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Autore: Littlebow    11/10/2013    0 recensioni
Esattamente a Bansko, un piccolo paese di appena ottomila abitanti ai piedi del monte Gazej, viveva con la sua famiglia in un’enorme casa, composta di tre piani e circondata da un favoloso giardino tempestato di fiori di ogni tipo e colore, un dolce bambino, colui che adesso è conosciuto come il vecchio bacucco per il suo aspetto fisico e psicologico.
Era infatti, un signore gobbo, alto circa un metro e ottanta, di esile corporatura, costretto da sempre a sorreggeresi con un grosso bastone a causa di una malformazione dalla nascita al piede sinistro che era molto piccolo e senza dita. Aveva corti capelli bianchi compensati da una lunga barba arruffata grigia e dei bellissimi occhi color ghiaccio.
Tutti lo prendevano per pazzo forse a causa della sua vita passata e ciò lo rese scorbutico e riservato ma infondo chiunque lo conoscesse bene, sapeva che in realtà aveva un cuore d’oro.
Un racconto di tradimenti, vicende inspiegabili e un'immancabile storia d'amore.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Esattamente a Bansko, un piccolo paese di appena ottomila abitanti ai piedi del monte Gazej, viveva con la sua famiglia in un’enorme casa, composta di tre piani e circondata da un favoloso giardino tempestato di fiori di ogni tipo e colore, un dolce bambino, colui che adesso è conosciuto come il vecchio bacucco per il suo aspetto fisico e psicologico.
Era infatti, un signore gobbo, alto circa un metro e ottanta, di esile corporatura, costretto da sempre a sorreggersi con un grosso bastone a causa di una malformazione dalla nascita al piede sinistro che era molto piccolo e senza dita. Aveva corti capelli bianchi compensati da una lunga barba arruffata grigia e dei bellissimi occhi color ghiaccio.
Tutti lo prendevano per pazzo forse a causa della sua vita passata e ciò lo rese scorbutico e riservato ma infondo chiunque lo conoscesse bene, sapeva che in realtà aveva un cuore d’oro.
Il suo vero nome era George Cercovski, figlio della giovane signora Elena, la donna più amata del paese, non solo per la sua umile bellezza ma anche per il suo gran cuore, la grande disponibilità verso tutti e soprattutto per i deliziosi biscotti che preparava ogni domenica per tutta la via Ventimiglia; chiamata così poiché indicava la distanza tra il paese e le vicinanze della vetta del monte Gazej sulla quale si trovava un grande lago dove tutti prelevavano l’acqua nei periodi più caldi, quando ancora non era ghiacciato.
Viveva con la cugina Angel, orfana dalla nascita e ora una bella ragazza di diciassette anni e la mamma Elena, di origini sarde ma che si era trasferita in Bulgaria per stare col suo grande amore che però non viveva più con loro da quando George compì quattro anni.
 Era sempre fuori per viaggi di lavoro, almeno questo è ciò che diceva lui, in realtà tutti sapevano che non era questa la vera ragione, forse aveva un’altra compagna o era diventato un criminale, cosa poco probabile perché faceva il poliziotto.
Inizialmente andava e tornava, restava qualche giorno e poi passavano mesi e mesi prima che si facesse rivedere poi un giorno non è più tornato.
Che fosse morto?
Nonostante tutto, Elena non l’aveva lasciato e nemmeno ci pensava, era troppo innamorata di lui e l’unica cosa che voleva era che tornasse da lei a costo di perdonare anche il peggiore dei torti e di accettare anche la scusa più banale.
Purtroppo però l’assenza così prolungata di suo marito la fece ammalare diversi mesi e le procurò il ricovero in una clinica psichiatrica.
Infatti, la donna, poveretta, non ragionava più o meglio il dolore le occupava la mente tanto che la portò quasi a isolarsi dal mondo.
Fortunatamente la vicinanza di colui cui teneva più di tutto, suo figlio, la fece guarire e dopo qualche mese tornò a essere l’allegra e spensierata donna di sempre.
George, a differenza di sua madre, non era per niente disposto a perdonarlo nemmeno se fosse tornato a chiedere perdono in ginocchio, per lui era morto, che ci fosse o no conduceva una vita felice e non avrebbe mai permesso a nessuno di sconvolgerla di nuovo, né tanto meno a lui. E poi come avrebbe mai potuto perdonare colui che fu la causa della depressione di sua madre?
Lei era una donna fantastica e anche se si notava quanta sofferenza portasse con sè, non fu ciò a impedirle di crescere suo figlio nel migliore dei modi.
George andava molto d’accordo con sua cugina Angel, capelli ondulati biondi lunghi fin sotto l’ombelico e occhi azzurri.
Un giorno, però, quando George aveva dieci anni e Angel circa tredici, mentre giocavano in giardino con la sabbia, la giovane ebbe un attacco isterico, pareva indemoniata, iniziò a gridare parole senza significato, malediceva il cugino impaurito, poi diede un calcio alla sabbia che entrò negli occhi di George, lui li sfregò e quando li riaprì Angel, non c’era più.
 Non tornò a casa la sera, né il giorno seguente, né la settimana dopo.
Poi una sera arrivò una telefonata dalla centrale di polizia e il commissario spiegò a Elena che sua nipote non era stata ritrovata, ma che al centro di una piccola strada che portava al lago Gazej, erano stati trovati dei vestiti macchiati di sangue appartenenti alla ragazza.
Aggiunse che loro credevano che qualcuno l’avesse investita e per paura l’avesse portata in qualche ospedale o forse con la paura che fosse già morta l’avesse presa per occultarne il corpo.
Ciò che non si spiegavano è cosa ci facessero i vestiti in terra. Le indagini proseguirono per un lungo periodo poi dovettero archiviare il caso per mancanza di prove.
Elena rimase molto sconvolta da quell’incidente e così anche George, ma era piccolo e non gli dissero come andarono esattamente i fatti.
Purtroppo in quello stesso anno in una mite domenica d’inverno, avvenne l’ennesima tragedia.
George stava giocando in giardino con la speranza che prima poi scendesse qualche fiocco di neve dal cielo, quando alle sue spalle si sentì un boato spaventoso che fece tremare l’intera montagna, un bagliore immenso color verde smeraldo lo avvolse, tutti i cani del paese ululavano, stormi di corvi volavano a gran velocità ad altezza d’uomo, un grido straziante di donna e più nulla, il silenzio più assoluto calò sul paese.
I cani non ululavano più e i corvi erano spariti, ma rimase un forte timore tra la gente che non sapendo cosa fosse accaduto si barricava in casa propria.
George invece, aveva capito che era successo qualcosa dentro casa sua, quella luce che usciva dalle fessure e quel grido di donna, forse sua madre. Corse dentro, avanzando con cautela lungo il corridoio, quando arrivò all’entrata della cucina; vide riversi per terra i biscotti ancora fragranti che sua madre stava sfornando per i vicini.
 Avanzò ancora di qualche metro e poi la vide, lì, immobile sulla poltrona, senza sensi, con gli occhi spalancati fissi nel vuoto e con la pelle ancora più bianca della neve che tanto George desiderava vedere.
 Un tonfo al cuore e alle sue spalle le grida d’aiuto di un uomo, probabilmente un vicino che era corso a vedere cosa fosse successo, gli diedero la conferma che la sua adorata mammina era morta.
Anche in questo caso la polizia non seppe dare una spiegazione, né un indizio, né un’impronta poté riaprire il caso e così restituirono la casa, di proprietà del comune che la rimise in vendita e successivamente si misero nelle tracce dell’unico parente rimasto di George: suo padre. Ovviamente fu tutto inutile, era come risucchiato nella terra o diventato invisibile e così per non essere affidato a un orfanotrofio fu chiesto alla signora Ana, la vicina, se avesse potuto occuparsi di lui, ma lei con tono furioso rispose che quel bambino era il diavolo, che per colpa sua il padre li aveva abbondati, la mamma e la cugina erano misteriosamente morte e che per colpa sua e di quella terribile luce lei era diventata cieca, come avrebbe potuto, anche volendo, prendersene cura? Ovviamente non pensava quelle brutte cose su un bambino così adorabile, cui voleva molto bene, ma date le circostanze e la perdita della vista chiunque avrebbe reagito in quella maniera.
Così decisero di chiederlo alla migliore amica di Elena, Plamen che accolse molto volentieri l’offerta di occuparsene per qualche anno finché non fosse diventato maggiorenne. Ci mise tutto l’amore possibile, era una donna sola, se pur molto bella e forse anche molto ambiziosa. Cercava la perfezione in un uomo, non voleva fare la fine della sua cara e ormai defunta amica.
Nel frattempo non si trovò alcun acquirente per la casa, infatti, a causa di quelle tragedie la gente era spaventata, girava voce che quella casa fosse davvero maledetta e nessuno la voleva.
Invece George, già dal primo giorno in cui fu messa in vendita, non fece altro che cercare di racimolare la somma per ricomprarla, voleva in qualche modo rivendicare sua madre e pensava che quella fosse l’unica via da intraprendere per scoprire la verità.
Per guadagnare qualcosa si svegliava alle tre del mattino e andava nei campi a seminare e mietere il grano, poi andava a consegnare il latte all’ingresso delle case trasportando il suo carrettino di legno a piedi, non potendo usare la bicicletta a causa della malformazione al piede. Sostituiva le bottiglie vuote alle piene e successivamente vendeva i giornali per le strade in modo che poi avrebbe avuto il tempo di andare anche a scuola e di studiare il pomeriggio.
Fu estremamente faticoso lo stile di vita che aveva intrapreso, ma ciò gli donò anche dei buoni risultati. Riuscì, infatti, ad ottenere i soldi per riacquistare la casa della sua infanzia e ciò fu possibile anche grazie all’aiuto della sua quasi mamma Plamen che per i suoi diciotto anni gli diede la parte di denaro mancante.
  
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