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Autore: Luly Love    08/10/2013    3 recensioni
Se non fosse stato così preoccupato per Aqua, Vanitas avrebbe dato di matto. Una delle - poche - cose che lui e la ragazza avevano in comune era la mania per l’ordine. Già, Vanitas, per quanto casinista e amante del caos, esigeva che in casa sua ogni cosa avesse e mantenesse un ordine preciso. Aqua non era da meno; la sola differenza era che lei pretendeva ordine in tutto, non solo nella casa. Pragmatica com’era, anche il minimo squilibrio bastava a farle saltare i nervi.
Adesso, invece, era lì, in mezzo a quella che pareva la distruzione più totale, e non stava urlando, né smaniava per sistemare tutto. No, semplicemente se ne stava con la schiena poggiata contro il comodino, le gambe allungate, le mani in grembo; aveva l’aria distrutta, con i capelli arruffati e i vestiti sgualciti.
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Per il compleanno di antocharis. Hope U like it, dear!
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aqua, Vanitas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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NB: presenza di nonsense. Fidatevi, c’è eccome, ma non abbastanza da  metterlo nelle note.
Inoltre, sul finale potrebbe deludere
 
 
Just give me a reason
 
 
 
La stanza, di solito sempre ordinata, sembrava reduce dallo scoppio di una bomba o dal passaggio di un uragano: vestiti, scarpe, biancheria, libri, altre scarpe. Niente era al proprio posto; piuttosto, si trovavano lì dove nessuno li avrebbe messi mai, non per lunghi periodi almeno.
Sul letto, sugli armadi, sul pavimento, sul davanzale, gli uni sopra gli altri.
Se non fosse stato così preoccupato per Aqua, Vanitas avrebbe dato di matto. Una delle - poche - cose che lui e la ragazza avevano in comune era la mania per l’ordine. Già, Vanitas, per quanto casinista e amante del caos, esigeva che in casa sua ogni cosa avesse e mantenesse un ordine preciso. Aqua non era da meno; la sola differenza era che lei pretendeva ordine in tutto, non solo nella casa. Pragmatica com’era, anche il minimo squilibrio bastava a farle saltare i nervi.
Adesso, invece, era lì, in mezzo a quella che pareva la distruzione più totale, e non stava urlando, né smaniava per sistemare tutto. No, semplicemente se ne stava con la schiena poggiata contro il comodino, le gambe allungate, le mani in grembo; aveva l’aria distrutta, con i capelli arruffati e i vestiti sgualciti.
Vanitas avrebbe anche riso, ma, come già detto, la situazione non era per niente normale; lo sguardo che la ragazza aveva negli occhi lo preoccupava. Avrebbe mentito dicendo che non capiva come, tutto d’un tratto, lei fosse ammattita; la verità era che aveva finto di non capire, di non vedere, perché era comodo, molto comodo. O almeno così aveva creduto. Perché ora, col famoso senno di poi, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro nel tempo anche solo di tre giorni e affrontare la situazione.
Ogni lasciata è perduta, pensò appoggiandosi con una spalla allo stipite. Si schiarì la gola, ma non ricevette l’attenzione di lei.
– Ti serve una mano a mettere in ordine? – chiese.
Lei non alzò nemmeno la testa, continuò a fissare un punto imprecisato della parete che aveva di fronte con sguardo vuoto.
– Non lo trovo. Da nessuna parte. – mormorò dopo un po’ a voce così bassa che Vanitas credette di aver immaginato la sua voce.
– Cosa non trovi? –
Lei alzò la testa di scattò, puntandogli addosso i suoi occhi azzurrissimi e pieni di lacrime; preso alla sprovvista dal suo gesto e dalle lacrime, si staccò dallo stipite e barcollò in avanti di un paio di passi, per poi raggelarsi.
Aprì la bocca, senza riuscire però ad emettere alcun suono. Le uniche volte che aveva visto piangere Aqua era stato al funerale di suo padre e il giorno in cui si era lasciata con Terra. E nel secondo caso erano state lacrime di rabbia, nonostante avessero deciso di comune accordo di lasciarsi.
Riportò l’attenzione sulla ragazza, che in quel momento sembrava la versione distrutta e fragile di se stessa, niente altro che una pallida ombra. Si sentì un verme nel realizzare che era principalmente colpa sua se lei era in quello stato.
– Una ragione. Non trovo una ragione. – rispose Aqua, la voce tremante.
– Una... ragione? – fece lui incredulo. – Per cosa? –
Una strana luce si accese nello sguardo di lei.
– Una ragione per restare. Tutti - mia madre, mia sorella, le mie amiche - dicono che dovrei andarmene, lasciarti, tornare alle vecchie abitudini. Dicono che tu mi abbia cambiata, che da quando la nostra storia è diventata una cosa seria non sono più la stessa. –
Si fermò per prendere un respiro profondo e riprese.
– Non fanno altro che paragonarti a Terra; mi fanno notare la tua mancanza di serietà, la tua tendenza all’illecito e al sadico. Ti sminuiscono in continuazione. –
Una risata amara/sarcastica gli morì in gola: sapeva benissimo che gli parlavano male alle spalle, così come sapeva bene che tutte le persone legate ad Aqua lo vedevano come il figlio del demonio sceso in terra per portare la ragazza sulla strada della perdizione. A volte litigavano sulla cosa, oppure ridevano, o facevano finta di niente. Ma mai Aqua aveva avuto una reazione del genere. Si preparò al peggio.
– Io rispondo che non sono affari loro, con te sto benissimo, che non so più cosa sia la routine e questo mi sta benissimo, ma sempre più spesso ho paura che, forse, parlo così perché sono accecata dall’amore e dalla libertà. Amavo Terra, ma la vita con lui era troppo semplice e monotona. Con te invece... ogni giorno è una novità, è meraviglioso non sentirsi mai giudicata dalla persona che ti sta affianco, ma non è solo questo che mi piace, sei anche tu.
Però mi trovo a pensare: e se avessero ragione? Sono così confusa, così in crisi. Non voglio che tutto questo sia una perdita di tempo o un’illusione. –
Vanitas era ancora paralizzato, come un animale in attesa del colpo di grazia. Per quanto tutti lo credessero senza cuore - e talvolta era così - da quando stava con Aqua era cambiato, sebbene bisognasse conoscerlo bene e scavare un po’ per accorgersene; non che avesse proprio messo la testa apposto, ma era pronto a farlo se lei glielo avesse chiesto.
Quando Aqua e Terra si erano lasciati, per puro odio nei confronti del moro, per affondargli il dito nella piaga, si era avvicinato a lei e, con stupefacente facilità, aveva preso a corteggiarla spudoratamente. E lei ci era stata, fino al fidanzamento ufficiale e alla convivenza che tuttora duravano. Ma, a giudicare dal discorso che Aqua aveva appena iniziato, erano giunti al capolinea.
Vanitas strinse la mani a pugno così forte da lasciare delle mezzelune del palmo.
Non me ne andrò senza combattere.
– E dunque? – le domandò, mostrandosi più sicuro di quanto fosse.
– Anche se avessi un milione di ragioni per andar via, continuerò a cercarne anche solo una per rimanere. Perciò... eccomi qui. – e concluse scrollando le spalle.
Vanitas era ancor più shoccato.
– E tu staresti cercando materialmente una cosa che è tutto fuorchè materiale? –
Calò il silenzio, interrotto dopo poco da un singhiozzo isterico di Aqua.
– Il ritratto della disperazione, vero? – chiese, mentre le lacrime iniziarono a scenderle giù dalle guance.
Il ragazzo fece spallucce e andò ad inginocchiarsi di fronte a lei.
– Mia madre dice che se è importante trovi un modo, se non lo è trovi una scusa. – le disse, serio come poche volte.
Aqua si gettò nel calore degli occhi ambrati del suo ragazzo, cercando lì una risposta ai suoi problemi. Sapeva di essersi comportata in modo sbagliato in quei giorni, con silenzi prolungati e distaccate attenzioni.
Lo amava, molto più di quanto avesse amato Terra, ne era sicura, ma sapeva che a volte l’amore non basta.
Improvvisamente fu costretta ad uscire dai propri ragionamenti perché Vanitas l’aveva tratta a sé per stringerla fra le braccia.
– Non sono pronto per perderti. – le sussurrò fra i capelli. – Spero che questa ragione ti basti. –
Una nuova ondata di lacrime sgorgò dagli occhi di Aqua, lacrime di sollievo.
Ovviamente non bastava che Vanitas avesse bisogno di lei, ma era un inizio. Chiuse gli occhi e vide che piano, uno alla volta, i pezzi stavano tornando al loro posto. O molto probabilmente c’erano sempre stati, era solo lei che aveva bisogno di vederli con chiarezza.
–Non posso prometterti che la nostra storia sarà una passeggiata, ma ti giuro che farò di tutto per renderti felice. Sono difficile sotto ogni aspetto, lo so, ma sono pronto a cambiare. – continuò.
–Oh no, no Vanitas! – saltò su lei. – Non mi frega di quello che dicono o pensano gli altri.
Io credevo solo che ci fosse un minimo di verità. Ma adesso tu hai dissipato i miei dubbi. –
–Tutti? –
–Tutti. – rispose lei, per poi aggiungere a voce bassa: – Per ora. –
Lui le diede un’ultima stretta, poi si alzò guardandosi intorno, imitato da Aqua.
– Ti amo. – gli disse questa alzandosi sulle punte per baciarlo.
– Anche io. –
Insieme, in silenzio, cominciarono a mettere in ordine; ogni volta che passavano uno vicino all’altra, si fermavano per una carezza sulla guancia o sulla schiena, per un bacio o un sorriso.
– Comunque credo di averla trovata, la ragione per rimanere. – ruppe il silenzio Aqua dopo un po’ mentre ripiegava un paio di calzini.
– Ovvero? –
–Noi. –
 
 
 
Angolo autrice:
Auguri di buon compleanno, Rex! Spero ti sia piaciuta. Il finale come ti sembra? So che potrebbe apparire frettoloso e incoerente, ma, in un certo senso che non so spiegare, è voluto.
E niente. Sono soddisfatta del risultato. Per quanto ami la VanVen, credo che la VanAqua abbia il suo fascino. All’estero è particolarmente apprezzata, sai?
Il titolo, ovviamente, prende ispirazione alla meravigliosa canzone di P!nk ft. Nate Ruess.
Detto questo, vado, che domani ho compito di chimica.
Ancora auguri e un bacio a te!
Luly
 
Ps: ovviamente voialtri recensite, mi raccomando!

 
  
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