Fanfic su artisti musicali > Beatles
Ricorda la storia  |      
Autore: Kia85    09/10/2013    5 recensioni
Buon 73° compleanno, John.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'My present is you'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Happy birthday, John.

Kiss me

 

 

“L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un tè.”

(Anonimo)

 

 

“Ho deciso quale regalo voglio da te.” esclamò John, rivolgendogli un gran sorriso.

Non meno di cinque minuti prima Paul gli aveva chiesto che cosa desiderasse come regalo di compleanno da parte sua. Un bel “Arrangiati!” fu la prima risposta di John, ma Paul l’aveva implorato di aiutarlo, prima di tutto perché mancavano solo un paio di giorni, ed inoltre era meglio che Paul gli regalasse qualcosa che gli servisse davvero, piuttosto che qualcosa che l’anno dopo John avrebbe distrattamente riciclato, magari per lo stesso Paul.

Così alla fine John gli aveva detto che ci avrebbe pensato e lo fece davvero, mentre si trovavano nella camera di Paul, con le loro preziose chitarre, tutti intenti a scrivere un altro grande capolavoro, come a Paul piaceva chiamarli.

“Bene, di che si tratta?” domandò, senza alzare lo sguardo dal quadernino dove scrivevano i loro testi e relativi accordi, “Non dirmi Elvis, perché non si può.”

John mise il broncio: “Perché?”

“Problemi logistici, sai.”

“D’accordo, allora mi accontenterò di qualcosa di più semplice." 

“Cosa?” domandò Paul, senza sapere che quella sarebbe diventata la parola più pericolosa che avesse mai pronunciato.

“Baciami.”

Paul alzò la testa dal suo quaderno e lo guardò come… come se… in effetti non sapeva bene come guardarlo. Dopotutto si trattava sempre di John Lennon e se c’era una cosa che ancora non aveva ben compreso di lui, era distinguere quando scherzava da quando era serio. E non poteva neanche cercare di decifrare il suo sguardo, perché John era perfettamente in grado di raccontare una barzelletta e assumere l’espressione più tetra, così come annunciare una tragedia tra una risata e l’altra.

Ma questa volta Paul decise che sì, John stava scherzando, era ovvio, e lui doveva semplicemente stare al gioco, per non essere preso in giro. Quante volte c’era cascato?

“Oggi no, amore, ho le labbra secche. Facciamo domani.” esclamò ridendo e tornò a guardare i versi scritti sul quaderno.

“Va bene lo stesso per me.” rispose John, appoggiando con cura la chitarra sul pavimento, “Non importa. Dai, baciami.”

E fu quando John si sporse un po’ verso di lui che Paul capì che non stava scherzando. Diamine, non stava scherzando affatto!

“Finiscila, John. Non è divertente.” affermò, tirandosi leggermente indietro.

“Come fai a saperlo se non ci abbiamo mai provato? Hai baciato altri ragazzi?” gli domandò l’amico, come se stessero tranquillamente discutendo con quale accordo dovesse terminare la canzone.

L’espressione che Paul gli rivolse fu una delle più sbalordite e indignate che lui potesse mostrare: “Cosa? No! Ma che diamine ti salta in testa?”

John sorrise, incurante delle proteste dell’amico, e arrancò verso di lui: “Bene, allora proviamoci.”

Il quaderno fra le mani di Paul scivolò per terra e lui non riuscì ad alzarsi abbastanza velocemente. John lo inchiodò gentilmente contro il materasso e continuò a sorridergli, con un sorriso che era stranamente genuino, spoglio della sua solita aria beffarda. E questo, più di tutto il resto, fece tremare Paul. Dalla testa ai piedi. Un unico grande fremito sotto il corpo di John.

“Lasciami andare.” mormorò, quasi in un sibilo.

“Andiamo, Paul, non è poi così diverso dal baciare una ragazza, giusto? Non mi sembra di avere due lingue e tre labbra!” Ridacchiò, avvicinandosi a lui, tanto che ora la punta del suo naso sfiorava il suo, “Te lo immagini? Sarebbe davvero mostruoso.”

Tuttavia Paul non era affatto divertito come John. Al contrario era totalmente terrorizzato e si dimenò un po’ per cercare di liberarsi dalla presa dell’altro ragazzo il più presto possibile.

“John, ti prego, togliti di dosso.”

John si sollevò appena per guardarlo meglio negli occhi: “Si tratta solo di un bacio innocente, Paul. Che problema hai?”

“Che problema hai tu?” ribatté Paul, “Non sono così.”

“Così come?” domandò lentamente John.

Così! Così che vado in giro a baciare ragazzi per provare, perché sono troppo annoiato dalla mia vita tediosa.” sbottò Paul e ancora prima che John si mettesse a sedere, con un’espressione contrita sul suo volto, capì che quello che stava dicendo, il modo in cui lo stava dicendo fosse troppo avvelenato.

“Io non vado in giro a baciare ragazzi.”

“Eppure mi hai appena chiesto di farlo. Come mai? Stu ti ha rifiutato e ora ti butti su di me per soddisfare le tue piccole curiosità da pervertito?!”

“Vaffanculo, McCartney!” imprecò John e senza dire nient’altro, senza rivolgergli un solo sguardo, si alzò, afferrò la sua chitarra e se ne andò.

Paul rimase sdraiato sul suo letto, ascoltando i passi di John che scendevano le scale frettolosamente. Mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, ancora incredulo per quello che era accaduto, ma John gli aveva davvero chiesto di baciarlo, così di punto in bianco. E ci aveva anche provato: Paul poteva percepire il calore delle mani di John ancora sui suoi polsi e il cuore che batteva all’impazzata, come se non trovasse alcun modo per riuscire a calmarsi.

E il suo cuore continuò a battere per tutta la sera, e il giorno dopo, e quello dopo ancora. Batteva e sussultava, facendolo fremere stranamente ogni volta che ascoltava la voce di John che gli sussurrava baciami, ogni volta che rivedeva le sue labbra che si avvicinavano pericolosamente. Ogni volta che sentiva la paura afferrarlo e sconvolgerlo.

Dio, quanto era stato stupido! Perché aveva avuto paura? Si trattava solo di un bacio, John non gli aveva di certo chiesto di sposarsi e vivere insieme per il resto della vita.

La risposta non era poi così semplice: poteva aver avuto paura perché si trattava di baciare John, oppure di baciare un ragazzo, oppure tutte e due e Paul stava semplicemente andando in confusione.

La verità era che aveva avuto paura perché temeva di scoprire di averlo desiderato, come l’aveva desiderato John. Sempre che John l’avesse desiderato e che non si trattasse di uno dei suoi capricci. Paul non poteva saperlo, John se n’era andato prima di poter dire altro.

E oggi era il suo compleanno. Era da quel giorno che non si vedevano e Paul voleva fare pace, chiedergli scusa per quello che gli aveva detto e sperando che lui lo lasciasse almeno entrare in camera sua, fargli anche gli auguri di buon compleanno. Solo questo.

Certamente questo non sarebbe accaduto se Paul fosse rimasto a casa sua. Così si decise una volta per tutte e raggiunse Woolton a piedi. Il cuore continuava a battere forte, dettando un preciso ritmo da seguire con il suo passo. Quando arrivò, le sue gambe tremavano leggermente e lui bussò con la mano che tremava vistosamente. Fu Mimi ad aprirgli la porta.

“Buonasera, signora.” la salutò lui educatamente, rivolgendole un gran sorriso.

Mimi lo guardò con un sopracciglio alzato e Paul rise sotto i baffi: sapeva di non piacerle, per qualche strano motivo che ancora Paul non aveva ben compreso. Nonostante ciò, lui non mancava mai di essere cortese con lei, perché anche se sapeva essere davvero pedante con John e i suoi amichetti e lui la prendesse molto spesso in giro, lamentandosi di quanto fosse impicciona, Paul era certo che quello non fosse nient’altro che il loro modo di dimostrare l’affetto che provavano l’uno per l’altra. Forse un modo alquanto strano, certo, ma l’importante era che per John quella donna fosse proprio come una madre e guai a chi osava mancarle di rispetto.

“Paul. Entra pure. John è in camera sua.” gli disse, ben consapevole di quale fosse lo scopo della sua visita.

“Grazie. Posso salire?” domandò lui e fece per allungare una mano verso il corrimano.

Ma fu fermato dolcemente da Mimi: “Dipende.”

“Da cosa?” le chiese, sorpreso che lei l'avesse fermato.

Era strano che volesse parlare con lui, non accadeva praticamente mai, solitamente si limitava a rivolgergli un cenno verso le scale. Ora, invece, gli fece capire di seguirla in cucina e così lui fece.

“Da quello che vuoi dirgli.”

Paul fu preso un po’ in contropiede e si fermò proprio in mezzo alla stanza, lo sguardo fisso sulla donna e le orecchie che si drizzarono, un po’ spaventate da ciò che avrebbero udito.

“Avete litigato, vero?” gli chiese dolcemente.

La domanda lo riportò subito all’ultima volta che aveva visto John, alla sua richiesta strana, e Paul arrossì vistosamente, chinando il capo.

“Sai, Paul, sono sempre molto attenta a tutto ciò che riguarda John e da diverso tempo riesco a capire con chi ha litigato, fra i suoi amici, a seconda dell’umore che si ritrova. Per esempio, se litiga con Stuart diventa taciturno e non parla più con nessuno, mentre se litiga con Cynthia, allora diventa aggressivo e inveisce contro chiunque gli capiti a tiro. Ma quando litiga con te, è un miscuglio tra tutte queste reazioni, come se non sapesse davvero quale scegliere per sfogare il dispiacere che prova per aver litigato con te. E in questi ultimi giorni, John è stato proprio così. Difficile da sopportare, sai?”

“M-mi dispiace.” le disse senza impedire a se stesso di balbettare.

Mimi si avvicinò, continuando a sorridergli con tenerezza e poi gli prese una mano fra le sue, accarezzandola gentilmente: “Qualunque cosa sia successa, devi dire questo a lui, non a me.”

“Lo farò.”

“E sono sicura che anche lui alla fine te lo dirà. Anche il nostro Johnny sa capire quando sbaglia.”

In altre occasioni Paul sarebbe stato d’accordo, ma forse questa volta la colpa era solo sua e John non aveva fatto niente di male. Non l’aveva insultato, non l’aveva picchiato, non aveva fatto niente di niente, a parte sorridergli teneramente e chiedergli una dimostrazione d’affetto.

“E per facilitare il rappacificamento…” Mimi richiamò la sua attenzione avvicinandosi al tavolo della cucina, “Portargli un po’ di tè. Stavo per farlo io, ma immagino che potresti farlo tu, ora, che ne dici?”

Paul annuì e la osservò mentre aggiungeva una tazza e un cucchiaino sul vassoio. Poi glielo porse sorridendo.

“Ecco qua. Di fronte a una tazza di tè diventa tutto più facile e non si litiga mai!”

Paul sorrise e poi si incamminò su per le scale, che molte volte aveva ormai percorso per salire nella piccola camera di John. Ad ogni scalino, una nuova emozione si aggiungeva a tutto quel bel mucchietto che già stava provando e che lo stava mandando sempre più in confusione.

Quando fu di fronte alla porta e bussò, il suo cuore batteva così forte che ormai lo sentiva rimbombare in ogni parte di lui, soprattutto nelle orecchie, così tanto che in un primo momento non riuscì a sentire la voce vellutata di John dire, “Avanti”. E quando John fu sul punto di ripetere l’invito, Paul si decise ad aprire la porta, facendo molta attenzione a non rovesciare il vassoio e tutto il servizio di porcellana. Se si fosse rotto, allora quella sarebbe stata la fine tra lui e Mimi.

John era seduto sul suo letto, la schiena contro il muro, il quaderno dei suoi schizzi sul suo grembo, una matita dietro l’orecchio e gli occhi che non riuscirono subito a nascondere la sorpresa di vedere Paul proprio lì, in camera sua.

“Ciao.” lo salutò con voce tremante, restando immobile sulla soglia della stanza, “Posso entrare? Ho portato il tè.”

John annuì, questa volta apaticamente e lo guardò entrare e appoggiare il vassoio sul suo comodino.

“Non è che l’ho portato io, Mimi mi ha chiesto di portarlo su, ecco tutto.” spiegò Paul, sorridendo nervosamente e accorgendosi di aver appena detto qualcosa di assolutamente insensato.

Santo cielo, era agitato come non lo era mai stato prima d’ora e tutto questo per John. Odiava sentirsi agitato con l’unica persona che al contrario l’aveva sempre fatto sentire a proprio agio. Odiava non sapere cosa dire e uscirsene alla fine con affermazioni stupidissime. Odiava anche John perché non stava contribuendo a farlo sentire meglio, restando al proprio posto, senza muovere un muscolo, senza fiatare, con la stessa espressione di totale apatia che innervosiva Paul ancor di più.

“Posso sedermi?” chiese infine Paul.

Tuttavia da qualche parte doveva pure cominciare.

John si limitò a scrollare le spalle e Paul lo prese come un sì. Solo che quando lui si sedette accanto all’amico, questi si alzò, andando verso la finestra e gettando una volta per tutte l’umore di Paul sotto i piedi. Aveva voglia di alzarsi e andarsene, ma non poteva e non l’avrebbe mai fatto. Sarebbe stata la fine della sua amicizia con John e perdere John non era un’opzione, soprattutto se era a causa di uno stupidissimo bacio.

“Mi dispiace, John.”

Finalmente John si degnò di guardarlo, appoggiandosi alla finestra e incrociando le braccia sul petto: “Ti dispiace?”

Il suo tono era quasi incredulo e Paul si sentì in dovere di spiegare le sue scuse.

“Sì, mi dispiace che quello che ho detto ti abbia fatto arrabbiare.”      

“Sai quanto me ne può importare…” sbottò John, tornando a guardare fuori dalla finestra, e Paul semplicemente lo osservò con la bocca leggermente aperta, in un’espressione di totale idiozia.

“Non sei arrabbiato per quello che ho detto?”

“No.”

“Allora perché?” gli domandò, agitandosi perché a questo punto non sapeva per cosa avrebbe dovuto scusarsi,  “Io non ho fatto nient’alt-”

“E’ proprio questo il punto.” rispose John, voltandosi verso di lui, l’espressione quasi scoraggiata, “Non hai fatto niente.”

Paul arrossì appena, sentendo un dolce calore espandersi sul viso e sul collo: “Ma John, come potevi pretendere che facessi…quello? Mi hai preso alla sprovvista.”

John ridacchiò, senza un reale divertimento.

“Certo, perché se ti avessi detto che non desideravo altro negli ultimi giorni, negli ultimi mesi, l’avresti fatto?”

Paul spalancò gli occhi, mentre sentiva il proprio cuore perdere uno o due o forse anche tre battiti. Ecco, era morto, era morto mentre John parlava di mesi, mesi in cui aveva desiderato baciare Paul. Quanti mesi con esattezza? Perché ogni mese era formato da almeno trenta/ trentun giorni… Da quanto tempo John pensava a lui in quel modo?

Faceva quasi fatica a crederci e se non l’avesse sentito uscire dalla bocca dello stesso John, probabilmente avrebbe semplicemente riso. Era così assurdo, ridicolo. E a quel pensiero Paul si maledisse. Stava ridendo dei sentimenti di John, da quando era diventato così insensibile?

“John, io… io…” balbettò Paul, senza sapere cosa dire o fare, senza sapere nulla di nulla riguardo quella situazione che era più grande di lui.

“Ecco, appunto. Vedi, Paul, non eri pronto per questo.”

“Che cos’è questo?”

“Non lo so.” ammise John, mestamente, “Forse è il motivo per cui ti ho chiesto di baciarmi.”

Paul arrossì nuovamente alla parola. Anche John sembrava sentirsi allo stesso modo, spaesato, alle prese con un sentimento che non poteva gestire. Almeno da solo. Forse insieme avrebbero potuto anche farcela e capire qualcosa di tutta quella storia.

Poi la risata di John lo ridestò dai suoi pensieri.

“L’unica cosa che so, Paul, è che è come con gli spinaci.”

“Spinaci?” ripeté Paul, sbattendo le palpebre.

John annuì: “All’inizio ti fanno schifo perché come può piacerti quel mucchietto molliccio e verdognolo? Ma poi pensi che non li hai mai assaggiati e che prima di poter giudicare, devi assolutamente provarli, altrimenti non potrai mai dire davvero che ti fanno schifo. Dopo puoi pensare quello che vuoi, ma prima devi assaggiare."

Paul lo osservò titubante, un po’ perplesso per il paragone con delle verdure, ma in effetti aveva reso bene l’idea.

“Bisogna provare tutto nella vita, Paul, perché ne abbiamo solo una.”

Paul chinò il capo, lo sguardo di John cominciava a bruciare ovunque su di lui e Paul non riusciva a sopportare tutto questo, il modo in cui lo guardava, il tono della sua voce. Non era mai stato così delicato e questo lo stava facendo impazzire. Tutto ciò solo per lui, per Paul. Perché?

“D’accordo, allora.”

Se fare questo avrebbe aiutato John a capire con cosa avesse a che fare, allora Paul voleva aiutarlo. E naturalmente, voleva saperlo anche lui.

“D’accordo?”

“Sì.” esclamò Paul e si alzò in piedi, raggiungendolo, “Baciami.”

John sgranò gli occhi, inizialmente sorpreso, ma poi sorrise, con quell’aria maliziosa che non fece che rendere ancor più nervoso Paul.

“In realtà sono stato io a chiederti di baciarmi. Devi essere tu a farlo.” gli fece notare, punzecchiandogli il petto con un dito.

“Oh. V-va bene.” ribatté lui, scrollando le spalle, più per l’agitazione che per altro, “Dove vogliamo farlo?”

“In che senso?” domandò John, trattenendo una risatina.

“Sì, in piedi oppure sul letto?”

“Oh, Paul, tu sì che sai come accendere il romanticismo.” commentò con esagerata enfasi nella voce.

“Sono serio, idiota. Io penso di aver bisogno di stare seduto.” gli disse, afferrandogli un polso e trascinandolo verso il letto.

John ridacchiò: “Cos’è, hai paura che il mio bacio appassionato possa far cedere le tue gambine?”

Paul si sedette sul letto e lo guardò contrariato.

“John, sono serio.” affermò e poi batté la mano sul posto accanto a lui.

“Anche io.” ribatté John e si inginocchiò di fronte a lui.

Paul lo osservò a lungo, mentre gli appoggiava una mano sul ginocchio. John stava tremando e nonostante stesse sorridendo, dolcemente ora, mostrava anche una paura che Paul aveva visto poche volte sul suo volto. Il fatto che anche John fosse spaventato da questo, lo tranquillizzò. Almeno era in due in quella situazione. La realizzazione non lo sorprese neanche un po’.

Beh, se doveva farlo davvero, doveva darsi una mossa. Veloce e indolore, come togliere un cerotto.

Così chiuse gli occhi, li chiuse con forza e poi si chinò su John fino a quando le sue labbra non incontrarono quelle dell’amico: erano morbide come quelle di una ragazza, erano sottili e profumavano di buono. Era molto meglio di quanto si aspettasse. No, ma cosa stava pensando? Lui aveva pensato le cose peggiori su quel bacio, e invece ora stava scoprendo che era bello come qualunque altro bacio della sua vita.

Il pensiero lo costrinse a chinarsi un po’ più in avanti, muovendo appena le labbra su quelle di John, che però era rimasto immobile e non sembrava aver alcuna intenzione di dimostrare a Paul il suo coinvolgimento. Perché? In fondo era stata una sua idea e Paul stava cercando di baciarlo in modo appropriato.

“Che ti prende?” gli domandò, scostandosi di poco e con quel movimento riuscì a notare un piccola lacrima fare capolino in un angolo dell’occhio di John.

John deglutì, guardandolo nervosamente, come se avesse paura di condividere quello che provava con lui: “Cosa?”                                   

“E’ come se ti stessi trattenendo, perché lo stai facendo?” chiese, incantato dalla visione di quella lacrima che ora scivolava lentamente sulla guancia di John.

“Io, io… non lo so.”

 “Avanti, John, ti ho visto fare meglio di così.” lo rassicurò, incapace di trattenersi dall’allungare una mano e asciugare la lacrima sul viso dell’amico, “Non devi essere nervoso, si tratta solo di un bacio.”

“No, non è vero, Paul. Non è solo un bacio. Tutto ciò che l’ha preceduto, ciò che seguirà non rendono questo un bacio qualunque.” spiegò lui, e nella sua voce era nascosta un’ansia che Paul sapeva che voleva liberarsi e sfogarsi appieno, ma in qualche modo era costretta in una gabbia che John e anche Paul volevano aprire.

“D’accordo, tutto quello che vuoi, John, ma ora siamo qui e se dobbiamo baciarci, dobbiamo farlo bene. Non voglio che ti trattieni per colpa mia.”

“Vuoi che ci baciamo di nuovo?” gli domandò John incredulo e quasi divertito.

Paul arrossì appena e annuì timidamente, distogliendo lo sguardo.

“Ma tu non eri quello che non andava in giro a baciare ragazzi?” domandò John, alzando un sopracciglio.

“Tu non sei i ragazzi. Sei John.” spiegò dolcemente.

John annuì distrattamente e osservò le mani di Paul, intrecciate sul suo grembo. Le fissò con aria assorta per un lungo istante, prima di tornare a guardare i suoi occhi.

“Un bacio vero, allora?”

“Un bacio vero.” confermò Paul.

Questa volta fu più semplice per Paul chinarsi su John, non chiuse neanche gli occhi, voleva guardarlo per tutto il tragitto, per essere sicuro che non si innervosisse o forse per tranquillizzarlo se fosse successo, o ancora, per tranquillizzare se stesso. Ma in realtà sembrava ormai conoscere perfettamente quelle labbra, come se le avesse baciate da sempre, come se sapesse come volevano essere baciate.

John ben presto prese il sopravvento, afferrandogli il viso tra le mani e Paul lo lasciò fare, mentre le labbra di John si muovevano sulle sue e le facevano dischiudere lentamente. La sua lingua s’intrecciò con la propria, sfiorandola e poi accarezzandola. Il respiro di John gli solleticava la guancia, le sue mani si mossero a toccare il collo di Paul, avvicinandolo ancor di più.

Non era solo un bacio e ora Paul lo sapeva bene. Era un'unica carezza, umida e intima, una carezza che coinvolgeva entrambi i corpi, che si sfioravano in qualunque parte.

Poi tutto cessò, quando John si allontanò da lui. Paul rimase con gli occhi chiusi, il cuore batteva forte, ma con un ritmo lento e intenso, il respiro un po’ affannato e il viso lievemente accaldato. Era una sensazione piacevole, come quando ci si risveglia alla mattina, sotto delle calde coperte e fuori c’è solo freddo ad attenderci. Nessuno vorrebbe mai abbandonare quel dolce tepore e allo stesso modo, Paul voleva sentirsi così per sempre.

Infine, aprì gli occhi, ritrovandosi davanti John, che bene o male era nelle sue stesse condizioni, e sapere che fosse stato proprio lui, Paul, ad avergli causato questo rese tutto incredibile e strabiliante, qualcosa che Paul non aveva mai pensato di poter provocare in un ragazzo, figuriamoci in John.

“Ebbene?” gli domandò.

“Ebbene cosa?”

“Ebbene, hai capito che cos’è questo?”

John arricciò il naso, pensieroso: “Mm, sì, sì, penso proprio di sì.”

“E puoi illuminare anche me?”

“Certo!” rispose John, sorridente, ma prima che Paul potesse rispecchiare la sua espressione, continuò, “Ma dovrai aspettare il tuo compleanno.”

“Cosa?” esclamò Paul indignato, “Ma sono quasi…sette mesi!”

“Beh, potrai considerarlo come il tuo regalo da parte mia.”

“No, non ci sto. Voglio saperlo.” ribatté lui, incrociando le braccia e assumendo un profondo cipiglio.

John ci pensò un po’: “Allora facciamo che sarà il tuo regalo di Natale. Sono solo due mesi, no? Pensi di poter aspettare fino a Natale?”

Paul sospirò, rassegnato e scrollò le spalle.

“E Natale sia. Ma guarda che lo voglio sapere davvero.”

“Lo saprai, promesso.” esclamò John, alzandosi in piedi, “Sai che ti dico? Credo che tutto questo baciarci ci abbia fatto diventare davvero le labbra secche. Sarà meglio idratarle con un po’ di tè.”

Paul scoppiò a ridere, mentre John si avvicinava al vassoio e versava l’acqua calda della teiera nelle due tazze. Poi aggiunse il latte e una zolletta di zucchero e porse la tazza a Paul, intimandogli di non versare neanche una goccia sul suo letto. Paul gli assicurò che avrebbe prestato attenzione e John si sedette accanto a lui.

“Comunque, sai, Paul? Penso che questo sia il regalo più bello che abbia mai ricevuto.” esclamò John, dopo il primo sorso di tè.

Paul fermò la tazza a pochi centimetri dalla sua bocca: “Io sono bravissimo a fare i regali, non lo sapevi?”

John ridacchiò, appoggiando la schiena al muro.

“Lo so ora. Grazie mille, Paul.”

“Buon compleanno, John.”

 

Note dell’autrice: ebbene, questo il è mio regalo per John. Naturalmente, non poteva che essere una slashaww… <3

Ringrazio kiki che ha corretto la storia e ha incoraggiato l’autrice.

Volevo pubblicizzare anche la oneshot che scrissi un anno fa, circa, con due diversi compleanni di John. È una storia a cui sono troppo affezionata, perché è collegata a un bel ricordo. Si intitola “Sleepy Johnny”: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1408083&i=1

Grazie a chi leggerà e recensirà. Ci sentiamo domenica con il capitolo 7 di “Ticket to Paris”.

Kia85

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Beatles / Vai alla pagina dell'autore: Kia85