curiosità.

-È ovvio.

-È ovvio che lo posso sapere o è così ovvio che non me lo dirai?

Sherlock arricciò l’angolo della bocca verso l’alto. Amava le loro gare di dialettica: erano straordinariamente stimolanti.

-La seconda, credo.-borbottò, sorridendo e allungando improvvisamente le gambe in avanti, stiracchiandosi.

-Bé,-commentò John contrariato, guardandolo storto:-Per me non lo è.

-Per me sì.

Il medico sospirò pesantemente e alzò gli occhi al cielo, ma non replicò. Sapeva di aver perso in ogni caso.

 

 

 

☀●■●☀

 

 

-Non vai a dormire?-chiese  John, sapendo già che non avrebbe ottenuto nulla, lanciando al suo coinquilino un’occhiata. Era steso sul divano, le mani giunte, lo sguardo al soffitto.

Ovviamente stava pensando.

-No, ho bisogno di riflettere.-disse infatti, con la stessa inflessione vocale che si era aspettato. Bé, ormai lo conosceva.

-Su cosa?-si informò con fare distratto, mentre si preparava il terzo tè della serata: non aveva affatto intenzione di andare a letto finché Sherlock rimaneva in soggiorno, oppure questo lo avrebbe svegliato alle tre del mattino con il suono del suo dannatissimo violino.

-Su una cosa importante.

-Che cosa?

Sherlock sbuffò, roteando gli occhi.

-Non abbiamo un caso da giorni, a cosa hai bisogno di pensare?-ritentò nuovamente il dottore, un po’ più gentilmente, versandosi la bevanda nella tazza e iniziando a sorseggiarla a piccoli sorsi.

-A qualcosa di immensamente interessante ma altrettanto complicato.-fu l’unica, enigmatica risposta che ottenne. Scosse le spalle, tornando a sedersi.

-Che Sherlock Holmes sia innamorato?-azzardò, con un sorriso divertito, aspettandosi a breve un rimprovero.

-Dici sempre assurdità,-disse infatti il consulente, allungando i suoi pallidi arti sul divano, in modo quasi disumano. John occhieggiò l’orologio di nuovo, sospirando: si sentiva davvero stanco, così tanto che gli calavano le palpebre. Si fermò, indeciso per qualche istante, e poi decise di cedere: avrebbe almeno tentato di dormire un po’. Fece un cenno di saluto a Sherlock, nell’immobilità più totale, prima di iniziare lentamente a salire le scale per andare in camera sua, diretto ad un dolce sonno.

Quando fu solo nella stanza buia, il detective sospirò piano, sedendosi e appoggiando il volto alle mani.

-Ma per una volta ci avevi preso in pieno.-terminò a bassa voce, l’ultima sua sentenza, chiudendo gli occhi e lasciando spazio al silenzio.

 

 

 

☀●■●☀

 

 

 

-Dobbiamo andare a parlare con Maggie per le informazioni su Spencer.-borbottò Sherlock, guardando l’orologio e drizzandosi in piedi dalle sue mille carte e informazioni sull’ultimo caso affidatogli da Lestrade:-Ormai la rete dei senza tetto avrà fatto il suo dovere.

-Dove la troviamo?-si informò John con leggerezza, stropicciandosi gli occhi con le mani: non dormiva da ventisette ore, e cominciava ad essere stanco.

-In Totennham Court Road.-replicò tranquillamente Sherlock, infilandosi il suo bel cappotto Belstaff, annodandosi la sciarpa blu.

-Andiamo a Diagon Alley(1)?-borbottò il medico a bassa voce, infilandosi un maglione dalla fantasia molto contestabile sopra la maglietta leggera.

-Cosa?

-Lascia stare.

Tanto non l’avrebbe capita in ogni caso. Anzi, magari avrebbe chiesto “Harry chi?” con aria perplessa: lui, comunque, non voleva saperlo.

Sherlock si fermò un secondo, respirando pesantemente, immobile, come per decidere qualcosa. Poi si voltò di scatto, guardando John negli occhi, e con voce chiara chiese:-Esci con me?

-Nel senso che ti devo accompagnare?-scherzò il medico, alzando le spalle, allacciandosi le scarpe e chiudendo le imposte della cucina, giusto per essere sicuro. Ma Sherlock lo inseguì, tenendo sempre gli occhi su di lui.

-Nel senso di iniziare una relazione.-replicò alla fine, con forte decisione nella voce.

John si voltò a guardarlo, perplesso. Sherlock lo stava guardando con un’espressione seria e impassibile, senza essere arrossito nemmeno un po’ sulle guance.

-Stai scherzando?-chiese infine, con la gola secca.

-Sono serissimo.

E lo era davvero. Sbatté le ciglia un paio di volte, ma bene o male sembrava tranquillo.

-Io...-cominciò il medico, spostando il peso da un piede all’altro:-Ehm.

-Non mi offendo se dici di no.-disse Sherlock, roteando gli occhi e sistemandosi i guanti sulle mani, tornando quasi subito a guardarlo.

-Io non è...non è quello, è solo che è...-si fermò un attimo, mettendosi una mano sulla fronte, prima di terminare. Era una follia:-...inaspettato, diciamo.

-Ho cercato di fartelo capire. Ma sei ottuso.-disse il detective, con tutto il tatto di cui era dotato — molto, giusto per intenderci.

-Oh.-fu l’arguto commento di John:-Io...

-Non importa.-disse il detective, alzando le spalle e voltandosi, il soldato sospettò per non farsi vedere in volto:-Andiamo, ora.

-.-si risolse infine a dire John, rosso in viso:-Sì.

-Sì cosa?-chiese Sherlock, ancora voltato ma immobile sulla porta, senza muovere neanche un passo.

-Sì, uscirò con te.-disse l’altro, e nel farlo si sentì quasi un po’ emozionato. Il detective si voltò verso di lui, e così gli offrì un grande, largo sorriso. Sherlock rispose, di rimando, con l’aria di qualcuno che avesse preso una forte botta in testa.

-Okay, allora...okay.-mormorò il consulente, spostando il peso da un piede all’altro, mentre John si grattava il collo:-Allora noi...sì, sarà meglio andare.

Si voltò e raggiunse la porta, aprendola con fare quasi baldanzoso. E John, da dietro, lo seguì perché non avrebbe mai potuto fare altro.

 

 

 

 

 

 

 

(1) Riferimento a Harry Potter, ovviamente 

  
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