CAPITOLO 8
Abidjan
Scese
dal letto e si preparò a ripartire.
Non
era un mistero che fosse un completo disastro con le cravatte. Non erano
richieste nel suo lavoro, non erano utili. Avrebbe potuto preparare un cappio
ad occhi chiusi, ma qualcosa gli suggerì che non erano proprio quelle le mosse
da fare per procurarsi un nodo come si deve. Eppure non dovevano essere due
cose così diverse, no? Soffocavano, in entrambi i casi.
Si
innervosì nel dover cercare uno specchio per agevolarsi quantomeno il compito.
La
suite in cui soggiornavano, questa volta, era qualcosa che andava ben oltre
ogni più rosea aspettativa.
Quando
avevano comunicato loro che avrebbero dovuto presenziare a un evento mondano di
proporzioni sfacciatamente lussuose, certo non si era aspettato niente del
genere.
Una
suite da capogiro, grande il doppio del suo appartamento. Vasca da bagno
idromassaggio, mini bar e letto orgiastico che avrebbe potuto far accomodare
l’intero reparto di forze speciali dello SHIELD. Quello con gli omaccioni che
sembravano usciti da un film sul pugilato e donne che al posto delle braccia
avevano due macigni letali.
Era
solo grato del fatto che avessero riunito il duo.
Natasha
era di nuovo al suo fianco. Poteva sopportare un po' di disagio se non era solo
a doverlo affrontare.
Lei
era già sul pezzo, impeccabile nel suo elegante vestito color porpora. Cercava
di sistemarsi i capelli in un’acconciatura che si adattasse al suo nuovo taglio
di capelli.
“Ehi,
ci siamo rifatte il look.”
“Ho
solo tagliato i capelli, Barton, non facciamone una questione di stato.”
“Voleva
essere un complimento.”
Le
donava. Così come quel vestito metteva in evidenza le sue generose forme. Non
era del tutto certo che fosse consigliato partorire apprezzamenti del genere su
una collega.
Ma
tant’è. Non era ancora diventato un vecchio e sazio pezzo di ghiaccio.
Cercò
di concentrarsi una volta ancora su quel maledetto nodo. Una copertura che
crollava inesorabilmente per una sciatta cravatta non era esattamente qualcosa
che voleva far comparire sul curriculum.
“Sei
pronto?” la voce di Natasha alle sue spalle.
“In
un attimo.” Slegò di nuovo i due maledetti pezzi di stoffa colorata, pronto a
ricominciare.
Sbuffò
nervoso, prima di sentire i fianchi di lei che lo spintonavano di lato.
“Lascia…” gli ordinò, piazzandoglisi
di fronte, e prendendo in mano le redini della faccenda.
Clint
la osservò per qualche istante, prima di rivolgere lo sguardo al soffitto.
“Potevi
dirmelo prima che eri in grado di farlo.”
“Me
lo hai chiesto?”
Clint
stronfiò qualcosa ma non ebbe il tempo di concretizzare una rispostaccia che
Natasha aveva concluso.
“Fatto.
Muoviamoci”, in un attimo era uscita dal suo campo visivo. Solo il suo profumo
a testimoniarne la presenza. Non era sicuro di avergliene mai sentito addosso.
Si
trovò ad osservare nello specchio l’immagine riflessa di un ricco elegantone.
“Nella
prossima vita voglio rinascere farfalla.”
***
Il
salone straripava di gente bene: false risate, visi al botulino, e sofisticati
drink dai nomi esotici. Tutti offerti dall’associazione che aveva sponsorizzato
l’evento.
Clint
e Natasha avevano ottenuto un invito sotto il falso nome di Mr. e Mrs Todd. Due ricchi imprenditori.
Il
soggetto che avrebbero dovuto agganciare, tale Esteban
Gomez, li avrebbe condotti dritti dritti
all'obiettivo. Traffico d'armi dalla provenienza sospetta, un carico previsto
per quella sera stessa, ora e luogo ancora tutto da verificare. Quello che
avevano potuto ottenere, studiando i file che riguardavano la vita personale
del soggetto erano i suoi gusti nella sfera privata. La tendenza al gioco e
alla predisposizione ad interessarsi di donne sposate in grado di alimentare il
suo triste ego di tombeur e rovina famiglie.
Per
questo Natasha aveva preparato con cura la confezione che gli avrebbero
offerto. Clint doveva limitarsi a fare la parte dell'allocco. Natasha lo aveva
rassicurato, poche ore prima, che non avrebbe fatto fatica ad immedesimarcisi. Clint aveva accusato l'offesa con qualche
minuto di ritardo.
“Sono
sicuro di avere appena visto Steve Tyler al tavolo degli alcolici”, si chinò su
Natasha con aria confidenziale.
“Non
so chi sia, ma immagino nemmeno dovrei chiedertelo per non ricevere risposte
che non mi interessano.”
“Dai,
quello della colonna sonora di Armageddon.”
Natasha
gli rivolse uno sguardo piuttosto esplicito.
“Lascia
perdere…” sbuffò qualcosa, lasciandosi, di tanto in
tanto sfuggire sorrisi affabili e marcata affezione per la sua splendida
compagna.
“Avrei
preferito vestirmi da cameriere”, sussurrò, per nulla convinto della copertura,
stando bene attento a stringere la donna quel tanto che bastava per rendersi
credibile, ma non eccessivamente per evitare di prendersi un tacco sul piede.
“Smettila,
stai andando bene”
“Era
forse un complimento?”
“No.”
Un
allocco da manuale.
Non
ci volle molto per attirare l'attenzione del ricco magnate sudamericano.
Natasha spiccava in quel mortorio di carne rifatta, vecchiume e abbronzatura
artificiale.
Una
rapida presentazione, un paio di buone parole e l'aggancio era riuscito
perfettamente.
Clint
era stato isolato dalla conversazione in un nanosecondo.
Era
forse la prima volta che osservava Natasha in azione da così breve distanza.
Non era sicuro che lo spettacolo fosse di suo gradimento. Tutti quei sorrisi,
quelle risposte scontate, il flirt spontaneo che trasudava da ogni espressione,
ogni piccolo gesto. Non glieli riconosceva.
Sebbene,
doveva ammettere, a un occhio inesperto dovevano risultare piuttosto credibili.
Come
un amante geloso, strinse la mano al suo fianco, rivendicando la proprietà di
quella moglie fittizia; mossa che irrigidì Natasha ma che fece colpo sul buon Esteban.
Rivolgeva
ai due uno sguardo strano, predatorio, l'inganno aveva dato i suoi frutti.
“Cliff, ho sete.” Natasha gli si era rivolta con uno sguardo supplice, che lasciava intendere tutt'altro.
Lui
si accertò con uno sguardo che fosse davvero pronta per la mossa successiva e
la lasciò andare.
“Torno
subito”, le rispose, avvicinandola quel tanto che bastava per lanciare uno
sguardo sospetto all'uomo e un bacio sulla guancia di lei. “Dieci minuti.”
sussurrò al suo orecchio, concordando i tempi della fase due. Lei emise una
risatina svenevole e gli accarezzò il braccio con aria lasciva.
In
un attimo si allontanò. Si diede solo un rapido sguardo alle spalle, per vedere
Esteban Gomez agganciare il braccio della compagna, e
accompagnarla lungo il salone: non aveva certo perso tempo.
Guardò
l'orologio: le 20 e 35.
Una
scopata per l'ora di cena, era questo che si aspettava?
Andò
a recuperare un bicchiere d'acqua, giusto per schiarirsi le idee: l'idea di
Natasha in una stanza appartata con un porco dall'aria viscida, per la prima
volta, lo rese estremamente nervoso.
***
Natasha
aveva già tessuto la sua tela e iniettato il suo veleno. Esteban
giaceva steso al suolo di quel lussuoso bagno dai pomelli d'oro, mani e piedi
legati, brache calate e l'espressione di chi non ci aveva capito proprio un
nulla di quanto appena successo. Un occhio nero e sangue sulle labbra a
testimoniare che il lavoro era già stato portato a termine.
“Mi
ha morso! Quella puttana mi ha morso!”
Clint
aveva accuratamente richiuso la porta alle sue spalle. L'uomo, chissà come,
sembrava assurdamente convinto che, in virtù di una non ben chiara fratellanza
maschile, dovesse essere solidale con lui.
“Amico, sei legato mani e piedi e ti preoccupi di un morso? Hai appena cercato di scoparti mia moglie, che diavolo ti aspettavi?” trotterellò a mo' di scherno al centro dei bagni, mentre Natasha si stava lavando il viso con aria spiccia e casuale. “Ha cantato?”
L'uomo
li guardava con occhi pieni di terrore.
“Non
ce n'è stato bisogno. Ho il suo BlackBerry. Ci sono
tutti i dettagli”, e nel dirlo gli lanciò il cellulare che Clint afferrò
prontamente, facendo scorrere in rapide mosse mail e sms già abilmente
decriptati che riguardavano la faccenda.
“Non
mi sembri un tipo molto astuto.”
“Chi
cazzo siete? Cosa credete di fare?!”
Clint
gli si inginocchiò di fianco, lanciandogli uno sguardo valutativo.
“Evirarti
e spedire i tuoi genitali per posta a tutti i mariti che hai reso cornuti.”
Lo
sguardo di terrore dell'uomo gli permise di capire rapidamente che razza di
individuo fosse.
“A
questo importa più del suo pene che del suo culo di quando finirà in galera per
traffico d'armi.”
“C-Che
cosa? Non riuscirete a scamparla, non avete idea di con chi avrete a che fare!”
Clint
era già stufo delle sue chiacchiere. Gli dette un botta in testa e l'uomo cadde
a terra, privo di sensi.
Natasha
si era rassettata alla bell'e meglio. I segni rossi che aveva sul collo e la
capigliatura scomposta, gli diedero una chiara idea di quello che era accaduto.
Suo malgrado senti lo stomaco aggrovigliarsi disubbidiente.
“Ti
ha strappato il vestito”, fu tutto quello che disse, riavvicinandola. Allungò
una mano per sistemare il danno, proprio vicino alla spallina. Di nuovo quel
profumo sconosciuto a stuzzicarlo, il calore della sua pelle. Agganciò lo
sguardo di lei allo specchio, e fu certo che ci fosse qualcosa di profondamente
sbagliato nel modo in cui si stavano guardando. Un'aspettativa a cui non sapeva
dare un nome.
Ma
fu solo un attimo. Natasha era di nuovo padrona della situazione.
“Non
è niente di grave. Tanto ora ce ne andiamo di qui.” La vide scostarsi. Persino
il rossetto sbavato ai lati delle labbra gli diede fastidio. Non era chiaro se
lei se ne fosse accorta, ma aveva già preso a levarselo con l'aiuto di un
asciugamano umido.
Clint
le diede un ultimo sguardo e si premurò di andare a nascondere il corpo
dell'uomo. Qualcuno sarebbe andato a prelevarlo per loro, di lì a poco.
“Quando
sei pronta”, le porse il braccio. Natasha non si fece attendere.
Erano
pronti per la fase tre.
***
Una
guerriglia urbana, di nuovo.
Chiunque
gli avesse detto che sarebbe stata una missione tranquilla, in quell'istante
avrebbe visto la punta di una delle sue frecce direttamente nel bulbo oculare.
I
muscoli a pezzi, l'attenzione che cominciava a diventare un serio problema, la
mancanza di sonno, cibo, acqua, l'alba che si affacciava timida dopo ore di
lotta tenace.
L'arrivo
dei rinforzi dello SHIELD era stata un'inattesa benedizione, non avrebbero
potuto reggere ancora per molto.
La
zona doveva essere evacuata per permettere la liquidazione totale.
“Dobbiamo
andarcene da qui!” Natasha aveva un aspetto stravolto. Niente a che fare con la
donna affascinante con cui aveva avuto a che fare solo qualche ora prima. Di
fatto la preferiva in quelle vesti. Anche se era certo che non gli sarebbe
piaciuto vederla perdere i sensi per mancanza di riposo.
La
vide annuire impercettibilmente e la folle corsa che ne seguì, fra una scoccata
di frecce e scariche di pistola, si concluse con l'individuazione di un
elicottero che era arrivato apposta per loro.
“Non
può avvicinarsi!” gridò Natasha. Aveva ragione. Il lancio ripetuto di granate a
pochi metri di distanza mettevano in pericolo loro e il pilota.
L'unica
opzione era quella di trovare un luogo sicuro e attendere che tutto fosse
finito.
Già,
più facile a dirsi che a farsi.
Fu
Natasha a trovare la soluzione, già tacitamente d'accordo con lui su quale
fosse la loro prossima mossa.
Lo
sospinse concentrando la sua forza in quell'ultima impresa. Individuò un
ammasso di detriti accanto a un camion ribaltato. Si lanciò in quella
direzione, prima che gli aerei dello SHIELD decidessero di scaricare una serie
di mitragliate risolutive.
C'era
l'eco sotto quelle lamiere, puzza di calce e polvere in quelle macerie.
L'uno
vicino all'altro a trattenere il respiro, mentre fuori si scatenava l'inferno.
Natasha
teneva un polso in maniera innaturale. Doveva esserselo slogato. Sangue e
ferite a profusione le incorniciavano il viso.
“Hanno
cercato di indorarci la pillola con tutto quel lusso”, biascicò lui a fatica, i
muscoli a pezzi, l'esausta gratitudine di chi ha un breve, seppur obbligato,
attimo di riposo.
“Preferisco
questo”, la risposta scontata e un po' preoccupante di Natasha.
“Chissà
come, me l'immaginavo.”
“No... preferisco questo”, riprese lei, la frase ad intendere evidentemente tutt'altro. Lo stava guardando. “Questo s-siamo noi. Nessuna copertura, nessun... inganno.”
Non
gli era chiaro quello che stava cercando di dirgli, ma non si perse una sola
sfumatura.
Si ritrovò ad annuire, senza quasi registrarlo. Non piaceva nemmeno a lui fingere, spacciarsi per qualcun altro. Né vederlo fare a lei. Era forse questo che Natasha stava cercando di dirgli? Un sottile rimprovero per la sua infondata gelosia? L'assurda rassicurazione che non c'era niente di vero in quello che era costretta a fare per lavoro, se non quando poteva essere semplicemente se stessa, al suo fianco?
Si
maledisse per il pensiero totalmente fuori luogo.
Un'esplosione
e le lamiere si incrinarono. Sentì Natasha stringerglisi
addosso.
“Fury
ci dovrà spedire in vacanza per un po', d-dopo questa.”
Il
silenzio che ne seguì fu inquietante e rassicurante al tempo stesso.
La
guerriglia sembrava sedata.
Le
pale di un elicottero sopra le loro teste, Clint sventolava le braccia per
farsi riconoscere.
Sopravvissuti.
Ancora una volta. Ancora insieme.
Quando
si volse per condividere quell'attimo di rinnovata conquista, Natasha gli
sorrise.
Un
sorriso limpido, sincero. Totalmente suo.
___________
N.d.A: Eh già, ancora un capitolo e dovremo dire addio anche a questa storia. Una sola città per cementare definitivamente il rapporto dei nostri due agenti operativi… o per distruggerlo? Catastrofismi dietro l’angolo? No, volevamo solo mettere un po’ di pepe all’attesa (ci riesce malissimo). Insomma: ringraziamenti e genuflessioni per chi è arrivano fin qui e ci seguirà fino alla fine. E un grazzzzzie con diverse zeta, perché: melius abundare quam deficere, anche a chi ci ha recensito. Dopo questa botta di cultura non richiesta, non ci resta che darvi appuntamento alla prossima per un arrivederci come si deve! Bye.