Vorrei squarciare quel velo
<<
Alla fine hai conquistato la ragazza, amico >> disse Alaric,
rivolto a
Damon, che si stava versando due bicchieri di liquore. Entrambi avevano
il
sorriso in volto, dopo quella constatazione gioiosa.
A
quelle parole, il vampiro chinò leggermente lo sguardo,
rendendosi conto di
tutto quello che quelle parole significavano. Helena, la ragazza che
aveva
creduto in lui, con la quale aveva sempre litigato, per cui aveva
combattuto,
aveva scelto lui. Ma, soprattutto, si ricordò di quando lui
aveva detto proprio
l’esatto contrario, davanti alla tomba di Alaric. Aveva
pronunciato quella
frase con tutta l’amarezza che aveva avuto nel cuore, accusando
il suo amico di
averlo abbandonato a fare il baby-sitter, mollandolo da solo. Se Alaric
aveva
pronunciato quelle identiche parole, poteva significare solo una cosa:
che
quella volta lo aveva sentito.
<<
Sì >>. Damon, tenendo lo sguardo chinato, si sentiva
felice. Elena era
sua. Alaric era lì. << Ho conquistato la ragazza >>.
<<
Ora vedi di non combinare… >>
Un
presentimento. Alaric non sapeva quando Bonnie avrebbe rialzato il velo
che
separava il mondo dai vivi dall’Altro lato, ma percepiva qualcosa
di strano:
sentiva un sovrannaturale calore su tutto il corpo, che lo avvolse e
rese la sua
pelle quasi bollente per un attimo. Tutto questo si tramutò
subito nella
sensazione di trovarsi in un luogo dall’aria rarefatta, la
sensazione
orribilmente famigliare del suo stato di morte. E tutto ciò
doveva essere
accaduto in un brevissimo e infinitesimale istante, perché
quando Damon replicò
e alzò lo sguardo, gli occhi azzurri prima guardarono nella sua
direzione e,
non trovando nessuno, si voltarono dall’altra parte.
Non
lo vedeva più. Il suo amico non lo vedeva più. Non
c’era stato nemmeno il tempo
di un’ultima bevuta insieme. Un’amarezza senza limiti
riempì Alaric, che si
sentì veramente vuoto, come se lo avessero privato di ciò
che faceva scorrere
il suo sangue nelle vene. Era un paradosso, dato che non percepiva
più il
corpo, ma quello che provava era chiaro: un’oscura, pesante e
deludente
amarezza. Ora il velo li aveva
separati di nuovo.
Alaric
continuò a guardare il suo amico, freddo e disorientato,
desiderò dirgli che
anche lui provava le stesse cose, come aveva fatto quando Damon aveva
parlato
davanti alla sua tomba. Voleva dirgli che sarebbe mancato anche a lui,
ma che
sarebbe stato sempre con tutti loro, e sarebbe stato sempre al suo
fianco. Il
suo amico fu più veloce. Uscì dalla porta, quasi
scardinandola, e sparì dalla
vista.
Il
Vampiro originale si passò la mano sinistra tra i capelli,
sospirando e
concentrandosi su Damon, per capire dove potesse essere diretto. Certo,
quella
sensazione rarefatta tipica dell’Altro Lato era mortificante, ma
aveva tutti i
vantaggi dei fantasmi dei racconti a cui aveva smesso di credere,
finché non
aveva visto Damon bere il sangue di sua moglie. Era la consapevolezza
indescrivibile di sentire le persone, e di raggiungerle. E lo fece.
Ma
fu presto chiaro dove Damon stesse andando, non tanto per la
perspicacia di
Alaric quanto per la velocità con cui il vampiro aveva corso
fino al cimitero.
Corse tra gli alberi sempreverdi e le file di lapidi, senza sfregiarne
o
distruggerne una, anche se in alcuni casi il vampiro aveva rischiato di
frantumarne qualcuna.
Damon
rimase a lungo a guardare la pietra commemorativa, pronunciando un
monologo
silenzioso e segreto nell’oscurità serena di quel luogo.
Sì, serena, perché era
quella sensazione che regnava tra i filari di lapidi, nonostante quello
che lì
si poteva provare in un primo momento. Nonostante fosse consapevole di
ciò,
Alaric non poté che provare un’empatica malinconia nei
confronti dell’amico.
Empatia vera, perché non stava riversando su di sé le
emozioni di Damon, ma
poteva capire quello che lui stava provando. Il suo animo era colmo
dello
stesso quieto e triste sentimento.
E
il vampiro era lì, immobile, mentre Alaric veniva roso dalla
curiosità. In modo
troppo umano, cominciò a camminare avanti e indietro, e
continuò così per un
po’. Alternò il movimento a momenti in cui, seduto per
terra, aspettava di
vedere se l’amico avrebbe pronunciato qualcosa o se sarebbe
rimasto in quel
silenzio grave.
E
delle parole, ad un certo punto, si diffusero nell’aria notturna.
<<
Sai >> disse Damon, sollevando il viso pallido verso il cielo
stellato.
<< Quella di mantenere vive le emozioni umane è la cosa
più stupida che ho
imparato. Quei bambini mi hanno
influenzato troppo >>. Damon stava parlando come aveva fatto
tempo prima,
come se stesse riprendendo quel vecchio sfogo che aveva avuto dopo che
gli
altri si erano messi a ricordare i propri cari, accendendo lanterne
giapponesi.
Aveva usato la stessa parola, “bambini”, perché
quegli altri, erano rimasti
tali.
E
lui era di nuovo l’unico baby-sitter.
La
voce del vampiro non era forte, e si perdeva nell’atmosfera
immobile. A poche
file di distanza nessuno avrebbe sentito. Damon, dopo alcuni momenti di
silenzio, riprese a parlare con gli occhi rivolti al cielo. Alaric, al
suo
fianco, guardò anche lui in alto, domandandosi se un giorno
avrebbe mai
abbandonato l’Altro Lato. A braccia incrociate, osservò
l’oscurità della volta
celeste, e poi si voltò verso Damon, in un’impaziente
attesa che l’amico
parlasse.
Il
vampiro, tuttavia, non parlò subito. Deglutì un paio di
volte, muovendo le dita
della mano destra come se avesse bisogno di qualcosa. Forse di un
alcolico. O
di distruggere tutto ciò che gli sarebbe capitato a tiro.
<<
No… >> cominciò Alaric, << Damon…
>>
<<
E cosa devo fare, adesso che tu te ne sei andato di nuovo?
>> chiese Damon, conscio che non avrebbe sentito la
voce del suo amico. << Devo spaccare tutto? >>
Il
vampiro flesse leggermente il ginocchio sinistro, ma tornò
presto alla
posizione originale e Alaric si rilassò: non voleva vedere
l’amico profanare il
cimitero.
<<
O prenderla con filosofia? >>
Che
situazione assurda.
<<
Per caso dovrei sentirmi fiero della
mia umanità? >>
Il
vampiro dai capelli neri stette in silenzio, ignorando la fauna
notturna e
tutto ciò giungeva alle sue orecchie. Nemmeno il vento si
alzò in una parvenza
di risposta. Alaric, incerto, ritornò nella posizione
precedente: le braccia
incrociate sul petto, e lo sguardo chino in cerca di una risposta
convincente.
A Damon non sarebbe bastata una frase fatta.
<<
Sì >> rispose infine Alaric, non sapendo che altro dire.
Facendo scorrere
la mano destra tra i capelli castani, mentre la sinistra continuava a
rimanere
sul suo petto, provò ad esprimere tutto il desiderio di essere
vivo, umano. Di
trovarsi a correggere i compiti di Helena e Jeremy, o a preparare
l’ennesima e
appassionante lezione di Storia, che avrebbe annoiato gli studenti. Ma
non
esistevano parole adatte al suo scopo, per non parlare
dell’inutilità del suo
tentativo: il suono della propria voce poteva essere udito solo da lui
stesso,
e lo sapeva bene.
Ma
come poteva rimanere il silenzio?
Un
vento leggero si alzò nel cimitero. Damon ignorava la camicia
scura mossa dalla
corrente fredda, mentre quelli di Alaric, che avrebbe indossato gli
abiti con
cui era morto per un lunghissimo tempo, erano immobili. Il Vampiro
originale si
chiese, per un momento, se l’aspetto con cui si vedeva fosse solo
una
rappresentazione della sua coscienza o se, in qualche modo, parte del
suo corpo
l’avesse seguito, ma non badò molto a
quell’interrogativo. Aspettava che Damon
continuasse, che dicesse qualcosa.
<<
Davanti a questa tomba, cosa me ne devo fare del dolore? >> Il
vampiro
ancora sulla Terra strinse a pugno la mano di cui aveva continuamente
mosso le
dita, mentre gli occhi gelidi fissavano il cielo senza perdervisi
dentro, ma
cercando di imporre un ordine a tutto il disastro in cui aveva vissuto.
Le
stelle erano punti fermi in quel caos? No, anche loro si muovevano nel
corso
della notte e dei mesi, e anche la stella polare sarebbe cambiata prima
o poi. Neppure
quelle servivano a qualcosa, alla fine: più guardava il cielo,
più tutto
sembrava insensato . << So quello che dirai. E’ ciò
che direbbe Helena,
che direbbe Stefan, se non fosse deluso e se non stesse gettando quella
carcassa di pietra nel lago. >>
Damon
abbassò gli occhi dello stesso color del ghiaccio sulla lapide a
terra,
puntando sulla scritta “Alaric Saltzman”.
<<
Il dolore, l’amore… è tutto a rendermi ancora umano. Sai che gran guadagno >>.
<<
E invece sarebbe tutto >> disse silenziosamente Alaric. <<
Vorrebbe
dire essere vivi, estranei da tutto ciò che ci ha portato qui. O
vorrebbe dire
essere morti, ma in pace. Se esiste una pace dopo la morte >>.
<<
Tu probabilmente sei convinto di una nobiltà nel vivere e morire
da umani.
>> Damon si sedette per terra, longitudinalmente, per poi
sdraiarsi e
giacere tra le tombe. << Ma io non so quanto valga
l’umanità che voi
amate tanto, a questo punto >>.
Alaric
constatò che il suo amico non era cambiato. Non poté che
farlo con una punta di
dispiacere, perché forse l’umanità sarebbe stata la
sua miglior difesa.
<<
Anche se è grazie a quelle briciole di stupidità umana
che mi rimangono, forse,
che Helena mi ama. Forse è per quello che ha cercato di salvarmi
>>.
<<
Non sarei potuto essere amato se non avessi avuto quei residui >>
disse,
voltando la testa nella direzione della lapide di Alaric. << Ma
non sarei
stato nemmeno… >>
Il
vampiro s’interruppe. Gli occhi azzurri erano immobili, e non
respirava
nemmeno.
<<
Forse non sarei mai stato nemmeno tuo amico >>.
Quelle
parole lasciarono stupito Alaric, che si sedette poco distante dai
piedi di
Damon, con le gambe piegate che disegnavano due cunei sul terreno, del
quale
non poteva percepire l’umidità, ma lo toccava
per modo di dire. Il Vampiro originale ricordò di quando aveva
voluto uccidere
Damon per vendicarsi, di quanto lo avesse odiato per avergli portato
via tutto.
Il vero dispiacere, misto però a vera
gioia, lo provò tuttavia quando
ripensò alla propria morte. Nonostante quelle immagini fossero
contaminate da
ciò che provava il suo lato oscuro, era felice di essere morto
accanto al suo
amico. Quando aveva sentito quel fantasma della vita scivolargli via
dal corpo,
insieme alla malvagità che lo aveva posseduto, si era sentito
per un attimo al
sicuro, scorgendo la presenza di Damon. Anche se lui era stato ancor
più
devastato dalla consapevolezza della morte di Helena. Alaric, invece,
era morto
prima di poterlo pensare.
Avrebbe
voluto che quell’istante fosse stato più lungo.
<<
Non so di preciso perché sia diventato tuo amico, Damon >>
disse Alaric,
muovendo anche lui le dita della mano destra come se cercasse il collo
di una
bottiglia, << ma è stato bello starti accanto >>.
<<
Io non voglio essere un umano
>> continuò Damon, che non aveva udito le parole
dell’amico, pronunciando
l’ultima parola come una specie di insulto estremamente
offensivo, quasi
indicasse una categoria di essere inferiori. Lo trovava degradante.
<< Fa
soffrire troppo >>.
No,
per Damon l’umanità non era degradante. Era la peggiore
delle maledizioni,
ancor più del vampirismo, perché lo costringeva a vivere
il dolore.
Dopo
queste parole, i due rimasero per un po’ in silenzio. I rumori
degli animali
notturni, nonostante arrivassero distinti all orecchie di Damon,
venivano
completamente ignorati, mentre Alaric avrebbe desiderato sentirli di
nuovo;
allo stesso tempo, pensava l’Originale, sarebbe stato bello avere
una bottiglia
di whisky. Avrebbe bevuto e poi frantumato il vetro sulla testa del
vampiro
accanto a lui, per provare a farlo riprendere. Un altro interrogativo
sorse
nella mente di Alaric, a cui si era dedicato già dopo essere
morto, ma che
aveva presto accantonato: per quale motivo non riusciva a sentire gli
animali,
ma poteva udire la voce dei suoi cari così perfettamente?
<<
Stupidi bambini… >>
Le
parole di Damon, ancora disteso a terra, furono seguite dalle campane
della
chiesa, che batterono i rintocchi delle tre di notte. Era straordinario
come il
tempo, misura così umana, fosse stato più veloce di un
battito cardiaco a
trascorrere. Nessuno dei due si era accorto che si trovassero nel
cimitero da
così tanto tempo.
<<
Stupido me… >>
Il
Vampiro originale guardò l’amico alzarsi, con la guancia
sinistra e i vestiti
bagnati dallo strato d’umidità che ricopriva l’erba.
<< E non so quanto stupido sia stato tu, per essere diventato mio amico >>.
Damon
gettò uno sguardo penetrante alla lapide,
volendo quasi stupidamente, o umanamente, andare oltre la pietra. Fu un
attimo,
ma per quell’assurdo istante entrambi si sentirono felici, come
se stessero
bevendo insieme il solito whiskey invecchiato. Nello stomaco e nelle
vene
sembrava che stesse scorrendo l’alcool, che su di loro non
avrebbe mai avuto
effetto. Damon ripensò a lui e al suo amico quando salvarono
Stefan dalla casa
occupata dai vampiri della cripta, e quando andarono a cercare suo
fratello
sugli Apalachi. Ricordò come, alla fine, si comprendessero,
mettendosi
d’accordo con uno sguardo.
Il
silenzio, che aleggiava tra Damon, Alaric e le tombe, era diverso da
quello
precedente: leggero, libero di espandersi in quel luogo di tristezza e
serenità, fresco come la notte di un autunno ormai prossimo
all’inverno. Damon,
in posizione supina, non aveva staccato lo sguardo dalla scritta “Alaric Saltzman”, mentre il Vampiro
originale guardava verso il cielo. Riconobbe solo le classiche
costellazioni
del Grande carro e dell’Orsa minore, mentre osservò le
altre perso nei suoi
pensieri. Alla fine, però, tutto si riconduceva a loro due, lui
morto e Damon
“quasi vivo”, separati da un velo così sottile che
sembrava quasi impossibile
che fosse in grado di creare un abisso così profondo. Tutto
poteva essere pensato,
ma alla fine dovevano fare i conti quella realtà.
<<
Alaric… >> disse Damon, interrompendo il silenzio.
<<
Si? >> chiese l’altro, che non poteva essere udito.
<<
Guardami le spalle. Sei quello di cui mi posso più fidare, in
questo momento.
Perché ho paura di rovinare tutto con Helena >>.
Il
vampiro si alzò in piedi, tanto veloce che il movimento fu
praticamente
inesistente, e, dopo un ultimo sguardo alla lapide, corse verso
l’ingresso del
cimitero. Aveva davanti a sé una strada deserta: sicuramente non
era il fine
settimana, ma non poteva stabilire la data. Nei giorni passati, sapere
che
giorno fosse era l’ultima della lista.
Ma,
se Alaric in quel momento era con lui, non aveva nulla da temere per il
futuro.
Dando
le spalle ai filari di tombe, Damon rimase immobile, stringendo il
pugno
destro.
<<
Vorrei tanto squarciare quel velo. Vorrei che tu fossi qui, amico
>>
disse, dopo aver chiuso gli occhi. Quando li riaprì, corse via,
lasciando
dietro di sé solo una gelida corrente d’aria e la presenza
di Alaric, che lo
aveva seguito.
<<
Anche io vorrei essere lì >> disse Alaric, sulla soglia
del camposanto.
<< Vorrei essere lì con te, Helena e Jeremy. Ma io
veglierò su di voi
>>.
Un
attimo di silenzio. Lui non poteva udire, né essere udito. Ma,
come lui poteva sentire
Damon, forse anche le sue parole lo avrebbero raggiunto, prima o poi.
Improvvisamente,
Jenna apparve affianco a lui. Gli stessi abiti con cui era morta, ma
con un
piccolo sorriso sul viso dolce, incorniciato dai suoi bellissimi
capelli. Lo
guardava, con un misto di felicità e rassegnazione.
<<
Sì, staremo sempre al loro fianco >>.
Il
Vampiro originale annuì, stringendo la mano della donna. Era
incredibile e
stupefacente il conforto che quel gesto, anche da morti, poteva dare.
Non erano
più una coppia, ma il loro vecchio legame e la loro condizione
li avvicinavano.
Poi, guardando verso la strada su cui era andato via Damon,
parlò.
<<
Anche noi… vorremmo essere lì >>.
Alaric
deglutì.
Un
immagine apparve nella sua mente: lui e Damon al bar, seduti davanti al
bancone
a ridere. A quella visione, fu colto dalla nostalgia. Damon era stato
il suo
appoggio, quando tutto sembrava perduto. Quando stava per morire,
perché si era
rifiutato di completare la transizione, aveva avuto la sua compagnia.
Lui gli
era stato vicino.
E
avrebbe ricambiato, facendo altrettanto. Sempre.
<<
…Amico >>.
Spazio
Autore
La storia di questa fanfic
è breve ma intensa… ok, sto esagerando.
A parte gli scherzi, è nata durante la ricreazione, dopo essermi
iscritto (iscritto
e non iscritta) al contest
“Human” di Lua93. Dovevamo scegliere una
coppia e un sentimento, e dato che ho sempre ammirato l’amicizia
tra Damon e
Alaric… ecco qua!
Ho ripreso il finale della
quarta stagione, creando un missing
moment, in cui ho inserito elementi tratti dalla canzone
“Human” dei Civil Twilight
(come da regola del contest). Spero di non aver scritto qualcosa di
scontato e
noioso. Però, così, mi sembrava di mettere in risalto di
più la loro amicizia,
e spero di esserci riuscito.
Nell’introduzione
non ho scritto come si è piazzata questa fic,
perché i risultati non sono ancora stati pubblicati, ma ora
è obbligatorio
pubblicare le fic immediatamente. Per quanto riguarda il riferimento
alle
stelle come unici punti fissi, ho preso spunto dal quadro di Van Gogh
“Notte
stellata”, però l’ho modificato, perché
nemmeno le stelle qui sono punti fermi.
Beh, grazie per aver
letto! Spero che sia stato di vostro
gradimento!
Arrivederci!
FuyuShounen