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Autore: Dark Shinobi    05/04/2008    3 recensioni
Era notte, una di quelle serate dense e scure, ed il cielo sembra voler esprimere tutta la sua compassione nei confronti del mondo, piangendo per lui, cercando di purificarlo; c'era un bambino che non dormiva, non ancora, e se ne stava solo sotto un porticato di pietra, appena sfiorato dalla pioggia, quasi insensibile a quell'insolito freddo estivo. Piangeva.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Squall Leonheart
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Squall

Cicatrici

 

Era notte, una di quelle serate dense e scure, ed il cielo sembra voler esprimere tutta la sua compassione nei confronti del mondo, piangendo per lui, cercando di purificarlo; c'era un bambino che non dormiva, non ancora, e se ne stava solo sotto un porticato di pietra, appena sfiorato dalla pioggia, quasi insensibile a quell'insolito freddo estivo.
"Sorella..."mormorava a denti stretti, osservando cupamente le nuvole, specchio cromatico dei suoi occhi cangianti. "io sono solo, ma lotterò per non essere debole e non soffrire più, mai più. Te lo prometto."sussurrava in una flebile dichiarazione di coraggio, stringendo i pugni e chinando il capo castano a rimirare il suolo. Non sapeva ancora ciò che la vita gli avrebbe riservato, sapeva solo che tutta la solitudine provata non avrebbe più potuto scalfirlo; lui era diventato grande, quel giorno. Lui era diventato forte, credeva…

Squall si riscosse improvvisamente da quel sonno tormentato, e la luce che filtrava dalla finestra semichiusa della sua stanza lo ferì senza pietà; si girò e rigirò nel letto, rimuginando sulle parole e sul volto di quel bambino. Era così gracile, da piccolo?
Quel ragazzino mogio e sconsolato, fantasma onnipresente che animava le sue notti, tornava di quando in quando a riproporgli le reminescenze di un passato non poi così lontano, eppure così sgradevole. Un passato che avrebbe volentieri dimenticato, sotto molti punti di vista.
Scosse appena la testa, scacciando qualunque pensiero molesto e concentrandosi sull'allenamento che sarebbe presto arrivato. Seifer Almasy lo stava aspettando concitato e febbricitante come sempre, immaginava vestendosi, pronto a brandirgli contro quel suo Hyperion, felice di stuzzicarlo nella mischia.
Sorrise al solo pensiero di quella faccia da schiaffi, affibbiando il gunblade alla cintola in pelle, nel dirigersi alla porta; oggi era il giorno in cui Seifer Almasy si sarebbe ritrovato finalmente con la terga sbattuta per terra, sotto il peso schiacciante della parola "sconfitta".
La sua ilarità si spense presto: nel momento esatto in cui varcò la soglia della sua camera, osservando con fare distaccato entrambi i lati del corridoio, scegliendo solo dopo alcuni attimi il lato destro.
Passo deciso ad aprirgli un varco fra la folla di studenti accalcati in prossimità delle rispettive classi, la matricola Squall Leonhart si faceva prossima alla sua, senza degnare di uno sguardo quella ragazzina o quello sbruffone.
"Squall, Squall!..."Sentì qualcuno che lo chiamava, ma decise di non voltarsi, anche se la voce in questione assomigliava molto a quella della professoressa Quistis Treepe. Anche? Sopratutto perchè la voce in questione assomigliava molto a quella della professoressa Quistis Treepe; quella donna era tanto inutile quanto assillante, con quelle finte maniere calcolate che tradivano un sentimentalismo smodato, pensò Squall entrando nella sua classe con andatura sostenuta, all'aprirsi delle porte automatiche.
Lui in fondo doveva solo controllare l'orario delle lezioni e degli esami, niente più.
Si avvicinò alla bacheca passando in rassegna i vari orari, avendo ormai rimosso la figura della donna che fino a pochi attimi fa gli incombeva alle spalle, con tutte quelle sue solite premure.
Premure male accette, pensò uno Squall alquanto scocciato; lo pensò solamente, perchè difatti, di Squall Leonhart, non si poteva intuire niente; era il volto di un bambino troppo cresciuto, dai bei lineamenti giovanili, che, tuttavia, incuteva un timore istintivo per la serietà dei tratti facciali. Gli occhi, poi, erano gelidi, ghiacciati, e talvolta trafiggevano più duramente della spada; altre volte, invece, si trovavano a rifuggire verso il pavimento, per eludere ora quella domanda, ora quella situazione imbarazzante. Quel blu cangiante nascondeva cosa assai differente dalla freddezza.
"Allora, che fai, scappi?"quella voce sibillina e ilare gli raggiunse le orecchie, con suo enorme rammarico, distogliendolo dal noioso lavoro di ispezionare la tabella orari.
Squall si girò, appuntando lo sguardo sul volto della professoressa, che gli aveva posato una mano sulla spalla a mo di saluto.
"...Scusa."fece la matricola, scrollando al contempo le spalle in un gesto automatico a cui Quistis neanche diede peso. "Sono di fretta"concluse laconico, deviando lo sguardo altrove.

"Ah, già. Posso immaginare. Scommetto che Seifer aspetta te, al centro addestramento."La professoressa assottigliò le palpebre, con l'aria di chi la sa lunga su qualsiasi cosa.
"Sì, infatti."annuì semplicemente Squall, ignorando quella faccia lungimirante. Per dissimulare il suo disappunto portò la mano al gunblade, come per indicarglielo.
"Ho capito, ho capito... mi raccomando, allora. Ricordati -ti cercavo appunto per questo- che entro oggi dobbiamo visitare la caverna del fuoco. Il tuo programma prevede che tu ottenga il guardian force Ifrid, e tu ne sei ancora sprovvisto."Quistis inarcò un sopracciglio. Dalla sua voce trapevala un'aria di sfida, ma il ragazzo si limitò ad accettare il tutto con un cenno del capo.
"D'accordo, ciao."Squall non si fermò ad ascoltare quel che Quistis aveva ancora da dire, sfrecciando via, giù per i corridoi che portavano al centro addestramento.
Era il periodo in cui il Garden di Balamb, scuola di guerra e nido dei più grandi mercenari, organizzava gli esami per il conseguimento del titolo effettivo di guerriero, e Squall era uno dei candidati più promettenti. Balamb, isola sperduta nel mare centrale, all'apparenza un innocuo concentrato di casupole, costituiva la più grande preoccupazione per la potenza mondiale: Galbadia.
Molto presto arriverà anche il mio turno, pensò Squall con un moto interiore di impazienza, intravedendo già la figura di Seifer poco distante. Il ragazzo biondo svettava senza problemi fra le teste delle altre matricole, con quell'aria melliflua e saputa stampata in faccia.
“Ah, eccoti…non mi starai mica prendendo la strada di Zell?”Lo salutò a suo modo il biondo, osservandolo con aria ilare. “Sempre lì a curarsi quella cresta, il gallinaccio…e tu ora, cos’è che hai fatto tutto questo tempo, invece di venire un po’ prima a farti il culo col tuo caro amico Seifer?”chi era stato a parlare sembrava sprizzare energia da tutti i pori e, come suo solito, lo faceva tramite la sua arma migliore, a parte il gunblade: l’ironia.
“No, forse non è come penso…non ti sei neanche pettinato. Squall non diventerà MAI vanesio, dico bene?” Intanto sia l’uno che l’altro s’erano incamminati all’interno della tanto sospirata area dedicata al training. Il più alto dei due faceva strada, con i suoi soliti modi strafottenti, sorreggendo l’Hyperion s’una spalla; Squall, sentendo lo sguardo insistente del rivale puntatogli contro, rispose con un tacito ed insipido “Uhmpf”, né accondiscendente, né avversativo, che diede l’impulso all’altro di continuare la sua opera.
“Allora forse è per la tua cara maestra, che hai fatto tardi…”iniziò Seifer, ma lasciò cadere la frase a mezz’aria notando il campo addestramento per gunblader occupato da una marmaglia di studenti che cercavano, senza riuscirci, di trovare uno schieramento soddisfacente.
“Piantala.”fece Squall, indicando appunto l’area che avrebbe dovuto costituire il loro 'terreno da gioco'.
“Così non se ne fa nulla.”mormorò Squall, e poco dopo il suo compagno d’armi sbottò senza ritegno in un alterco contro il capogruppo delle matricole, rivendicando, solo dopo alcuni spintoni, il campo per loro.
Squall si posizionò celermente nel lato meridionale del campo, impugnando con cautela il gunblade tramite una presa salda e calcolata. Fiutò l’aria, misurando con lo sguardo le grandezze del posto: era il solito campetto, relativamente piccolo e dalla forma ovale, costellato ai lati da varie pietruzze più o meno grandi, ed il solito terreno battuto, vissuto dal sudore di tante generazioni; ma lui si trovava a ripetere sempre lo stesso gesto, nell’osservarsi intorno, nel saggiare le condizioni di quell’arena…
Forse era la tensione che lo portava a distogliere gli occhi, ed il pensiero, dalla faccia strafottente di Seifer, cercando un diversivo in qualsiasi oggetto costituisse i dintorni.
Respirò profondamente, lanciando un’ultima occhiata al cielo nero e minaccioso, prima di divaricare le gambe e riportare quegli occhi seri e distaccati sul suo rivale. Si trovavano a svariati metri di distanza, ogni singolo muscolo del corpo teso, pronti a scattare l’uno verso l’altro.
“Fatti sotto” Gli disse quello, posizionandosi nella sua solita posa irrisoria che non sapeva né di difesa, né di attacco, invitandolo a farsi avanti con un cenno della mano.
“Con piacere”esalò Squall, dando inizio ad una corsa impareggiabile per grinta e violenza: la corsa di un guerriero; non esisteva più l’ansia, e nemmeno il turbamento. Tutto si era ridotto ad una sensazione di vuoto e sicurezza completa nelle sue capacità, riempita solo in parte dalla voglia di battere quel dannato esibizionista. Questo pensava Squall Leonhart, correndo verso la vittoria con un ruggito.

Aprì gli occhi con una lentezza spaventosa, e subito venne investito da un'ondata di luce inaspettata. Una chiazza rossa, un'altra chiazza nera... gli ci vollero diversi minuti per riacquistare la vista e rendersi conto che il vero dolore non proveniva dagli occhi, bensì dalla fronte. Sospirò un mugugno di disapprovazione e fastidio, sbattendo le palpebre nel ritrovare la normale miosi degli occhi; che fosse sdraiato su un letto gli era chiaro, ma che fosse il letto dell'infermeria gli giungeva nuovo; era proprio nell'infermeria del garden, ancora nella sua tenuta da allenamento, che la matricola Squall Leonhart giaceva in solitudine, senza riuscire a focalizzare i momenti che precedevano questo ricovero.

"Seifer..."gracchiò, con una voce che non gli suonava familiare. Probabilmente lo avevano anestetizzato, per poter suturare la ferita che sentiva pulsare ancora viva sotto la benda, e questo lo rendeva ancora inibito, non del tutto presente. La risposta ai suoi interrogativi lo raggiunse lentamente, ma infine lo rese partecipe degli avvenimenti di quel passato pomeriggio in maniera soddisfacente. "Seifer mi ha colpito, ed io ho colpito lui..."sorrise di quest'ultima affermazione, ce l'aveva fatta! Lo aveva colpito, anche se non nella maniera che intendeva attuare. La sua intenzione era semplicemente batterlo, avendo il piacere, per una volta, di minacciarlo dall'alto al basso con il debole del suo gunblade. E per un certo verso i suoi desideri si erano realizzati, aveva fatto ben altro! Ora la fronte del suo nemico era marchiata a vita dalla sconfitta, perchè ricordava benissimo la cascata vermiglia di sangue che gli colava dal naso. Seifer fu il primo a cadere, stramazzando al suolo; questo lo fece esultare, in qualche modo... Ma tutto sommato anche quel bastardo aveva lasciato il segno. Un segno analogo, intuì Squall, percependo il dolore della ferita.

Si spostò su di un fianco, osservando l'altra stanza dell'infermeria attraverso la lastra di vetro che si affacciava al suo interno. Era ancora perso nei suoi pensieri, quando sentì una voce che gli arrivò ovattata e lontana, ma comunque riconoscibile; era la voce di una ragazza che si era, a sua volta, sporta verso quella vetrata, osservandolo bonariamente con un sorriso caldo. Non capì chi fosse, nè cosa volesse; si limitò a ricambiarle lo sguardo per alcuni attimi. Era una ragazza dai capelli neri, corti fino al mento, con due occhi grandi e profondi. Aveva un'espressione decisamente felice, anche se nel suo sguardo si leggeva una certa saggezza, tipica delle persone anziane. Ma lei aveva l'aria d'essere una ragazza molto giovane, quasi una bambina...  

"Ciao, Squall! Ci si rivede...!"fece lei, sventolando una mano a mo di saluto prima di dargli le spalle e allontanarsi. Squall inarcò un sopracciglio e, successivamente, si maledì per questo, in quanto una terribile scossa di dolore gli percorse il viso, facendolo sussultare. Perplesso più di prima si voltò a pancia all'aria, contemplando il soffito senza riuscire a dare un nome a quella visita insolita. Ci avrebbe comunque dovuto pensare più tardi, a lei ed al suo odiato Seifer, dato che la dottoressa Kadowaki, dirigente del ramo medico della scuola, fece il suo ingresso con un saluto cordiale.
"Cos'è successo?"domandò Squall, tirandosi su, più per chiedere informazioni sul suo rivale che per altro. La dottoressa sventolò una mano grassoccia davanti al volto, con grande disapprovazione. "Tu e quell'altro vi siete bevuti il cervello! Avete combattuto seriamente, ma non vi siete lasciati altro che una cicatrice...per fortuna...!"soggiunse con aria paternalista, attaccando un discorso su ciò che è bene fare, e ciò che non è bene fare durante un addestramento. Squall probabilmente non vi prestò molta attenzione, dato che girò il capo verso la vetrata, quasi potesse rievocare l'immagine di quella ragazza sconosciuta. "Qual è il nome della tua professoressa, Squall?"domandò la donna, ed il ragazzo gli rispose sommessamente, sospirando al pensiero di dover fare i conti, ancora, con la più tediosa delle grane: Quistis Treepe.

 

 

  
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